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POST DEL 7/11/2012 (PROFEZIA IN FASE DI SVOLGIMENTO PER PROTESTE IN CORSO) - AGGIORNATO AL 16/09/2018 (PROFEZIA COMPIUTA).
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Dal 1987, la Madonna appare ad Anguera (Brasile) al veggente Pedro Régis, dettandogli messaggi per tutta l'umanità.
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- I messaggi vengono trasmessi 3 volte a settimana: ogni martedì e sabato, più un altro giorno variabile.
ULTIMO MESSAGGIO IN ITALIANO DAL SITO WEB UFFICIALE BRASILIANO
Gli articoli e le informazioni contenute nei siti Web "linkati" sono di proprietà degli autori dei siti medesimi. Pertanto tutti i diritti nonché la responsabilità di quanto riportato in questi siti sono riservati esclusivamente ai loro autori.
Questo post presente sul blog: https://nostrasignoradianguera.blogspot.it/
e Twitter: https://twitter.com/angueramessaggi è un interpretazione personale e non corrisponde necessariamente al vero significato dei messaggi, degli avvertimenti della Madonna al mondo e delle profezie annunciate da Nostra Signora ad Anguera.
Si consiglia di visitare il sito web ufficiale brasiliano del veggente Pedro Regis:
http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/ e la pagina dedicata al commento delle profezie: http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/cms/list/not%C3%ADcias
(Gestore sito web: ANSA - Associacao Nossa Senhora de Anguera).
POST DEL 7/11/2012 (PROFEZIA IN FASE DI SVOLGIMENTO PER PROTESTE IN CORSO) - AGGIORNATO AL 16/09/2018 (PROFEZIA COMPIUTA).
- Dal 1987, la Madonna appare ad Anguera (Brasile) al veggente Pedro Régis, dettandogli messaggi per tutta l'umanità.
- I messaggi vengono trasmessi 3 volte a settimana: ogni martedì e sabato, più un altro giorno variabile.
ULTIMO MESSAGGIO IN ITALIANO DAL SITO WEB UFFICIALE BRASILIANOGli articoli e le informazioni contenute nei siti Web "linkati" sono di proprietà degli autori dei siti medesimi. Pertanto tutti i diritti nonché la responsabilità di quanto riportato in questi siti sono riservati esclusivamente ai loro autori.Questo post presente sul blog: https://nostrasignoradianguera.blogspot.it/e Twitter: https://twitter.com/angueramessaggi è un interpretazione personale e non corrisponde necessariamente al vero significato dei messaggi, degli avvertimenti della Madonna al mondo e delle profezie annunciate da Nostra Signora ad Anguera.Si consiglia di visitare il sito web ufficiale brasiliano del veggente Pedro Regis:http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/ e la pagina dedicata al commento delle profezie: http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/cms/list/not%C3%ADcias(Gestore sito web: ANSA - Associacao Nossa Senhora de Anguera).
2.706 - 13/07/2006
Cari figli, il Signore è la certezza della vostra vittoria.
Cercate in Lui la vostra forza e non conoscerete mai il peso della sconfitta.
L’umanità si è allontanata da Dio e gli uomini camminano come ciechi che
guidano altri ciechi. Pentitevi e testimoniate con la vostra stessa vita che
siete del Signore. Ci sarà una grande *ecatombe in Egitto e i miei poveri figli conosceranno una
croce pesante. Io sono vostra Madre e voglio
dirvi che questo è il tempo del grande ritorno. Non restate stazionari. Dio attende
il vostro Sì. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della
Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una
volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Rimanete nella pace.
·
1 Nell'antica Grecia, sacrificio di cento buoi in
onore degli dei; estens. sacrificio
di più animali
·
2 fig. Strage, massacro
- Z - EGITTO - 8 Profezie di Anguera di cui 3 avverate.
- 2.527 - 24.05.2005Cari figli, riempitevi dell’Amore di Dio e lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. Allontanatevi da tutto ciò che paralizza il vero amore. I tempi in cui vivete sono difficili perché la creatura è più valorizzata del Creatore. Non permettete che il seme del male si impadronisca di voi. Siate unicamente del Signore. Io sono vostra Madre e soffro a causa delle vostre sofferenze. Qualunque cosa accada, Dio sarà sempre vicino a voi. DA UNA REGIONE DELLA BAHIA SI ALZERÀ UN GIGANTE ADDORMENTATO CHE PORTERÀ SOFFERENZA PER MOLTI. Pregate. Inginocchiatevi in preghiera per sopportare il peso delle prove che verranno. Dall’Egitto verrà una notizia che si diffonderà per il mondo e la fede di molti uomini sarà scossa. Non dimenticatevi dei miei appelli. Restate saldi sul cammino che vi ho indicato. Accogliete il Vangelo e gli insegnamenti del vero Magistero della Chiesa. State attenti. Non lasciatevi ingannare. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.Bahia può riferirsi a:§ Bahia, uno stato del Brasile§ Bahia, nome con cui viene comunemente chiamata la città di Salvador, (ufficialmente São Salvador da Bahia de Todos os Santos) nello stato di Bahia2.662 - 1 aprile 2006Cari figli, non cercate le glorie di questo mondo, ma cercate la gloria del Signore. Non permettete che le cose del mondo vi allontanino dal Signore. Dite “no” al peccato. Dalla montagna di Malcesine verrà grande sofferenza per i suoi abitanti. La morte passerà per Tortola e i miei poveri figli sperimenteranno grande sofferenza. Chilliwack e il Cairo saranno in macerie. Non restate con le mani in mano. Questo è il tempo della grazia. Io sono vostra Madre e desidero la vostra conversione. Avanti. Dio è al vostro fianco. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.Malcesine (Malsésen in dialetto gardesano[4]) è un comune di oltre 3.700 abitanti della provincia di Verona, nell'alto Lago di Garda. ItaliaTortola è un'isola caraibica appartenente all'arcipelago delle Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands), colonia inglese. È l'isola più grande e la più popolata dell'arcipelago, su di essa è situata la capitale Road TownIl distretto regionale di Fraser Valley (FVRD) è un distretto regionale della Columbia Britannica, Canada di 257.031 abitanti, che ha come capoluogo Chilliwack.
Toponimi
- El Cairo - comune del Dipartimento di Valle del Cauca.
- Cairo - distretto del cantone di Siquirres.
- Il Cairo - capitale dell'Egitto.
- Cairo Montenotte - comune della Liguria;
- Pieve del Cairo - comune della Lombardia.
- Cairo - capoluogo della Contea di Grady, Georgia (USA);
- Cairo - capoluogo della Contea di Alexander, Illinois;
- Cairo - villaggio della Contea di Randolph, Missouri;
- Cairo - villaggio della Contea di Hall, Nebraska;
- Cairo - città della Contea di Greene, New York;
- Cairo - villaggio della Contea di Allen, Ohio;
- Cairo - città della Contea di Ritchie, Virginia Occidentale;
2.670 - 20/04/2006Cari figli, il Signore vi chiama. Rispondete gioiosamente alla sua chiamata di amore e sarete salvi. Sappiate che il Giardino non sarà più un posto sicuro, perché il pericolo verrà dai terreni del grande campo vicino alla rupe del fiume nero. Inginocchiatevi in preghiera. Confidate nel potere di Dio e allontanatevi da ogni male. Salta* sarà colpita e i miei poveri figli porteranno una croce pesante. Convertitevi. Dalla vostra conversione dipendono molte cose. L’idolatria dell’Egitto sarà sconfitta. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.*provincia del nordest argentino (nota del redattore brasiliano)Salta è una città situata nel nord-ovest dell'Argentina ai piedi della cordigliera delle Ande, capitale dell'omonima provinciaAl di là del fiume Nero , a ovest, si trova l'altopiano di Tug Hill , e a nord il fiume San Lorenzo . Gli Adirondack rappresentano un ...La Ufa (anche Karaidel', dal baschiro Ҡариҙел, fiume nero) è un fiume della Russia europea orientale (Oblast' di Čeljabinsk e .Il fiume Nero è un corso d'acqua della provincia di Bergamo . Nasce dal monte Cima Soliva , nelle Alpi Orobie e confluisce dopo 6 km da ..Al di là del fiume Nero , a ovest, si trova l'altopiano di Tug Hill , e a nord il fiume San Lorenzo . Gli Adirondack rappresentano un ...2.706 - 13/07/2006Cari figli, il Signore è la certezza della vostra vittoria. Cercate in Lui la vostra forza e non conoscerete mai il peso della sconfitta. L’umanità si è allontanata da Dio e gli uomini camminano come ciechi che guidano altri ciechi. Pentitevi e testimoniate con la vostra stessa vita che siete del Signore. Ci sarà una grande ecatombe in Egitto e i miei poveri figli conosceranno una croce pesante. Io sono vostra Madre e voglio dirvi che questo è il tempo del grande ritorno. Non restate stazionari. Dio attende il vostro Sì. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.2.889 - 14/09/2007Cari figli, l’umanità si è contaminata con il peccato e gli uomini camminano come ciechi che guidano altri ciechi. Ecco che sono giunti i tempi da me predetti. Avvicinatevi al Signore. Egli vi attende a braccia aperte. Pregate e amate. Senza preghiera e senza amore non potete crescere nella vita spirituale. Io sono vostra Madre e attendo il vostro sì sincero alla mia chiamata di conversione. Non tiratevi indietro. Un attentato contro la casa del Signore attirerà l’attenzione del mondo. Colui che si oppone a Cristo agirà con grande furia. Pregate. Pregate. Pregate. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.3.393 - 30 ottobre 2010Cari figli, Io sono vostra Madre e sono venuta dal cielo per chiamarvi alla conversione sincera. Vi chiedo di vivere i miei messaggi con coraggio. Non voglio forzarvi, ma vi chiedo di essere docili ai miei appelli. Gli uomini si sono allontanati da Dio e sono diventati ciechi spiritualmente. Sono giunti i tempi più dolorosi per l’umanità. Tornate al Signore per mezzo di un affidamento amorevole e sincero. Dio vi ama e vi attende con immenso amore di Padre. Camminate verso un futuro di grandi difficoltà. La terra si agiterà e l’Egitto berrà il calice amaro del dolore. Pregate, pregate, pregate. Il Medio Oriente conoscerà una croce pesante e i miei poveri figli chiederanno aiuto. Bela sarà in lacrime per la morte dei suoi figli. Inginocchiatevi in preghiera. La vostra vittoria è nel Signore. Non restate con le mani in mano. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.Bela può riferirsi a: -fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Bela- Bělá, nome di diversi toponimi della Repubblica Ceca
- Belá, nome di diversi toponimi della Slovacchia
- Béla, nome proprio ungherese (v. voci che iniziano per Béla o Bela)
3.554 - 15 ottobre 2011
Cari figli, pentitevi sinceramente dei vostri peccati e servite il Signore con amore e fedeltà. L’umanità si è contaminata con il peccato ed è arrivato il momento del vostro ritorno al Dio della salvezza e della pace. Vi chiedo di vivere coraggiosamente i miei appelli e di cercare di testimoniare ovunque che appartenete al Signore. L’umanità cammina verso l’abisso della distruzione che gli uomini hanno preparato con le proprie mani. Convertitevi. Se vi convertite, ben presto l’umanità sarà guarita spiritualmente. Inginocchiatevi in preghiera, perché la forza della preghiera trasformerà i cuori induriti. La croce sarà pesante per coloro che stanno a Cher e Tanta. Soffro per ciò che vi attende. Tornate in fretta. Il mio Signore vi ama e vi attende a braccia aperte. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.Cher, dipartimento francese della regione Centro
Tanta, città dell'Egitto, capoluogo del Governatorato di Gharbiyya.3.559 - 23 ottobre 2011
Cari figli, abbiate coraggio, fede e speranza. Io sono al vostro fianco anche se non mi vedete. Voi appartenete al Signore ed Egli si aspetta molto da voi. Credete fermamente nel potere di Dio e sperate in Lui con gioia. Vi chiedo di allontanarvi da tutto ciò che paralizza in voi il vero amore del Signore. Non voglio obbligarvi, ma ascoltatemi. Ho bisogno del vostro sì sincero e coraggioso. Inginocchiatevi in preghiera. L’umanità è malata e ha bisogno di essere curata. Servite il Signore e in tutto imitate mio Figlio Gesù. Soffro per ciò che vi attende. Accadrà a Monte Santo e si ripeterà a Qaliubia. I miei poveri figli porteranno una croce pesante. Cercate forza nell’Eucaristia e nelle parole di mio Figlio Gesù. In Lui è la vostra salvezza e al di fuori di Lui mai l’uomo troverà la piena felicità e salvezza. Tornate in fretta. Non rimandate a domani quello che dovete fare. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.Le località citate:
Per Monte Santo credo che faccia riferimento alla Repubblica monastica del Monte Athos, territorio autonomo della Repubblica Greca, dotato di uno statuto speciale di autogoverno.
Monte Santo, comune dello stato di Bahia inBrasile.
Tuttavia, ci sono altre località con questo nome:
per Monte Santo potrebbe far riferimento anche alla Repubblica monastica del Monte Athos, territorio autonomo della Repubblica Greca, dotato di uno statuto speciale di autogoverno.
Oppure a:
Monte Santo de Minas, comune dello stato del Minas Gerais in Brasile.
O anche a:
Monte Santo de Tocantins, comune dello stato del Tocantins in Brasile.
Qaliubia, governatorato dell'Egitto che si trova nel delta del Nilo. - El Cairo - comune del Dipartimento di Valle del Cauca.
Rivoluzione egiziana del 2011-2013
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Rivoluzione_egiziana_del_2011-2013
Elezioni presidenziali
egiziane del 2012
Da
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Elezioni presidenziali
2012
|
|||
Stato
|
|||
Data
|
23-24 maggio; 16-17 giugno
|
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Candidati
|
|||
Partito
|
-
|
||
I turno
|
5.764.952
24,78 % |
5.505.327
23,66 % |
|
II turno
|
13.230.131
51,73 % |
12.347.380
48,27 % |
|
Mohammed
Hoseyn Tantawi (capo
provvisorio)
|
|||
Le elezioni presidenziali egiziane del
2012 si sono tenute il 23 e 24 maggio (primo
turno) e il 16 e 17 giugno (secondo
turno). Esse hanno visto la vittoria di Mohamed Morsi, che è divenuto Presidente.
Risultati elettorali
Primo turno
Candidati
|
Liste
|
Voti
|
%
|
|
5.764.952
|
24,78
|
|||
-
|
5.505.327
|
23,66
|
||
4.820.273
|
20,72
|
|||
-
|
4.065.239
|
17,47
|
||
-
|
2.588.850
|
11,13
|
||
-
|
235.374
|
1,01
|
||
-
|
134.056
|
0,58
|
||
40.090
|
0,17
|
|||
29.189
|
0,13
|
|||
-
|
23.992
|
0,10
|
||
23.889
|
0,10
|
|||
22.036
|
0,09
|
|||
12.249
|
0,05
|
|||
Totale
|
23.265.516
|
Secondo turno
Candidati
|
Liste
|
Voti
|
%
|
|
13.230.131
|
51,73
|
|||
-
|
12.347.380
|
48,27
|
||
Totale
|
25.577.511
|
Tamàrrud
Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera.
l
movimento del Tamàrrud (arabo: تمرد, "ribellione"), che in dialetto egiziano viene
pronunciato tamarrod, è un
movimento egiziano di opposizione al presidente
d'Egitto Mohamed Morsi. Il movimento ribelle, nato il 28 aprile 2013,
ha raccolto una vasta partecipazione popolare, e ha annunciato di aver raccolto
oltre ventidue milioni di firme per chiedere la destituzione del presidente
Morsi e per ottenere elezioni anticipate. Il movimento, inoltre, propugna
l'istituzione di un governo tecnico in attesa di nuove elezioni. Il loro sito
ufficiale è stato
redatto in quattro lingue.
Il 3
luglio 2013, di fronte al movimento di protesta, Mohamed Morsi è stato rimosso
dalla carica da un colpo di stato
messo in atto dall'esercito egiziano, e sottoposto a misure
restrittive della libertà, a poco più di un anno dalla sua
elezione, nel 2012 avvenuta
nelle file del Partito Libertà
e Giustizia, espressione dei Fratelli
Musulmani[1].
Note ^ Morsi agli arresti domiciliari, Rai News 24, 3 luglio 2013
Golpe
egiziano del 2013
Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera.
Data
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Luogo
|
Egitto: piazza Tahrir e
palazzo Heliopolis a Il Cairo e in altre città egiziane tra cuiAlessandria, Porto Said e Suez
|
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Esito
|
·
Il presidente della Repubblica Mohamed Morsi deposto
dai militari[1]
·
Costituzione sospesa[1]
·
Adli Mansur diventa
presidente della Repubblica ad interim[1]
·
Invito a una nuova elezione da determinarsi da parte del governo
provvisorio[1]
·
Arresti e la detenzione di membri dei Fratelli Musulmani[1]
|
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Schieramenti
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Comandanti
|
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Il golpe
egiziano del 2013 è un colpo di stato attuato il 3 luglio 2013 dall'esercito
nazionale contro il presidente egiziano Mohamed Morsi, dopo una fase di
contrapposizione tra quest'ultime e un vasto movimento popolare di opposizione,
noto come Tamarrud.[2]
Storia
Antefatti
I disordini iniziano nel
novembre 2012 all'indomani dell'auto-attribuzione, mediante decreto, del
presidente Mohamed Morsi di ampi poteri nel campo del potere giudiziario,
giustificandosi di voler rendere non impugnabili i suoi decreti presidenziali
per mettere al riparo il lavoro dell'Assemblea Costituente incaricata di
redigere una nuova Costituzione.[3][4]
Il colpo di
stato
Dal 30 giugno 2013,
a un anno dall'elezione del presidente e leader dei Fratelli Musulmani Mohamed
Morsi, milioni di manifestanti scendono nelle principali piazze delle città
egiziane.[1][5]
Numerosi saranno gli
scontri durante la notte con 16 morti a Il Cairo, dopo che molti dimostranti hanno
attaccato la sede dei fratelli musulmani nella capitale.
Le proteste vanno
avanti, e il 1º luglio le
forze armate egiziane e il ministero della difesa impongono un ultimatum di 48
ore al presidente Morsi. Entro quel tempo il presidente dovrà «dare delle
risposte al popolo egiziano», realizzando le loro richieste.
Lo stesso giorno (2 luglio) il presidente Morsi lancia un
«appello al martirio», affermando di voler proteggere la democrazia con la sua
stessa vita. Su Twitter il presidente
ribadisce: «Non mi lascerò dare ordini, né dall'interno né dall'estero». Verso
sera il generale al-Sisi,
capo dell'esercito, chiede a Morsi di cedere il potere, per salvare quelle vite
che andrebbero perse negli scontri tra l'opposizione e i suoi sostenitori.[8]
Allo scadere
dell'ultimatum il presidente Morsi propone un governo di coalizione
nazionale[9], ma le forze armate dopo un dialogo
con uno dei leader della protesta decidono di deporre il presidente.[10]
Morsi in seguito insieme
ai suoi collaboratori e membri del governo vengono arrestati per evitare l'espatrio.
L'annuncio del colpo di Stato è andato in onda a reti unificate nel paese ed è
stato annunciato dal generale Abd al-Fattah
Khalil al-Sisi.[1][5]
Dopo il golpe
Il giorno dopo il golpe,
in molte città ci sono stati scontri tra gli oppositori e i fratelli musulmani.
Vengono inoltre arrestati la guida spirituale musulmana e il suo vice, per
istigazione alla violenza.
4 luglio
Il 4 luglio viene nominato presidente ad interim fino alle future elezioni
presidenziali il giudice, nonché presidente della corte costituzionale, Adli Mansur.[1][11]
Si verificano nuovi
scontri nelle principali città del paese, durante la notte, con 9 morti e 16
feriti.[11]
5 luglio
Il 5 luglio, giorno chiamato anche "Venerdì
del rifiuto" dai Fratelli Musulmani, ci sono stati altri scontri tra i
sostenitori di Morsi e l'esercito. A fine giornata il bilancio sarà di 30
morti.[12]
Il procuratore generale
d'Egitto ha ordinato la scarcerazione di due figure di spicco della
Fratellanza: Sa'd al-Katatni,
capo del partito della Giustizia e Libertà e il vice della Guida Suprema, Rashad al-Bayumi.[12]
Ha fatto scalpore
l'apparizione pubblica di Mohammed Badi', guida spirituale dei Fratelli
Musulmani, durante le manifestazioni degli islamici, in quanto si riteneva
fosse stato arrestato il 3 luglio. Egli ha
dichiarato:
« Non sono in fuga, non mi hanno arrestato. A tutti gli egiziani
dico: Morsi è il vostro presidente. E resteremo nelle strade a milioni finché
non riporteremo in trionfo il nostro presidente eletto. Proteggeremo il
presidente Mohamed Morsi a costo della nostra vita. L'esercito deve restare
lontano dalla politica e l'Egitto non conoscerà mai più il potere militare.[12] »
|
Lo stesso giorno il
Presidente della Repubblica ad interim Adli Mansur ha emesso un decreto
costituzionale con cui viene sciolto anche il Consiglio della Shūra (che
era l'unico organo depositario del potere legislativo dal 29 novembre 2012[13]).[12]
6 luglio
Il Fronte di salvezza
nazionale, che raccoglie tutte le forze laiche di opposizione, ha convocato una
manifestazione per «difendere la rivoluzione del 30 giugno», a seguito della
decisioni dei Fratelli Musulmani di rimanere in piazza «fino al ritorno del
nostro presidente eletto Mohamed Morsi».[14]
Il Presidente Mansour
rende noto di voler nominare Mohamed El Baradei primo
ministro d'Egitto ad interim, raccogliendo la forte opposizione
dei Fratelli Musulmani e
dei salafiti.[15]
7 luglio
Nel clima di forte
opposizione del partito al-Nur (che
sostiene l'azione dei militari) all'ipotesi di nominare al-Barade'i nuovo Primo
ministro, l’economista liberale (laureato a Oxford), Ziyād Bahāʾ al-Dīn,[16] co-fondatore del Partito Socialdemocratico
Egiziano, è stato indicato dalla TV di Stato egiziana come il
probabile nuovo premier ad interim. Un portavoce della presidenza
ha riferito che al-Barade'i sarebbe invece stato nominato vicepremier ad interim.[17][18][19]
Tale opzione trova,
all'inizio, l'appoggio dei salafiti di al-Nūr:
il loro portavoce dichiara che Ziyād Bahā' al-Dīn «è una delle figure liberali che gode di grande rispetto».[20]
In seguito però - per
bocca del suo presidente - al-Nūr boccia anche questa proposta, poiché Muhammad
al-Barāde'ī e Ziyād Bahā' al-Dīn «sono entrambi del Fronte di salvezza
nazionale [la coalizione delle opposizioni laiche], ed è una cosa che
respingiamo».[21][22]
Al Jazeera denuncia che le forze di
sicurezza egiziane sono entrate nella redazione del Cairo dell'emittente qatarina.
Già il 3 luglio, giorno in cui le Forze Armate deposero Morsi, la sede di Al
Jazeera in Egitto era stata oggetto di un'irruzione apparentemente simile,
conclusasi con l’arresto dei suoi dipendenti.[19][22]
In piena notte
un'esplosione è avvenuta ad un gasdotto che attraversa il Sinai diretto
in Giordania.[21]
Fonti dell'esercito
hanno rivelato che le forze armate egiziane hanno chiuso tutti gli altri
accessi alla parte orientale del Cairo, così da impedirvi l’afflusso dei
seguaci del deposto presidente Mohamed Morsi e dei Fratelli Musulmani, allo
scopo di evitare scontri con i militanti laici.[22]
Smentendo le iperboliche
cifre fornite dalla Fratellanza, fonti militari hanno indicato in circa 20 000
i manifestanti pro-Morsi radunati di fronte alla moschea di Rābiʿa al-ʿAdawiyya a Nasr City,
pressappoco a 5 km dal Palazzo presidenziale al-Ittiḥādiyya (Unità).
8 luglio
Un gruppo di sostenitori
dell'ex-presidente Morsi, che manifestava davanti a una sede della Guardia
Repubblicana (esercito egiziano), è stato attaccato da un gruppo di militari. I
morti, dice la televisione di stato, sono 42 e i feriti almeno 300.[23][24]
Un esponente di spicco
dei Fratelli Musulmani,
Muhammad Ibrahim al-Beltagi, ha parlato di «vera carneficina» e ha esortato
«tutte le persone libere del mondo a intervenire per fermare ulteriori massacri
e impedire una nuova Siria nel mondo arabo», chiedendo alla comunità
internazionale di fermare le stragi.[25]
L'esercito ha
giustificato l'attacco ai sostenitori di Morsi con la necessità di impedire a
un «gruppo terroristico» di assaltare una postazione della Guardia
Repubblicana.[25]
Al Jazeera ha riferito che molte delle
vittime della strage sarebbero state uccise da alcuni cecchini dell'esercito, poiché molti dei
morti, secondo una fonte dei servizi di soccorso, riportano spari alla testa o
al collo. Molti esponenti della Fratellanza hanno pubblicato su Twitter foto di
cadaveri o di feriti che mostrano segni di pallottole al cranio o nella parte
alta del corpo.[26]
A seguito della
strage, al-Barade'i ha
richiesto l'apertura di un'inchiesta su quanto accaduto. Sul suo profilo Twitter egli ha scritto: «La violenza
genera violenza, e dovrebbe essere condannata in maniera forte. Un'indagine
indipendente è necessaria. La transizione pacifica è l'unica strada da
percorrere».[23][27]
L'agenzia di
stampa AFP ha
riferito che è stata ordinata la chiusura della sede del partito Libertà
e Giustizia al Cairo dopo che la polizia vi avrebbe
trovato «liquidi infiammabili, coltelli e armi» da usare durante le
manifestazioni anti-Morsi, contro i militanti dell'opposizione laica.[23][28]
A fine giornata il portavoce
delle forze armate chiede che «vengano smobilitati i sit-in [dei manifestanti
pro-Morsi]» e promette che i «manifestanti non saranno arrestati».[29][30]
9 luglio
In attesa di nuove
elezioni il portavoce presidenziale, Ahmad al-Muslimani, annuncia che è stato
nominato Primo ministro ad interim l'economista liberale Ḥāzem al-Beblāwī, già ministro delle Finanze,
anche in considerazione della non ostilità di al-Nūr.[31][32]
Il presidente Mansur ha
deciso di assegnare ad al-Barade'i la carica di vice Presidente della
Repubblica ad interim.[31][32]
I Fratelli Musulmani, in
risposta a queste scelte, convocano un'altra manifestazione, definendo il 9
luglio il «giorno del milione di martiri», per chiedere la liberazione di Morsi
e il ripristino della legalità.[33]
Nello stesso giorno il
presidente Mansour emana un decreto che definisce la road map istituzionale
per riportare il paese alla normalità:[33]
·
entro 15 giorni va istituita una commissione costituente che entro due mesi
presenti alla presidenza gli emendamenti alla nuova costituzione di stampo
islamico – sospesa nel colpo di stato – voluta dai Fratelli musulmani;
·
gli emendamenti saranno quindi sottoposti a referendum popolare entro un mese dalla
loro presentazione.
·
svolta la consultazione popolare, entro due mesi (cioè entro la fine
dell’anno) si dovranno tenere le elezioni parlamentari.
·
solo allora, con una nuova costituzione e un parlamento funzionante,
saranno indette nuove elezioni presidenziali.
I leader della
campagna Tamàrrud (contro
l'ex presidente egiziano Mohammed Morsi) hanno definito «dittatoriale» la
dichiarazione costituzionale diffusa dal presidente ad interim Adly Mansour. Lo
si legge sul profilo Twitter di Tamarrod.[34]
10 luglio
Nella notte tra il 9 e
il 10 luglio si sono verificati scontri nella regione del Sinai tra
militanti islamisti e militari. Il bilancio è di due morti e sei feriti.[35]
In mattinata il Fronte
di Salvezza Nazionale (opposizione laica) ha dichiarato di non essere
soddisfatto del decreto presidenziale di Mansour, così come i Fratelli
Musulmani.[36]
Il nuovo premier el
Beblawi ha annunciato che avvierà oggi i lavori per la formazione del nuovo
governo.[37] Un portavoce dell'esecutivo ha
riferito che il premier Ḥāzem al-Beblāwī sarebbe intenzionato a
offrire dei ministeri anche al partito Libertà e Giustizia (l'ala politica dei
Fratelli Musulmani).[35] Il portavoce della Fratellanza
ha però smentito qualsiasi possibilità di entrare nel governo provvisorio: «Non
trattiamo con i golpisti, respingiamo qualunque cosa che arrivi da questo colpo
di Stato».[38]
Il Procuratore generale
egiziano ha emanato, poco dopo mezzogiorno, un mandato d'arresto per il leader
dei Fratelli Musulmani, Mohammed Badi', per «istigazione all'omicidio
e alla violenza».[39][40]
Opinioni e valutazioni sul colpo di stato
Il professore Roger Owen, docente di Storia
del Medio Oriente all'Università di Harvard,
ha dichiarato in un'intervista a il Manifesto:
« L'esercito egiziano interviene per fermare la mobilitazione
popolare, dice di farlo in nome del popolo ma in realtà lo fa per far tornare
il popolo a casa. È avvenuto lo stesso durante la rivoluzione francese.[41] »
|
David Piccardo,
coordinatore delle Associazioni Islamiche di Milano (AIM), in un intervento
sull'Huffington Post,
ha scritto che ciò che è accaduto in Egitto è stato un vero colpo di Stato:
« Anche in Italia i difensori
della democrazia a
senso unico, oggi, nella migliore delle ipotesi, tacciono imbarazzati, nella
maggior parte dei casi gioiscono chiamando democrazia, libertà e progresso la destituzione di
un presidente eletto, legittimo, la sospensione della costituzione, l'arresto
dell'intera leadership di un movimento politico e la chiusura immediata dei
canali televisivi ritenuti ostili. Questi provvedimenti, è bene ricordarlo,
si sommano alla sospensione del parlamento eletto dagli egiziani
avvenuta un anno fa.[42] »
|
Anche l'orientalista e
storico della filosofia islamica Massimo Campanini, è convinto che si sia
trattato di un vero e proprio colpo di Stato e non di una
"rivoluzione". Lo studioso però pone l'accento sull'alleanza tra
esercito e opposizione:
« Quello egiziano è stato un golpe, non una rivoluzione. I militari
hanno rovesciato Morsi, eletto democraticamente, pretendendo di interpretare
la volontà popolare. Non riuscendo in altro modo a ottenere le dimissioni di
un presidente che durante il suo mandato ha fatto degli errori, varando anche
provvedimenti autoritari, l'opposizione si è alleata con i generali, avallando
il loro colpo di Stato.[43] »
|
Al contrario per il
quotidiano britannico The Guardian: «La cacciata di Morsi in
Egitto è la seconda rivoluzione in due anni».[43]
Per Hasni Abidi,
politologo e specialista del mondo arabo, direttore del "Centro di studi e
di ricerca sul mondo arabo e mediterraneo", l'azione dell'opposizione e
dell'esercito rappresenta una continuazione della rivoluzione che depose
Mubarak:
« Abbiamo assistito al colpo di Stato più twittato e più connesso
della storia. Questo evento ci trasmette anche un’altra immagine della
democrazia. La nostra percezione europea non è la stessa di quella degli
egiziani scesi in strada. Sono convinti che il fatto di aver chiamato in
aiuto l’esercito per rovesciare un uomo eletto rappresenta un ripristino
della rivoluzione del 24 gennaio 2011.[44] »
|
Il giornalista francese
Bernard Guetta, esperto di politica internazionale, in un articolo sull'Internazionale sostiene
che:
« Non è stato solo l’esercito a rovesciare il presidente Mohamed
Morsi, ma anche una larga coalizione che politicamente rappresenta la
maggioranza degli egiziani. Ciò non toglie che si tratta di un golpe contro
un capo di stato legittimo, che l’esercito ha ripreso in mano il controllo
del paese e che l’ondata di arresti nei ranghi dei Fratelli musulmani è
ingiustificabile. Certo, questo non significa necessariamente che siamo
tornati alla dittatura militare, perché l’Egitto in rivoluzione non si
lascerà rubare facilmente le libertà conquistate. Ma resta il fatto che
l’esercito è uscito dalle caserme, e non sarà facile farcelo ritornare.[45] »
|
Il portavoce dei
cattolici egiziani, Rafic Greiche, sostiene che ciò che è accaduto in Egitto
non è un golpe:
« Quanto sta accadendo in Egitto non è un colpo di Stato. L'esercito
ha scelto di proteggere una rivoluzione pacifica organizzata dai giovani
egiziani e seguita da milioni di persone in tutto il Paese.[46] »
|
Voci correlate
·
Tamarrud
Referendum
costituzionale egiziano del 2011
Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera.
Il referendum
costituzionale si è svolto in Egitto il 19 marzo 2011[1], a seguito delle sommosse
popolari in Egitto del 2011. Più di 14 milioni (77%) a favore,
mentre circa 4 milioni (23%) contro le modifiche, il 41% di 45 milioni di
elettori sono andati a votare[2].
Le riforme costituzionali
approvate includono una limitazione della presidenza a un massimo di due
termini di quattro anni, il controllo giudiziario delle elezioni, la
possibilità per il presidente di nominare un vice, una commissione per redigere
una nuova costituzione a seguito delle elezioni parlamentari, facilitato
l'accesso alle elezioni presidenziali da parte dei candidati tramite la
raccolta di 30.000 firme di almeno 15 province, 30 membri di una camera del
legislatore, o la designazione da parte di detentori di almeno un seggio in
parlamento[3].
Tali riforme sono state accettate
da entrambi gli schieramenti politici per aumentare le garanzie democratiche,
ma alcuni criticano che una imminente elezione possa favorire l'ascesa al
potere deiFratelli
musulmani e membri
dell'ex Partito
Nazionale Democratico di Hosni Mubarak. I sostenitori di quest'ultimi
lamentano che un'attesa eccessiva delle elezioni possa consolidare il potere deimilitari con una conseguente destabilizzazione
in vista delle future elezioni[2].
Le elezioni parlamentari sono
previste entro i prossimi sei mesi, con gruppi già al lavoro per creare nuovi
partiti politici, con i candidati pronti a riformare il paese.
Contesto storico
La costituzione del 1971 è stata sospesa dal Consiglio
Supremo delle Forze Armate, il 13 febbraio 2011, due giorni dopo le
dimissioni di Hosni Mubarak. Venne in seguito scelto un
comitato di giuristi per elaborare emendamenti al fine di aprire la strada a
nuove elezioni parlamentari e presidenziali[4][5].
In caso di vittoria del
"no" la costituzione del 1971 sarebbe stata annullata e uno nuova
doveva essere ratificata prima delle elezioni, che probabilmente hanno esteso
il periodo previsto di transizione fino al 2012 le elezioni.[6]
Articoli della vecchia costituzione
1.
Articolo 75 della costituzione egiziana: "Il Presidente della Repubblica
deve essere un egiziano nato da genitori egiziani e godere dei diritti civili e
politici. La sua età non deve essere inferiore a 40 anni"[7].
1.
Articolo 76 della costituzione egiziana: "L'Assemblea popolare designa il
Presidente della Repubblica. La nomina è sottoposta al popolo per plebiscito. La nomina per il presidente della
Repubblica deve essere fatta nel nome della Assemblea popolare su proposta di
almeno un terzo dei suoi membri. Il candidato che ottiene i due terzi dei voti
dei membri dell'Assemblea popolare è sottoposto al popolo per plebiscito. Se il
candidato non ottiene la maggioranza il processo di nomina deve essere ripetuta
due giorni dopo la prima votazione. Il candidato che ottiene la maggioranza assoluta
dei voti dei membri dell'Assemblea è sottoposta ai cittadini per plebiscito. Il
candidato dovrà essere considerato Presidente della Repubblica, quando ottiene
la maggioranza assoluta dei voti espressi nel plebiscito. Se il candidato non
ottiene questa maggioranza, l'Assemblea propone la nomina di un altro candidato
e la stessa procedura deve seguire riguardo alla sua candidatura e l'elezione[7].
1.
Articolo 77 della costituzione egiziana: "La durata della presidenza è di
sei anni a partire dalla data della proclamazione dei risultati del plebiscito.
Il Presidente della Repubblica può essere rieletto per altri mandati
consecutivi"[7].
1.
Articolo 88 della costituzione egiziana: "La legge determina le
condizioni che membri dell'Assemblea devono soddisfare, nonché le regole di
elezione e referendum, mentre il voto deve essere sotto la supervisione dei
membri di un organo giudiziario[8].
Rivoluzione
egiziana del 2011
Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera.
(Reindirizzamento da Sommosse
popolari in Egitto del 2011)
Rivoluzione
egiziana del 2011
parte della Primavera Araba
|
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La sede principale del Partito
Nazionale Democratico diMubarak data
alle fiamme il 28 gennaio
|
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Data
|
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Luogo
|
Il Cairo, Alessandria, Suez e altri centri
|
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Causa
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richiesta
di riforme costituzionali e di cambiamento del regime politico, forte
malessere della popolazione giovanile,corruzione, povertà, fame,
demografiche fattori strutturali[1]
|
||
Esito
|
dimissioni
di Hosni Mubarak e cambiamento del regime politico in
senso democratico
|
||
La rivoluzione egiziana del 2011,
anche nota con il nome di rivolta
egiziana del 2011, rivoluzione
del Nilo[4], rappresenta un vasto movimento di
protesta che ha visto il succedersi di episodi di disobbedienza civile, atti di
contestazione e insurrezioni, verificatisi in Egitto a
partire dal 25 gennaio del 2011.
Il moto di protesta popolare
egiziano, imperniato sul desiderio di rinnovamento politico e sociale contro il
trentennale regime del presidenteHosni Mubarak, si è inizialmente manifestato
con mezzi pacifici, ispirati alle proteste
organizzate in Tunisia e
in altri paesi arabi che hanno portato alla destituzione
del capo dello stato Zine El-Abidine Ben
Ali e a incidenti in
numerosi stati, ma ha poi conosciuto sviluppi violenti, sfociando in aspri
scontri che hanno provocato numerose vittime tra manifestanti, poliziotti e
militari.
Cause
L'Egitto
tra crescita economica e povertà
Uno dei moventi della rivolta
egiziana del gennaio 2011 è stato individuato soprattutto nel
forte desiderio di rinnovamento del regime politico, cristallizzato attorno
alla figura del presidente Hosni Mubarak, elemento cardine degli
equilibri del paese negli ultimi trent'anni. Come per la Tunisia, dove le sollevazioni hanno avuto come
obiettivo quello di un mutamento del vertice governativo occupato da una figura
dittatoriale, anche in Egitto a
provocare la detonazione della protesta sono stati elementi come l'aumento dei
prezzi dei generi alimentari e la crisi occupazionale che colpisce in
particolare i giovani.[5][6] Per
l'Egitto, nondimeno, le cause della rivolta non sono da individuare nel
deterioramento della situazione economica del paese, malgrado quest'ultimo,
sebbene in pieno sviluppo, registri il 40% della popolazione su un totale di 85
milioni che vive con meno di 1,50 € al giorno.[6][7]
L'Egitto, infatti, il cui PIL annuo è cresciuto a un ritmo superiore
al 5%, ha conosciuto negli ultimi anni la caduta del tasso di disoccupazione
dall'11,2% all'8,9%, un aumento del tasso di IDE,
con un livello di destinazione di risorse totale da parte di economie esterne
per circa 8 miliardi di dollari annui nei settori del turismo, dell'industria e
della finanza e
inoltre non ha subito i contraccolpi della recente crisi finanziaria che ha colpito le maggiori economie
occidentali.[6]
Il governo, a partire dal 2000,
ha attuato una serie di riforme, compresi provvedimenti finalizzati alla liberalizzazione del mercato del lavoro e alla ristrutturazione del sistema
bancario, che hanno fortemente incrementato i livelli di sviluppo delle imprese egiziane.[6]Tuttavia l'economia, nella quale
negli ultimi anni si è registrato, al pari della Tunisia e degli altri mercati
internazionali, un forte incremento dell'inflazione e
dei prezzi dei generi alimentari, presenta anche aspetti dannosi come un
livello dicorruzione molto
alto, forti disuguaglianze nella distribuzione del reddito, e soprattutto un cospicuo tasso didisoccupazione giovanile.[8] Tale
dato ha ripercussioni particolarmente negative se proiettate sul quadro
politico e sociale del paese, tanto più che esso si riferisce alla popolazione
giovanile con maggiore scolarizzazione.[8] All'aumento
del grado di scolarizzazione, notevolmente promosso dalle autorità egiziane,
non è subentrato un incremento della domanda di lavoro e una diffusione più
ampia dell'impiego tra i giovani in possesso di un titolo di studio.[6]
La forte domanda di cambiamento
da parte della popolazione egiziana, specie quella di giovane età (con il 29%
della popolazione che ha un'età compresa tra i 15 e i 29 anni), dunque, a
dispetto di un generale miglioramento della situazione economica negli ultimi
anni, è stata sostenuta, più che da una richiesta di riforme in ordine
all'assetto economico, da una forte volontà di mutamento delle condizioni
sociali, oltreché da istanze molto radicate di trasformazione del regime
politico in senso democratico e pluralistico[9].
Il
trentennale stato d'emergenza
Le richieste di democrazia si
uniscono a un malessere suscitato dalle condizioni generate da uno stato di
polizia che ha conculcato le libertà personali dei cittadini egiziani, in virtù
di uno stato di emergenza in atto per oltre trent'anni e mai
revocato. Lo stato di emergenza, in base al quale il presidente Mubārak ha
potuto dichiarare il coprifuoco e far intervenire l'esercito, è stato
introdotto nella legislazione egiziana nel 1981,
dopo l'assassinio del presidente Anwar al-Sadat per mano di estremisti islamici, e da
allora sempre prorogato.[10] Tale
stato di crisi che conferisce allo stato poteri speciali, assegna la facoltà
alla polizia di attuare arresti per periodi illimitati e permette il ricorso ai
tribunali speciali.[10]
La
corruzione dilagante
Altro dato significativo
dell'Egitto è l'alta percentuale di diffusione della corruzione.[11] Transparency
International ha
collocato il Paese, in base all'indice
di percezione della corruzione (Corruption
Perception Index), al 98º posto della classifica globale, con un indice di
percezione della corruzione nell'ultimo anno della rilevazione (2010)
di 3,1. La ricchezza, peraltro, risulta ripartita in modo non equo con una
minima percentuale della popolazione che controlla la maggior parte della
ricchezza del paese, mentre esiste un 20% degli egiziani che vive al di sotto
della soglia di povertà.[11][12] Secondo
alcuni calcoli la famiglia di Mubārak ha accumulato nel corso di 30 anni di
potere un capitale che si aggira tra i 50 e i 70 miliardi di dollari, tra immobili di prestigio in tutto il
mondo,asset finanziari e capitali ingentissimi custoditi in
conti segreti all'estero.[12][13]
La rivolta
Proteste al Cairo il 25 gennaio
La scintilla della rivolta si fa
risalire al 17 gennaio, quando al Cairo un uomo si dà
fuoco, sulla scia di quanto accaduto in Tunisia al
venditore ambulante Mohamed Bouazizi, divenuto simbolo della
contestazione tunisina.[14] Ancora
il 20 gennaio due
operai si danno alle fiamme per protestare contro un trasferimento forzoso.[15]
La protesta esordisce il 25 gennaio, quando venticinquemila
manifestanti scendono in piazza, nella capitale, per chiedere riforme politiche
e sociali, sul modello della "rivoluzione
del gelsomino" messa in atto in Tunisia. La manifestazione si
trasforma poi in scontro aperto con le forze dell'ordine, con tumulti che hanno
lasciato sul terreno quattro vittime, tra cui un poliziotto.[16]
Lo stesso giorno i principali social network, tra cui Twitter e Facebook, appaiono oscurati, secondo alcuni
per iniziativa delle autorità per evitare che le notizie in diretta sulle
proteste nel paese facciano il giro del mondo.[17]
Nuovi
scontri il 26 gennaio
Nonostante il governo avesse
vietato gli affollamenti, il giorno dopo le proteste nella capitale il
"Movimento 6 aprile" e il gruppo "Khāled Saʿīd"[18], tra gli animatori delle proteste
del martedì, incoraggiano la popolazione ad avviare nuove manifestazioni
pacifiche per le piazze. Oltre che al Cairo, intense proteste si sviluppano nel Sinai, ad Alessandria e in alcune località del delta del Nilo. A Suez,
dove le proteste sono più violente, un gruppo di manifestanti appicca il fuoco
al palazzo del governo e tenta di dare alle fiamme la sede locale del partito
del presidente Mubārak. Fonti della sicurezza riferiscono che durante il giorno
26 gennaio sono state arrestate 500 persone. Un civile e un agente, inoltre,
perdono la vita, mentre decine risultano i feriti.[19]
Il Times of India riporta che il figlio di Mubārak,
Gamāl, indicato come probabile successore del padre, sarebbe fuggito a Londra
il 25 gennaio insieme alla moglie e ai figli. La notizia viene però smentita da
fonti aeroportuali locali.[19]
La
rivolta si intensifica
Circa mille persone risultano in
stato di fermo dall'inizio della protesta secondo fonti della sicurezza.[20] Intanto
per tutta la notte tra il 26 e il 27 gennaio, secondo l'emittente Al Jazeera, gli scontri nelle città egiziane
non sono cessati. I fermati vengono accusati di manifestazione non autorizzata,
danneggiamento di luoghi pubblici e di blocco stradale.[20][21] L'esponente
dell'opposizione egiziana
più noto al di fuori del paese, Muhammad al-Barade'i,
intanto fa il suo ritorno in Egitto e annuncia di voler sostenere la protesta e
di essere pronto a guidare la transizione dopo la caduta di Mubārak se il
popolo gli darà il consenso.[22] Lo
stesso giorno al-Barade'i, in risposta alle parole del Segretario di Stato
americano Hilary Clinton che aveva definito "stabile"
il governo di Mubarak, annuncia di essere "allibito e sconcertato" e
chiede in una lettera al Daily
Beast se con
"stabilità" si intendesse riferirsi a "29 anni di leggi
d'emergenza, a un presidente con un potere imperiale, a un Parlamento che è
quasi una beffa, a una magistratura che non è indipendente".[21]
Mentre ad Ismailia, nel nord dell'Egitto, i manifestanti
vengono dispersi dalla polizia, alla quale vengono contestati metodi
illegittimi, al Cairo giungono altri 10 blindati e la borsa della capitale
registra forti cali. Si decide anche per l'interruzione delle partite del
campionato di calcio.[21][23]
A Suez alcuni edifici pubblici sono dati alle
fiamme, tra cui una parte dell'ospedale pubblico. All'interno della città
portuale 35 persone, fra cui 5 poliziotti, sono gravemente contuse, mentre i
manifestanti danno fuoco ai blindati della polizia.[24]
Il timore, nel frattempo, di una
fine prossima della dittatura del presidente egiziano, viene considerata dai
tradizionali sostenitori del governo egiziano (a partire da Stati Uniti, Italia, Francia e Germania) come foriera di una forte
destabilizzazione per l'intero quadro politico del Nordafrica.[25]
Nel frattempo circola la notizia,
diffusa dal quotidiano britannico The
Telegraph, riguardante un documento diplomatico segreto pubblicato sul sito WikiLeaks che
riferisce di accordi riservati tra gli USA e presunti capi della rivolta in atto
nel paese. Secondo queste notizie, gli Stati Uniti sarebbero giunti ad un
accordo in base al quale se da un lato dichiaravano ufficialmente appoggio al
governo alleato di Ḥosnī Mubārak, dall'altro da almeno tre anni avrebbero
fiancheggiato segretamente alcuni dissidenti dietro la rivolta di piazza
egiziana. Tale accordo farebbe parte di un piano volto a favorire un
"cambio di regime" in senso democratico al Cairo nel 2011.[26]
Nel documento del 30 dicembre 2008 l’ambasciatrice americana al Cairo
cita un giovane dissidente egiziano del Movimento "6 aprile" aiutato
dalla stessa ambasciata a partecipare a un incontro di dissidenti a Washington assieme
a esperti e funzionari del governo americano. Al suo ritorno al Cairo, il
dissidente egiziano ha rivelato ai diplomatici americani che era stata formata
un'alleanza fra gruppi di opposizione con un piano per rovesciare nel 2011 il
governo del presidente Mubārak e per installare in Egitto un governo
democratico, prima delle elezioni presidenziali previste per il settembre di
quello stesso anno.
Nel cablogramma si
sostiene inoltre che il piano è "così delicato da non poter essere messo
per iscritto" e si afferma la necessità che l'identità del dissidente vada
tenuta nascosta per evitare rappresaglie al suo rientro in Egitto. L'alto
rappresentante statunitense, infine, si chiede se il piano, che definisce
"non realistico", appaia nei fatti realizzabile.[27]
Mubārak
posto sotto pressione
Decine di migliaia di persone il 29 gennaio scendono
in strada per chiedere che il presidente Mubārak abbandoni il potere, il giorno
dopo che lo stesso presidente aveva annunciato in televisione in
un discorso tenuto alla nazione che "le violenze di queste ore sono un
complotto per destabilizzare la società".[28] Mubārak
aveva inoltre affermato di aver chiesto al governo di dimettersi, con la
promessa dell'incarico per l'indomani a un nuovo esecutivo.[29]
Il bilancio dei morti dall'inizio
della rivolta sale a 100, anche se Al Jazeera ha parlato di 100 morti nella sola
giornata di venerdì,[30] si
verificano assalti ai ministeri nel Cairo ai quali la polizia e l'esercito
reagiscono impiegando armi da fuoco, mentre la piazza principale della capitale
è circondata dai carri armati dell'esercito, che intanto ha preso in mano la
situazione.[31] Quando
manifestazioni e scontri poi sono in atto in tutto il paese, in mattinata
diversi detenuti di un carcere nei pressi della cittadella del Cairo, riescono
a fuggire prendendo con sé tutte le armi in custodia dopo aver dato fuoco ai
posti di guardia.[32] Il Museo
egizio del Cairo subisce
il saccheggio, nel corso del quale si registra anche la distruzione di due mummiefaraoniche, nonché la
sottrazione di diversi reperti.[33][34] Per
le ore 16:00 del giorno 29 si fa ricorso alla misura del coprifuoco (esteso
al Cairo, ad Alessandria e Suez), ma, nonostante gli appelli dell'esercito, i
manifestanti ignorano volutamente tale disposizione e affollano le piazze,
talvolta solidarizzando con gli stessi militari.[30]
Le dimissioni ufficiali dei ministri vengono
presentate nel primo pomeriggio del 29 gennaio. Diverse ore dopo viene reso
noto che il capo dei servizi segreti egiziani, ʿUmar Sulaymān, è stato nominato vice
presidente della Repubblica, facendo quindi intravedere la concreta possibilità
che a succedergli non sia più suo figlio Gamāl, bensì (secondo quanto stabilito
dalla Costituzione) ʿUmar Sulaymān.[30]
Il bilancio delle vittime sale a
150 nella giornata del 30 gennaio.[35] Quando
il presidente decide di attuare un nuovo giro di vite nel tentativo di porre
sotto controllo la rivolta (rafforzando la presenza dei militari per le strade
e ricorrendo maggiormente all'impiego di blindati e aerei militari che
sorvolano la capitale), al-Barāde'i rinnova il proprio invito a Mubārak a
lasciare la presidenza e si ripropone come nuovo leader del paese.[35] Il
governo americano, intanto, per bocca del Segretario di Stato Hilary Clinton e attraverso lo stesso presidente Barack Obama, fa sapere di appoggiare
"una ordinata transizione verso un governo che sia in linea con le
aspirazioni del popolo egiziano".[35]
Il 31 gennaio, nella speranza di calmare
l'escalation della protesta, Mubārak dimette il suo gabinetto,[36]dando corso a un nuovo governo, tra
i quali componenti figurano il Ten. Gen. ʿUmar
Sulaymān, già nominato vicepresidente, Jabir
Asfur come ministro
della Cultura,[37] Samir
Radwan ministro delle
Finanze,[38]l'ambasciatore Ahmad
Abu l-Ghayt come
ministro degli Esteri, il feldmaresciallo Mohammed Hoseyn
Tantawiministro della Difesa e il Maresciallo dell'Aria Ahmad Shafiq Primo ministro. Diversi altri dicasteri, tra i
quali quelli della Giustizia, dell'Istruzione e della Sanità sono lasciati
vacanti. Il ricambio più rilevante è quello che riguarda il ministro degli
Interni, additato come responsabile dell'uso delle armi da fuoco contro i
manifestanti, sostituito con l'anziano generale Maḥmūd
Wajdī.
Il presidente dell'Assemblea del
Popolo, il parlamento egiziano, Aḥmad Fatḥī Surūr, fa sapere che
sarà aperta un'inchiesta sulla regolarità delle contestate elezioni legislative del 2010 (vinte con netta maggioranza dal
partito del raʾīs Mubārak), la cui dubbia legittimità ha
rappresentato (insieme alla disoccupazione, specialmente giovanile, alla
crescita ingente della corruzione del
regime e allo stato di precarietà economica in cui è tenuto il paese) un
elemento di crescente malcontento ed esasperazione nella popolazione.[39][40]
Nel frattempo gli assai numerosi
manifestanti del Cairo, di ogni sesso e religione, contravvenendo al coprifuoco
anticipato alle ore 15:00, lanciano l'invito affinché si raccolgano, in una
mobilitazione generale, un milione di dimostranti nella sola Il Cairo.[41] I
militari annunciano la propria decisione, sfidando l'autorità di Mubārak, di
non usare la forza contro la popolazione che intenderà ancora dimostrare per
richiedere la fine del potere del presidente.[42]
All'indomani della manifestazione
svoltasi nella capitale alla quale, si viene a sapere, hanno partecipato due
milioni di egiziani, e dopo che Mubārak annuncia in televisione di voler aprire
un dialogo con le opposizioni, promettendo la libera scelta di colui che gli
subentrerà alla carica di presidente e una riforma costituzionale, Barack Obama
rinnova il proprio invito al raʾīs a lasciare la carica auspicando
l'inizio immediato della transizione democratica.[43][44]
Ripresa
degli scontri
Il 2 febbraio, a dispetto degli inviti dei
militari ad abbandonare l'occupazione di piazza Tahrir, la gente decide di
mantenere i presidi nel centro della capitale egiziana. Il coprifuoco viene
ridotto di due ore, ma la tensione è ancora alta e scontri con numerosi feriti
e qualche morto si verificano tra dimostranti a favore del presidente Mubarak e
coloro che ne invocano le dimissioni.[45]
L'epicentro della protesta,
piazza Tahrir, nelle giornate del 2 e 3 febbraio diviene
luogo di un intenso conflitto (con sassaiole, lanci di oggetti e sparute
raffiche di armi da fuoco) tra una parte dei dimostranti che difende il potere
del rais (e intende sgomberare dalla piazza i presidi della protesta
antigovernativa) e chi da giorni ne richiede la fine del governo trentennale.
Stime ufficiali parlano di diverse centinaia di feriti trasportati negli
ospedali del Cairo, ormai interessata da numerosi posti di blocco e checkpoint dell'esercito e del tutto paralizzata
dalle manifestazioni e dagli scontri, mentre si registrano numerose vittime,
secondo un bilancio provvisorio una decina.[46][47][48]
Carri armati ed esercito, nel
tentativo di sedare gli scontri tra civili, intervengono per far cessare le
violenze tra i gruppi favorevoli a Mubārak e i dimostranti contro il regime.[49] Si
registrano, intanto, aggressioni nei confronti dei giornalisti stranieri, già
dal 2 febbraio obbiettivo di pestaggi da parte dei sostenitori di Mubārak che
cercano di impedire la diffusione di quanto si svolge per le strade della
capitale.[50]
Il personale delle Nazioni Unite, comprendente decine di
funzionari, lascia il paese per l'ulteriore inasprimento del clima.[51] Di
fronte all'intensificarsi della rivolta e all'affacciarsi dello spettro della
guerra civile, Mubārak annuncia di riservarsi di presentare le proprie
dimissioni a causa della gravità della situazione che, a suo giudizio, andrebbe
incontro a un ulteriore peggioramento se il paese rimanesse privo della sua
guida.[52]
Trattative
tra governo e opposizione
La diplomazia americana, intanto,
si attiva per attuare - in coincidenza con lo scadere dell'ultimatum lanciato
dalla piazza che aveva richiesto le dimissioni di Hosni Mubārak entro il 4
febbraio (ribattezzato "giornata della partenza") - la successione
del presidente esercitando pressioni affinché il passaggio di consegne avvenga
col vicepresidente, ex plenipotenziario dei servizi segreti, ʿOmar Sulaymān.[53][54] Il New York Times, citando fonti interne
all'amministrazione Obama, ha fatto trapelare che le trattative per il
conferimento del mandato a Sulaymān sono in atto da giorni.[54]
Le dimissioni del raʾīs, tuttavia, vengono
escluse dal Premier egiziano Ahmed Shafīq in un intervento su Al Jazeera, in
cui ha respinto l'ipotesi di un passaggio di poteri da Mubārak al
vicepresidente.[55] Le
manifestazioni di protesta proseguono e il coprifuoco dell'esercito continua a
essere sfidato. Mīdān Taḥrīr rimane assediata da migliaia di persone che
chiedono una svolta politica immediata. Il 5 febbraio un’esplosione
si verifica nei pressi di unoleodotto che trasporta gas naturale a el-ʿArīsh, nel Sinai.
L'evento, di natura dolosa, viene ricondotto all'azione di sabotatori.[55] Lo
stesso giorno i vertici del Partito Democratico Nazionale di Mubārak, tra i
quali il figlio Gamāl, vengono sostituiti.[56]
La situazione per le strade delle
città egiziane, andata via via normalizzandosi sin dai primi giorni di
febbraio, raggiunge un quadro più favorevole al dialogo tra governo e
opposizione.[57] Attraverso
trattative condotte tra il regime e il movimento di protesta egiziano, ancorché
non rappresentato in tutte le sue sfaccettature, si cerca di raggiungere un
accordo per l'istituzione di un comitato congiunto governo-opposizione per
l'attuazione di riforme costituzionali entro marzo.[58] L'iniziativa
è raggiunta nell'incontro tra il vicepresidente ʿOmar Sulaymān e i
rappresentanti dell'opposizione, tra i quali anche una delegazione dei "Fratelli Musulmani",
la maggiore formazione di opposizione egiziana, a forte impronta religiosa,
sempre tollerata dal regime ma per anni confinata ai margini della scena
politica.[59] Le
opposizioni, tuttavia, rimangono scettiche verso l'accordo, in primo luogo per
il mancato raggiungimento delle dimissioni di Mubārak e Aḥmed Māher,
coordinatore del "Movimento del 6 aprile", invoca un'escalation nella protesta, con assedio al palazzo
del parlamento, alla sede della televisione ed una marcia verso il palazzo
presidenziale.[60]
Il 10 febbraio Ḥosnī
Mubārak, mentre la piazza principale della capitale è gremita in attesa
dell'annuncio delle sue dimissioni (di cui si è diffusa, nel frattempo,
notizia), in un discorso alla tv pubblica dichiara la sua intenzione di
trasferire in toto i poteri al vice presidente Sulaymān.[61] Contestualmente
rende noto di non volersi ricandidare alle prossime elezioni, che si
svolgeranno in settembre, e che sosterrà la transizione verso la riforma della
costituzione che, promette, contribuirà a rinnovare.[61] Il
presidente esprime quindi la volontà di preparare la strada per eliminare le
leggi d'emergenza "nel momento in cui la stabilità è ritrovata e le
condizioni necessarie sono in atto".[61]
La folla che segue il discorso
del presidente dalla piazza, al suo annuncio di non rassegnare le dimissioni
mostra simbolicamente le scarpe, compiendo uno dei gesti più ostili verso il
potere costituito,[62] che
qualcuno giudica invece offensivo per la propria cultura.[63] Dopo
che i militari avevano dichiarato, alcune ore prima che Mubārak sostenesse la
non intenzione di dimettersi, che avrebbero appoggiato le domande del popolo,
alimentando i timori in un golpe e la speranza nei manifestanti di un
approssimarsi della fine del regime, l'11 febbraio nel
"comunicato n. 2" le Forze Armate egiziane assicurano che
garantiranno "il pacifico passaggio dei poteri" ed "elezioni
libere".[63][64]
Mubarak
rassegna le dimissioni
Alla fine di intense trattative
tra le diplomazie e di un braccio di ferro tra le opposizioni e il governo che
appariva senza esito, Ḥosnī Mubārak, per un trentennio Presidente della
Repubblica Egiziana, rassegna l'11 febbraio le
dimissioni dalla propria carica. Ad annunciarlo è il vice presidente ʿOmar
Suleymān, il quale comunica che Mubārak ha lasciato alle forze armate
l'incarico di gestire gli affari dello stato e di decidere del destino politico
dell'Egitto. La notizia viene accolta dalle centinaia di migliaia di persone
raccoltesi per le strade della capitale per il 18º giorno di protesta con
manifestazioni di gioia, mentre in tutto il paese si svolgono i festeggiamenti
per un avvenimento atteso da milioni di persone.[65]
Decisive, al fine di indurre il
rais alle dimissioni, sono state le pressioni esercitate dalla Casa Bianca.[66] I
richiami netti rivolti all'apparato militare egiziano, supportato
finanziariamente dall'amministrazione americana, hanno avuto una funzione
dirimente al fine di indurre l'esercito a porre Mubārak nelle condizioni di
rimettere il proprio mandato. Per alcune ore, il governo americano ha assistito
a quella che si sarebbe potuta tramutare in una sconfitta per la propria
diplomazia e una perdita di forza dell'influenza in Vicino Oriente. Il rais infatti, che nel
messaggio rivolto al popolo il 10 febbraio aveva negato di volersi dimettere,
aveva nella stessa occasione sottolineato di non voler accettare i diktat di altri paesi.[67] Tale
affermazione è apparsa un riferimento chiaro ai tentativi da parte degli USA di
spingerlo a lasciare la presidenza.[66]
Il potere in mano al Consiglio supremo
delle forze armate
L'uscita di scena di Mubārak (il
quale alcune ore dopo le dimissioni abbandona il Cairo e si rifugia nella sua
residenza di Sharm el-Sheikh) lascia il potere politico
sotto il controllo del Consiglio supremo delle forze armate, composto da 18
militari e presieduto dal feldmaresciallo Mohammed Hoseyn
Tantawi, uomo chiave della giunta e capo di stato
provvisorio dell'Egitto in
virtù dell'assunzione de facto dei poteri presidenziali.[68] Ai
militari viene demandato il compito di traghettare il paese verso la
democrazia.[68]
Mentre il governo rimane
ufficialmente in carica, il parlamento viene sciolto dal Consiglio, che decide
anche per la sospensione della costituzione. La giunta, che promette di mettere
fine allo stato d'emergenza in vigore nel paese dal 1981 solo quando le
condizioni lo richiederanno, annuncia che rimarrà al potere per sei mesi o fino
alle prossime elezioni legislative e presidenziali e che rispetterà i trattati
internazionali, fra cui quello che sancisce la pace con Israele.[68][69] Viene
decisa inoltre l'istituzione di un comitato che si occuperà di emendare la
carta costituzionale.[69]
Il premier egiziano Ahmad Shafiq, dopo che per giorni numerosi
egiziani avevano continuato a protestare in piazza Tahrir chiedendo le sue
dimissioni, ritenendolo colluso col vecchio regime, il 3 marzo rimette
il proprio incarico di Primo ministro.[70][71]
Il referendum
sugli emendamenti alla Costituzione della Repubblica araba d'Egitto si tiene il 19 marzo.[72] La
consultazione registra il 77,2% dei sì, che consentono in questo modo
l'implementazione di elezioni parlamentari e presidenziali entro la fine
dell'anno.[73]
Reazioni e conseguenze sul piano
internazionale
Conseguenze
dei moti di protesta inNordafrica e Vicino Oriente del 2011:
██ Allontanamento del capo di stato
██ Cambiamento del primo ministro
██ Sommosse
██ Proteste maggiori
██ Proteste minori
██ Qualche incidente
Paesi non
arabi:
██ Proteste collegate
██ Assenza di incidenti
Le paure di un epilogo violento
del regime del rais hanno indotto la comunità internazionale, quantomeno
all'inizio della rivolta, ad avere atteggiamenti di fiducia verso il
presidente. Il segretario di stato degli USA Clinton il primo giorno di rivolta
non si è sbilanciato, affermando la stabilità del governo egiziano, alleato di
ferro del Paese e destinatario, secondo alcuni calcoli, di sessanta miliardi di
dollari, o poco meno, dal 1982.[74] L'amministrazione
Obama, non esprimendo una linea decisa sin dall'inizio degli eventi, ha
mostrato segnali di confusione e debolezza, causati, secondo alcuni, da una
assenza di referenti politici fidati nella regione mediorientale al di là dei
governi dittatoriali da loro stessi fiancheggiati e sempre più privati del
consenso popolare.[75] Proprio
l'incompatibilità crescente tra un mondo in trasformazione e delle figure di
governo ormai inadatte, privilegiate negli anni nello scacchiere mondiale dalla
logica della stabilità, costituiscono il luogo di una analisi più approfondita
per la politica estera statunitense a proposito dello scenario mediorientale.[senza fonte]
I tradizionali sostenitori del
governo egiziano, a partire da Stati Uniti, Italia, Francia e Germania, hanno
intravisto nella caduta del potere di Ḥosnī Mubārak, cardine degli equilibri
politici del Nordafrica negli ultimi decenni, il pericolo di una forte
destabilizzazione per l'intero quadro politico vicino-orientale.[25] L'Egitto
di Mubarak, dal punto di vista dell'amministrazione americana, è considerato un
caposaldo dello status quo della regione. La pace, ancorché asettica, tra
Egitto e Israele rimane l'asse portante del quadro politico modellato dagli
stati occidentali.[76] Stati Uniti, Unione Europea e Onuhanno
chiesto con insistenza l'inizio della transizione verso la democrazia, senza
nondimeno affermare con chiarezza la richiesta di abbandono del potere del
rais. Israele, come gran parte dell'Occidente,
teme che gli accordi di pace di
Camp David del 1978 possano venire messi in discussione,
con un significativo pericolo di una recrudescenza dei rapporti degli stati del Vicino Oriente.[77]
Quando però la situazione è
sembrata peggiorare, anche di fronte ai soprusi della polizia, il presidente
Obama si è schierato a fianco del popolo egiziano chiedendo "immediate
riforme". Al fine di influenzare le scelte del governo Mubārak, per bocca
dell'alto rappresentante Robert Gibbs, gli Stati Uniti si sono detti pronti a
rivedere la politica di assistenza a favore del Cairo.[74] L'Egitto
rappresenta inoltre, dopo l'Algeria, il primo mercato
di destinazione delle esportazioni europee (circa 13 miliardi di euro) nel
Mediterraneo meridionale.[78] Lo
Stato d'Israele, attraverso il primo ministro Benjamin Netanyahu,
a pochi giorni dallo scoppio delle sommosse ha dichiarato che è interesse
dell'intero Vicino Oriente mantenere la stabilità del regime, anche in
considerazione del pericolo di una deriva fondamentalista della protesta egiziana.[79]
I timori di instabilità nelle
nazioni vicine sono apparsi tanto più fondati, quanto più il moto di rivolta è
giunto a interessare gran parte dell'area nordafricana, con fermenti e
agitazioni in atto anche in Marocco, Giordania, Siria e Libia,
stati tradizionalmente considerati stabili dal punto di vista politico.[80][81] Altresì Yemen, Algeria, Libano e Oman sono coinvolti da sommovimenti di
natura sociale e politica.[76]
La Repubblica
islamica dell'Iran, le cui relazioni diplomatiche con l'Egitto sono
sospese dal 1979,
ha espresso pieno sostengo alla rivolta egiziana, sperando in un cambiamento
degli equilibri a favore di una svolta teocratica, simile a quella avvenuta nello
stesso Iran con la rivoluzione
iraniana del 1979.[78] La Fratellanza musulmana,
la più grande organizzazione politica di ispirazione islamica, nata in Egitto
nel 1928,
molto radicata nel paese e vicina ad Hamas (nato nel 1987 come appendice in Palestina, ma più radicale per il ricorso alla
lotta armata e una spiccata identità nazionalista), è fortemente temuta
dall'Occidente e, segnatamente, dai governi israeliano e americano. Il
presidente degli Stati Uniti infatti, in un'intervista a Fox News, ha sostenuto che "è importante
che non crediamo che le uniche due opzioni siano i Fratelli Musulmani o un
popolo egiziano oppresso".[82] Gli
USA si sono adoperati sin dal principio perché si realizzasse un passaggio di
poteri tra Mubārak e ʿOmar Sulaymān, recentemente nominato vice Presidente, con
l'uscita di scena definitiva del raʾīs. Oltre ad elevare lo stato di
guardia delle potenze occidentali e di Israele, che si pronuncia in auspici del
mantenimento degli equilibri attuali, con la maggior parte delle nazioni del Maghreb e
del Vicino Oriente in mano a dittatori de
facto, la crisi egiziana accentua lo iato tra lo stesso governo Netanyahu e
l'amministrazione Obama, più favorevole a bilanciare le istanze di libertà con
il bisogno della stabilità.[76]
Gli
attivisti politici
·
Ahmed
Ghanem (scrittore
politico)
Voci correlate
·
Tamarod
| [altre]
Primavera
araba
Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera.
Primavera
araba
|
||||
██ Allontanamento o morte del capo di stato
██ Conflitti armati e cambiamento nel governo
██ Cambiamento del primo ministro
██ Proteste maggiori
██ Proteste minori
██ Proteste collegate
██ Guerra civile
██ Assenza di proteste
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Data
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Luogo
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Causa
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Corruzione, povertà, fame,
assenza di libertà individuali,
violazione di diritti umani, disoccupazione, aumento del prezzo dei
generi alimentari, malcontento popolare, desiderio di rinnovamento del regime
politico
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Schieramenti
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Effettivi
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Perdite
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Mappa del mondo arabo.
Primavera araba (in arabo الثورات
العربية al-Thûrât al-ʻArabiyy;
letteralmente ribellioni arabe o rivoluzioni
arabe) è un termine di origine giornalistica utilizzato perlopiù dai media
occidentali [1] per
indicare una serie di proteste ed agitazioni cominciate alcune già durante
l'inverno 2010/2011 e in parte tuttora in corso[2][3] nelle
regioni del Medio Oriente, del vicino Oriente e del Nord Africa. I paesi maggiormente coinvolti
dalle sommosse sono l'Algeria, il Bahrein, l'Egitto, la Tunisia, lo Yemen,
la Giordania, il Gibuti, laLibia e la Siria,
mentre ci sono stati moti minori in Mauritania, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Somalia, Iraq, Marocco e Kuwait[4][5][6].
Contesto
Le proteste che hanno colpito
paesi riconducibili in vario modo all'universo arabo ma anche esterni a tale circoscrizione
come nel caso della Repubblica
Islamica dell'Iran, hanno in comune l'uso di tecniche di resistenza
civili, comprendente scioperi,manifestazioni, marce e cortei, talvolta anche
atti estremi come suicidi (divenuti
noti tra i media come "auto-immolazioni") e l'autolesionismo, così come l'uso di social network come Facebook e Twitter per
organizzare, comunicare e divulgare gli eventi a dispetto dei tentativi di
repressione statale.[7][8][9] I
social network tuttavia non sarebbero il vero motore della rivolta, secondo
alcuni osservatori, per i quali "il network della moschea, o del bazar,
conta assai più dì Facebook, Google o delle email".[10][11]Alcuni di questi moti, in
particolare in Tunisia ed Egitto, hanno portato ad un cambiamento di governo, e
sono stati denominatirivoluzioni.[12][13] I
fattori che hanno portato alle proteste sono numerosi e comprendono, tra le
maggiori cause, la corruzione, l'assenza di libertà individuali,
la violazione dei diritti umani e le condizioni di vita molto dure,
che in molti casi riguardano o rasentano la povertà estrema.[14] Il
crescere del prezzo dei generi alimentari e della fame sono anche considerati una delle
ragioni principali del malcontento, che hanno comportato minacce all'equilibrio
mondiale in ordine all'alimentazione di larghe fasce della popolazione nei
paesi più poveri nei quali si sono svolte le proteste, ai limiti di una crisi
paragonabile a quella osservata nella crisi alimentare mondiale nel 2007-2008.[15][16][17][18] Tra
le cause dell'aumento dei costi, secondo Abdolreza Abbassian, capo economista
alla FAO,
la "siccità in Russia e Kazakistan accompagnata
dalle inondazioni in Europa, Canada e Australia, associate a incertezza sulla
produzione in Argentina", a causa di cui i governi dei
paesi del Maghreb, costretti ad importare i
generi commestibili, hanno scelto l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di
largo consumo.[19] Altri
analisti hanno messo in risalto il ruolo della speculazione finanziaria nel
determinare la crescita del prezzo dei generi alimentari in tutto il mondo.[20] Prezzi
più alti si sono registrati anche in Asia:
in India dove ci sono stati rialzi nell'ordine
del 18%, mentre in Cina dell'11,7% in un anno.[19]
Le proteste sono cominciate il 18 dicembre 2010 in seguito alla protesta estrema del
tunisino Mohamed Bouazizi che si è dato fuoco in seguito a
maltrattamenti da parte della polizia, il cui gesto è servito da scintilla per
l'intero moto di rivolta che si è poi tramutato nella cosiddetta "rivoluzione
dei gelsomini".[21][22] Per
le stesse ragioni, un effetto domino si è propagato ad altri paesi del mondo
arabo e della regione del Nordafrica, in seguito alla protesta tunisina. In
molti casi i giorni più accesi, o quelli dai quali ha preso avvio la rivolta,
sono stati chiamati "giorno della rabbia" o con nomi simili.[23][24]
Ad oggi, quattro capi di stato sono stati costretti alle dimissioni o
alla fuga: in Tunisia Zine El-Abidine Ben
Ali il 14 gennaio 2011,
in Egitto Hosni Mubarak l'11 febbraio 2011,
in Libia Muammar Gheddafi che, dopo una lunga fuga da Tripoli a
Sirte, è stato catturato e ucciso dai ribelli il 20 ottobre 2011[25][26] e
in Yemen Ali Abdullah Saleh il 27 febbraio 2012.
I sommovimenti in Tunisia hanno
portato il presidente Ben Ali, alla fine di 25 anni di dittatura, alla fuga in Arabia Saudita. In
Egitto, le imponenti proteste iniziate il 25 gennaio 2011,
dopo 18 giorni di continue dimostrazioni accompagnate da vari episodi di
violenza, hanno costretto alle dimissioni, complici anche le pressioni
esercitate da Washington, il presidente Mubarak dopo trent'anni di potere.[27] Nello
stesso periodo, il re di Giordania Abdullah attua un rimpasto ministeriale e
nomina un nuovo primo ministro, con l’incarico di preparare un
piano di "vere riforme politiche".[28]
Sia l'instabilità portata dalle
proteste nella regione mediorientale e nordafricana che le loro profonde
implicazioni geopolitiche hanno
attirato grande attenzione e preoccupazione in tutto il mondo.[29]
Paesi degli scontri
principali
Tunisia
Per approfondire, vedi Sommosse
popolari in Tunisia del 2010-2011.
|
Le proteste nel paese iniziano
dopo il gesto disperato di un ambulante, Mohamed Bouazizi, che il 17 dicembre 2010
si dà fuoco per protestare contro il sequestro da parte della polizia della sua
merce.[30] Il
27 dicembre il movimento di protesta si diffonde anche a Tunisi, dove giovani laureati disoccupati manifestano per
le strade della città e vengono colpiti dalla mano pesante operata dalla
polizia.[30]
Nonostante un rimpasto di governo
il 29 dicembre, le rivolte nel paese non si placano.[30] Il
13 gennaio il presidente tunisino Ben Ali in
un intervento sulla tv nazionale si impegna a lasciare il potere nel 2014 e promette che garantirà la libertà di
stampa. Il suo discorso però non calma gli animi e le manifestazioni
continuano.[30] Meno
di un’ora dopo decreta lo stato d’emergenza e impone il coprifuoco in tutto il
Paese.[30] Poco
dopo il primo ministro Mohamed Ghannouchi dichiara di assumere la carica di
presidente ad interim fino
alle elezioni anticipate.[31]In serata viene dato l’annuncio che
Ben Ali, dopo ventiquattro anni al potere, ha lasciato il Paese.[32]
A fine febbraio alcune decine di
migliaia di manifestanti si radunano nel centro di Tunisi per chiedere le
dimissioni del governo provvisorio, insediatosi dopo la cacciata dell'ex
presidente Zine el-Abidine Ben Ali.[33]
Egitto
Per approfondire, vedi Sommosse
popolari in Egitto del 2011.
|
In seguito ai diversi casi di
protesta estrema che hanno visto darsi fuoco diverse persone a gennaio, il 25 gennaio violenti
scontri si sviluppano al centro del Cairo,
con feriti ed arresti, durante le manifestazioni della "giornata della
collera" convocata da opposizione e società civile contro la carenza di
lavoro e le misure repressive.[34] I
manifestanti contrari al regime di Mubarak invocano la liberazione dei detenuti
politici, la liberalizzazione dei media, e sostengono la rivolta contro la
corruzione e i privilegi dell'oligarchia.
Il 29 gennaio il
presidente Hosni Mubarak licenzia il governo e nomina come suo
vice l’ex capo dell’intelligence, Omar Suleiman. Proseguono tuttavia gli scontri
e le manifestazioni nelle città egiziane.[35] Il 5 febbraio intanto
si dimette l’esecutivo del Partito nazionale democratico di Mubarak, mentre il raisalcuni giorni dopo delega tutti i suoi
poteri a Suleiman.[35] L'11 febbraio il
vice presidente annuncia le dimissioni di Mubarak mentre oltre un milione di
persone continuano a manifestare nel paese.[36] L'Egitto
è lasciato nelle mani di una giunta militare, presieduta dal feldmaresciallo Mohamed Hussein
Tantawi, in attesa che venga emendata la costituzione e che venga
predisposta la convocazione di prossime elezioni presidenziali.[37][38]
Libia
Per approfondire, vedi Guerra civile libica.
|
Il 16 febbraio si
verificano nella città di Bengasi scontri
fra manifestanti,scontenti per l'arresto di un attivista dei diritti umani,e la polizia,
sostenuta da militanti del governo. In tutto il Paese, nel frattempo si tengono
manifestazioni a sostegno del governo del leader Mu'ammar Gheddafi.[39]
Il 17 febbraio si
registrano numerosi morti in accesi conflitti a Bengasi, città simbolo della
rivolta libica che intende attuare la cacciata del capo del paese al potere da
oltre quarant'anni. Testimoni vicini ai ribelli riferiscono inoltre che
sarebbero avvenute vere e proprie esecuzioni da parte delle forze di polizia.[40]Nella data del 17 febbraio,
proclamata la "giornata della collera", milizie giunte da Tripoli a Beida,
nell'est della Libia colpiscono i manifestanti causando morti e numerosi
feriti.[41]
Molti dei decessi registrati in
Libia risultano concentrati nella sola città di Bengasi, località
tradizionalmente poco fedele al leader libico e più influenzata dalla cultura islamista.[42] Il
20 febbraio il bilancio delle vittime si avvicina ai 300 morti.[43] Il
sito informativo libico "Libya al-Youm" denuncia che "i militari
inviati dal regime libico per reprimere i manifestanti di Bengasi stanno usando
in queste ore armi pesanti contro le persone riunite davanti al tribunale
cittadino" come razzi Rpg e
armi anti-carro.[43]
Il 21 febbraio la
rivolta si allarga anche alla capitale Tripoli dove
i contestatori danno fuoco a edifici pubblici.[44] Nella
stessa giornata a Tripoli si fa ricorso a raiddell'aviazione
sui manifestanti per soffocare la protesta.[45] Il
21 febbraio cominciano i tradimenti politici: la delegazione libica all’Onu prende nettamente le distanze dal
leader Muammar Gheddafi. Il vice-ambasciatore libico, Ibrahim Dabbashi, a capo
della squadra diplomatica libica, accusa il colonnello di essere colpevole di
"genocidio" e di aver praticato "crimini contro l’umanita".[46]
Il 20 ottobre 2011 Muammar Gheddafi viene catturato e ucciso vicino a Sirte. Il suo cadavere riposa vicino a Misurata.
Il 20 ottobre 2011 Muammar Gheddafi viene catturato e ucciso vicino a Sirte. Il suo cadavere riposa vicino a Misurata.
Siria
Per approfondire, vedi Guerra civile
siriana.
|
Le sommosse popolari in Siria del 2011-2012 sono un moto di contestazione, simile
a quelli che si svolgono nel resto del mondo arabo nello stesso periodo, che
interessa numerose città della Siria dal mese di febbraio del 2011. Le
proteste, che hanno assunto connotati violenti sfociando in sanguinosi scontri
tra polizia e manifestanti, hanno l'obiettivo di spingere il presidente sirianoBashar al-Assad ad attuare le riforme necessarie a
dare un'impronta democratica allo stato. In virtù di una legge del 1963 che impedisce le manifestazioni di
piazza (solo dopo diverse settimane di scontri formalmente revocata), il regime
ha proceduto a sopprimere, anche ricorrendo alla violenza, le dimostrazioni
messe in atto dalla popolazione, provocando un numero fin ora imprecisato di
vittime tra i manifestanti e le forze di polizia.
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