Il ricercatore (V) ordina al soggetto (L - insegnante) di punire con scosse elettriche, che quest'ultimo crede siano dolorose, un altro soggetto (S - allievo), che in realtà è un attore e complice. Molti soggetti hanno continuato a dare scosse elettriche nonostante le suppliche di misericordia da parte degli attori.
Is 5:20 Guai a coloro che chiamano
- Dal 1987, la Madonna appare ad Anguera (Brasile) al veggente Pedro Régis, dettandogli messaggi per tutta l'umanità.
- I messaggi vengono trasmessi 3 volte a settimana: ogni martedì e sabato, più un altro giorno variabile.
ULTIMO MESSAGGIO IN ITALIANO DAL SITO WEB UFFICIALE BRASILIANOGli articoli e le informazioni contenute nei siti Web "linkati" sono di proprietà degli autori dei siti medesimi. Pertanto tutti i diritti nonché la responsabilità di quanto riportato in questi siti sono riservati esclusivamente ai loro autori.Questo post presente sul blog: https://nostrasignoradianguera.blogspot.it/e Twitter: https://twitter.com/angueramessaggi è un interpretazione personale e non corrisponde necessariamente al vero significato dei messaggi, degli avvertimenti della Madonna al mondo e delle profezie annunciate da Nostra Signora ad Anguera.Si consiglia di visitare il sito web ufficiale brasiliano del veggente Pedro Regis:http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/ e la pagina dedicata al commento delle profezie: http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/cms/list/not%C3%ADcias(Gestore sito web: ANSA - Associacao Nossa Senhora de Anguera).
bene il male e male il
bene,
che cambiano le tenebre
in luce e la luce in tenebre,
che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro.
1Cor 6:9 O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, 10 né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio.
11 E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!
RISPOSTA TEOLOGICA ALL' ESPERIMENTO DI MILGRAM DEL 1961
11 E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!
RISPOSTA TEOLOGICA ALL' ESPERIMENTO DI MILGRAM DEL 1961
Messaggio profetico di Anguera numero 222 del 24 ottobre 1989
Cari figli, sono la vostra Madre Immacolata. Sono sempre con voi per proteggervi e guidarvi. È giunta la mia ora. I tempi dolorosi da me predetti
sono arrivati. Vivete
in un mondo che non considera più peccato il male. Molti hanno perduto il senso del peccato, così il peccato
viene sempre più commesso e giustificato, e un numero crescente di anime
precipita ogni giorno all’inferno. Ogni istante che
vivete sulla terra, correte il grande rischio di essere eternamente perduti.
Certamente non posso chiedervi di stare immobili o di non vivere in questo
mondo. Per volontà di mio Figlio, vivete in questo mondo, ma non di questo
mondo. Desidero che voi seguiate solo mio Figlio, che è la vostra vita. Egli è
salito al cielo per prepararvi un posto e per aiutarvi a vivere in questo mondo
sempre con gli occhi rivolti verso il PARADISO. Non sarete mai ingannati da
questo mondo se, con me che vi conduco per mano, seguirete Gesù, vostra Via,
Verità e Vita in ogni istante. Seguitelo, preparatevi e convertitevi. Questa è l’ora della vostra conversione. Convertitevi. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui
ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo. Amen. Rimanete nella pace.
ESPERIMENTO DI MILGRAM ANNO 2011: ANALOGHI RISULTATI OTTENUTI NEL 1961, DOPO MEZZO SECOLO.
Il documentario
della serie televisiva Curiosity, ripropone
nel 2011 un esperimento identico all’ esperimento di Milgran compiuti
nel 1961, dopo 50 anni con analoghi risultati: l’ uomo medio potrebbe ripetere
gli stessi comportamenti inumani compiuti nella seconda guerra mondiale.
Curiosity (programma televisivo)
Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera.
Curiosity è una serie di
documentari prodotta e trasmessa da Discovery Channel. Ogni episodio si focalizza su una domanda di scienze, tecnologia e
società alla quale il conduttore, sempre diverso, cerca di dare una risposta
tramite indagini scientifiche e ricerche sul campo. Stephen Hawking ha condotto il primo episodio intitolato
"Chi ha creato l'universo?". La prima stagione è composta da 16
episodi che in Italia sono stati trasmessi in ordine diverso da quello
originale. Alcuni episodi, secondo l'attuale programmazione di Discovery
Channel, resteranno inediti in Italia[1].
Prima
stagione
11
|
Il male esiste?
|
How Evil Are You?
|
Il male è una dote
con la quale l'uomo nasce, o è qualcosa che si apprende durante la vita?
|
Esperimento Milgram
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
·
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00:24.
L'esperimento Milgram fu
un esperimento di psicologia sociale condotto nel 1961 dallo psicologo sociale statunitense Stanley Milgram. Lo scopo dell'esperimento era quello di studiare il
comportamento di soggetti a cui un'autorità (nel caso specifico uno scienziato)
ordina di eseguire delle azioni che confliggono con i valori etici e morali dei
soggetti stessi.
L'esperimento cominciò tre mesi dopo
l'inizio del processo a Gerusalemme contro il
criminale di guerra nazista Adolf Eichmann. Milgram concepiva
l'esperimento come un tentativo di risposta alla domanda: "È possibile
che Eichmann e i suoi milioni di complici stessero semplicemente eseguendo
degli ordini?"[1]. Hannah Arendt ne La banalità del male dà una risposta alla stessa domanda.
L'esperimento
Il ricercatore (V) ordina al soggetto (L - insegnante) di punire con scosse
elettriche, che quest'ultimo crede siano dolorose, un altro soggetto (S -
allievo), che in realtà è un attore e complice. Molti soggetti hanno continuato
a dare scosse elettriche nonostante le suppliche di misericordia da parte degli
attori.
I partecipanti alla ricerca furono
reclutati tramite un annuncio su un giornale locale o tramite inviti spediti
per posta a indirizzi ricavati dalla guida telefonica. Il campione risultò
composto da persone fra i 20 e i 50 anni, maschi, di varia estrazione sociale.
Fu loro comunicato che avrebbero collaborato, dietro ricompensa, a un
esperimento sulla memoria e sugli effetti dell'apprendimento.
Nella fase iniziale della prova, lo
sperimentatore, assieme a un collaboratore complice, assegnava con un sorteggio
truccato i ruoli di "allievo" e di "insegnante": il
soggetto ignaro era sempre sorteggiato come insegnante e il complice come
allievo. I due soggetti venivano poi condotti nelle stanze predisposte per
l'esperimento. L'insegnante (soggetto ignaro) era posto di fronte al quadro di
controllo di un generatore di corrente elettrica, composto da 30 interruttori a leva posti
in fila orizzontale, sotto ognuno dei quali era scritta la tensione, dai 15 V del primo ai 450 V dell'ultimo. Sotto ogni gruppo di 4
interruttori apparivano le seguenti scritte: (1–4) scossa leggera, (5–8) scossa
media, (9–12) scossa forte, (13–16) scossa molto forte, (17–20) scossa intensa,
(21–24) scossa molto intensa, (25–28) attenzione: scossa molto pericolosa,
(29–30) XXX.
All'insegnante era fatta percepire la
scossa relativa alla terza leva (45 V) in modo che si rendesse personalmente
conto che non vi erano finzioni e gli venivano precisati i suoi compiti come
segue:
1. Leggere all'allievo
coppie di parole, per esempio: "scatola azzurra", "giornata
serena";
2. ripetere la seconda
parola di ogni coppia accompagnata da quattro associazioni alternative, per
esempio: "azzurra – auto, acqua, scatola, lampada";
3. decidere se la risposta
fornita dall'allievo era corretta;
4. in caso fosse sbagliata,
infliggere una punizione, aumentando l'intensità della scossa a ogni errore
dell'allievo.
Quest’ultimo veniva legato ad una specie
di sedia elettrica e gli era
applicato un elettrodo al polso, collegato al
generatore di corrente posto nella stanza accanto. Doveva rispondere alle
domande, e fingere una reazione con implorazioni e grida al progredire
dell'intensità delle scosse (che in realtà non percepiva), fino a che,
raggiunti i 330 V, non emetteva più alcun lamento, simulando di essere svenuto
per le scosse precedenti.
Lo sperimentatore aveva il compito,
durante la prova, di esortare in modo pressante l'insegnante:
"l'esperimento richiede che lei continui", "è assolutamente
indispensabile che lei continui", "non ha altra scelta, deve
proseguire". Il grado di obbedienza fu misurato in base al numero
dell'ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima che quest'ultimo
interrompesse autonomamente la prova oppure, nel caso il soggetto avesse deciso
di continuare fino alla fine, al trentesimo interruttore. Soltanto al termine dell'esperimento
i soggetti vennero informati che la vittima non aveva subito alcun tipo di
scossa.
Risultati
Contrariamente alle aspettative,
nonostante i 40 soggetti dell'esperimento mostrassero sintomi di tensione e
protestassero verbalmente, una percentuale considerevole di questi obbedì
pedissequamente allo sperimentatore. Questo stupefacente grado di obbedienza,
che ha indotto i partecipanti a violare i propri principi morali, è stato
spiegato in rapporto ad alcuni elementi, quali l'obbedienza indotta da una
figura autoritaria considerata legittima, la cui autorità induce uno stato
eteronomico, caratterizzato dal fatto che il soggetto non si considera più
libero di intraprendere condotte autonome, ma strumento per eseguire ordini. I
soggetti dell'esperimento non si sono perciò sentiti moralmente responsabili
delle loro azioni, ma esecutori dei voleri di un potere esterno. Alla creazione
del suddetto stato eteronomico concorrono tre fattori:
·
percezione di legittimità dell'autorità (nel caso in questione lo
sperimentatore incarnava l'autorevolezza della scienza)
·
adesione al sistema di autorità (l'educazione all'obbedienza fa parte dei
processi di socializzazione)
·
le pressioni sociali (disobbedire allo sperimentatore avrebbe significato
metterne in discussione le qualità oppure rompere l'accordo fatto con lui).
Il grado di obbedienza all'autorità
variava però sensibilmente in relazione a due fattori: la distanza tra
insegnante e allievo e la distanza tra soggetto sperimentale e sperimentatore.
Furono infatti testati quattro livelli di distanza tra insegnante e allievo:
nel primo l'insegnante non poteva osservare né ascoltare i lamenti della
vittima; nel secondo poteva ascoltare ma non osservare la vittima; nel terzo
poteva ascoltare e osservare la vittima; nel quarto, per infliggere la
punizione, doveva afferrare il braccio della vittima e spingerlo su una
piastra. Nel primo livello di distanza, il 65% dei soggetti andò avanti sino
alla scossa più forte; nel secondo livello il 62,5%; nel terzo livello il 40%;
nel quarto livello il 30%.
Grazie all'esperimento, Milgram arrivò a
dimostrare che l'obbedienza dipende anche dalla ridefinizione del
significato della situazione. Ogni situazione è infatti caratterizzata da una
sua ideologia che definisce e
spiega il significato degli eventi che vi accadono, e fornisce la prospettiva
grazie alla quale i singoli elementi acquistano coerenza. La coesistenza di norme sociali contrastanti (da
una parte quelle che inducono a non utilizzare la forza e la violenza e
dall'altra quelle che prevedono una reazione aggressiva a certi stimoli) fa sì
che la probabilità di attuare comportamenti aggressivi venga di volta in volta
influenzata dalla percezione individuale della situazione (che determina quali
norme siano pertinenti al contesto e debbano pertanto essere
seguite). Dal momento che il soggetto accetta la definizione della situazione
proposta dall'autorità, finisce col ridefinire un'azione distruttiva, non solo
come ragionevole, ma anche come oggettivamente necessaria.
Le numerose ricerche che hanno
successivamente utilizzato il paradigma di Milgram (come quelle di David Rosenhan), hanno tutte pienamente confermato i risultati
ottenuti dallo studioso, che sono stati ampiamente discussi anche nell'ambito
di quel cospicuo filone di studi interessati a ricostruire i fattori che hanno
reso possibile lo sterminio ad opera dei nazisti.
Riferimenti
nella cultura di massa
Echi e suggestioni provenienti
dall'esperimento si ritrovano come ingrediente di vari prodotti commerciali
dell'industria dello spettacolo e della cultura di massa.
L'esperimento viene rappresentato in un
film del 1979 di Henri Verneuil, I... come Icaro.
Peter Gabriel ha dedicato a
quest'esperimento l'ottava canzone Nell'album So, del 1986: "We Do What We're Told (Milgram's 37)".
Il cortometraggio italiano Guinea Pig vede Fiona May interpretare il
paziente che riceve le false scosse elettriche.
Nel 2009, il regista
francese Christophe Nick ha replicato
l'esperimento di Milgram in un reality show-documentario dal titolo "Zone Xtreme"[2][3]. In questa versione
dell'esperimento, agli 80 concorrenti di un gioco a quiz si chiedeva di
infliggere ai loro colleghi scariche elettriche fino a 480 volt (ovviamente
simulate, all'insaputa di chi le infliggeva), in caso di errore nelle risposte
date alle domande del quiz. Il programma è stato pensato come un documentario
di denuncia sulle possibili conseguenze estreme dei reality show,
anche se, in realtà, esso replica i risultati di Milgram, e riguarda quindi il
più ampio fenomeno, ben conosciuto dagli psicologi, dell'obbedienza
all'autorità.
Il libro d'esordio dello scrittore Will Lavender, dal titolo Obbedienza,
pubblicato nel 2009, è un thriller psicologico interamente
incentrato sull'esperimento di Milgram.
Il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman riprende ed analizza diffusamente l'esperimento
nel suo saggio Modernità e Olocausto del 2010.
Nel 2011, all'interno del
programma di Discovery Channel "How Evil Are
You ?" (tradotto in Italiano con "Quanto sei cattivo?"), il
regista statunitense Eli Roth ha replicato
l'esperimento di Milgram ottenendo sostanzialmente gli stessi risultati
precedenti.
Note[modifica | modifica sorgente]
1. ^ Milgram, Stanley.
(1974), Obedience to Authority; An Experimental View. Harpercollins (ISBN 0-06-131983-X).
2. ^ Marco
Molendini, Il reality dove si è disposti a
fulminare gli avversari con una scarica elettrica in «Il
Messaggero», 26/04/2009. URL consultato l'8 maggio 2009.
3. ^ Milgram e i reality, La Psicologia oltre
Freud. URL consultato l'8 maggio 2009.
Bibliografia
·
Effetto Milgram: un falso?, Arnaldo Benini,
Domenica, Il Sole 24 ORE, Numero 356, 29
dicembre 2013
Voci correlate
LE ARMI DELLA PERSUASIONE. (R. B.
CIALDINI)
- Come e perché si finisce col dire sì
Titolo: Le armi della persuasione
- Autore: Robert B. Cialdini
- Editore: Giunti Editore
- Collana: Grandangolo
- Data di Pubblicazione: 1989
- ISBN: 8809200896
- ISBN-13: 9788809200890
- Pagine: 230
- Reparto: Psicologia
indice:
I. la persuasione
II. reciprocità
III. impegno e coerenza
IV. la riprova sociale
V. simpatia
VI. autorità
VII. scarsità
RIASSUNTO
CAP VI. AUTORITA’. DEFERENZA GUIDATA.
Stanley
Milgram ha dimostrato, attraverso un
esperimento, fino a che punto le persone si sarebbero spinte ad infliggere
punizioni dolorose a un innocente. Il soggetto impersonava la parte
dell’istruttore che era disposto, come risultato dall’esperimento, ad
infliggere il max dolore anche quando l’allievo, impersonato da un
collaboratore istruito a fingere di gemere, gridava dal dolore. Tutti e 40 i
soggetti continuavano l’esperimento anche quando l’urlo dell’allievo era
straziante. Solo alcuni, dopo la scarica di 300 volt, la minoranza, smetteva
quando udiva che chi gridava, non avrebbe più risposto al test di memoria.
Milgram prima di iniziare chiese una previsione dell’andamento
dell’esperimento a colleghi e laureandi, dandogli una probabilità del 1%-2% di
soggetti che sarebbero arrivati fino a 450 volt, quindi il contrario di quanto
è avvenuto.
Le ipotesi possibili hanno ottenuto una risposta
contraddittoria.
Un esp. successivo ha dimostrato che il sesso
era irrilevante nel mantenere la condotta sadica, così come non era possibile
che i soggetti non si rendessero conto del reale pericolo fisico della vittima,
anche quando questa si lamentava di problemi cardiaci.
Dopo che anche la possibilità che fosse stato
reclutato involontariamente un gruppo di sadici venne considerata come
infondata, Milgram
diede una spiegazione al fenomeno indicandolo come il naturale senso di deferenza verso
l’autorità che è
radicato in noi. L’incapacità del soggetto a contrastare l’ordine del “capo”
che lo incita nel fare il suo dovere. I soggetti si rendevano conto che stavano
nuocendo alla vittima, pregavano il ricercatore di lasciarli smettere ma dando
quest’ultimo il suo rifiuto, continuavano protestando, tremando, sudando
arrivando alcuni a crisi di riso nervoso.
Per fornire ulteriori prove, Milgram scambiò le
parti del ricercatore (che ordinava di infliggere la punizione) e della vittima
(cioè il soggetto che fungeva da istruttore). Ora era il ricercatore a chiedere
di interrompere la prova per pietà verso l’allievo, mentre quest’ultimo
insisteva coraggiosamente per andare avanti. Il 100% dei soggetti (nella parte
del ricercatore che impartiva l’ordine) si rifiutò di somministrare anche una
sola scarica se a chiederlo era solo il compagno. Stesso risultato se il
ricercatore (che prima impartiva l’ordine) ora fungeva da allievo legato alla
sedia, mentre l’altro soggetto (collaboratore che fingeva il dolore) faceva la
parte del ricercatore impartendo l’ordine. Nessuno azionava la leva.
L’attenzione agli ordini dell’autorità e il
fatto che non si trattava di soggetti sadici è dimostrata da un esperimento in
cui due ricercatori davano ordini contraddittori; uno di continuare nelle
scariche, l’altro di interrompere. Il soggetto non sapendo quale ordine
eseguire, chiese di decidersi su un unico ordine e poi, venendo meno alla
possibilità di obbedire alla autorità, seguì il suo istinto interrompendo
l’esperimento.
Questo risultato fa emergere l’estrema
disponibilità di persone adulte a seguire fino in fondo l’ordine di
un’autorità. Che applicato a un’altra forma di autorità, il governo, fa temere
conseguenze poco rassicuranti.
Lo studio di Milgram era nato per indagare sul
motivo che spingeva tanti soldati nazisti a compiere tali atrocità sotto il
comando dei loro superiori, ma presto si accorse che non era necessario
spingersi fino agli ambienti germanici per trovare una tale riprova tanto che
l’aveva trova già nel New Haven.
Essere abituati all’obbedienza ci viene
insegnato fin dalla nascita. Questo rientra nella cultura della società umana
permettendo in un sistema stratificato di rapporti d’autorità lo sviluppo di
strutture elaborate e complesse per la produzione, il commercio, la difesa,
l’espansione e il controllo sociale. L’alternativa anarchica non porta con se
effetti benefici sui gruppi culturali. Anche la religione indica nella
disobbedienza all’autorità suprema la perdita del Paradiso per Adamo ed Eva.
D’altronde conformarsi agli ordini dell’autorità
ha sempre portato a vantaggi perché queste custodiscono un sapere superiore al
nostro (vedi i nostri genitori) e questo e tanto logico per noi che spesso
facciamo determinate cose anche quando è assurdo. Il vantaggio e che una volta
riconosciuta l’autorità, eseguiamo un’azione senza preoccuparci di pensarci
sopra credendo che sia la più adeguata alla situazione.
Un’eccezione nella fiducia e nei vantaggi avuti
dall’autorità è la medicina. Si ha una tendenza ad accettare l’ordine del
medico di famiglia e questo può essere superato solo da un medico di rango
superiore. Però spesso succede che gli ordini che vengono dai subordinati
eseguiti senza pensare, come una risposta automatica, si rivelano degli errori.
Errori nella somministrazione dei medicinali.
I professionisti della persuasione utilizzano
questa indiscussa riverenza che abbiamo verso l’autorità che può essere ora una
militare ora un medico e quindi ci somministrano prodotti certificati dalla
presenza di un attore-medico.
connotazione, non contenuto.
Come negli spot televisivi in cui si usano come
fonte autorevole degli attori in veste di medico (o dentista, o esperto in
generale) che hanno la capacità di fornire un’autorità autentica, ma solo in
apparenza, altrettanto ci rendono vulnerabili ai simboli quanto alla sostanza dell’autorità.
Diversi sono i tipi di simboli ai quali
rispondiamo automaticamente con un’acquiescenza.
titoli
Fra i simboli di autorità i titoli sono i più
difficili da acquistare perché richiedono anni di impegno, ma anche facili da
acquistare perché chiunque può usare la semplice etichetta ottenendo le stesse
reazioni automatiche di influenzamento altrui.
Un esperimento è stato condotto per verificare
se la posizione di autorità ha influenza sulla percezione delle grandezze. In 5
classi universitarie veniva presentato un visitatore proveniente da Cambriche e
in ognuna quest’uomo aveva qualifica di studente, come addetto alle
esercitazioni, come lettore, come assistente e infine come professore. Quando
si chiedeva agli studenti di valutare la statura, questa cresceva di oltre 1
cm., cosicché da professore era più alto di 5 cm. che da studente.
La distorsione che diamo in risposta al
collegamento tra status e grandezza viene sfruttato dai professionisti della
truffa che anche se hanno una statura media o leggermente superiore mettono
scarpe rialzate.
Per verificare quanto fosse efficace il simbolo,
in questo caso il titolo di dottore, un gruppo di ricercatori formato da
infermieri e medici che lavoravano presso tre ospedali del Midwest, volevano
accertare se l’eccesso di acquiescenza da parte degli infermieri agli ordini
dei medici fosse un caso isolato e come si sarebbero comportate le infermiere
in nel caso che l’ordine venisse da una voce anonima di un sedicente dottore e
se questo avesse prescritto una dose errata.
La telefonata, che andava contro la regola
dell’ospedale, venne fatta in 22 reparti e nonostante che la prescrizione fosse
errata, che il medicinale non facesse parte del corredo farmacologico del
reparto e che l’ordine venisse da una persona che l’infermiera non aveva mai
visto, il 95% delle infermiere agivano automaticamente.
Questa ricerca dimostra che gli errori non si
limitano a sviste di poco conto, ma a sbagli che possono risultare pericolosi.
La conclusione dei ricercatori è che le infermiere agli ordini dei medici
disattivino le loro competenze rispondendo automaticamente.
abiti
Anche l’abito è altrettanto facile da
falsificare.
L’uniforme è forse uno di quegli indumenti che
genera più facilmente acquiescenza. Diversi esperimenti lo hanno dimostrato,
come quelli condotti da Leonard Bickman
Un uomo in uniforme fermava un passante e gli
indicava un uomo fermo accanto al parchimetro 20 mt. più in là, dicendo: “vede
quello là al parchimetro? Il tempo gli è già scaduto ma non ha più spiccioli.
Gli dia una monetina”.
Poi si allontanava girando l’angolo in modo da
uscire dalla scena. Il potere dell’uniforme persisteva anche quando se n‘era
andato. Quasi tutti i passanti obbedivano se era in divisa, mentre meno della metà
acconsentiva se era in borghese.
Un altro tipo di abito, quello classico ben
tagliato, tipico dell’uomo d’affari. Un esempio è illuminante per molti altri.
Si tratta della truffa dell’ispettore bancario.
Costui si presenta dalla vittima ben vestito dichiarandosi un ispettore di
banca e con il pretesto di un controllo, per alcune irregolarità che ha
riscontrato, confessandole che probabilmente si tratta di funzionario che
falsifica i documenti, chiede alla persona di andare a prelevare i soldi sul
suo conto per cogliere il falsificatore con delle prove. Spesso l’aspetto di
queste persone sono così convincenti che la vittima non si accerta neanche
telefonicamente e va a fare il prelievo. Dopo l’ora di chiusura una finta
guardia giurata arriva per comunicare che il conto corrente non era di quelli
manomessi, quindi l’ispettore scusandosi e ringraziando fa riportare i soldi in
cassa forte dalla guardia evitando così un ulteriore giro alla vittima e mentre
la guardia scappa con il denaro, l’ispettore rimane ancora un po’ a fare dei
convenevoli.
ornamenti
I gioielli e le belle automobili come il
vestiario possono rappresentare una forma più generica di autorevolezza quando
serve a scopi ornamentali.
Alcuni studi dimostrano che gli automobilisti in
coda aspettano a suonare il clacson se li precede una macchina bella o di
lusso, mentre se era un’utilitaria o una economica non aspettavano e anzi la
tamponavano.
Un gruppo di studenti interpellati su cosa
avrebbero fatto al loro posto dimostrò di sottovalutare regolarmente il tempo
che avrebbero aspettato prima di suonare il clacson all’auto che precedeva.
Questa particolarità di sottovalutare è simile a
quella rilevata da Milgram. Il fatto che tutti tendevano a sottovalutare
l’influenza dell’autorità spiega forse parte della sua efficacia come
dispositivo per ottenere l’assenso. Agisce con forza e in maniera inattesa.
COME DIRE DI NO.
Una manovra protettiva contro gli effetti
dell’autorità è di togliere l’elemento-sorpresa.
Dato che normalmente non ci rendiamo conto di
quanto sia profondo l’impatto che l’autorità e i suoi simboli hanno sulle
nostre azioni, una forma di difesa è una maggiore consapevolezza del potere
dell’autorità e dei suoi simboli.
Capire meglio come funziona il meccanismo di
deferenza all’autorità dovrebbe servirci a resistergli meglio.
Dobbiamo concentrare la nostra attenzione su due
elementi: le credenziali della persona e la loro rilevanza rispetto al problema
di discussione.
Tuttavia un’autorità che consideriamo un
autentico esperto nel suo campo può presentarsi non onestamente. Dobbiamo
tenere conto della credibilità dell’individuo che ci parla, costui, se è un
professionista della persuasione, cercherà di ottenere la nostra fiducia
dandoci l’impressione di essere onesti e che malgrado qualche piccolo
inconveniente della loro posizione non vogliono agire nel loro interesse.
Un esempio dell’arma dell’autorità è portato
dalla tecnica che Vincent, un cameriere, usa per ottenere mance maggiori.
Quando nel ristorante arrivavano gruppi superiori a 10 persone, Vincent,
indipendentemente da quello che il primo a ordinare aveva richiesto, si girava
verso l’ufficio del proprietario del ristorante e poi avvicinandosi al tavolo
sussurrava “Ho paura che stasera questo piatto non sia buono come al solito.
Potrei suggerirle quest’altro, che oggi è eccellente” nominando una pietanza
che costava di meno.
In questo modo Vincent usava tre tecniche: la
reciprocità (aiutava i clienti con le sue informazioni preziose), l’autorità
(si era presentato come quello che sapeva quali piatti erano buoni e quali no),
la tattica dell’argomentazione contraria (consigliò un piatto meno costoso,
dando l’impressione di avere a cuore l’interesse de clienti anziché il
proprio).
Una volta che tutti avevano ordinato diceva
“Molto bene: che ne direste se vi consigliassi uno o due vini per accompagnare
il pasto?” . Chiaramente tutti acconsentirono, è come se dicessero “ ” tu si
che sai ciò che è buono e ciò che non lo è qua dentro, hai dimostrato di stare
dalla nostra parte, dicci cosa dobbiamo ordinare “ ”.
I vini erano i più costosi e il dolce che poi
ordinavano non era in programma per questi clienti.
In questo modo Vincent riusciva ad ammontare
enormemente le sue mance.
CAPITOLO I. LA PERSUASIONE.
Dallo studio degli animali nel loro habitat (la
scienza dell’etologia, appunto) si sono scoperti dei comportamenti che
caratterizzano il modo di rispondere a determinati stimoli. Precisi stimoli che
attivano negli animali modelli d’azione regolari e automatici detti schemi
fissi d’azione. Ad esempio lo stimolo “cip-cip” particolare di un pulcino sano
e normale è l’unico a far evocare nella madre un’azione verso il piccolo.
Esiste un’analogia anche nell’uomo, dove
troviamo analoghi schemi fissi d’azione.
L’esperimento di Ellen Langer (psicologa sociale
a Harvard) si riferisce a un comportamento noto in cui se si chiede un favore
lo si otterrà più facilmente se si fornisce una qualche ragione.
La frase detta in coda a una fotocopiatrice è:
“Scusi, ho 5 pagine. Posso usare la fotocopiatrice, perché ho una gran
fretta?”. 95% delle persone lasciava passare davanti a sè. La spiegazione
fornita nella frase illustra bene l’alta percentuale ottenuta. Se si escludeva
la spiegazione solo il 60% lasciava passare.
In realtà una terza frase dimostra che ciò che
fa la differenza è soltanto la parola perché. Infatti se la frase
è: “Scusi, ho 5 pagine. Posso usare la fotocop., perché devo fare delle
copie?”. In questo caso il 93% dava il suo consenso.
La parola perché fa scattare
una risposta automatica di acquiescenza nei soggetti.
Un altro esempio riguarda il modo di scelta di
clienti nei confronti di articoli dei quali non ne conoscono le
caratteristiche. Per scegliere si basano su un principio standardizzato, cioè
lo stereotipo “costoso = buono”. In questo caso il prezzo è un indice di
qualità. Questa regola scatta quando si vuole avere il meglio e non si ha
l’intenzione di acquisire maggiori informazioni riguardo a ciò che si vuole
acquistare, basandosi sull’unico elemento (il prezzo) a loro diretta
disposizione.
Il comportamento automatico e stereotipato
predomina perché a volte è efficiente o indispensabile. Perché ci troviamo ogni
giorno di fronte a numerosi stimoli e per risparmiare tempo energia o perché
non abbiamo la capacità per affrontarli, allora ricorriamo a scorciatoie. Anche
quando queste soluzioni o questi stereotipi non sono adatti alla situazione, ma
non ci sono altre scelte.
Ritornando nel campo dell’etologia, gli insetti
sono quelli che sfruttano gli automatismi delle loro prede per sfruttarli o
cibarsene. Anche per noi ci sono degli profittatori che mettono in moto le
nostre risposte automatiche. I nostri programmi automatici prendono le mosse da
principi psicologici o da stereotipi che abbiamo imparato ad accettare.
Questi principi però sono un’arma di persuasione
automatica per chi ne viene in possesso.
Molte delle armi di persuasione automatica hanno
diversi elementi in comune: il processo meccanico col quale si può attivare la
loro potenza e il facile sfruttamento di questa potenza per chi riesce a
metterla in moto. Terzo il modo elegante e privo di sforzo con cui queste armi
prestano la loro forza. Basta far scattare le molle potenti che già sono
contenute nella situazione. Chi sfrutta queste armi può avere il vantaggio e la
possibilità di manipolare gli altri senza averne l’aria. Chi è vittima vede
nella propria remissività l’effetto di forze naturali invece che disegni di chi
ne approfitta.
Un esempio è dato dal principio di contrasto che
influisce sulla differenza che avvertiamo fra due cose presentate in
successione. Se il secondo stimolo differisce abbastanza dal primo, tendiamo a
vederlo più diverso ancora di quanto non sia in realtà. Delle ricerche condotte
nelle università dell’Arizona fanno pensare che le attrattive fisiche delle
nostre compagne ci soddisfino meno per via del bombardamento di modelli di
bellezza sottoposti dai media. Degli studenti dovevano valutare su una
fotografia l’aspetto fisico (che in realtà rientrava nella media). I risultati
risultavano più sfavorevoli se prima i soggetti avevano sfogliato le pagine
pubblicitarie di un rotocalco.
Così vale anche per il venditore che troverà più
vantaggioso presentare il primo articolo più costoso e poi uno meno costoso che
(se pur alto) sembrerà in confronto di prezzo irrisorio.
CAPITOLO II. LA RECIPROCITA’.
Quando si ricevono regali, inviti o favori, ci
sentiamo obbligati a contraccambiare. Questo comportamento, basato sulla regola
della reciprocità, è così tipico che la parola “obbligato” e diventato sinonimo
di grazie. La regola del contraccambio è una norma la quale se non
viene rispettata si va incontro a sanzioni sociali. Queste consistono
nell’etichettare una persona come ingrata, profittatore o parassita. Per evitare
queste sanzioni rischiamo di essere facile preda di chi sfrutta la regola della
reciprocità. Il prof. Dennis Regan ha condotto un esperimento per far capire
come la regola della reciprocità possa essere sfruttata come fonte di
influenzamento. I soggetti dovevano giudica le qualità artistiche di certi
quadri insieme a un compagno, Joe (che in realtà era un complice).
Le condizioni sperimentali erano due: nella
prima Joe faceva spontaneamente un piccolo favore al compagno, uscendo dalla
stanza e ritornando con della coca cola per se e per il soggetto. Nella seconda
usciva , ma ritornava senza niente in mano. Finito di esaminare i quadri, Joe
chiedeva al suo compagno di fargli un favore. Gli diceva che doveva vendere dei
biglietti della lotteria dove c’era in palio un’automobile e che se fosse
riuscito a venderli quasi tutti avrebbe avuto un premio di 50 $. Il biglietto
costava 25 centesimi, e disse: “tutto fa, anche uno solo, ma più sono e meglio
è”. Il fuoco della ricerca era sul n° di biglietti venduti. Nella prima
condizione le persone persuase di dovergli qualcosa compravano il doppio dei
biglietti.
la regola è soverchiante
La regola ha efficacia perché ha una grande
potenza. Nell’esperimento precedente Regan volle anche verificare come la
regola può soverchiare su fattori normalmente decisivi, come l’effetto
simpatia-antipatia sulla tendenza ad accettare le richieste. Venivano
somministrati questionari per avere dei giudizi di antipatia-simpatia su Joe, i
quali poi venivano confrontati con il n° di biglietti acquistati. La tendenza
era che a giudizi di simpatia c’era un n° alto di biglietti acquistati. Tale
tendenza non aveva significato nella condizione di acquiescenza in cui i
soggetti si sentivano obbligati a ricambiare il favore. Il fatto che fosse simpatico
o antipatico non aveva influenza sull’acquisto perché la regola del
contraccambio annullava qualsiasi altro fattore.
La regola del contraccambio è stata per anni
usata anche dagli Hare Krishna che prima davano un dono come un fiore o un
libro (Bhagavad Gita) o una loro rivista e poi chiedevano un contributo. Questo
metodo non funzionò per molto perché i viaggiatori (negli aeroporti si
concentrava di più la loro richiesta di contributi) ormai li riconoscevano e li
evitavano.
Anche nella pubblicità troviamo esempi della
regola di reciprocità. Ad esempio la tecnica promozionale del campione gratuito
consiste nel dare una piccola quantità di prodotto in regalo per provarne
l’efficacia o la bontà. Proprio perché è un dono richiama la regola della
reciprocità.
Un altro stratagemma, usato dalla ditta Amway, è
detto Bug. Questo consiste in un assortimento di prodotti della stessa ditta
portati a casa del cliente e lasciati senza impegno e in prova questi per 24,
48 o 72 ore. Dopo il venditore ritorna per prendere le ordinazioni e
riprendersi il bug che non essendo esaurito, in un lasso di tempo così breve,
lo può somministrare ad altri potenziali clienti. Anche in questo caso c’è la
regola del contraccambio.
la regola impone debiti che nessuno ha
sollecitato.
Non è necessario che il favore che gli altri
fanno a noi sia da noi richiesto. L altro può farci sentire in debito anche se
il favore che ci fa non è da noi richiesto.
La regola è nata per far sviluppare le relazioni
reciproche in moda che uno può prendere l’iniziativa senza paura di rimetterci.
L’essenza della regola è data dall’obbligo di sdebitarsi, ma il meccanismo
viene utilizzato così facilmente perché c’è l’obbligo di ricevere. Quest’ultimo
riduce le nostre possibilità di sceglierci i nostri debitori.
la regola può mettere in moto scambi non equi.
La regola esige un favore analogo a quello dato,
tuttavia può essere usata per ottenere un favore più grande di quello dato. Lo
scambio può essere non equo in quanto chi lo dirige è colui che prima fa il favore
e poi ne chiede uno in cambio.
Una ragione che spiega il fatto di restituire un
favore più grande di quello ricevuto è per la sensazione sgradevole di sentirsi
in debito con qualcuno. Sensazione che pesa e deve essere eliminata. Se
ignorassimo questa sensazione, chi ci ha fatto il favore difficilmente ne
rifarebbe un altro in futuro. In oltre per chi non contraccambia viene
manifestata una antipatia e essere definito profittatore e ingrato è da evitare
tanto da accettare uno scambio ineguale pur di sfuggirvi (tuttavia anche dare
senza permettere di contraccambiare è visto in cattiva luce).
La sorpresa è di per sé un fattore efficace per
ottenere l’assenso. Le persone colte di sorpresa da una richiesta spesso
l’accettano perché sono momentaneamente incerte sul da farsi e quindi facili da
influenzare. Stanley Milgram e John Sabini (1975) hanno dimostrato per esempio
che passeggeri che viaggiano nei posti a sedere sulla metropolitana di New
York, interpellati all’improvviso con “Mi scusi, posso avere il suo posto?”.
Cedono con frequenza doppia che se la stessa richiesta è preannunciata dal
richiedente stesso, dicendo a un compagno di viaggio “Ora chiedo a qualcuno se
mi fa sedere” (esattamente, il 56% contro il 28%).
concessioni reciproche.
L’altra tecnica è la persuasione automatica la
quale può infondere potere alla richiesta.
La tendenza a ricambiare una concessione non è
così forte da influenzare chiunque. Nessuna tecnica di persuasione è così forte
per tutti.
La regola del contraccambio produce concessioni
reciproche in due modi. 1. Chi riceve una concessione è spinto a rispondere a
tono.
2. chi è il primo ad offrire si assicura
l’obbligo d’essere ricambiato e di non essere sfruttato. Una tecnica di
persuasione che utilizza una concessione iniziale è detta
ripiegamento-dopo-il-rifiuto.
Si fa una prima richiesta grossa e poi una
seconda piccola. Se le richieste sono formulate abilmente si dovrebbe “vedere”
nella 2° una concessione.
Questa tecnica venne verificata in due punti: 1.
Se funzionava su una percentuale abbastanza grande di persone. 2. Se la 2°
richiesta doveva essere piccola in assoluto cioè se poteva essere si pure una
grande richiesta in senso assoluto, ma piccola rispetto alla precedente. Con
alcuni esperimenti si è provato prima che una richiesta troppo alta viene
rifiutata e poi che se questa stessa viene posta come 2° richiesta ad una
precedente e maggiore allora la % di assensi alla 2° si triplicano.
Si può pensare che una richiesta iniziale molto
grande dia più spazio per fare concessioni dopo. Questo però può sembrare
irragionevole così che la tattica si può ritorcere contro chi la usa. La
tattica funziona se l’offerta iniziale sia tale da risolversi con un’offerta
vantaggiosa finale.
Un’altra tattica di ripiegamento-dopo-il-rifiuto
prevede l’indicazione del nome, al cliente, di una persona conosciuta che lo ha
raccomandato. Viceversa chi rifiuta un’offerta e non vuole sottoporre alla
stessa un suo amico tende a dare nomi e recapiti quando invece la richiesta e
posta come concessioni nei suoi confronti.
Questa strategia della richiesta minore
accettata dopo il rifiuto alla richiesta maggiore si basa anche sul principio
del contrasto.
La regola del contrasto con quella della
reciprocità inserite nella strategia del ripiegamento-dopo-il-rifiuto possono
avere un’enorme forza. Facendo una qualsiasi richiesta ottengo sempre un
vantaggio, sia se accetta alla 1° richiesta che alla 2°.
Questa tecnica viene utilizzata ad esempio nella
pratica della vendita in cui al cliente viene presentato sempre l’articolo più
costoso. Se lo compra meglio, se no si può ripiegare per un’offerta di prezzo
più contenuto.
Cioè scendere ad illustrare articoli di prezzo
più basso.
Nonostante si possa ipotizzare che il cliente
accorgendosi di essere stato truffato rifiuti l’accordo si è dimostrato invece
che con questa tecnica le reazioni di rifiuto sono addirittura meno frequenti
del normale.
Nell’esperimento condotto per verificare la
tecnica del ripiego dopo il rifiuto si chiedeva a studenti che passeggiavano
nel campus di prestare servizio volontario in un consultorio per delinquenti
minorili, 2 ore la settimana per almeno 2 anni. Poi ripiegavano dopo il rifiuto
sulla proposta di accompagnare gli stessi delinquenti allo zoo. In questo
esperimento venne anche verificata quanta gente andava poi realmente e anche
qui le percentuali erano maggiori per la tecnica di ripiego.
In questo esperimento venne anche verificato
quanta gente andava poi realmente e anche qui le percentuali erano maggiori per
la tecnica di ripiego.
In un altro esperimento per verificare se la
possibilità che le vittime si sentissero manipolate al punto di rifiutare le
richieste, venne chiesto a un gruppo di studenti di donare il sangue ogni sei
mesi per tre anni. All’altro gruppo invece di donare il sangue una singola
volta. A entrambi però veniva chiesto di lasciare il n° di telefono per essere
richiamati in futuro per altre donazioni.
Quelli che si facevano convincere con la tecnica
del ripiegamento accettarono quasi tutti la richiesta di lasciare il n°
telefonico. Questo dimostra che la tecnica stimola oltre ad acconsentire alla
richiesta, anche di rispettare l’impegno e a prestarsi ad ulteriori favori.
Esaminando la manovra si notano due effetti
collaterali che inducono le vittima a rispettare l’impegno preso e accettarne
di nuovi per il futuro. Questi sono il senso di essere responsabili della
transazione avvenuta e la soddisfazione di come sono andate le cose.
Prendendo spunto da un esperimento passato in
cui i soggetti devono spartire una certa somma messa a disposizione dallo
sperimentatore entro un certo tempo limite. La controparte del soggetto, un
assistente, assumeva tre comportamenti: condurre la trattativa con una
richiesta eccessiva mantenuta tenacemente fino alla fine; una richiesta iniziale
moderata favorevole a lui mantenuta fino alla fine; una richiesta dapprima
esagerata con successivi ripiegamenti fino alla spartizione più ragionevole
verso la fine. Dai risultati si evince che i soggetti si sentivano più
responsabili (Responsabilità personale) dell’accordo finale perché
sicuri di essere riusciti a convincere la controparte ad abbassare le sue
pretese, cioè c’è una partecipazione attiva che tende a far rispettare i
termini del contratto. È comprensibile quindi come questa tecnica possa far
mantenere gli impegni presi.
Il compromesso raggiunto attraverso la
concessione da parte dell’avversario lascia soddisfatti e
permette la disposizione in futuro di accettare altri impegni.
COME DIRE DI NO.
L’alternativa alla
concessione è di accondiscendere alla richiesta o rifiutare provando il disagio
provocato dai sentimenti di lealtà e di obbligo morale.
La soluzione potrebbe essere di impedire che la
regola venga attuata, rifiutando a priori il favore o la concessione iniziale.
Però in questo modo, non sapendo se è un’offerta disinteressata o una manovra
per essere ingannati, rischiamo di non potere godere dei benefici di favori o
concessioni disinteressate. Il rifiuto tuttavia può ferire chi invece ha
intenzioni positive e non ingannatorie.
L’alternativa meno rischiosa è di accettare le
offerte per quello che sono impegnandoci a contraccambiare in futuro senza però
lasciarsi sfruttare.
Se il favore iniziale diventa un pretesto per
chiederci un contraccambio non equo il profittatore deve essere trattato in
modo diverso in quanto noi riconoscendo l’azione come uno stratagemma vi
dobbiamo rispondere in conformità.
La regola perde di efficacia non lavorando più
per la controparte in quanto la regola dice che un favore dev’essere ricambiato
con un favore, ma non obbliga a ricambiare con un favore anche i trucchi.
CAPITOLO III. IMPEGNO E COERENZA GLI SPAURACCHI DELLA
MENTE.
Il bisogno di apparire ed essere coerenti con
ciò che abbiamo fatto ci induce un cambiamento mentale che supera le pressioni
personali e interpersonali nello sforzo di essere coerenti con quell’impegno.
Ad esempio gli scommettitori all’ippodromo sono
più fiduciosi e sicuri nella scommessa fatta 30 secondi dopo aver puntato.
Il bisogno di coerenza è un fattore centrale
nella motivazione del comportamento al punto tale da essere usata come arma di
influenzamento sociale.
L’essere coerente riscuote approvazione ancora
più di essere nel giusto, questo perché chi è coerente è considerato logico,
razionale, stabile e onesto. Essere incoerente è considerato un tratto di
personalità negativo.
I vantaggi non indifferenti di questo
comportamento possono far cadere nell’abitudine fino al punto di mantenere la
coerenza anche quando non è il caso di farlo.
Tuttavia essere coerenti ci fa risparmiare tempo
perché ci evita di dovere pensare alle possibili alternative, di dover decidere
o fare. È sufficiente utilizzare il programma di coerenza e attenersi alla
decisione già presa.
Questo comportamento è difficile da bloccare
soprattutto in un ambiente dove le complicazioni quotidiane pretendono molto
dalle nostre energie e dalle capacità mentali.
Però alle volte ciò che ci guida in un
comportamento coerente non è solo il bisogno di evitare una fatica cognitiva,
ma le possibili conseguenze spiacevoli che una decisione sincera e pensata può
arrecarci. Essere ragionevoli ed evitare la coerenza può disturbarci perché ci
fa rendere conto di certe cose.
L’automatismo della coerenza serve come difesa
al dover pensare, e alcune persone possono sfruttare questo meccanismo
approfittandone tanto che raramente ci accorgiamo i essere caduti nella
trappola.
la chiave è l’impegno preso.
Ciò che fa l’automatismo della coerenza è
l’impegno preso. Se si riesce a far prendere un impegno , assumere una
posizione o dire qualcosa in pubblico, si riuscirà anche a far prendere una
condotta automatica e coerente con l’impegno iniziale.
Alcune strategie sono tali da farci
compromettere con un impegno iniziale. Si tratta di farci dire o fare qualcosa
di apparentemente innocuo che poi ci porterà per coerenza ad accettare
richieste più grosse.
Alcuni esempi riportano il modo di utilizzare
questa tecnica di persuasione nei campi più svariati.
Le associazioni di beneficenza per ottenere
sottoscrizioni telefoniche iniziavano a parlare al telefono con domande sullo
stato d’animo o sulla propria salute. Ad es. - Buonasera, signore, come sta? -
, - Buongiorno signora come si sente oggi?
La risposta che l’interlocutore cerca di
estorcere, come - Bene -, - Mi sento benissimo grazie -, serve a facilitare la
persuasione delle vittime ad aiutare persone che non se la passano altrettanto
bene.
Cioè si viene indotto a sentirsi a disagio nel
comportarsi da avaro dopo aver detto di stare bene.
La contro prova di questo mezzo di persuasione
viene dato da Daniel Howard che in un indagine usò dapprima un approccio
ordinario e dopo un approccio basato sulla precedente tecnica che fece
aumentare i consensi in modo evidente.
Howard fece un’altra indagine per escludere
l’eventualità che l’approccio funzionasse perché dava l’impressione di maggiore
cordialità e cortesia. Stavolta chiese - Come si sente stasera?-, - Spero che
lei stia bene stasera?- .
Queste due, forse non proprio cortesi, forme di
approccio ottennero soprattutto la prima una condotta di assenso anche se per
le vittime intervistate l’impegno preso doveva essere inconseguente a una
domanda superficiale.
Un’altra forma di persuasione usata nei campi di
concentramento cinesi era meno violenta rispetto a quella coreana e tedesca,
tuttavia i prigionieri ne venivano influenzati collaborando con i loro
detentori. I cinesi basavano la loro persuasione sul meccanismo di coerenza con
gli impegni presi. Iniziavano dal principio con impegni così banali da non
sembrare compromettenti come le dichiarazioni anti-americane : Gli USA non sono
perfetti... .
In seguito veniva chiesto di fare degli esempi
concreti come elencare davanti ad altri prigionieri gli esempi di imperfezione
degli USA che precedentemente aveva scritto e firmato sotto richiesta del
nemico. In fondo erano le sue idee.
Usando queste dichiarazioni e propagandole negli
altri campi di concentramento, il prigioniero risultava essere un collaboratore
e quest’ultimo consapevole di aver agito senza alcun obbligo in quel modo si
spingeva ancora di più alla collaborazione per sentirsi in armonia con il suo
gesto.
Lo stesso metodo viene utilizzato dalle
organizzazioni commerciali che lo usavano non per il guadagno immediato ma per
ottenere un impegno partendo dalla vendita di qualcosa molto piccolo.
Questa tecnica di partire con una richiesta
piccola per fare impegnare e poi farla seguire da una più grossa è detta Piede
nella porta.
L’esperimento da cui Fredman e Fraser negli anni
’60 diede validità scientifica alla tecnica partiva nel chiedere agli abitanti
di un sobborgo della California, presentandosi come volontario della compagnia
per la sicurezza del traffico di installare nel prato un cartellone che copriva
tutta la casa con scritto in caratteri pessimi “guidate con prudenza”. A
dispetto degli altri abitanti della zona che rifiutò la richiesta, il 76% degli
abitanti del sobborgo accettò. Questo perché precedentemente un altro
volontario gli aveva chiesto di porre un adesivo (8x8) con scritto “guida
sicura” che di per se era insignificante ma che li aveva preparati ad essere
più disponibili del normale verso una richiesta enormemente maggiore.
Gli stessi autori provando su un altro campione
di persone condussero un esp. Con una procedura diversa.
Chiesero di firmare una petizione per
salvaguardare le bellezze della California. Quasi tutti firmarono perché su
questo tipo di argomenti nessuno ha da ridire. Dopo due settimane un altro
gruppo volontario richiedeva di installare il cartellone riguardante la
sicurezza stradale. Circa la metà acconsentì, stupendo gli sperimentatori in
quanto l’impegno precedentemente intrapreso non riguardava la sicurezza
stradale.
Fredman e Fraser trovarono la soluzione nel
fatto che la firma della petizione dava l’effetto alle persone di modificare
l’immagine di se stessi. Quindi dopo la firma si sentivano pronti ad agire in
armonia con tali principi e quindi di mantenersi fedeli alla nuova immagine di
sé.
La persona che si è impegnata può cambiare
atteggiamento e diventare la persona che fa questo tipo di cose, che acconsente
alle richieste di sconosciuti o che collabora alle “buone cose”.
L’assenso a richieste seppur piccole e di poco
conto oltre a renderci disponibili, ci rende inclini a restituire favori più
grossi e anche molto diversi da quelli precedentemente portati avanti.
Tale azione può avere la influenza sull’immagine
di me stesso tanto che una volta modificata l’immagine di noi stessi chi ne è
l’autore ha delle armi a suo favore per trarne vantaggio.
Per ottenere questo effetto ci vogliono delle
condizioni particolari.
l’atto magico.
Per sapere ciò che la gente sente e crede, la
fonte migliore sono gli atti.
Questo i cinesi lo avevano preso in
considerazione e sapevano che i prigionieri si basavano sul loro stesso
comportamento per decidere che tipo di persone sono.
Quindi obbligavano i prigionieri ad agire in
modo desiderato sicuri che i prigionieri avrebbero modificato l’immagine di sé
per farla combaciare a quello che avevano fatto.
I cinesi facevano scrivere ai soldati catturati e
se si rifiutavano li obbligavano a ricopiare la domanda e la risposta su un
quaderno. La modalità di scrivere offriva alcuni vantaggi in quanto era la
prova fisica che l’atto c’era stato, era una prova.
Un altro vantaggio era che la testimonianza
scritta poteva essere mostrata ad altri per convincerli che il testo
rispecchiava le convinzioni dell’autore.
Come hanno dimostrato Edward Jones e James
Harris le persone credono che la dichiarazione rifletta il vero atteggiamento
anche se chi l’ha fatta non si trovava nella condizione di poter scegliere.
Quello che gli altri pensano di noi ha
importanza nel determinare che cosa ne pensiamo noi stessi e una volta assunto
pubblicamente un certo impegno, l’immagine di sé si trova pressata,
dall’interno, perché collimi con gli atti compiuti e dall’esterno perché
corrisponda alla percezione che gli altri hanno di noi.
Anche altre organizzazioni commerciali hanno
capito il valore del fatto di mettere qualcosa per scritto. L’Amway ad esempio
chiedeva ai suoi venditori di fissare un obbiettivo e metterlo per iscritto.
Quando l’avrebbero raggiunto, ne avrebbero fissato un altro ancora.
Il valore del mettere per iscritto è diventato
utile alle aziende venditrici quando la legge che, a difesa del consumatore
dava la possibilità di annullare l’ordine entro 7 gg., aveva bloccato molte
ordinazioni fatte a mente fredda. La soluzione fu di far compilare il buono
d’ordine al cliente invece che al rappresentante.
Un’altra tecnica per sfruttare la magia del
mettere per scritto è quella sfruttata da grandi aziende come la General Foods
che indicevano un concorso a premi in cui veniva chiesto di scrivere “Perché mi
piace...” e quindi comporre un breve scritto elogiando l’articolo. La
prospettiva del premio anche se remota stimola a partecipare attivamente e come
accadeva per i prigionieri così chi vi partecipa, in buona probabilità, si
sentirà spinto a credere in ciò che ha scritto.
sotto gli occhi del pubblico.
Ogni volta che si assume una posizione in
pubblico si è spinti a mantenerla per sembrare coerente agli occhi degli altri
e non risultare instabile, debole, confuso... . La persona è così vista sicura
di sé e fidata.
Un esempio lo riportano Morton Deutsch e Harold
Gerard. Si chiede ai soggetti di valutare mentalmente la lunghezza di due
segmenti. In un gruppo si chiede un impegno pubblico scritto, firmato e
consegnato allo sperimentatore. All’altro gruppo la valutazione soggettiva
viene scritta su una lavagna e subito cancella, quindi un impegno privato.
Nel terzo gruppo non si chiede nessun impegno,
lasciando ai soggetti solo il loro ricordo valutativo a mente.
Ciò che si voleva vedere era in che caso c’era
la massima fedeltà al giudizio iniziale, quindi venivano forniti dati che
indicavano che la prima valutazione era sbagliata.
Chi non si era compromesso, (terzo gruppo) si
lasciava influenzare dai nuovi dati. Il secondo gruppo aveva preso un impegno
con se stesso anche se in circostanze anonime (lavagna cancellata) e quindi il
fatto di aver messo per iscritto li rendeva meno influenzabili.
Il primo gruppo era il più ostinato al
cambiamento, la loro prima valutazione scritta e firmata li rendeva refrattari.
L’effetto dell’impegno pubblico è evidente anche
nelle giurie dove se viene chiesto di votare per alzata di mano la loro posizione
non risentirà di cambiamenti in quanto presa pubblicamente. Per questo il
presidente della giuria può ridurre il rischio di verdetti condizionanti
assumendo uno scrutinio segreto.
Chi ricorre a un impegno pubblico sarà in grado
di portare a termine il suo proposito al di là delle difficoltà che può
incontrare.
lo sforzo in più.
Gli impegni scritti sono così efficaci perché
richiedono più sforzo. E più è lo sforzo richiesto dall’impegno tanto maggiore
sarà la sua influenza sugli atteggiamenti di chi se l’è assunto.
Le prove di iniziazione ne sono un esempio.
Gli antropologi Whiting, Kluckhon e Anthony
hanno studiato questi riti tra i Thonga. Il maschio fra i 10 e 16 anni deve
passare un periodo della sua vita nella “scuola di circoncisione”. Dopo una
settimane di sevizie se però non hanno commesso infrazioni vengono accettati a
pieno titolo. Queste iniziazioni che avvengono per i Thonga nel “recinto dei
misteri” assomigliano molto a quelle che si tengono in alcune confraternite
studentesche.
Queste sono:
- Percosse. Un giovane quattordicenne stette 3
mesi all’ospedale per lesioni interne procurate in una cerimonia di una
confraternita studentesca. Doveva tenere le mani ferme sulla testa mentre i
compagni lo colpivano nello stomaco e sulla schiena.
- Esposizione al freddo. Un giovane lasciato in
alta montagna in un bosco con una maglietta e calzoncini doveva ritrovare la
strada di ritorno. Cadde in un burrone rompendosi le ossa e nell’impossibilità
di proseguire morì di freddo.
- Sete. A due studenti venne dato solo cibo
salato e bicchieri per bere la propria urina.
- Cibo disgustoso. Undici aspiranti
confratelli dovettero ingerire tutto in un pezzo fette di fegato crudo immerso
nell’olio. Quello che non vi riuscì solo alla quarta volta, morì per in conseguenza
di una congestione.
- Punizioni. Una matricola colpevole di una
mancanza dovette stare con i piedi sotto le gambe di una sedia sulla quale vi
sedeva il più grasso degli studenti anziani. Lo studente che non si lamento ne
usci con entrambi i piedi fratturati.
- Minacce di morte. Un iniziato portato in
spiaggia dovette scavarsi la fossa e sdraiarvisi dentro. Le pareti cedettero ed
egli soffocò prima di essere liberato dai confratelli.
Questi riti nonostante fossero stati negati in
diversi modi hanno resistito, tanto che in seguito a una specie di codice,
emanato dal rettore della University of Southern California, si scatenò una
rivolta tanto violenta che gli stessi poliziotti e vigili del fuoco si
rifiutarono di entrare nel campus.
Le persone che fanno parte delle confraternite
sono persone psicologicamente normali, socialmente impegnate. Lo dimostra il
fatto che si prestavano ad iniziative di pubblica utilità. Seppur contrari a
sostituire i servizi civici con i riti di iniziazione.
Il motivo di questa crudeltà portata avanti una
volta l’anno per l’ammissione di nuove reclute può essere ricavato da un
esperimento del 1959 di Elliot Aronson e Judson Mills. Con l’esperimento si
voleva verificare che persone che sopportano molto disagio per raggiungere qualcosa
ne hanno una più alta considerazione rispetto a chi ha ottenuto la stessa cosa
con minimo sforzo. Nell’esp. alcune studentesse vennero sottoposte a cerimonie
molto imbarazzanti per accedere a un seminario di sessualità, dopo si
convinsero che il gruppo e le discussioni fossero molto interessanti nonostante
che ai membri del rito di iniziazione fosse stato detto di comportarsi in modo
insulso e scoraggiante.
Altre studentesse che non avevano subito la
cerimonia non si dimostravano così interessate al gruppo di discussione.
Stessi risultati si ottennero con un’altra
ricerca in cui si usavano però riti dolorosi invece che imbarazzanti.
Alle studentesse veniva data una scossa
elettrica che quanto più era prolungata tanto più si convincevano della validità
del seminario che dovevano seguire.
Diventa chiaro che i riti che devono subire i
giovani Thonga servono per stimolare nei futuri membri una più alta
considerazione della società in cui entrano a far parte e ad accrescere il
grado di coesione del gruppo e delle sue probabilità di sopravvivere, ad essere
leali e dediti al proprio gruppo.
Così anche i militari che subiscono le
sofferenze e le angherie dei propri superiori considerano quel periodo come una
prova del fuoco dalla quale ne sono usciti più temprati e coraggiosi.
la scelta interiore.
L’immagine di sé e il comportamento futuro di
una persona è massima quando l’impegno è attivo, pubblico e faticoso.
Un particolare che si aggiunge al far funzionare
l’efficacia di modificare l’immagine di sé riguarda il fatto che il soggetto
deve sentire suo, cioè che l’appartenga, quello che sta facendo o pensando,
senza possibili scuse. Per questo i cinesi anche potevano ottenere un impegno
maggiore ma solo momentaneo, con ricompense più grandi, si limitavano ad usare
piccole ricompense. Volevano che i soldati ci credessero.
La regola è che si riconosce la responsabilità
interiore di un’azione quando questa è libera da forti pressioni esterne ed è
agita in libertà. Una grossa ricompensa è una pressione esterna, che non
sentendoci responsabili non ci farà mantenere una coerenza con quell’atto. Alla
stregua è una forte minaccia.
Questo vale anche nell’educazione dei bambini.
Se vogliamo che questi siano convinti delle azioni che vogliamo da loro senza
usare punizioni minacce o premi e lusinghe allora dobbiamo fare in modo che si
sentano responsabili delle azioni che vogliamo da loro.
Jonathan Freedman fece un esperimento in questo
senso cercando di impedire a dei bambini di giocare con un robottino. Con un
gruppo di 22 bambini li sottopose prima a una minaccia per testare l’obbedienza
temporanea. Da lì a poco 21 bambini su 22 , la sciati soli, non toccavano il
giocattolo. Però dopo sei settimane i bambini presi singolarmente e portati in
una stanza con 5 giocattoli, vennero sottoposti a una prova di disegno e poi li
si faceva giocare con i giocattoli. Il 77% sceglieva proprio il robottino
proibito. Con un altro gruppo di 22 bambini (sempre maschi della stessa età) lo
sperimentatore non li sottoponeva a minaccia e prima di lasciare la stanza
diceva che “non va bene giocare con il robot”. Anche in questo caso solo 1
toccò il giocattolo. Sei settimane dopo mentre l’assistente correggeva il test
di disegno i bambini venivano lasciati liberi di giocare. Questa volta benché
gli altri giochi fossero più brutti o incompleti solo il 33% usò il robot.
Nel primo caso la grave minaccia era efficace
finché c’era il rischio di essere colti ad usarlo, e cioè equivaleva a dire che
non era sbagliato giocare con il robot ma solo imprudente fin tanto che c’era
il pericolo.
Nel secondo caso i bambini erano portati a
pensare che non volessero loro stessi giocare con il robot, altrimenti tale
comportamento non era spiegato da punizioni.
I vantaggi arrecati dal persuadere le persone
attraverso un cambiamento interno sono molti: gli effetti sono durevoli e si
possono estendere anche a molte situazioni affini. In oltre l’impegno si regge
da solo senza dispendio ulteriore di energie perché è sufficiente il bisogno di
coerenza. La persona persuasa di auto alimenterà di quelle informazioni che gli
serviranno per mantenere solido il nuovo punto di vista. In questo modo anche
se le ragioni iniziali spariscono, ci saranno sempre le nuove ragioni a
continuare a mantenere la coerenza.
Queste tecniche a seconda di chi le opera
possono essere utilizzate per il male o per il bene.
Possono ad esempio stimolare il risparmio
energetico.
Michael Pallak fece all’inizio dell’inverno
delle interviste a famiglie con riscaldamento a metano illustrando come
risparmiare metano e invitandoli a risparmiare in futuro. Nonostante che tutti
acconsentirono, nessuno fece materialmente un risparmio.
Un’altra strategia consisteva, oltre alle solite
raccomandazioni, a dare la possibilità di pubblicare il proprio nome sul
giornale come esempio di senso civico. L’effetto fu che il risparmio fosse in
media di 119 m3 a famiglia. L’esca, cioè la possibilità di
veder il proprio nome, venne tolta con una lettera che ne informava
l’impossibilità. Paradossalmente nei mesi seguenti non solo il risparmio
continuò ma aumentò ulteriormente. Da una parte l’impegno promosso da un’azione
esterna, cioè la pubblicità sul giornale attraverso il proprio nome, generò
altri puntelli, come la necessità di ridurre la dipendenza del paese dalle
fonti energetiche estere, le bollette meno care, la nuova immagine di sé e
l’orgoglio e l’autostima. dall’altra a spiegare l’aumento del risparmio fu proprio
l’aver tolto la pubblicità in quanto pressione esterna rappresentante l’unico
ostacolo a sentire la scelta come personale.
COME DIRE DI NO.
Ralph Waldo Emerson disse che una sciocca
coerenza è lo spauracchio delle piccole menti. Benché la coerenza è positiva
perché ci fa evitare di disperdere energie preziose, ne esiste una varietà
sciocca da evitare.
Esistono dei segnali che ci possono mettere
sull’avviso. Il primo lo sentiamo alla bocca dello stomaco quando ci sentiamo
in trappola sul punto di accettare qualcosa.
Un modo per rifiutare la possibile offerta è
quella di spiegare quello che stanno cercando di fare.
Purtroppo questo segnale, questa risposta
emotiva è avvertita una frazione di sec. Prima che possiamo tradurla in termini
cognitivi e razionalizzarla. È dimostrato che le nostre emozioni divergono
dalle nostre convinzioni e quando una decisione ci può compromettere tanto da
farci razionalizzare a proprio favore ecco che la reazione emotiva è la
migliore consigliera.
CAPITOLO IV. LA RIPROVA SOCIALE. LA VERITA’ SIAMO NOI.
Il principio della riprova sociale è una potente
arma di persuasione che possiamo trovare espressa ad esempio nell’allegria
artificiale della tv. Molti programmi tv utilizzano scrosci di risa di pubblico
inesistente anche se per il telespettatore è ovvia la natura fasulla, tuttavia
esercita su di esso una grande influenza tanto da indurre gli spettatori a
ridere più spesso e più a lungo e giudizi più positivi sulle trasmissioni.
Addirittura le battute di pessima qualità danno il risultato migliore.
L’efficacia di questo trucco risiede nel
principio della riprova sociale, secondo il quale uno dei mezzi che usiamo per
decidere cos’è giusto è di cercare di scoprire quello che gli altri considerano
giusto. In particolare nella situazione in cui dobbiamo tenere un comportamento
corretto. Vi è la tendenza giudicata corretta a considerare adeguata un’azione
quando la fanno anche gli altri. Questo ci permette di commettere meno errori
utilizzando una scorciatoia che però può essere utilizzata per essere persuasi
da profittatori.
Infatti il trucco delle risate approfitta del
fatto che lo spettatore è così abituato a prendere le reazioni divertite degli
altri come prova che c’è effettivamente da ridere, cioè utilizza la nostra
tendenza automatica a reagire su base di prove parziali.
In altri campi come i baristi che mettono dei
soldi nel piattino delle mance per dare l’impressione che è sufficiente almeno
una mancia di quel valore, oppure i venditori che dicono che molta gente usa
quel prodotto riscuotendo successo senza dimostrare la bontà. Allo stesso modo
le sottoscrizioni pubblicate con elenchi dei sottoscrittori funzionano perché
se tanti altri hanno deciso di dare qualcosa, dev’essere la cosa giusta da
fare.
Albert Bandura ha applicato tale principio in
terapie del comportamento dimostrando che è possibili eliminare le fobie con
una facilità impressionante. Ad esempio ai bambini che avevano paura dei cani
veniva fatto osservare per 20 min. al giorno un coetaneo che giocava con un
cane. Dopo soli 4 gg. Il 67% dei bambini accettava di entrare in un recinto con
un cane con il quale continuava a giocare anche dopo che i coetanei erano
usciti. Dopo un mese i bambini accettavano ancora di più il contatto con i
cani.
In un altro esperimento emerse che per ottenere
l’effetto non è necessaria l’esibizione dal vivo ma bastano anche dei filmati.
In particolare quelli brevi in cui comparivano più bambini intenti a giocare
con i cani.
La riprova sociale funziona meglio quando è
fornita da molte persone.
l’influenza potente dei filmati trovò
applicazione, grazie a Robert O’Connor che si occupò dell’inibizione sociale in
età prescolastica, per quei bambini molto timidi che rimangono isolati da
attività dei gruppi di coetanei.
Per cambiare la situazione di questi solitari
fece guardare, in un campione di 4 scuole materne, un filmato in cui un bambino
dapprima guardava da lontano l’attività di un gruppo di coetanei e poi si
avvicinava ad essi per parteciparvi.
Il risultato di una procedura tanto semplice
dopo sei settimane fu sorprendente, i bambini che non avevano osservato il
filmato di 23 min. rimanevano isolati, al contrario di quelli che vi
assistettero che erano addirittura i più attivi del gruppo.
L’efficacia di questo meccanismo è ancora più
messo in luce da un esempio seguito da un esperimento.
Il fatto che adepti si diano all’apostolato con
fervore e accrescano l’interesse verso quei movimenti religiosi e sette che
profetizzano per una certa data l’avvento di un’era di redenzione e beatitudine
per i credenti, preceduta da un cataclisma apocalittico nonostante che non si
avverassero mai tali profezie e rischiando di cadere nel ridicolo.
Tre ricercatori, Leo Festinger, Henry Riecken e
Stanley Schachter infiltratisi in una setta hanno potuto descrivere il prima e
il dopo della data della fine del mondo.
La setta composta da circa 30 adepti era guidata
da un medico in un centro universitario che da tempo si occupava di occultismo
e dischi volanti, e una donna che era più al centro dell’attenzione perché in
quel periodo aveva ricevuto messaggi mediante scrittura automatica.
I messaggi dei due, rassomiglianti alla
tradizione cristiana, incominciarono a prendere interesse quando annunciarono
una catastrofe imminente, un diluvio che avrebbe sommerso l’intero mondo. Solo
chi credeva nelle “lezioni” che i due impartivano si sarebbero salvati grazie a
un disco volante che li avrebbe tratti in salvo.
Le modalità di salvataggio erano dettate da
alcune parole d’ordine quali: “Ho lasciato il cappello a casa”, “Qual è la tua
domanda?”, “Tutti i miei beni li porto con me”. Dovevano in oltre eliminare
dagli abiti gli oggetti metallici perché altrimenti pericolosi sull’astronave.
Nei preparativi vennero rilevati due aspetti
particolari. L’estrema convinzione a compiere passi definitivi come l’abbandono
dell’università, del proprio impiego e i conflitti che, alcuni adepti,
dovettero affrontare nel lasciare la famiglia e ancora lo sbarazzarsi di cose
di proprietà. Erano persone convinte di possedere la verità la quale veniva
rafforzata dopo ognuna di queste prove.
Il secondo era l’inattività manifestata con il
non diffondere la profezia una volta che era stata, inizialmente, resa pubblica
la profezia. Si usarono parole d’ordine, le copie delle profezie in più vennero
bruciate, i cronisti interessati venivano respinti e ignorati per evitare la
pubblicità. Quando il medico universitario venne licenziato un giornalista
insistente venne minacciato con un’azione legale.
Quando venne il giorno gli adepti proseguirono
con gli ultimi preparativi ripassando le battute e le parole d’ordine in coro,
mentre continuavano ad arrivare messaggi di un’estetista in trance.
Tutti portavano vestiti senza alcunché di
metallico. Il fanatismo venne toccato quando a 25 min. dalla mezzanotte uno dei
ricercatori annunciò di non aver tolto la chiusura lampo dei suoi pantaloni.
Alla reazione di panico seguì l’azione del dottore che portò in fretta in
camera da letto il ricercatore e con le mani tremanti e guardando l’orologio
diede due rasoiate tagliando la lampo e strappando i gancetti con un paio di
cesoie, venne quindi portato di fretta.
Passata la mezzanotte annunciata, nel silenzio e
nell’attesa carica di tensione, dai rintocchi, gli adepti caddero in una
progressiva disperazione per il mancato avvenimento. Verso le 04.00 am la
donna-guida scoppiò in lacrime. Alcuni incominciarono a dare segno di delusione
e di dubbio, anche se il gruppo doveva restare unito per irradiare di luce
tutti quelli che ne avevano bisogno.
Alle 5 meno un quarto due fatti furono risolutivi:
la donna-guida cominciò a trascrivere un messaggio che dava una spiegazione
elegante di ciò che era avvenuto (per toglierli dagli impacci); “Il piccolo
gruppo, riunito solo per tutta la notte, aveva diffuso tanta luce che Dio aveva
salvato il mondo dalla distruzione”. La spiegazione che di per sé non bastò
venne arricchita da un altro evento per restaurare la fede. La donna ricevette
un altro messaggio che ordinava di pubblicizzare quella spiegazione, e subito
dopo che ebbe fatto una telefonata a un giornale, gli adepti si misero a turno
a chiamare stazioni radio, periodici nazionali per diffondere il mancato
diluvio, diffondendo il verbo rapidamente parlando anche di cose finora
segretissime.
Ciò che aveva indotto queste persone a
continuare nonostante fossero passate per ridicoli agli occhi dei non credenti
e a cambiare il loro pensiero sul diffondere il verbo fu il senso d’incertezza
che ebbero dopo il mancato diluvio. Se le predizioni erano sbagliate forse lo
era anche il sistema di credenze su cui poggiavano e dal momento che si erano
spinti troppo oltre rinunciando a troppe cose, non si potevano permettere di
veder crollare le loro credenze. I costi economici e in termini di immagine di
sé sarebbero stati troppo grandi. Dato che l’unica forma di verità, quella
fisica degli eventi che non si erano verificati era stata messa in crisi,
l’unica alternativa che potevano trovare alla validità delle loro credenze era
quella sociale. Questo spiega il precedente silenzio con la successiva
apertura. Se più gente, chi ignorava, chi era scettico, si convertiva allora le
loro credenze minacciate sarebbero diventate più vere. Il principio della
riprova sociale ricorda come in questo caso che: quanto maggiore è il
n° di persone che trova giusta una qualunque idea, tanto più giusta è
quell’idea. Convincete e sarete convinti!
causa della morte : dubbio
Le armi di persuasione funzionano meglio in
determinate situazioni invece che altre e sapere in che condizioni siamo più
esposti alla loro influenza è utile per difenderci.
- principio di riprova sociale: quando
siamo dubbiosi e/o la situazione è ambigua è più facile che guardiamo al
comportamento altrui e lo prendiamo per buono. È però possibile che mentre
guardiamo gli altri per risolvere la nostra incertezza, questi stiano cercando
qualche riprova sociale. Ciò si produce quando in una situazione ambigua, la
tendenza a stare a guardare per vedere cosa fanno gli altri può causare un
fenomeno di “ignoranza collettiva”.
Da uno studio di Bibb Latané e John Darley in
seguito a un omicidio avvenuto a New York ai danni di una giovane donna, al
quale ben 38 onesti cittadini avevano assistito senza alzare un dito è emerso
che due ragioni spiegano il mancato intervento di questi cittadini.
Il primo è attribuibile alla responsabilità personale
che si diluisce e mentre ognuno pensa che qualcun altro intervenga o sia già
intervenuto, nessuno fa nulla.
Il secondo motivo è fondato sul principio della
riprova sociale. Molto spesso un caso di emergenza non è immediatamente
riconoscibile (dubbio). I colpi che si sentono dalla strada possono
essere spari come tubi di scappamento oppure la confusione che si sente può
essere un aggressore o un litigio rumoroso fra marito e moglie. In momenti
d’incertezza come questi la tendenza è di guardare gli altri per vedere come si
comportano e capire se si tratta o meno di un’emergenza. Siccome in pubblico a
tutti piace apparire posati e tranquilli, lanciando una veloce occhiata in giro
ci si accorgerà che nessuno si scompone e s’interpreterà l’evento non come un
caso di emergenza.
La conseguenza è che per la potenziale vittima
in caso di emergenza non è sicura in mezzo ad altra gente ma probabilmente
quando c’è né solo una. Darley e Latané hanno verificato tale possibilità
inscenando con dei collaboratori casi d’emergenza. Uno studente con crisi
epilettica veniva soccorso dall’85% dei passanti se erano isolati, e da solo31%
se erano presenti cinque persone. La spiegazione dell’apatia e
dell’indifferenza non regge. In un altro esperimento vennero introdotti due
complici con l’ordine di non intervenire. Quando veniva fatto passare del fumo
sotto una porta il 755 dei passanti isolati dava l’allarme contro il 39% se i
testimoni erano in tre e il 10% se nel gruppo dei tre c’erano i due
collaboratori passivi. In uno studio simile a Toronto, dal 90% di intervenienti
si scendeva al 16% se erano presenti altri due testimoni che rimanevano fermi.
Le conclusioni sono che non ci si trova di
fronte a una società egoista e indifferente, la cosa cambia nel momento in cui
i fortuiti spettatori si trovino nell’incertezza di quello che sta avvenendo.
Dai dati che l’effetto di ignoranza collettiva
ci da ricaviamo che le condizioni che tendono a ridurre le probabilità di
ricevere aiuto esistono normalmente, al di la che qualcuno ne abbia colpa,
nelle grandi città.
Nelle grandi città vigono delle caratteristiche
tali da diminuire fortemente la probabilità di soccorso:
1. rispetto alla campagna, la città è un luogo più fragoroso, disgregante e
mutevole, dov’è difficile capire subito che cosa sta succedendo
2. l’ambiente è più popolato e quindi è raro che all’episodio assista un
testimone solo
3. in città gli abitanti si conoscono fra loro meno che in un paese e
quindi è più facile che il gruppo di spettatori sia formato da estranei.
qualche precauzione in caso di necessità
Il malcapitato consapevole che non è l’apatia
che permette di non essere aiutato, ma l’incertezza e l’ignoranza collettiva,
sa che in caso di emergenza nessuna sua azione può richiamare l’attenzione su
di sé. Può dire Aiuto e questo potrebbe funzionare sempre che chi viene
attirato dal grido non si chieda che tipo di aiuto sia o se c’è bisogno di una
persona qualificata. In base ai risultati trovati con gli esperimenti la cosa
migliore è di isolare una persona dalla folla e di chiederle di chiamare
un’ambulanza. Questa frase mette quella persona nel ruolo di “soccorritore”, sa
che è un’emergenza e che tocca a lui fare qualcosa. Questa richiesta sarà
pronta ed efficace. Quindi la strategia è di ridurre le incertezze degli
astanti. E di richiamare l’attenzione di singole persone alle quali dare un
compito o un ruolo.
simile con simile.
Un’altra forma di persuasione che funziona
meglio in certe situazioni invece che altre e la somiglianza. Come
nel principio di riprova sociale ci lasciamo guidare dagli altri perché la loro
condotta ci suggerisce qual è il comportamento giusto da tenere, affidandoci
alla guida di una persona simile piuttosto che da una diversa.
Un esempio illustra come siamo guidati più da
persone simili. In vari punti nel centro di Manhattan furono abbandonati
portafogli contenenti 2 $ e un assegno di 26 $ e contenuti in buste riportando
un indirizzo. Chi ne veniva in possesso trovava all’interno oltre che i soldi
anche una lettera che faceva chiaramente capire che il portafoglio era stato
precedentemente trovato da un’altra persona e poi nuovamente perso da
quest’ultima. Il foglio poteva essere scritto in inglese corretto altre in
inglese approssimativo di un immigrato recentissimo. Dal momento che il buon
esempio veniva da un individuo simile ai cittadini o dissimile, perché
immigrato, si voleva vedere se gli abitanti di Manhattan si sarebbero lasciati
influenzare di più dal comportamento di un modello simile o da quello di un
dissimile.
Il risultato fu che quando la lettera era di uno
straniero solo il 33% dei portafogli veniva restituito, contro il 70% di quelli
che leggevano la lettera scritta in buon inglese.
Questo va a suffragare l’idea che noi usiamo le
azioni degli altri per decidere quale comportamento tenere soprattutto se
queste sono simili a noi.
Anche i bambini presentano questa tendenza e il
loro comportamento sarà molto più probabilmente dettato da un coetaneo che si
comporta in un certo modo che da una persona che non ha la sua età. Ecco perché
spesso ci troviamo di fronte a giovani ribelli di fronte ai rapporti con i
propri genitori ma non con i loro stessi coetanei.
Altri esempi illustrano quale impatto
formidabile ha la condotta dei nostri simili ha sul comportamento umano.
È statisticamente dimostrato che subito dopo
certi suicidi che fanno notizia il n° di vittime di incidenti aerei cresce del
1000%.
Una prima spiegazione potrebbe essere che le
stesse condizioni sociali che causano i suicidi possano anche indurre altre
persone a reagire con un aumento di nervosismo, di insofferenza o di
disattenzione.
Un dato indica che l’aumento improvviso degli
incidenti si verifica solo in quelle zone dove il suicido ha avuto una grande
risonanza ed in oltre c’è una correlazione tra lo spazio sulla stampa dedicato
alla notizia e l’entità dell’aumento degli incidenti.
Ma se le condizioni sociali non c’entrano, si
può pensare a una spiegazione basata sul lutto. I suicidi riguardano persone
note la cui morte può portare a uno stato di turbamento molte persone e quindi
renderle più imprudenti e distratte. Però ancora non si spiega come mai quando
la notizia parla di suicidio senza altre vittime, gli incedenti successivi
riguardano vittime isolate, mentre se c’è stato un suicidio-omicidio gli
incidenti riguardano più vittime.
David Phillips spiga questi eventi con l’effetto
Werther. Quando uscì il romanzo di Goethe che narra del suicidio della
giovane Werther suscitò un ondata di suicidi emulativi in Europa. Effetto così
potente che in diversi paesi le autorità vietarono la circolazione del libro.
Dalle notizie sul giornale, certe persone
disturbate, quando leggono di un suicidio, dice Phillips, si suicidano per
imitazione. È una versione patologica del principio di riprova sociale. Queste
persone agiscono in base a come altre persone disturbate hanno agito.
I dati che il ricercatore ha ricavato da
statistiche di suicidi dal ’47 al ’68. Nei due mesi successivi la tragedia si
hanno in media 58 casi di suicidio con una forte tendenza nelle zone del paesi
dove è avvenuto il primo suicidio e con una correlazione molto alta tra spazio
dedicato sul quotidiano e n° di suicidi imitativi.
Chi alla notizia di qualcuno che si è suicidato
segue per imitazione tale soluzione , procede nel suo intento senza troppe
complicazioni andando ad arricchire le statistiche.
Altri che forse vogliono proteggere la propria
reputazione, far riscuotere l’assicurazione ai propri cari o risparmiare un
dolore ai familiari, camuffano il proprio suicidio provocando un incidente
d’auto o d’aereo.
Questo spiegherebbe molti casi di incedenti
strani. In più l’interpretazione di Phillips permette oltre che spiegare fatti
conosciuti, di predirne di nuovi. Infatti è stato dimostrato, sempre da
Phillips, che se è vero che le persone si vogliono togliere la vita dopo la
“notizia” allora cercheranno di causare un incidente il più terribile possibile
in modo da avere conseguenze più terribili possibili. Controllando i dati di
incedenti aerei prima e dopo il suicidio, si è trovato che dopo la media delle
morti era triplicata. Stessa cosa per gli incidenti automobilistici in cui le
morti istantanee, la settimana seguente il suicidio, erano quattro volte più
frequenti.
Seguendo il principio della riprova sociale, per
tenere la condotta giusta seguiamo quello che fanno gli altri, ma soprattutto
chi è simile a noi. Quindi è giusto supporre che ci sia una qualche somiglianza
fra la vittima del suicidio iniziale e i responsabili dei successivi incidenti.
Controllando i dati delle statistiche si evince chiaramente che quando il
suicida è giovane, le vittime per imitazione che seguono sono anch’esse giovani
così come lo sono se il suicida è anziano.
Una riflessione è diretta a quante persone
innocenti siano coinvolte in queste imitazioni.
Phillips aggiunge che gli atti di aggressione
ampiamente pubblicizzati hanno la tendenza ad estendersi a vittime simili.
Questo si evince quando subito dopo un incontro di boxe via etere, se chi perde
è un nero si registra nei gg. seguenti un aumento di vittime giovani di colore
ma non di bianchi, viceversa se chi muore è un giovane bianco aumenteranno gli
omicidi di giovani bianchi pur rimanendo invariato il n° di omicidi di giovani
di colore.
Compreso questo effetto sarà più semplice capire
quello del suicidio di massa di Jonestown, un insediamento nella giungla della
Guyana nel Sud America dove il Rev. Jim Jones aveva portato i suoi adepti
formanti la setta, nata a San Francisco nel 1977, del “Tempio del Popolo”.
Quando quattro membri di una commissione d’indagine inviata nell’insediamento
furono uccisi mentre cercavano di ripartire in aereo, il capo carismatico, per
paura di essere arrestato, radunò i suoi adepti, circa 910 persone di
condizioni economiche povere, per un suicidio, per avvelenamento, di massa in
un atto di auto distruzione.
Il fatto che Jones fosse un capo carismatico,
che gli adepti fossero senza istruzione disposti a rinunciare alla libertà di
pensiero e che qualcuno decidesse per loro e ancora l’aspetto fanatico
religioso della situazione erano dei fattori di rilievo.
Il fattore decisivo, fatto notare da Louis
Jolyon West, affinché si creasse l’acquiescenza di massa, era però lo
spostamento della comunità dalla California nella Guyana, in un luogo dove
vivevano totalmente estraniati dal resto del mondo e in un paese ostile fra
gente diversa per lingua e costume. Siccome gli adepti si trovavano
all’improvviso in un luogo sconosciuto dove non c’era niente che li potesse
ricollegare alle loro esperienze precedenti, l’incertezza servì a determinare
l’imitazione degli altri simili a loro, in questo caso a un loro membro cioè il
loro capo carismatico.
L’incertezza è proprio la grande alleata del
principio di riprova sociale.
In oltre, l’incertezza nata sentendo l’ordine
del suicidio li aveva spinti a guardarsi intorno per capire quale condotta era
da tenere e seguirono due segnali comportamentali. Quello del gruppo più
fanatico che andava sicuro ad assumere il veleno e che lo facesse
spontaneamente o seguendo l’esempio del capo l’effetto era comunque potente (riprova
sociale). Il secondo era la reazione della folla che guardandosi intorno
non vedeva reazioni nelle altre persone incerte anch’esse, così si comportava
ordinatamente facendo la fila per assumere il veleno (ignoranza sociale).
Ecco spiegata la spettrale compostezza delle file dei cadaveri.
Il Rev. Jones pur essendo un capo carismatico
era stato capace di influenzare un piccolo gruppo e questo era quanto bastava
per far diffondere tale influenza.
I capi più efficaci sono quelli che sanno
predisporre condizioni di gruppo tali che il principio di riprova sociale operi
con la massima intensità e a loro favore.
COME DIRE DI NO.
Due sono le situazioni in cui la riprova sociale
ci consiglia male: quando i dati sono falsati da chi vuole creare l’impressione
che molte persone si comportino come vuole che ci comportiamo noi.
Per evitare di essere coinvolti in questo
principio dobbiamo stare attenti quando la falsificazione è così plateale.
In casi in cui invece il fenomeno di imitazione
è scaturito da un errore innocente o naturale quale il principio dell’ignoranza
sociale, allora dobbiamo sapere perché rispondiamo alla riprova sociale.
Quando vediamo molte persone fare la stessa cosa
pensiamo che queste sappiano qualcosa che noi non sappiamo, molto spesso
nessuna di loro sa qualcosa in più di noi perché anche loro stanno imitando a
loro volta altre persone.
In pratica mai fidarsi ciecamente delle fonti
non provate, cioè stare sempre attenti in una situazione dei fatti oggettivi,
delle nostre esperienze, e dei nostri giudizi personali.
L’esempio fornito dal modo degli indiani di
cacciare i bisonti è illuminante. Questi mammiferi hanno due punti deboli: gli
occhi laterali e il capo tenuto in giù quando corrono. Per gli indiani era
sufficiente spingere la mandria verso un baratro e i bisonti che, si muovevano
in base al frastuono dell’informazione circostante e ai movimenti del branco,
facevano il resto uccidendosi nel dirupo.
La regola è di guardarci intorno ogni volta che
la nostra condotto è regolata dal comportamento della folla.
CAPITOLO V. SIMPATIA. IL LADRO
CHE PIACE.
La regola semplice di acconsentire alle
richieste delle persone che conosciamo e che ci piacciono viene normalmente
usata in molti modi da sconosciuti per indurci ad accettare le loro richieste.
Le sfruttamento commerciale di questa regola
viene proposto attraverso il Tupperware
party che
riassume le tecniche di persuasione. L’azienda interessata alla vendita di un
suo prodotto concorda con la padrona di casa che ricaverà percentuale sugli
acquisti, per una vendita diretta. Mettendo la casa a disposizione, invita il
maggior numero di amiche ad una festa durante la quale una dimostratrice
cercherà di piazzare il prodotto.
Tutte le armi della persuasione sono impiegate:
la reciprocità (giochi a premio per far sì che tutte le partecipanti abbiano
avuto un premio); l’impegno (tutte sono invitate a descrivere pubblicamente il
prodotto); riprova sociale (cominciati gli acquisti la conferma da parte del
gruppo è automatica).
La vera forma di persuasione è nello
sfruttamento della regola della simpatia che risiede in questo caso nella
padrona di casa nonché amica delle invitate. La pressione più vincolante
proviene dalla padrona che serve i pasticcini, intrattiene e sta in disparte
mentre parla il dimostratore. Tutti sanno che intasca una percentuale ed è per
questo che comprano i prodotti, perché sono venduti non da una sconosciuta, ma
da un’amica che recluta tutti gli obblighi e legami inerenti al rapporto di
amicizia.
Spesso è sufficiente al venditore di nominare
l’amico della persona a cui si vende un prodotto per poi venderlo. Si usa il
metodo della “catena” con il quale ogni persona interessata al prodotto è
invitata a dare il nome di amici e conoscenti anch’essi interessati
all’acquisto. Il venditore userà l’arma dicendo al potenziale acquirente di
essere stato indirizzato da un suo amico e a questo punto sarà difficile
allontanarlo, sarebbe come allontanare un amico.
In mancanza di un legame preesistente userà una
strategia molto diretta, se vuole ottenere l’assenso alle sue richieste farà di
tutto per ispirare simpatia.
La ricerca nel campo sociale ha individuato
alcuni fattori capaci di produrre una reazione di simpatia.
bellezza.
Sembra esserci una risposta automatica e non
ragionata alla bellezza fisica. Questo evento è definito effetto alone che si ha quando una singola
caratteristica di una persona domina la percezione che gli altri hanno di lei,
l’aspetto fisico è una di queste caratteristiche.
L’equazione bellezza=bontà fa sì che si
attribuiscano caratteristiche positive automaticamente a persone di
bell’aspetto come gentile, onesto, intelligente. Questo effetto può verificarsi
nel momento di un’assunzione del personale o nella preferenza ad eleggere un
candidato invece che un altro.
In campo giudiziario, gli imputati dopo la
sentenza hanno ottenuto una pena molto più favorevole rispetto agli altri fino
ad avere la probabilità di evitare la detenzione.
Alcuni esperimenti hanno dimostrato che se
l’imputato era più bello della vittima allora quest’ultima era risarcita con un
indennizzo di 5.623$ che diventava di 10.051$ se la vittima era più bella
dell’imputato. Questo favoritismo coinvolgeva anche i giuristi di entrambi i
sessi.
Altri esperimenti hanno dimostrato che individui
fisicamente attraenti hanno più probabilità di essere aiutati in caso di
bisogno anche da persone dello stesso sesso e risultano più persuasivi nel
cambiare le opinioni di un gruppo di ascoltatori.
Infine ricerche su bambini di scuola elementare,
se hanno atteggiamenti aggressivi ma sono dei bei bambini, gli adulti hanno
danno un giudizio meno negativo e allo stesso modo tendono a supporre un
migliore livello di intelligenza.
somiglianza
Un altro fattore è la somiglianza sia per quanto
riguarda le opinioni che per i tratti di personalità che per l’ambiente di
provenienza o il modo di vita.
Chi vuole quindi ottenere la nostra simpatia per
rispondere alle sue richieste deve cercare di apparire più simile a noi.
Gli abiti sono un esempio. Le ricerche indicano
che si tende ad aiutare di più chi veste come noi. Un esperimento a proposito
condotto in un campus negli anni in cui i giovani si dividevano in hippie e
straight consisteva nella richiesta di una monetina per telefonare da parte
degli sperimentatori, che vestivano in un modo e poi nell’altro. Se il modo di
vestire collimava allora ricevevano la moneta, altrimenti era negata il più
delle volte.
Un altro modo per manipolare la somiglianza a
proprio favore consiste nel dichiarare identità di interessi, di origine e di
ambiente. Ad es. i venditori d’auto mentre guardano l’auto usata del cliente
che ha da dare in permuta cercano indizi per costruire una qualche somiglianza
con il cliente. Se vedono che l’auto è stata comprata altrove fingono di essere
nati o loro o la loro moglie in quella stessa città.
Gli attuali tirocini per venditori consigliano
spesso agli allievi l’approccio del tipo mirror
and match che
consiste nell’imitare la postura, l’umore e lo stile verbale del potenziale
cliente, dimensioni queste che conducono a risultati positivi.
complimenti
Spesso sotto forma di scoperta o di semplici
dichiarazioni di affinità ci capita di sentire apprezzamenti positivi da gente
che vuole qualcosa da noi.
È stato dimostrato che abbiamo una reazione
positiva così automatica ai complimenti che possiamo facilmente essere vittime
di chi se ne serve anche scopertamente per ottenere il nostro favore. Infatti
se dei soggetti ricevevano da una persona che aveva bisogno di un favore
giudizi alcuni positivi altri negativi e altri ancora come combinazioni di critiche
e lodi, i risultati erano che il giudizio positivo rendeva la persona più
simpatica, ma questo accadeva anche quando i soggetti capivano perfettamente il
tornaconto che questi aveva a ottenere la loro simpatia
contatto e cooperazione.
Ciò che ci è familiare ci piace di più. Se
abbiamo la possibilità di scegliere tra una foto del nostro viso e sempre la
stessa ma al rovescio, e diamo questa possibilità ad un amico, quest’ultimo
sceglierà la foto normale mentre noi quella al rovescio, e questo perché è quella
che riconosciamo come famigliare essendo l’immagine speculare l’unica che
conosciamo.
La familiarità, che ha effetto sulla
simpatia-antipatia, agisce in ogni tipo di decisione. E questo tipo di risposta
è spesso inconsapevole, ma influenzato dal n° di volte in cui in passato ne
siamo stati esposti, cioè a un maggior gradimento corrisponde maggiore
influenza sociale.
Da qui l’idea di aumentare l’integrazione
razziale attraverso una maggiore occasione di contatti alla pari fra membri di
gruppi etnici perché questi arrivino a piacersi di più.
Iniziando questo lavoro nelle scuole si sono
ottenuti risultati opposti facendo accrescere il pregiudizio i neri e bianchi.
La scuola non è purtroppo il luogo adatto per
tale verifica, perché qui i bambini non agiscono liberamente e continuano a
unirsi per gruppi etnici.
In oltre contatti ripetuti non necessariamente
producono reazioni positive e se l’esposizione continua in condizioni
spiacevoli non fa che accrescere l’antipatia; la classe scolastica accresce
proprio quest’antipatia.
Elliot Aronson descrive quello che in generale
può accadere in tutte le scuole pubbliche:
L’insegnante sta in piedi davanti alla classe e fa
una domanda. Sei, dieci bambini si agitano nel banco alzando la mano, vogliosi
di essere chiamati a dimostrare quanto sono bravi. Diversi altri stanno
fermissimi e distolgono gli occhi, sforzandosi di diventare invisibili. Quando
l’insegnante chiama a rispondere un bambino, si vedono espressioni di delusione
sul volto di quelli che alzano la mano, perché hanno perso un’occasione di
ricevere l’approvazione dell’insegnante, e sollievo sul viso di quegli altri
che non sapevano la risposta... è un gioco ferocemente competitivo e la posta
in palio è alta, perché i bambini gareggiano per ottenere l’affetto e l’approvazione
di un adulto che ha grande importanza nella loro vita.
Non solo, ma questo procedimento garantisce che i
bambini non imparino ad apprezzarsi e comprendersi l’un l’altro. Cercate di
ricordare la vostra esperienza a scuola. Se sapevate la risposta giusta e
l’insegnante interrogava qualcun altro, probabilmente speravate che sbagliasse,
in modo da avere un’altra possibilità di esibire le vostre cognizioni. Se
chiamava voi e rispondevate male, oppure non avete neppure alzato la mano per
entrare in gara, probabilmente sentivate invidia e risentimento per i compagni
che sapevano la risposta giusta. I bambini che falliscono in questo sistema
sviluppano risentimento e gelosia per quelli che riescono, disprezzandoli come
“coccolini” dell’insegnante, o magari addirittura aggredendoli fisicamente
durante la ricreazione. Gli alunni più bravi, da parte loro, spesso guardano
gli altri con disprezzo, o considerandoli “stupidi”. Questo processo
competitivo non incoraggia nessuno a guardare con serenità e benevolenza ai
suoi compagni.
Una soluzione alla formazione di rivalità nelle
scuole viene portata da una ricerca pedagogica con il concetto di
“apprendimento cooperativo” che si basa su forme d ‘insegnamento basate sulla
cooperazione invece che sulla competizione.
al campeggio. Studiando il processo di
cooperazione e conflitto nei gruppi, Muzafer Sherif prese in considerazione una
colonia estiva maschile. Per stimolare la malevolenza fu sufficiente dividere i
ragazzi in due baracche, dando un nome alle due baracche e gruppi (le Aquile, i
Serpenti) in modo dare una contrapposizione tra noi e loro e creare una
rivalità. In oltre quando vennero introdotte le attività competitive come la
caccia al tesoro o il tiro alla fune le forme di ostilità aumentarono con assalti
alla baracca nemica e risse nella mensa.
Per creare disarmonia era sufficiente dividere
in gruppi e lasciare sviluppare l’odio con la competizione.
Per creare cooperazione, gli sperimentatori,
pensarono prima al metodo dei contatti, creando situazioni come i picnic o le
gite ma non servì. Quindi costruirono situazioni in cui la competizione avrebbe
danneggiato entrambi e solo la cooperazione sarebbe stata la soluzione. Così
quando si ruppe l’unico pullman, si mobilitarono tutti insieme per spingerlo,
oppure facevano una colletta comune per vedere un film a noleggio.
Quindi gli scopi comuni e la collaborazione
indispensabile per realizzarli facevano superare la competizione.
di nuovo a scuola. Se
questi risultati fossero stati introdotti nella situazione di apprendimento
dando uno spazio al lavoro di collaborazione forse si sarebbero sviluppati
nuovi rapporti di amicizia fra gli alunni di razza diversa.
Una sperimentazione di questo tipo è stata
proposta da Elliot Aronson con la classe-mosaico: si formavano i gruppi dando a
ogni membro una parte del lavoro (tessera del mosaico) per superare la prova.
In questo modo gli alunni dovevano a turno istruire e assistere i compagni di
squadra e ognuno, per riuscire ha bisogno di ogni altro. In seguito all’utilizzo
di questo metodo si sviluppò una maggiore amicizia, miglioramento
dell’autostima e dell’atteggiamento verso la scuola e un minor pregiudizio
razziale. Questo vale anche per gli alunni bianchi che comunque mantenevano un
rendimento pari a quello delle altre classi.
Il gruppo mosaico è una condizione in cui gli
alunni sono costretti a rispettarsi per ottenere dei risultati altrimenti
sfavorevoli al loro profitto.
Le tecniche di apprendimento cooperativo si
discostano dalla pratica tradizionale corrente e possono essere accolte
negativamente dall’insegnante perché ridimensionano il suo ruolo delegando
parte del lavoro didattico agli allievi.
La competizione non è del tutto dannosa, in
quanto motiva condotte desiderabili e sviluppa il concetto del sé.
In conclusione due punti sono evidenti: la
familiarità prodotta da contatti frequenti di natura spiacevole non portano
simpatia ma esperienze sgradevoli. Secondo, l’apprendimento di gruppo è un
antidoto alla competizione e alla rivalità.
I professionisti della persuasione conoscono
questi effetti e inventano situazioni per sfruttarli. Ad esempio cercano
espedienti per dimostrare che “stanno lavorando insieme a noi per...”.
un altro esempio e l’interrogatorio di polizia
nel quale si utilizza il trucco “Poliziotto Buono/Poliziotto Cattivo”. Il
fermato, sospettato di rapine, viene portato in una stanza per essere
interrogato da due poliziotti.
Uno di questi farà la parte del Poliziotto
Cattivo, l’altro quello buono. Il sospettato non fa in tempo a mettersi a
sedere che subito si prende di “figlio di una gran cagna” da parte del
Poliziotto Cattivo. Se il ragazzo rifiuta di rispondere, il P.C. tira calci
alla sedia minacciandolo di fargli avere la max pena. Il P.B. dice “calmati,
Frank”. Il P.C.: “mi dici di calmarmi, amico?” P.B.: 2non te la prendere, non
vedi che è solo un ragazzino...” P.C. “un ragazzo? Non è che un dannato sacco
di immondizia, e ti dirò di più. È un maggiorenne, e questo è quanto mi basta
per spedire le sue chiappe in una cella così buia che dovranno usare una torcia
per venire a cercarlo!” il P.B. rivolgendosi all’arrestato “è una fortuna,
Kenny, che tu non abbia ferito nessuno e che non fossi armato. Al processo ne
terranno conto”. Poi il P.B. dice al collega di andare a prendere tre caffè e
ne approfitta per mettersi totalmente dalla parte dell’accusato. “Okay, amico,
mi sembra chiaro che tu non piaci al mio collega, ed è vero che la Procura
tratta duramente chi non collabora: ti aspetterebbero cinque anni di galera. Io
non voglio che ti succeda questo amico: se adesso ammetti a di aver fatto tu
quella rapina, prenderò a cuore il tuo caso e metterò un parola buona presso
l’ufficio del Procuratore. Se ci lavoriamo insieme, possiamo ridurre quei
cinque anni a due, magari uno. Fai un favore a tutti e due Kenny: dimmi cos’è
successo e cerchiamo di uscirne fuori insieme da questa faccenda”. Spesso
finisce con una confessione.
In questo caso il trucco funziona per varie
ragioni. La minaccia di una pesante condanna agitata subito dal Poliziotto
Cattivo, il principio di contrasto percettivo, per cui in confronto a lui il
Poliziotto Buono sembra un angelo, la regola di reciprocità messa in moto dai
suoi interventi a favore del fermato. Infine l’idea di avere qualcuno dalla sua
parte, una persona così è quasi sempre vista con favore, ma in una situazione
critica diventa facilmente un salvatore.
condizionamento e associazione.
Le associazioni negative, nella nostra società,
c’è le insegnano i nostri genitori ammonendoci nel non giocare con certe
persone invece che con altre.
Per le associazioni positive ci dobbiamo
rivolgere ai professionisti della persuasione che cercano di collegare se
stessi o i loro prodotti alle cose che ci piacciono. Così le belle ragazze sono
affiancate al prodotto per prestargli i propri tratti positivi, bellezza e
desiderabilità. Ad esempio nei giorni precedenti la missione sulla Luna,
qualunque cosa, dalle bevande ai deodoranti, veniva messa in vendita con
qualche allusione alle imprese spaziali. Idem nelle Olimpiadi in cui la gente
viene informata su quali sono i prodotti, sponsorizzanti, ufficiali. Collegare
le celebrità ai prodotti commerciali è un altro modo di utilizzare il principio
di associazione.
Anche i politici usano l’efficacia
dell’associazione per vincere le elezioni, la più acuta fra queste è quella con
il cibo. Ad esempio è tradizione che la Casa Bianca, quando vuole vincere le
resistenze dei parlamentari a una sua iniziativa, li inviti a colazione o
pranzo, così come la raccolta di fondi per le campagne elettorali avviene regolarmente
in occasione di banchetti.
I vantaggi, fra cui la regola della reciprocità,
sono stati scoperti (o per meglio dire importati) da Gregory Razran negli anni
’30. Con la “tecnica dello spuntino” questo psicologo, che ha ricavato le sue
intuizioni dai lavori basati sul principio di associazione usato da Pavlov, ha
dimostrato che i soggetti sono più favorevoli alle persone e cose mentre stanno
mangiando. Presentando delle affermazioni politiche prima e dopo si è notato
che quelle esposte con il cibo venivano giudicate meglio anche se i soggetti
non ricordavano quali avevano letto mentre stavano mangiando.
Dal classico esperimento sul condizionamento di
Pavlov, Razran ha pensato che se le reazioni normali al cibo oltre la
salivazione anche una generalizzata piacevolezza si possono trasferire ad altre
cose attraverso il processo associativo allora è possibile condizionare una
reazione positiva a qualunque stimolo che venga associato al buon cibo.
Il principio d’associazione lo abbiamo chiaro e
lo usiamo noi stessi, infatti facciamo il possibile per evitare di trovarci
nella pericolosa situazione del messaggero di sventura.
Chi capisce abbastanza bene il principio
dell’associazione si comporterà probabilmente in modo strano per cercare di
associarsi ad eventi positivi e distanziarsi da quelli negativi anche se non è
stato la causa né di questi né di quelli.
Le reazioni dei tifosi di calcio a certi
risultati delle partite sono spiegati dal tipo di relazione fra tifoso e lo
sport. Questa è una relazione di un rapporto serio, intenso e personalissimo.
Il tifoso si sente umiliato se la sua squadra perde, ma esaltato se invece
vince. Come scrive Isaac Asimov “a parità di condizioni, facciamo il tifo per
il nostro sesso, la nostra cultura, la nostra città... e vogliamo provare che
noi siamo meglio dell’altro. Chiunque sia quello per cui facciamo il tifo, esso
rappresenta sempre noi, e quando vince siamo noi a vincere”.
Nella partita c’è in gioco l’immagine di sé. Per
questo che la folla da un lato nutre una forte adorazione per i suoi beniamini
e per la stessa ragione una ferocia verso i giocatori e allenatori coinvolti
nelle sconfitte.
Secondo il principio dell’associazione, se
possiamo circondarci di successi, anche se vi siamo legati in maniera
superficialissima, il nostro prestigio pubblico ne sarà accresciuto.
Il nostro legame con i vincitori e i perdenti lo
manipoliamo intenzionalmente per presentarci sotto la luce migliore e i modi
per farlo sono a iniziare con i verbi “Abbiamo vinto!”, ma dopo una sconfitta si usa
la terza persona per marcare la distanza.
Dal momento che cerchiamo di brillare di luce
riflessa, ricorreremo a questo metodo quando non ci sentiremo troppo sicuri di
noi stessi, ogni volta che la nostra immagine pubblica è danneggiata, sentiremo
il bisogno di restaurarla esibendo i nostri legami con successi altrui e
evitando di mostrarci associati ai perdenti.
Proprio quando il nostro prestigio è a terra
cerchiamo di brillare di luce riflessa.
Le persone che non cercano il prestigio nelle
proprie realizzazioni hanno uno scarso valore personale e questo li spinge ad
associarsi alle realizzazioni degli altri. questi vanno dalla persona che fa
cadere nelle conversazione i nomi delle sue conoscenze alla ragazzina che corre
dietro ai complessi rock e concede con grande libertà i suoi favori sessuali in
cambio del diritto di raccontare alle sue amiche di essere stata una volta con
quel cantante.
COME DIRE DI NO.
È inutile costruire una serie di contro tattiche
per difenderci da chi cerca di usare contro di noi la regola della simpatia.
Questo perché i fattori che entrano in gioco nella simpatia ( come bellezza,
familiarità, associazione) agiscono inconsapevolmente. Abbiamo invece e quindi
bisogno di un metodo generale. Il segreto sta nei tempi, cioè bisogna lasciare
che agiscano quei fattori di influenza e concentrare l’attenzione sugli effetti
che ne derivano anziché sulle cause, anche perché il compito di riconoscere le
cause è molto laborioso. Stare attenti alla sensazione che suscita in noi una
simpatia più rapida e profonda di quanto ci saremmo aspettati. Se sospettiamo
che l’altro sta usando una tattica allora dobbiamo aspettare che questa agisca
e poi difenderci sfruttando la forza in questa contro manovra.
Dopo una trattativa, ad esempio con un venditore,
ci chiediamo “quest’individuo ha finito per piacermi più di quanto avrei mai
creduto?” Se la risposta è si, allora dobbiamo separare mentalmente l’individuo
che ci sta parlando con quello che ci vuole vendere. Certo che quando siamo
immersi nel contatto personale, diventa più difficile separare le due cose.
CAPITOLO VII. LA SCARSITA’. LA REGOLA DEI POCHI
Il principio di
scarsità indica che le opportunità ci appaiono più desiderabili quando la loro
disponibilità è limitata.
L’idea di una perdita potenziale gioca un ruolo
molto importante nei processi della decisione umana.
I collezionisti di oggetti di ogni genere sono
consapevoli dell’importanza che ha il principio di scarsità nel determinare il
valore di un articolo.
Ad esempio il fenomeno degli errori preziosi
viene attentamente seguito, infatti i pezzi difettosi (francobolli stampati
male, monete con doppia impressione...) sono a volte i più preziosi e
ricercati.
L’uso più diretto del principio di scarsità lo
troviamo nella tattica del numero
limitato, in cui i clienti vengono avvertiti che le scorte di un
certo prodotto sono in via di esaurimento.
Una tattica analoga è quella dell’offerta
valida per pochi giorni. Si pone un limite di tempo oltre al quale
il cliente non potrà più avere quella merce o quel servizio. Il venditore
pubblicizzando i limiti di validità, stimola l’interesse che forse altrimenti
non sarebbe mai esistito.
Una variante è la più preferita dai venditori
perché pone il limite di tempo più ristretto alla decisione da prendere: ora o
mai più.
reattanza psicologica
il potere del principio di scarsità risiede in
due fonti: la nostra inclinazione per le scorciatoie, sapendo che le cose
difficili da possedere sono di norma migliori di quelle facilmente accessibili,
possiamo velocemente basarci sulla rarità di un oggetto per stimare esattamente
la qualità. Inoltre, via via che le opportunità si restringono, noi perdiamo un
certo margine di libertà d’azione e perdere una libertà di cui già godiamo è
qualcosa che non sopportiamo.
Jack Brehm spiega la risposta degli esseri umani
alla perdita di controllo sulle proprie azioni e scelte con il desiderio di
mantenere le nostre prerogative consolidate, concetto che sta al centro della
teoria della reattanza
psicologica.
Ogni volta che la nostra libertà di scelta è
limitata o minacciata, il bisogno di libertà ci porta a desiderare molto più di
prima. Allo stesso modo la scarsità (o qualunque altro fenomeno), quando
interferisce con la nostra libertà di accesso a qualcosa, reagiamo contro l’interferenza desiderando più
di prima e sforzandoci tanto più di prima per ottenerlo.
Questo desiderio di opporsi a qualunque
impedimento alla propria libertà viene espresso in molti campi dell’ambiente
sociale.
La prima volta che compare questo desiderio si
ha intorno al secondo anno di vita, periodo in cui il bambino sviluppa un
atteggiamento oppositivo.
un esperimento condotto in Virginia in un gruppo
di maschi (le femmine sembrano essere reattive soprattutto alle restrizioni
imposte da altre persone invece che da barriere fisiche) di 24 mesi coglie bene
questo comportamento.
I bambini introdotti in una stanza con la madre
avevano di fronte due giocattoli posti l’uno davanti all’altro e separati in un
caso da una barriera trasparente alta 30 cm facilmente valicabile, nell’altro
caso da una barriera di 60 cm che richiedeva per forza di essere aggirata. Con
lo schermo basso , 30 cm, che non costituiva un impedimento, i bambini non
presentavano nessuna preferenza per l’uno o l’altro giocattolo. Invece con
quella di 60 cm. i bambini aggiravano subito l’ostacolo per raggiungere per
primo il giocattolo posteriore. Questo è la classica risposta che avviene
intorno ai due anni perché è il periodo in cui il bambino arriva per la prima
volta a riconoscersi pienamente come individuo e non più semplice prolungamento
dell’ambiente. Sapere che può essere autonomo lo porta a saggiare la libertà ed
i suoi limiti ed in questo modo arrivano a capire dove possono aspettarsi di
esercitare un controllo e dove di subirlo.
un’altra età che spicca è l’adolescenza, periodo
di passaggio dal ruolo di bambini sotto controllo genitoriale a quello di
adulti con i loro diritti e doveri.
La pressione genitoriale sugli adolescenti
provoca l’effetto “Giulietta e Romeo”. In una ricerca condotta in Colorado su
140 coppie, l’opposizione dei genitori provocava per reazione un rafforzamento
del legame. E in funzione dell’interferenza genitoriale il legame sentimentale
diveniva più intenso per poi raffreddarsi quando anche l’interferenza
diminuiva.
quando ci viene tolta la possibilità di avere
una certa cosa, la desideriamo di più, ma difficilmente, ci rendiamo conto che
è la risposta alla limitazione che ci viene imposta a causare questo aumento
del desiderio: tutto quello che sappiamo è che vogliamo quella cosa. Tuttavia,
abbiamo bisogno di giustificare questo nostro desiderio e così cominciamo ad
attribuire qualità positive alla cosa desiderata. Il fenomeno vale anche per le
informazioni.
In un esperimento condotto alla Purdue
University su un gruppo di studenti dei primi anni, veniva presentata a tutti
la pubblicità di un nuovo romanzo, accompagnata in metà dei casi dall’avviso
“solo per adulti”, vietato ai minori di 21 anni”. Interrogati su quello che
pensavano del libro, gli studenti hanno mostrato le solite reazioni che già
conosciamo di fronte ad altri divieti: quelli che sapevano del limite di età
(1) desideravano più degli altri leggere il romanzo e (2)pensavano che gli
sarebbe piaciuto di più.
Quando si parla di censura si pensa generalmente
a divieti sulla diffusione di materiale a contenuto politico o sessuale, ma c’è
un altro tipo di censura ufficiale che non consideriamo allo stesso modo perché
interviene a posteriori. Nel tribunale succede spesso che un elemento
probatorio o una testimonianza venga presentata, per essere subito dichiarata
inammissibile. Non è l’informazione ad essere messa al bando quanto il suo uso
nella formulazione del giudizio. Non è possibile allora che, nei giurati
convinti di avere il diritto di considerare tutti i dati disponibili, le
dichiarazioni di inammissibilità producano una reazione contraria, inducendoli
a tenere tanto più conto nella sentenza?
Una ricerca su larga scala tende ad illustrare
questi interrogativi. I soggetti formavano le “giurie sperimentali”, prestavano
all’epoca servizio come giurati in processi reali. Alla giuria sperimentale si
presentava la registrazione delle udienze di cause già discusse, su cui
dovevano deliberare. Lo studio dal punto di vista dell’effetto-censura riguarda
un caso di lesioni colpose, presentato a trenta diverse giurie, riguardante una
donna investita da un automobilista. quando l’imputato dichiarava di essere assicurato
per la responsabilità civile, i giurati assegnavano in media alla vittima un
indennizzo superiore di 4000 $ (37.000 contro 33.000). se il giudice dichiarava
inammissibile questa affermazione (e ordinava alla giura di non tenerne conto),
si aveva un effetto-boomerang, con una valutazione media del danno di 46.000 $.
La notizia che l’automobilista era assicurato produceva un aumento di 4000 $
nell’indennizzo, ma la stessa informazione, accompagnata dall’ingiunzione a non
tenerne conto in quanto inammissibile in dibattimento, aveva come risultato un
aumento più che triplo nella valutazione del danno.
La censura a posteriori dava come reazione il
fatto di dare maggiore peso alla informazione messa al bando.
Quindi sulla base del principio di scarsità, una
qualunque informazione ci sembrerà più convincente se pensiamo che non sia a
disposizione di tutti.
l’idea che le informazioni esclusive siano anche
più persuasive è centrale nel ragionamento di due psicologi che hanno elaborato
un’analisi del processo di persuasione basata sulle leggi di mercato, Timothy
Brock e Howard Fromkin. Un esperimento vaglia la teoria dei due psicologi. In
un’azienda, una ditta importatrice di carne, i clienti ricevevano come al
solito la telefonata di un venditore della sua ditta, che li invitava a fare
l’ordinazione in uno di questi tre modi: una consueta presentazione di
assortimento e prezzi ; uno stesso messaggio, ma con l’aggiunta che nei
prossimi mesi l’approvvigionamento sarebbe stato scarso; un terzo gruppo fu
precisato che questa notizia non era di pubblico dominio, ma proveniva da certe
fonti riservate della ditta. Nel terso gruppo il principio di scarsità era
raddoppiato.
La vera esplosione di vendite era avvenuta fra
quelli che avevano avuto la notizia attraverso informazioni “esclusive”: le
ordinazioni erano 6 volte superiori al normale.
le condizioni ottimali
Anche il principio di scarsità è più efficace in
certi momenti invece che altri e l’esperimento di Stephen Worchel sarà
illuminante: ai soggetti (nell’ambito di uno studio sulle preferenze dei
consumatori) veniva fatto assaggiare un cioccolatino. In metà dei casi il
cioccolatino veniva preso da barattoli che ne contenevano 10, nell’altra solo
2.
In base al principio di scarsità, il secondo
giudizio era molto più positivo, il dolcetto era più appetibile, costoso e
attraente.
Una variante all’esperimento servì a rispondere
alla domanda se consideriamo più prezioso cose che stanno per finire o cose che
fin dall’inizio erano scarse. L’esp. variava nel far vedere il barattolo prima
con 10 cioccolatini e poi quello con due. Il calo di n° produceva giudizi più
positivi rispetto al n° scarso fin dall’inizio.
Un’estrapolazione da questo esperimento è che,
secondo gli studiosi di scienze sociali, la scarsità dopo l’abbondanza è una
causa primaria di violenze e agitazioni.
sempre nella stessa variante dell’esperimento di
Worchel, la sostituzione del barattolo pieno con il vuoto avveniva in due modi:
ad alcuni soggetti si diceva che c’era stato un sbaglio, ad altri si spiegava che
il barattolo con 10 cioccolatini serviva per altri soggetti. I risultati
dimostrano che i cioccolatini che scarseggiavano per effetto di esigenze altrui
piacevano ancora di più degli altri. questo perché la scarsità prodotta dalla
pressione di una richiesta sociale li rendeva più preziosi di tutti gli altri.
Non solo desideriamo di più una cosa quando
scarseggia, ma la desideriamo più che mai se dobbiamo competere per averla.
La sensazione di competere per assicurarsi una
risorsa scarsa ha proprietà motivanti di grande efficacia che vengono
utilizzate dai venditori i quali conoscono il desiderio che può nascere
nell’accaparrarsi qualcosa di conteso.
COME DIRE DI NO.
stare attenti a trabocchetti dove c’è in gioco
la scarsità è difficile perché la nostra normale reazione alla scarsità è di
ostacolo alla lucidità di pensiero, e ne l momento che l’eventualità della
scarsità di qualcosa entriamo in agitazione e in modo maggiore se c’è una
competizione diretta con dei rivali.
Le tattiche d’influenzamento mirano all’attivazione
di questo meccanismo emotivo di reazione alla scarsità che sospende l’analisi
ragionata della situazione impedendoci di difenderci.
La contro tattica consiste nel cogliere quello
stato di agitazione interna in qualunque situazione in cui è messa in gioco una
richiesta di assenso e usare la necessaria cautela.
Nell’esperimento dei cioccolatini, la scarsità
stimolava il desiderio ma non il gusto buono ce questo poteva avere.
Ciò significa che la gioia sta nel possesso dell’oggetto raro, non nel suo godimento.
Quindi in situazioni in cui ci sentiamo sotto
pressione per la scarsità di un oggetto dobbiamo chiederci cosa vogliamo: se lo
vogliamo per il vantaggio economico, sociale o psicologico di possedere
qualcosa di raro allora la scarsità permette una stima adeguata del prezzo da
pagare: quanto più è raro, tanto più è prezioso. Spesso vogliamo una cosa per
il suo valore d’uso. In questi casi bisogna ricordare le cose rare non sono per
questo migliori.
Se ci accorgiamo di tutti questi “sintomi”
dobbiamo calmarci e riacquistare una visione razionale e distaccata.
Se dobbiamo solo usare quella cosa e non
semplicemente possederla, dobbiamo ricordare che scarsa o abbondante che sia,
funzionerà allo stesso modo.
EPILOGO.
A differenza di qualunque specie animale, l’uomo
ha una capacitò di elaborazione dell’informazione superiore. Tuttavia deve
talvolta rinunciare a un più elaborato e lungo processo decisionale per
sostituirlo con una più automatica e primitiva risposta basata su un solo
elemento. Alcuni di questi dati parziali a cui facciamo riferimento, come il
contraccambio, la coerenza con gli impegni presi, riprova sociale, simpatia,
autorità, scarsità, sono una attendibile indicazione per orientare la nostra
risposta verso un si o un no. Il loro uso è tanto più probabile quanto più
siamo in condizioni di fretta, stress, incertezza, indifferenza, distrazione o
affaticamento e allora tendiamo a considerare solo una minore parte
dell’informazione accessibile.
Il fatto che dobbiamo sempre più utilizzare
schemi fissi d’azione, come quelli che ritroviamo negli animali, è una
conseguenza delle nostre azioni che stanno via via trasformando il nostro
ambiente in un complesso saturo di informazioni.
Oggi ci ritroviamo a vivere in un mondo dove la
maggior parte dell’informazione risale a meno di quindici anni prima. Le
conoscenze sembrano raddoppiarsi nell’arco di otto anni.
Poiché l’evoluzione della tecnica è molto più
rapida dell’evoluzione della specie, la nostra capacità naturale di elaborare
l’informazione rischia di diventare sempre più insufficiente a maneggiare il
sovraccarico di cambiamenti, scelte e novità della vita moderna. Sempre più
spesso ci troveremo nella posizione degli animali inferiori, dotati di un
apparato mentale che non è attrezzato per far fronte a tutto l’ambiente
esterno, così ricco e intricato.
Noi abbiamo creato questa nostra insufficienza
costruendo un mondo di una complessità radicalmente maggiore.
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