Dal 1987, la Madonna appare ad Anguera (Brasile) al veggente Pedro Régis, dettandogli messaggi per tutta l'umanità.
- I messaggi vengono trasmessi 3 volte a settimana: ogni martedì e sabato, più un altro giorno variabile.
ULTIMO MESSAGGIO IN ITALIANO DAL SITO WEB UFFICIALE BRASILIANO
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Si consiglia di visitare il sito web ufficiale brasiliano del veggente Pedro Regis:
(Gestore sito web: ANSA - Associacao Nossa Senhora de Anguera).
LE APPARIZIONI DI MARIA A CARAVAGGIO
Messaggio: L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini, perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ciascuno che digiunino a pane ed acqua ogni venerdì in onore del mio Figlio, e che, dopo il vespro, per devozione a me festeggino ogni sabato.
Quella metà giornata devono dedicarla a me per riconoscenza per i molti e grandi favori ottenuti dal Figlio mio per la mia intercessione
Fase: in fase di svolgimento
Luogo: Caravaggio
Data: 26 maggio 1432
Veggente: Giannetta
Paese: Italia
Titolo: S.M. del Fonte
Previsto il: 27 settembre 1988 messaggio di Anguera n. 86
Confermato: 5 dicembre 1998 messaggio di Anguera n. 1511
Messaggio di Anguera n. 86 del 27 settembre 1988
Cari figli, è vicina l’ora
nella quale un fratello ucciderà l’altro, e un padre ucciderà il suo stesso
figlio. Molti si pentiranno di una vita vissuta senza Dio, ma sarà troppo
tardi. Siate pronti, poiché sta arrivando l’ora dei grandi eventi, l’ora nella
quale si realizzeranno grandi segreti da me rivelati in varie apparizioni nel
mondo. Pregate, miei amati: la carne morirà, ma lo spirito vivrà per sempre.
Fate attenzione, aprite i vostri cuori a Dio quanto prima possibile. I grandi
avvenimenti non avranno un orario. Continuate a pregare per i sacerdoti.
Pregate per le vocazioni sacerdotali. Pregate che i miei piani si realizzino.
Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Rimanete nella pace.
Messaggio di Anguera n. 108 – 26
novembre 1988
"Amati figli, le mie
apparizioni in molte regioni del mondo sono l’ultima possibilità che Dio dona
al genere umano per convertirsi. Se non ascoltate i miei
appelli, vi pentirete e potrebbe essere troppo tardi. Ritornate a Dio il prima
possibile. L’umanità è alla vigilia dei più terribili flagelli e punizioni."
1.511 - 5 dicembre 1998
“Cari figli, sono felice che siate qui. Dio vi
benedica e vi ricolmi di molte grazie. Sono venuta dal cielo sulla terra per
chiamarvi alla conversione sincera e per dirvi che vivete il tempo delle grandi
tribolazioni. Non perdetevi d’animo davanti alle difficoltà. La lotta sarà
dolorosa per molti, ma la vittoria sarà del Signore e di coloro che appartengono
a Lui. È necessario che tutte le profezie si compiano, ma alla fine il mio
Cuore Immacolato trionferà. Rallegratevi. Siate saldi nella vostra fede. Non
permettete che niente e nessuno vi allontani dalla mia grazia. Sono vostra
Madre. Pregate. Siate coraggiosi. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto
nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui
ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo. Amen. Rimanete nella pace.”
Messaggio di Anguera n. 2.544 - 03.07.2005.
"Non voglio obbligarvi, ma
ascoltatemi con attenzione. Coraggio. Non perdetevi d’animo. Io intercederò
presso il mio Gesù per voi"
Messaggio di Anguera n. 3.328 - 5 giugno
2010
"Ciò che vi ho rivelato qui non l’ho mai rivelato prima in nessuna
delle mie apparizioni nel mondo. Solo in questa terra Dio Mi ha permesso di
parlarvi degli avvenimenti futuri. Quello che vi trasmetto qui non sarà mai
rivelato in nessun altro luogo del mondo."
(dal giornale del Camper Club La Granda "INSIEME" N. 50 - 2/99)
"Ecco davanti ai suoi occhi una Matrona bellissima e ammirabile, di alta statura, dal viso grazioso e dall'aspetto venerando, di un atteggiamento ineffabile e, non mai pensato, vestita di color viola e il capo coperto di un bianco velo". E’ questa la traduzione dal latino di una pergamena, il più antico racconto del fatto miracoloso, l'apparizione della Madonna ad una giovane donna di Caravaggio.
Era il tardo pomeriggio del 26 maggio 1432 e Giovannetta, o Giannetta, 32 anni, sposa poco felice di Francesco Varoli, contadino o forse soldato, si rivolse come era solito fare a Dio e alla Madre di suo Figlio con fiducia per trovare conforto alle umiliazioni e ai maltrattamenti cui il marito continuamente la sottoponeva.
"Ascolta bene e ricorda le mie parole.- disse Maria- Mio Figlio Onnipotente voleva distruggere la terra tutta per la cattiveria degli uomini che continuano a compiere sempre nuove scellerataggini e peccati. Ma io l'ho pregato per sette anni perché ciò non facesse. Voglio che tu dica a tutti che digiunino a pane e acqua il venerdì in onore di Mio Figlio e che celebrino il sabato dopo il vespro per devozione a Me. Alzati e non temere. Riferisci ciò che ti ho comandato e quanto dirai sarà comprovato da tali meraviglie che nessuno dubiterà della verità delle tue parole".
Nel luogo ove era inginocchiata Giovannetta sgorga una fonte mai vista prima alla quale gli ammalati "confidando nella potenza divina si recarono e ritornarono poi liberati dalle infermità di cui erano afflitti".
L'apparizione della Madonna avviene in un momento difficile per la gente di Caravaggio che viveva al confine fra due Stati: Venezia e Milano. Quelle terre erano crocevia di saccheggi, di lotte sanguinose, di scorribande di compagnie di ventura. Entrarne in possesso significava controllare in campo militare ed economico le popolazioni bergamasche e cremonesi. Da qui le lotte, gli assedi, le stragi. Solo sotto il dominio degli Sforza Caravaggio conosce un periodo di relativa pace. Rimarrà Stato di Milano fino all'unità d'Italia, passando alla provincia di Bergamo nel 1861. Da quel lontano 1432 i pellegrini fanno di Caravaggio uno dei centri di attrazione spirituale nella geografia mariana d'Italia: più di due milioni e mezzo di pellegrini (e tra loro anche Giovanni Paolo II nel giugno 1992) giungono in questo grandioso tempio edificato nella pianura lombarda per venerare Santa Maria del Fonte.
Caravaggio non é solo uno dei più importanti templi mariani d'Italia, con una storia centenaria ed una sua ricca spiritualità; é anche uno scrigno d'arte. Il 31 luglio 1432, a soli due mesi dall'apparizione, il vescovo di Cremona concedeva la facoltà di "porre in luogo la prima pietra della chiesa".
L'attuale maestoso tempio, sorto sul luogo della prima cappella, é di Pellegrino Pellegrini (1527-1596). Questo architetto, su indicazione di san Carlo Borromeo, progetto come cuore del tempio quello che sarà poi chiamato Sacro Speco, ubicato proprio nel luogo dell'apparizione. Sopra vi progetto, utilizzando il linguaggio di Michelangelo in chiave monumentale e manieristica, una gigantesca cupola. La maestosa costruzione venne poi portata a termine solo nei primi decenni del Settecento. L'edificio, a croce latina, comprende due chiese raccordate dalla grande cupola che le abbraccia armoniosamente. Al centro si eleva il grandioso complesso marmoreo dell'altare. Il tempietto é formato da otto colonne che sorreggono un baldacchino a festoni dorati. Nel sottostante Sacro Speco é posto il gruppo statuario in legno raffigurante Maria e Giovannetta, realizzato in Val Gardena è stato inaugurato nel 1932 dal cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, in occasione delle celebrazioni per il quinto centenario dell'Apparizione. La verga fiorita, posta tra le due statue é in argento e risale alla prima incoronazione della Madonna, nel 1710.
Pregevoli sono le opere artistiche del santuario. La parte più suggestiva si trova nell'attuale sagrestia: a Giuseppe Procaccini (fine 1600) si devono i diciotto affreschi sulla vita di Maria; a Giacomo Carminati e fratelli di Caravaggio (prima metà del 1700), gli intagli lignei dei grandiosi armadi in noce. Gli affreschi del santuario sono ottocenteschi e quasi tutti di artisti locali. Fra gli altri si deve a Giovanni Moriggia (dal 1845 al 1959) la decorazione dei quattro pennacchi sottostanti la cupola e le volte dei due bracci ai lati dell'altare.
La decorazione della volta di tutto il tempio é di Luigi Cavenaghi, nato a Caravaggio nel 1844, che restaurò anche il Cenacolo di Leonardo tra il 1903 ed il 1904. Opera di Camillo Procaccini (sec. XVI) é la tela raffigurante l'apparizione (assieme alla Madonna e Giannetta compaiono anche san Fermo e san Carlo Borromeo) che si trova nella navata est sulla parete sinistra; su quella destra una tavola dell'apparizione, opera di G.Montalto (sec. XVIII).
Nel transetto di sinistra una Deposizione di Ambrogio Borgognone (sec. XV). L'organo, nella grandiosa cassa lignea intagliata nel 1739 da Giacomo Carminati, é opera dei Serassi, che lo restaurarono nel 1781 e nel 1846. Un importante rifacimento fu realizzato nel 1955 con i comandi elettrici e la tastiera inglobati nella cassa settecentesca. Nel 1995 un restauro é stato effettuato da Vincenzo Salvato, organista nella chiesa di S.Michele a Padova e installatore dell'organo a 5 tastiere di Fatima in Portogallo. L'organo conta oggi ben 5.475 canne distribuite in 5 corpi e comandate da 4 manuali e dalla pedaliera. Una delle caratteristiche che rendono imponente ed estremamente funzionale il grandioso complesso architettonico (si pensi agli affollati pellegrinaggi con gli ammalati) é l'ampiezza degli spazi creati dai piazzali e dai portici che attualmente corrono per circa 800 metri, segnati da duecento arcate. I portici si aprono poi su un grandioso viale, lungo quasi due chilometri, che con lussureggianti filari di ippocastani raccorda il santuario alla città di Caravaggio.
Altra struttura di accoglienza dei pellegrini é il Centro di spiritualità, inaugurato il 26 maggio 1989. Moderno e funzionale, dispone di 50 confortevoli camere tutte con servizi, alcune sale per riunioni ed un salone di 500 posti. Luogo di silenzio e di raccoglimento, di preghiera e di riflessione, viene utilizzato per giornate di ritiro di laici, religiosi e ammalati, incontri spirituali di famiglie e gruppi giovanili, soste di preghiera e di silenzio per persone singole.
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Notizie pratiche
Come arrivarci
Il santuario di Santa Maria del Fonte in Caravaggio (provincia di Bergamo, diocesi di Cremona) si raggiunge facilmente sia in auto che in treno.
AUTO. Dall'Autosole (A.1), uscita Lodi con direzione Bergamo - Brescia;
- dalla Serenissima (A4), uscita Rovato su statale 11, direzione Milano per chi viene da Est;
- dalla Serenissima (A4), uscita Trezzo d'Adda, direzione Cassano d'Adda Treviglio per chi proviene d ovest;
- dalla Statale 11 (Milano - Brescia) la "Rivoltana" (da Milano - Linate fin quasi all'innesto sulla statale 11).
TRENO. La stazione di Caravaggio sulla linea Milano - Treviglio - Cremona, la vicina stazione di Treviglio é centro ferroviario per le linee Milano - Bergamo e Milano - Brescia - Venezia.
I MIRACOLI
Anche Caravaggio, come ogni santuario, ha la sua storia di grazie. I miracoli "storici" sono richiamati al pellegrino nel sotterraneo del Sacro Fonte, lungo trenta metri con cinque celle. Nell'ultima c'é una grande vasca in marmo di Siena, in cui i pellegrini possono attingere acqua benedetta.
Fra gli episodi curiosi, "la sfida di Graziano". Un certo Graziano, incredulo, volle sfidare il luogo ove Maria pose i suoi piedi. Preso un ramo secco, lo piantò e subito lo vide ricoprirsi di fiori e foglie.
Altro episodio é quello di Domenico Mozzacagna. Nel 1520, accusato di rapina, doveva essere decapitato; ma la scure del boia più volte calata sul suo collo non lo scalfì. Era il 26 maggio e la folla lo acclamò miracolato.
La sera del 9 agosto 1650 uno sconosciuto pellegrino incontrò qui un suo acerrimo nemico che lo rincorse cercando di ucciderlo. Il malcapitato cercò scampo nel tempio che era ormai chiuso. Implorata la protezione di Maria il catenaccio del portone si spezzò consentendo all’aggredito di porsi in salvo ai piedi della statua della Vergine dopo che il portone si era immediatamente rinchiuso alle sue spalle.
L’ apparizione e il suo messaggio
L'Apparizione e il suo messaggio
Dio ricco di misericordia e onnipotente, che con la sua provvidenza tutto soavemente dispone, per quella pietà che non lascia mai privo nessun fedele del suo celeste aiuto un giorno si compiacque di riguardare, soccorrere e perfino onorare il popolo di Caravaggio con l’Apparizione della Vergine Madre di Dio. L’anno 1432 dalla nascita del Signore, il giorno 26 maggio alle ore cinque della sera, avvenne che una donna di nome Giannetta oriunda del borgo di Caravaggio, di 32 anni d’età, figlia di un certo Pietro Vacchie sposa di Francesco Varoli, conosciuta da tutti per i suoi virtuosissimi costumi, la sua cristiana pietà, la sua vita sinceramente onesta, si trovava fuori dall’abitato lungo la strada verso Misano, ed era tutta presa dal pensiero di come avrebbe potuto portare a casa i fasci d’erba che lì era venuta a falciare per i suoi animali. Quand’ecco vide venire dall’alto e sostare proprio vicino a lei, Giannetta, una Signora bellissima e ammirevole, di maestosa statura, di viso leggiadro, di veneranda apparenza e di bellezza indicibile e non mai immaginata, vestita di un abito azzurro e il capo coperto di un velo bianco. Colpita dall’aspetto così venerando della nobile Signora, stupefatta Giannetta esclamò: Maria Vergine!
E la Signora subito a lei:Non temere, figlia, perché sono davvero io. Fermati e inginocchiati in preghiera.
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Giannetta ripose: Signora, adesso non ho tempo. I miei giumenti aspettano questa erba.
Allora la beatissima Vergine le parlò di nuovo: Adesso fa quello che voglio da te...
E così dicendo posò la mano sulla spalla di Giannetta e la fece stare in ginocchio. Riprese: Ascolta bene e tieni a mente, perché voglio che tu riferisca ovunque ti sarà possibile con la tua bocca o faccia dire questo...
E con le lacrime agli occhi, che secondo la testimonianza di Giannetta erano, e a lei parvero come oro luccicante, soggiunse:
L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini, perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ciascuno che digiunino a pane ed acqua ogni venerdì in onore del mio Figlio, e che, dopo il vespro, per devozione a me festeggino ogni sabato.
Quella metà giornata devono dedicarla a me per riconoscenza per i molti e grandi favori ottenuti dal Figlio mio per la mia intercessione.
La Vergine Signora diceva tutte quelle parole a mani aperte e come afflitta. Giannetta disse: La gente non crederà a me.
La clementissima Vergine rispose: Alzati, non temere. Tu riferisci quanto ti ho ordinato. Io confermerò le tue parole con segni così grandi che nessuno dubiterà che tu hai detto la verità.
Detto questo, e fatto il segno di croce su Giannetta, scomparve ai suoi occhi.
Tornata immediatamente a Caravaggio, Giannetta riferì tutto quanto aveva visto ed udito. Perciò molti – credendo a lei – cominciarono a visitare quel luogo, e vi trovarono una fonte mai veduta prima da nessuno.
A quella fonte si recarono allora alcuni malati, e successivamente in numero sempre crescente, confidando nella potenza di Dio. E si diffuse la notizia che gli ammalati se ne tornavano liberati dalle infermità di cui soffrivano, per l’intercessione e i meriti della gloriosissima Vergine Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo.
A Lui, al Padre e allo Spirito Santo sia sempre lode e gloria per la salvezza dei fedeli. Amen.
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Quando è stata scritta e da chi questa pagina che ci tramanda in modo tanto suggestivo e con la sobrietà di un Vangelo il racconto del dialogo tra la Comparsa e Giannetta la veggente, e ne raccoglie il messaggio, facendo risuonare l’eco di quell’esplosione di grazie che – come il fonte trovato dai primi pellegrini là dove si era posata la Vergine Maria – da allora fa risplendere questo luogo sacro? Non sappiamo.
Sappiamo che per secoli la pergamena è stata esposta in chiesa, nella sagrestia maggiore e che
il vescovo di Cremona Cesare Speciano, in visita al Santuario il 27 aprile 1599, l’ha fatta trascrivere come “documento ufficiale” dell’Apparizione stessa e di quanto avvenne in seguito, le guarigioni straordinarie. Dal 1932 la pergamena fu collocata nell’appartamento vescovile presso il Santuario, ma da qui è stata tolta, non risulta da chi né quando né perché.
Non è purtroppo possibile oggi, sottoporre ad analisi paleografica questa carta per dedurne una datazione più sicura, anche se si può fare un esame interno dei contenuti e dello stile.
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Per quanto qualificata “antica” dagli storici non può essere considerata coeva all’evento. A quando dunque far risalire questo testo? L’unica cosa che si può affermare con certezza è: a prima del 27 aprile 1599, giorno della visita pastorale del vescovo Speciano.
A nessuno sfugge però il valore sostanziale di questa “memoria”: lo stile della narrazione; la concentrazione massima del testo sul dialogo tra Maria e la veggente e sui “segni” che caratterizzano l’Apparizione del 1432; le lacrime e il dolore della Madonna; il fonte sgorgato sul luogo della Comparsa, senza aggiunte o amplificazioni superflue di natura devozionistica.
Le lacrime agli occhi, le mani aperte come afflitta
Il pianto della Madonna a Caravaggio, come anche il messaggio sul quale si deve invece meditare a lungo, non è quasi mai stato sottolineato. Eppure Giannetta aveva colto, impressionata, quelle lacrime e quell’afflizione della Madre di Cristo: la Madonna parla con le lacrime agli occhi. E’ vero che le sembrano oro luccicante, ma è perché non possono non colpirla. A mani aperte e come afflitta la Vergine confida la propria pena e nello stesso tempo la propria compassione interceditrice a Giannetta. Il dolore della Vergine è il dolore del suo Figlio, provocato fino alla minaccia di castigo per i peccati degli uomini come nel Vangelo: “… se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13, 3.5).
E c’era motivo, se pensiamo a quegli anni di storia travagliata per la Chiesa e alle violenze del tempo perpetrate nella stessa terra di Caravaggio.
Per la situazione politica nel territorio di Gera d’Adda va ricordato che fin dall’inizio del 1431 si erano riaccese le ostilità tra la repubblica veneta e il ducato di Milano. Caravaggio ne costituirà come uno snodo cruciale per non pochi anni durante tutto il secolo XV. Tra il 1432 e il 1441, tra il 1448 e il 1453 Caravaggio va e torna sotto il dominio di Milano e Venezia, e viene fatta teatro di battaglie, tregue, negoziazioni di “capitoli” dall’una e dall’altra parte che permettano ai suoi abitanti di sopravvivere. La pace, le paci, erano precarie. La Gera d’Adda resterà con Milano in relativa tranquillità fino al 1499. Poi per altri dieci anni circa ritornerà sotto Venezia.
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Una fonte mai vista prima
“Nostra Signora del fonte” viene oggi denominato il Santuario di Caravaggio. Per molti secoli invece il luogo e la chiesa dell’Apparizione erano indicati come “Santa Maria alla fontana”. E questo modo di scrivere aveva una ragione precisa.
Il prato Mazzolengo era parte di una vasta campagna che circondava Caravaggio e non si trovava certo in un luogo “incolto arido e selvatico… sapendo certissimo che qui non v’era né fontana, né altra sorgiva d’acqua”, come comincia a scrivere nell’Historia del 1599 Paolo Morigi, storico dell’epoca. La smentita viene dalla relazione dei rappresentanti di Caravaggio recepita nelle “lettere patenti” di Antonio Aleardi, vicario generale del vescovo Venturino: la Madonna appare in località chiamata Mazzolengo dove da sempre c’era e c’è tuttora una fontana; appare proprio “nei pressi” (prope fontem) di essa così che il luogo risulta essere ben individuato, a distanza di alcune decine di passi.
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Gli abitanti di Caravaggio sapevano che sulla strada che porta a Misano nella campagna “al Mazzolengo” si trova una grande sorgiva ben identificata e che quei terreni, come molti altri in zona, sono ricchi di sorgive.
Giannetta falcia la sua erba su quei terreni ma dove la Madonna in quel giorno le appare non c’è né si vede nessuna sorgiva. Per questo alla gente che accorre viene dato di trovare “una fonte mai vista prima”. E solo perché chi si bagna in quell’acqua viene risanato dai propri mali quella sorgiva diverrà “il sacro fonte”. E solo perché il leggendario incredulo che vi getta il legno secco nella speranza che in qualche modo venga la prova certa o la smentita dell’asserita Apparizione (come Tommaso apostolo: “… se non vedrò… se non toccherò con le mie mani… non crederò”) lo vede trasformato in virgulto fiorito, quella fonte gli si certificherà come “la fontana dei miracoli”.
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Ma come si farà a indicare, a chi corre a vedere, dov’è apparsa la Madonna? Si dirà: “alla fontana”. Noi però dobbiamo precisare che il volgare quattrocentesco riportato anche nei documenti ufficiali latini Santa Maria alla fontana va letto come esige che sia tradotto il latino di provenienza; e cioè, per farci sapere che la chiesa di Santa Maria si trova andando sulla via per Misano al prato Mazzolengo nei pressi (ad) di una sorgiva. Questa lettura sgombra senza alcuna forzatura, anzi sulla base sicura della configurazione dei luoghi, ogni pretesa o presunta contraddizione nelle narrazioni dell’evento del 26 maggio a proposito di … due fonti.
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ll segno dell’acqua e il Vangelo
A suo modo la fontana dei miracoli rende presente, qui e ora il Vangelo. Lo avevano ben compreso fin dagli inizi gli antichi testimoni che "registravano" le guarigioni con fraseologia evangelica: "Adi soprascritto (10 d'agosto 1432). Stefano, figliuolo di Gabriello di Zenalij di Trevì (Treviglio), d'età d'anni quattro, mai haveva havuto l'uso dell'andare, si come testificò sua madre, ma subito che fu lavato nella Fontana caminò co'soli suoi piedi securamente senz'altrui sostegno".
Il segno dell'acqua accompagna la storia del popolo dell'antica e della nuova Alleanza e caratterizza molti Santuari dove la Madre di Gesù è apparsa. Non per nulla la presenza di Lei è stata "determinante" quando il Cristo compì il primo dei suoi segni cambiando l'acqua in vino. Per mezzo dell'acqua Egli ha pure operato guarigioni del corpo e dello spirito. Il peccato del mondo è lavato dall'acqua e dal sangue sgorgati dal suo Cuore trafitto e, per il dono dello Spirito, sono generati a vita nuova i rinati nell'acqua del battesimo.
Quando sui piazzali del Santuario si portano i malati e si fanno passare dal Sacro Fonte pregando per la loro guarigione, quando le folle accorrono a questo luogo in pellegrinaggio per attingere alle sorgenti della grazia non appena materiale; quando la devozione spinge il popolo dei fedeli a chiedere "qualunque cosa" a Gesù, interponendo l'intercessione della Madre (... "Non hanno più vino"!) con la fiducia che lo farà, si può dire che si condiscende a forme sentimentali e non razionali di fede e ci si rifugia appena in una preghiera di tipo consolatorio?
Qui Gesù passa ancora in mezzo all'umanità, operando "con la potenza dello Spirito" nella sorgente di acqua viva, sempre vivo anche se misteriosamente presente sotto il segno eucaristico.
E quando all'incontro della folla con Lui avvengono grazie di conversione dei cuori e di guarigione dalle infermità fisiche è pur sempre attraverso i segni e le mediazioni dell'incarnazione del Cristo, di nuovo e a continuazione dell'"anno di grazia del Signore" che viene offerta la possibilità di accostare e raggiungere, nel Signore Gesù, l'unico dono della grazia di Dio.
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Il segno dell’acqua, tuttavia oltre che conferma della credibilità dell’attestazione di Giannetta, è l’espressione della potenza sanante della grazia di Dio, che opera per intercessione di Maria dopo la sua apparizione.
"La gente non crederà a me", disse Giannetta.
Ma la clementissima Vergine rispose: "Alzati, non temere. Tu riferisci quanto ti ho ordinato; io confermerò le tue parole con segni così grandi che nessuno dubiterà che tu hai detto la verità". ... e fatto il segno della croce su Giannetta, scomparve ai suoi occhi".
Così riferisce ancora il testo dell'antico racconto. I “segni così grandi” che hanno confermato il messaggio: sono dunque la fonte mai veduta prima da nessuno; gli ammalati liberati dalle infermità di cui soffrivano. |
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Appello evangelico alla conversione
Se sono state da sempre variamente illustrate, la storia e le tradizioni, le devozioni e l'arte che hanno reso celebre il Santuario di Caravaggio nei secoli per quanto sorprendente possa sembrare, il messaggio dell'Apparizione è quasi del tutto ignorato e per di più ha continuato a rimanere senza commento.
E’ vero che ci è stato trasmesso in una forma e in un genere letterario che non sono più della nostra cultura, anche teologica. Ma il fatto strano è che pure nei secoli passati l'attenzione e la devozione suscitata dall'evento del 26 maggio 1432 sembra essersi polarizzata più sulla "fontana dei miracoli" che sulle parole della Madonna a Giannetta.
Quali parole? Riascoltiamole in una traduzione la più fedele possibile al testo dell'antico racconto "autorizzato" tramandatoci dagli atti della visita pastorale del vescovo Speciano:
"Ascolta bene e ricorda. Voglio che tu riferisca ovunque potrai, o faccia dire, questo: l'altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell'iniquità degli uomini. Essi fanno ciò che è male ogni giorno più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ognuno che digiunino a pane e acqua ogni venerìi in onore del mio Figlio…
Al di la del rivestimento verbale e delle espressioni usate, il messaggio nella sua essenzialità è lo stesso - del resto non potrebbe essere altro - che risuona dall'Antico al Nuovo Testamento, dall'una all'altra testimonianza profetica concentrata nell'appello di Gesù: "Convertitevi e credete al Vangelo... Il tempo della salvezza è venuto... Il Regno di Dio si realizza".
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Al di là del rivestimento culturale e letterario, l'analisi obiettiva delle parole dell'Apparizione di Caravaggio nella loro sostanza e sobrietà ci porta dunque ad un unico messaggio: "Convertitevi e credete al Vangelo", quasi che la Madre del Redentore abbia voluto apparire qui per ripetere in quel tempo e per ogni tempo le ultime sue parole riferite dall'evangelista Giovanni: "Fate quello che vi dirà".
E anche se accompagnato da premonizioni e dalla minaccia di castighi - lo stesso Figlio di Dio quando venne tra gli uomini non tacque la contestazione profetica della “durezza del cuore” e il giudizio incombente per chi non si converte - è pur sempre un appello alla conversione allietato con la promessa di una misericordia già accordata al peccatore che si pente.
Né deve ritenersi inattuale il richiamo al digiuno e a pratiche devozionali. La vita cristiana, oltre che conversione continua, è anche penitenza mortificatrice; e la fede, fatta salva la sua purezza essenziale, non rifugge dall'esprimersi nella religiosità che si riveste di forme variabili nella diversificazione di culture e tempi.
Qualcuno teme che l’importanza attribuita ai messaggi dell'Apparizione della Madonna e alla stessa Vergine Maria come messaggera, oppure ai suoi fortunati veggenti, rischi di snaturare e oscurare il ruolo centrale di Gesù Cristo e della Chiesa, di sminuire la necessità di credere al Vangelo nella sua integrità radicale orientando piuttosto gli animi a verità e rivelazioni che non sono necessarie alla salvezza. Ma è proprio questa la discriminante tra le vere apparizioni e quelle presunte: le apparizioni autentiche fanno rivivere il Vangelo; Maria e i santi conducono a Dio e al suo inviato Gesù Cristo, unico salvatore degli uomini.
Non solo nel tempo di Gesù, ma anche nel tempo della Chiesa - per noi è questo nostro tempo - alla madre di Cristo continua ad essere affidata la missione di predisporre gli uomini all'avvento del Signore. Maria, figura tipica della stessa comunità cristiana "profeta dei tempi nuovi", è madre con la Chiesa e nella Chiesa anche della seconda venuta di Gesù in gloria. Con la Chiesa e nella Chiesa "pellegrina sulla terra" Maria è dentro il popolo di Dio in cammino per condurre tutta l'umanità incontro al Cristo.
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Il sabato della riconoscenza
"Voglio che tu dica", continua l'antico racconto, ...che dopo il vespro festeggino ogni sabato per devozione a me. Quella metà giornata devono dedicarla a me per i molti e grandi favori che hanno ottenuto dal mio Figlio per mia intercessione".
Anche quando la Vergine appare a chiedere preghiere, cosa continua ad accadere che sia diverso da quanto avvenne nella prima generazione dei discepoli? "Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di Lui". Un luogo dove pregare e celebrare il sabato dedicato in riconoscenza a Chi aveva interceduto "per sette anni" non venne efficacemente richiesto dalla Comparsa a Giannetta. Ma alla comunità di Caravaggio parve che la costruzione di una casa di preghiera e di un luogo d'ospitalità per malati e pellegrini fosse la testimonianza più reale del ringraziamento per la grazia ricevuta. I suoi rappresentanti domandarono dunque al vescovo di poter edificare una chiesa e un ospedale: l'evento dell'Apparizione fioriva in preghiera e carità operosa.
Dunque per chi accoglie il messaggio dell'Apparizione nella sua integrità e nelle sue conseguenze, l'appello a conversione è un invito alla fede nel Dio che salva, e a una fede che trasformi la vita. Non evasione intimistica in una spiritualità pavida e pessimista; non appena ritorno a pratiche religiose ma passione per la costruzione della Chiesa nel mondo, ma centralità ridonata ai sofferenti, ai malati, ai poveri nella casa di Dio e nella comunità umana.
Il frutto del ritorno a Dio e dell’amore vissuto per il prossimo è la gioia, la festa. La “grazia ricevuta” per intercessione di Maria giustamente esige riconoscenza; che però non è un puro dovere ma un’allegrezza. In Santuario non si può non cantare il Magnificat “per la misericordia che di generazione in generazione si stende su chi ha il santo timor di Dio”; non si può non “fare festa” per il ritrovamento di chi “era perduto” ed è tornato alla casa del Padre.
Se Maria, la madre, insieme con Gesù e i discepoli partecipa alle nozze non mancherà “il vino buono tenuto in serbo sino a ora”.
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Verità storica
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La prima notizia documentata dell’Apparizione risale al 31 luglio 1432, e si può leggere in una pergamena del 31 luglio 1432 rinvenuta a Cremona fortunosamente tra antiche carte di curia dal paleografo Ippolito Cereda nel giugno 1857. Per quanto l'originale sia poi misteriosamente divenuto di nuovo introvabile, ne abbiamo per fortuna due successive trascrizioni (1857-1878), la prima delle quali autenticata da tre notai cremonesi (Stradiotti, Pizzamiglio, Sacchi) nel giorno stesso della trascrizione il 9 giugno 1857 e due edizioni a stampa (Milano 1872-1879).
Questa è la prova diretta sia dell’Apparizione avvenuta sia del Santuario costruito sul luogo dove era apparsa la Madonna. E cioè: che dopo l'Apparizione, dei rappresentanti notabili e popolari della comunità di Caravaggio si recarono dal vescovo di Cremona a testificare il fatto, per sottoporlo a esame canonico. Riconosciuto l’evento degno di credibilità, ottennero l’autorizzazione di edificare una chiesa con ospedale annesso sul luogo dell'Apparizione, e la determinazione del regime canonico delle due istituzioni.
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Fin verso l’ultimo quarto del Settecento non si era sollevato alcun dubbio sulla veridicità storica dell’Apparizione della Madonna a Giannetta de Vacchi sul prato Mazzolengo presso Caravaggio verso le cinque della sera il lunedì 26 maggio 1432. L’ininterrotta catena di “grazie ricevute” aveva portato a designare dal secolo XVII le realtà fiorite in seguito all’Apparizione come “veneranda Chiesa ed Ospitale della Beata Vergine Maria della Fontana de miracoli di Caravaggio” o “di Nostra Signora del Sacro Fonte de miracoli di Caravaggio” o semplicemente del “Fonte de miracoli in Caravaggio”. La tradizione dell’evento raccontato di generazione in generazione nei suoi elementi essenziali fin dallo stato nascente ed evidenziata dalla chiesa, dal fonte, dall’ospedale; riconosciuta e confermata da interventi delle massime autorità religiose e civili, da volontà testamentarie e opere di pietà e di carità sarà verbalizzata in resoconti ufficiali. La prima Historia a stampa e quella scritta del gesuato milanese Paolo Morigi edita nel 1599; ciò che l’ha preceduta sembra sia rimasto manoscritto e a tutt’oggi risulta irreperibile.
Gli storici antichi ignoravano la "lettera patente" (31 luglio 1432) del vicario del vescovo, Antonio Aleardi; per di più le loro narrazioni si esprimono in un genere letterario composito: storia, tradizione e amplificazioni pietistico-devozionali. Tuttavia le obiezioni critiche mosse a partire dalla fine del Settecento e non del tutto sopite nemmeno nei secoli successivi sono fondamentalmente prevenute.
Facile, anche se legittimo, evidenziare le amplificazioni pietistico-devozionali degli agiografi, ma non è lecito ignorare il particolare genere letterario delle antiche narrazioni delle apparizioni e dei santuari: un misto di storia e di tradizioni miranti all’elevazione spirituale più che alla erudizione culturale. Ciò nonostante, chi leggesse senza preconcetti questa letteratura sull’evento dell’apparizione della Madonna a Caravaggio saprebbe scoprire anche negli antichi “storici” grande esigenza di fedeltà ai fatti.
E’, certo, legittimo e doveroso che la storia si scriva con senso critico, sia pure sereno e appassionato; le opinioni e le credenze non documentate esigono discernimento critico; anche le esagerazioni, per esempio, nel culto popolare alla Vergine Maria meritano una critica severa. Ma gli stessi critici a loro volta possono e devono essere criticati: quando esprimono obiezioni sulla carenza di documentazione coeva dei fatti senza conoscere che invece esiste; se tendono ad attribuire a illusione o finzione le asserzioni della veggente e le attestazioni di persone che condividono e riferiscono la sua testimonianza anche se vagliate da chi può autorevolmente dichiararne la credibilità; se danno a circostanze secondarie la rilevanza del nucleo storico originario, e leggono aspetti tradizionali minori o notazioni dei testi ufficiali senza conoscere la realtà ambientale.
I critici della fine Settecento non vanno colpevolizzati, certo, d’ignorare che il fatto dell’Apparizione e dei “miracoli” a essa immediatamente seguiti non solo era stato attestato ma veniva ritenuto credibile a causa delle testimonianze degne di fede recate da Caravaggio al vicario generale del vescovo Venturino de Marni in quel tempo impegnato al concilio di Basilea, al punto da autorizzare la costruzione di una chiesa con annesso ospedale sul luogo dell’evento e designare Bonincontro Secco, vicario del vescovo per la Gera d’Adda, a benedirne la prima pietra.
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Prove indirette notizie dirette
C'e anche una duplice prova interna indiretta dell’Apparizione da evidenziare: da un lato, la comparazione del testo latino della pergamena del 1432 con quanto si legge in un breve o lettera apostolica di Leone X (1516) che testimonia il riferimento evidente al documento della curia cremonese, dal momento che ne ricalca letteralmente le espressioni; dall’altro, se la pergamena fosse un "falso" posteriore ai fatti del 1432 dovremmo trovare qualche notizia su Giannetta, la descrizione del fonte scaturito "dove la Vergine lasciò le impronte dei piedi" e non semplicemente un'indicazione della preesistente sorgiva o fontanile al Mazzolengo sulla via per Misano, data all'evidente scopo di individuare la località dell'evento.
Oggi le esigenze storico-critiche possono essere ampiamente soddisfatte dalla documentazione storica coeva all’Apparizione che va conosciuta e valorizzata.
Esistono diversi atti legali tra l’ottobre 1432 (cioè a meno di cinque mesi dal 26 maggio) e il gennaio 1434 (a meno di un anno e otto mesi) che confermano innanzitutto in modo indiretto il fatto dell’Apparizione, mentre direttamente ci offrono notizie dell'edificazione e dell'apertura al culto della cappella-santuario. Si tratta di disposizioni o lasciti di denaro a favoredella "fabricae dominae sanctae Mariae aparitionis ad fontem extra Caravazum".
La chiesa-santuario era ancora in costruzione.
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In altri documenti poi rinvenibili all'Archivio di Stato di Genova apprendiamo che il duca di Milano Filippo Maria Visconti, allora signore anche di Genova e Montecarlo, in data 10 novembre 1433 aveva iscritto al debito pubblico sulle colonne del quartiere di Borgo 11 "luoghi" - cioè titoli esenti da gabelle, tributi fiscali e da giurisdizione ecclesiastica - per la fondazione e dotazione della cappellania "sanctae Mariae extra Caravazium nuperrime edificata". Quindi la chiesa o cappella è già costruita (nuperrime edificata) forse nell’ agosto 1433 e vi si può già celebrare, e la determinazione di Filippo Maria Visconti riguarda la cappellania per una messa settimanale al sabato (la "messa ducale").
Dalle annotazioni a margine del registro genovese si sa per certo che i frutti della fondazione venivano ancora riscossi dalla Schola S. M. a tutto il 1618.
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Dell'ospedale “annesso alla chiesa” non si hanno notizie certe se non a partire dal 1468; ma non per questo si è autorizzati a ritenere che l'attività caritativo-assistenziale della Schola S. Mabbia subìto ritardi. Basti pensare che la “schola” esisteva e operava in Caravaggio almeno dagli anni 1331; le sue istituzionali finalità benefiche saranno solo incrementate ed estese in conseguenza dell'Apparizione al Mazzolengo e dell'afflusso dei malati e dei pellegrini al Santuario con opere e attività non immaginate, certo, agli inizi e di tanta risonanza
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Giannetta
E’ il personaggio più caro alla devozione popolare. Per animi semplici è naturale identificarsi in questa donna "tribolata" dal marito ma "consolata" dalla Madre di Dio, di umili condizioni ma innalzata al di sopra dei potenti di questo mondo a causa dell'evento che, al declinare di quel lunedì 26 maggio 1432 segneràper sempre la sua vita, e del messaggio che porta a tutti, anche ai grandi della terra.
Tra luci e ombre
Giannetta permane tuttavia avvolta in un'ombra di discrezione, nella quale si è voluta nascondere o è stata nuovamente lasciata dagli uomini dopo che ne fu strappata dalla irruzione della celeste Apparizione. La sua stessa identità resta celata nella tenebra dell'anonimato impersonale delle “lettere patenti” (31 luglio 1432) del vicario generale Antonio Aleardi in cui si precisa solamente il giorno del mese e l’ora dell’Apparizione della Vergine - “il lunedì 26 del mese di maggio verso l’ora ventunesima” (le cinque della sera) – ma non a chi. Però la scritta latinadella Madonna con Bambino nel Sacro Fonte, testimonianza storica tra le più antiche, ci svela il nome della veggente: Giannetta, la “più felice tra tutte le donne”.
Invece dalla luce sobria e quasi notarile del documento scritto su carta pergamena esistente in Santuario e trascritto negli atti della visita pastorale (27 aprile 1599) del vescovo Speciano la sua figura emerge.
La veggente, di Caravaggio, ha nome Giannetta, è figlia di Pietro Vacchi, sposata con Francesco Varoli, ha 32 anni. Tutti la conoscono "per i suoi virtuosissimi costumi, la sua cristiana pietà, la sua vita sinceramente onesta": dunque ricca di fede, e di vita santa.
Nessun riferimento ad altre Apparizioni, se non quella del 26 maggio 1432, e tanto meno ai viaggi di Milano e di Costantinopoli.
E’ nella tradizione che si vede Giannetta nello scenario di corti principesche e imperiali!
Sappiamo invece per certo che alla corte dei duchi di Milano erano ascoltati volentieri "profeti" e "carismatici", anche donne, ma non ci sono prove che ci rendano certo il viaggio di Giannetta a Milano, mentre si ha prova documentata dell'interesse dei Visconti e degli Sforza per il Santuario.
Nella prima storia a stampa di Paolo Morigi del 1599 si parla ancora dell’andata di Giannetta a Costantinopoli.
Più recentemente Giovanni Castelli (1932), e l’arcivescovo Natale Mosconi (1962) avanzano l’ipotesi di un incontro tra Giannetta e l'imperatore Giovanni VIII Paleologo o a Venezia o a Ferrara o a Firenze in occasione della venuta in Italia del sovrano bizantino per il Concilio di Ferrara-Firenze (1438-1439).
Un viaggio in Oriente da parte di Giannetta, accompagnata da personaggi ragguardevoli negli anni seguenti l’Apparizione e prima della morte di Giovanni VIII (1448) non è tanto improbabile. Sono note le intense relazioni tra la corte dei Visconti e quella dell'imperatore bizantino, il quale aveva sposato l’italiana principessa Sofia della dinastia Monferrato-Paleologo; si sa che i viaggi d'affari e di pellegrinaggio per Costantinopoli via Venezia o via Genova erano ordinari; l’imbarco dei pellegrini aveva come meta finale la Terra Santa e fin dal secolo XV alcuni personaggi caravaggini si ritrovano alla corte imperiale d’Oriente per ragioni diplomatiche o militari.
Siamo negli anni della preparazione e celebrazione del Concilio di Ferrara-Firenze e viene spontaneo il collegamento tra l’Apparizione di Caravaggio, il viaggio di Giannetta a Costantinopoli e il decreto di unione tra Greci e Latini sancita il 6 luglio 1439. Una ricerca storico-documentaria da approfondire.
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La "beata Giannetta"
Giannetta la vide una sola volta, la Vergine?
Saputo che il duca di Milano la vuole incontrare, Giannetta è turbata e passa la notte in preghiera; e, narra Paolo Morigi nel 1599: ...vicino all'alba la gloriosissima Vergine di nuovo si degnò d'apparire dicendole: Giannetta, serva mia, non dubitare, ma scaccia da te ogni timore e va volentieri ove sei chiamata, che io sarò teco. E così detto, ella sparì.
Sempre in questa prima storia a stampa dell'Apparizione ritroviamo Giannetta testimone e garante del miracolo diBernardo di Bancho guarito dall’infermità alla gamba sinistra il 31 agosto 1432!
"Beata" la dice la tradizione, e sembra volerne illustrare le virtù esemplari. Ma i due tratti salienti della religiosità intensa e della santità nella sua condizione di sposa, che sono il fondamento della veridicità del fatto dell'Apparizione da lei riferito, spiccano a garanzia nella stessa pergamena trascritta negli atti della visita Speciano. Da sempre nella storia della Chiesa 1'opera di discernimento della "autenticità", ossia della origine soprannaturale di una ap-parizione, oltre che nel vaglio della natura della visione e del messaggio, consiste quasi tutta nell’esame approfondito della personalità morale e religiosa del soggetto veggente.
Non sappiamo se Giannetta avesse figli; non sappiamo con certezza se risiedesse in porta Vicinato come vuole la tradizione caravaggina, anche se è molto probabile; non sappiamo se era tanto povera.
II ramo dei Vacca di Caravaggio conta, nel Quattrocento e nel Cinquecento oltre che degli impresari edili, maestri carpentieri e muratori che lavorarono a Salò, Brescia, Chiari e anche a Roma almeno due notevoli "architetti": Filippo Vacca (secolo XV, operante soprattutto nel bresciano) e Flaminio Vacca (secoloXVI, operante a Roma).
Non sappiamo la data della morte di Giannetta; se quando vide la Madonna aveva 32 anni, quella della nascita dovrebbe essere il 1400. Tenuto conto della durata media della vita all'epoca, Giannetta non sarà forse vissuta molto oltre la metà secolo.
Nessuna parola di lei ci è stata conservata. Eppure ha parlato, avrà parlato più volte e a lungo, interrogata su ciò che aveva visto e udito. Ma tutto l’essenziale è contenuto e detto nel dialogo fissato nel “memoriale” in pergamena tra Giannetta, così spontaneo e diretto, che anche sotto il rivestimento latino sembra di sentire la sua spiccia parlata popolaresca, e la Vergine dell’Apparizione.
A Giannetta la Madonna affida la missione di annunciare un messaggio di penitenza e di conversione ma anche di festoso rendimento di grazie: questo è tutto ciò che conta.
Lei, Giannetta, compie fedelmente il mandato cui è stata chiamata e non ha altro da ricordarci. Questa è la parola che ci dice, non la sua, ma quella di colei che l’ha mandata. Come per il Vangelo, come compete a un discepolo, che non è più grande del maestro.
La tradizione che la vuole sepolta nella chiesa parrocchiale, che aveva più di un cimitero all’intorno, è assai probabile; la Schola S. M., che dopo l’Apparizione tenne ininterrottamente la cura della chiesa della Madonna e dell’ospedale, aveva sepolcreti all’interno della chiesa parrocchiale.Ma Giannetta non ebbe mai un culto, se non popolare.
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Schola Sanctae Mariae
Dal 1432 al 1932, per cinque secoli, la storia del Santuario non solo ma anche della stessa comunità di Caravaggio è segnata e in un certo modo determinata dalla confraternita laicale, latinamente schola o consortium, di santa Maria.
“Consorzio della misericordia”
In realtà la schola “ad onore di Dio e gloria della sua Vergine Madre” era sorta in Caravaggio oltre cento anni prima dell’Apparizione, a far data almeno dall’anno 1331. Il vescovo di Cremona Ugolino di San Marco, informato direttamente delle “molte opere di misericordia che si fanno per sovvenire ai poveri indigenti e agli infermi”, concedendo quaranta giorni di indulgenza a quei fedeli che pentiti e confessati “offriranno una mano in aiuto”, ammonisce ed esorta a sostenerla con “offerte e mezzi caritatevoli”, data la esiguità delle sue risorse. L’esortazione del vescovo e la carità dei fedeli troveranno generoso riscontro in numerose disposizioni testamentarie.
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Cappella e altare di Santa Maria
La schola avrà un proprio altare nella chiesa parrocchiale di Caravaggio. Il 14 ottobre 1377 il notaio Moretto de Villa, notaio di Milano in Monza, stende l’atto di fondazione di una “cappellania” perché vi si celebri la Messa in perpetuo per disposizione di Marchisio de Galleriis (o Valeri). La cappella e l’altare di santa Maria si chiamerà a lungo “de Galleriis”; ma vi si annetteranno altre fondazioni, di cui la più nota è quella con diritto di patronato della famiglia Prata.
Con questi precedenti risulta naturale ed evidente perché i notabili e i rappresentanti popolari della comunità di Caravaggio, recatisi nel luglio 1432 a Cremona per riferire al Vescovo l’evento dell’Apparizione della Vergine e sottoporlo al suo esame per ottenerne l’attestazione di veridicità, chiesero di poter costruire nel luogo stesso una chiesa e un ospedale gestiti da persone affidabili e avvedute della Schola S. M.
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Dalle “lettere patenti” scritte a nome e per autorità del vescovo Venturino de Marni dal suo vicario generale Antonio Aleardi veniamo, inoltre, a sapere che il consortium della misericordia era “sotto il nome di santa Maria”; la comunità di Caravaggio designava ogni anno alcune persone a reggerla; i suoi presidenti meritavano fiducia a motivo della loro avvedutezza.
Da questo momento “in perpetuum” alla Schola S. M. spetterà costruire la chiesa dell’Apparizione e dotarla di una rendita che permetta di celebrarvi la Messa a un cappellano eletto dalla comunità di Caravaggio e presentato per conferma al vescovo, di edificare un ospedale, traendo i mezzi occorrenti dalle offerte, lasciti e donativi dei fedeli.
I presidenti e deputati “al reggimento” della chiesa ed ospedale di santa Maria, eletti dalla comunità di Caravaggio, appartengono alla nobiltà e hanno competenze d’ordine edile o legale o sanitario I vincoli della Schola S. M. sono precisi, se si pensa alle finalità di culto, e di carità e ospitalità soprattutto per i poveri e gli infermi.
L’autonomia gestionale della Schola S. M., pur rendendo conto al vescovo, rimarrà sempre ampia e verrà riconosciuta con “breve” apostolico del papa Leone X nel 1516.
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Il patrimonio
I lasciti testamentari e una precisa strategia di acquisizione dei terreni adiacenti al luogo dell’Apparizione permetteranno in tempi molto rapidi di edificare la chiesa, sistemare l’area del Sacro Fonte, costruire o adattare locali per l’accoglienza dei pellegrini (hostaria della Madonna) e per le esigenze devozionali (botega della cera). Ma mai verrà meno la destinazione per opere di carità e beneficenza alle quali va riservata una parte precisa dei redditi disponibili. Le eredità più vistose seppure onerose furono, nel tempo, quella di Marco Secco (1457), di Davide Orlandi (1501-1505), di Bonsignor de Bonsignori fondatore del Monte di pietà (1572-1577), del conte Giuseppe Bolagnos (1731), di Bartolomeo Giannetti (1741), di Fausto Antonio Soncino (1760). Alcune migliaia di pertiche di terra, mulini e case, oltre alle offerte e i donativi occasionali, faranno della Chiesa Ospedale e Monte di Pietà il complesso più dotato di patrimonio e di redditi per secoli in Caravaggio.
Distinguendo le fonti di reddito della Schola S. M. in Chiesa-Santuario, Ospedale, Monte di Pietà si vede che mentre l’Ospedale è il maggiore proprietario dei fondi terrieri, la Chiesa-Santuario vive di beni mobili (cascina, mulini, torchio, segheria, case, hostaria), delle elemosine per la celebrazione di Messe e delle libere offerte dei fedeli anche in natura, oltre che dei ricavi della vendita di oggetti di devozione e libri. Il Monte di Pietà aveva un patrimonio iniziale di fondi terrieri e case, accresciuto di lasciti benefici fino al secolo XVIII.
Le spese maggiori tuttavia erano sostenute per la Chiesa-Santuario e gravanti su di essa: principalmente manutenzioni ordinarie e straordinarie, elemosine ai celebranti delle Messe d’obbligo e avventizie, stipendi agli addetti per il servizio liturgico e d’ordine (la “guardia”, per esempio). Di fronte alle voci di spesa dell’Ospedale e del Monte di Pietà, dunque, quelle per la Chiesa erano di molto superiori.
Se si pensa alle grandi opere come la basilica del Pellegrini, con l’aggiunta della navata minore (o santuario), le otto cappelle, la cupola, l’altare maggiore, l’organo e la sagrestia monumentali, il viale e i portici, le decorazioni pittoriche – sia pure quasi sempre finanziate da grandi lasciti privati – non si può non sottolineare che dall’inizio fino ai giorni nostri il Santuario è stato ed è il frutto non solo del genio degli artisti e artigiani, del coraggio e della devozione dei deputati della Schola S. M., ma anche della fede generosa di tutto un popolo di fedeli pellegrini che simbolicamente ha aggiunto il proprio mattone al mattone “pagato” da altri semplici fedeli pellegrini.
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L’ospedale di santa Maria
E’ improbabile che un ospedale e un’attività di cura degli ammalati poveri e di ospitalità di pellegrini esistessero in Caravaggio prima dell’istituzione del “consorzio della misericordia”, ma la richiesta esplicita di edificare un ospedale nuovo presso la chiesa dell’Apparizione al Mazzolengo fa pensare che i rappresentanti della comunità di Caravaggio, che si erano recati dal vescovo Venturino de’ Marni a Cremona, dato l’afflusso immediato di pellegrini e malati sul luogo dell’Apparizione, fossero già consapevoli della necessità di locali e spazi ampi e vicini alla “fontana dei miracoli” per la loro accoglienza.
L’edificazione dell’ospedale è l’opera cui ci si dedica dopo la costruzione della cappella-chiesa dell’Apparizione, e presso di essa fino a oltre 1517.
Secondo un verbale del 1623, in quell’epoca l’ospedale, sito nella zona della torre campanaria della chiesa collegiata, al piano superiore, ha un dormitorio grande per gli uomini, un alloggio per l’infermiere e tre stanze minori per le donne. Al piano terra altre cinque camere per l’ospitalità, posti letto per tredici malati. Vi è anche una zona nella quale vivono le fanciulle ospiti fino all’età di matrimonio e i ragazzi che non sono già collocati presso qualche artigiano per apprendere un mestiere.
La Schola S. M. svolge attività caritativa distribuendo ai poveri cibo e vestiario, accoglie gli infanti esposti che vengono affidati a nutrici dietro compenso e dopo lo svezzamento continuano a ricevere gli alimenti fino a circa sette anni ed educazione fino all’apprendimento di un mestiere. Per un certo numero di fanciulle povere giunte in età da marito viene elargita ogni anno una dote o per le nozze o per la vita religiosa. L’ospedale accoglie anche pellegrini poveri.
Ci sono letti per degenti feriti o infermi. Un medico e un chirurgo, dietro compenso, si prendono cura dei malati. Nell’ospedale si trova pure l’abitazione del custode o “priore” stipendiato con salario annuale e senza oneri personali.
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Il Monte di pietà
Il Monte di pietà, fondato da Bonsignor de Bonsignori nel 1572, forse neppure “confratello” della Schola S. M., diviene per volontà testamentaria dello stesso fondatore istituzione socio-caritativa: ogni anno vengono nominati i rappresentanti delle quattro “porte” o rioni del borgo deputati a reggere e governare il Monte con avvicendamento di biennio in biennio.
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La storia degli ultimi due secoli
Repubblica Cisalpina, Regno d’Italia con Napoleone Bonaparte, ritorno del Governo austriaco in Lombardia, unità d’Italia con i Savoia, anche se trascinano con sé spoliazioni e confische di oggetti preziosi e artistici, non altereranno sostanzialmente la fisionomia e le regole di gestione amministrativa laica del Santuario e delle istituzioni caritativo-sociali. Ospedale e Monte di pietà divengono però “corpi separati”, i cui beni sono proprietà pubblica e a pubblico controllo ne è sottomessa l’amministrazione. L’autonomia rivendicata e difesa per secoli rispetto all’autorità ecclesiastica ha dunque dovuto e potuto cedere di fronte al potere civile illuminista e massonico.
Quando nel 1932 nell’appartamento vescovile in Caravaggio il Santuario viene consegnato in libera gestione amministrativa a mons. Giovanni Cazzani vescovo di Cremona, la Schola S. M. consegnava al futuro una storia e delle opere che al di là delle ombre, errori e difetti umani hanno reso per cinque secoli gloria a Santa Maria del Fonte, apparsa dove ancor oggi un grandioso tempio rimane segno imponente di una fede ricca di riconoscenza mai venuta meno.
Lo riconobbe il vescovo Cazzani, scrivendo nella festività dell’Assunta 1932 alla gente di Caravaggio: “I vostri concittadini, che via via col tempo si sono succeduti nella custodia e nell’amministrazione del vostro Santuario, raccogliendo e amministrando le cospicue offerte dei devoti di Maria d’ogni terra anche lontana, hanno costruito e ricostruito e ampliato e arricchito di un prezioso tesoro artistico il vostro splendido Santuario.” Fece anche una promessa: “E il vostro Vescovo, riconoscente con voi e per voi all’opera delle passate Amministrazioni, come vostro Capo spirituale, come vostro Pastore e Padre, meglio d’ogni altro per la natura stessa del suo ministero, saprà tutelare e adornare di nuovi splendori il grande monumento della pietà dei vostri avi, che sarà sempre gloria e tesoro della vostra cristiana pietà.”
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Il Santuario che non c'è più
Bonincontro Secco, autorizzato con “lettere patenti” del vicario generale del vescovo di Cremona (31 luglio 1432), probabilmente già nei mesi successivi benediceva la prima pietra della “cappella” che sarebbe sorta con annesso “ospedale” sul luogo dell’Apparizione nel prato Mazzolengo. Lasciti in danaro e permute di terreni vengono a confermare l’istituzione di una “cappellania”; nel mese di agosto 1433 il duca di Milano può emanare disposizioni per la celebrazione di una Messa settimanale al sabato (“Messa ducale”).
Nel 1516, come si legge nella “lettera apostolica” di Papa Leone X a conferma della piena autonomia della Schola di Santa Maria, la piccola cappella era divenuta una “chiesa veramente insigne, con edifizi adatti, ornamenti e pitture venerande”. Nella seconda metà del secolo XVI si sentì la necessità di ampliarla ulteriormente, ma le opere aggiunte resero pericolante tutto l’edificio.
Il tempio attuale cominciò ad essere edificato – dopo la demolizione della “chiesa vecchia”, salva la cappella originaria dell’Apparizione e il Sacro Fonte – a partire dalla seconda metà del mese di luglio 1571.
Il progetto prescelto, sostanzialmente rispettato nonostante l’aggiunta di un altro corpo di fabbrica nei primi decenni del Seicento, rimane quello di Pellegrino Tibaldi (Puria in Valsolda 1527 – Milano 1596). La costruzione, che richiese l’opera di molte maestranze, ebbe come “capomastro” il caravaggino Bartolomeo Merisio, il quale vi spese dal 1571 al 1620 tutta una vita.
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La vecchia e la nuova chiesa
Resosi necessario un accertamento sullo stato dell’edificio ampliato, fu sentito il parere di molti ingegneri con le loro osservazioni, tra i quali l’ingegnere e architetto del duomo di Milano, Pellegrino de’ Pellegrini Tibaldi (1527 - 1596) che è tra i primi in quella città e notissimo in Lombardia. Pellegrino Tibaldi dopo aver fatto “piombare” i muri vecchi della chiesa, quelli nuovi e i pilastri stende la propria relazione sullo stato attuale dell’edificio e sulla soluzione da trovare, rispondendo ai quesiti posti dai deputati della Schola S.M. intorno alla sicurezza statica e alla ristrutturazione o al rifacimento completo della fabbrica senza però entrare in incredibile spesa. Pellegrino Tibaldi rileva come cause dell’insicurezza della chiesa l’aver tolto l’antica facciata e appoggiato direttamente al muro le tre crociere per il suo ingrandimento; presenta una proposta radicale, sottolineando l’antieconomicità e l’antiesteticità di un’eventuale ristrutturazione sulla base dell’esistente.Il progetto di Pellegrino Tibaldi prevede davanti alla porta della chiesa un bellissimo portico, un corpo centrale con otto cappelle, quattro grandi archi che sorreggono la cupola sotto cui è posto il tempietto proprio nel luogo in cui apparve la Santissima Vergine ...Co’ far che il detto locho... resti assituato nella più bella et degna parte della giesa, anzi nel petto come il chore nel homo. Il progettista ha in mente un percorso che non è appena logistico-ambientale, ma spirituale: lo spazio dell’Apparizione è concepito talmente sacro che Pellegrino Tibaldi lo prevede quasi inaccessibile ...Si potrà ben permettere a’ molti che vaddino girando la detta schala sin ala fonte, che no’ sarà lecito di entrar nel detto santo locho dela Madonna, salva l’eccezione per le persone di molto grado. La ragione profonda è quella del rispetto al mistero, che attira e al tempo stesso incute santo timore. Ascanio Secco, Pietro Mangone Finetti, Antonio Basco e Stefano Baffi, deputati della Schola S.M., nel 1571 bandiscono un concorso per l’appalto delle opere della costruzione in diversi luoghi, specialmente Milano e Crema e nel circondario. E la “fabbrica” comincia ad allestirsi il 17 agosto 1571.
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Il santuario, oggi
A partire dalla monumentale Porta Nuova, che ha nel suo fastigio il gruppo marmoreo della Vergine che appare a Giannetta (scultori Sanpietro e Melone) ed è come protetta dagli Angeli in pietra arenaria posti ai lati, si apre un largo viale alberato che conclude al Santuario con percorso di circa 2000 metri ombreggiati da quattro filari di ippocastani.
E’ un bene protetto da circa un secolo con vincolo della Soprintendenza per i beni ambientali. Tuttavia il rettifilo, ininterrotto fino a oltre la metà del secolo XIX, fu tagliato dall’attraversamento della strada statale e della ferrovia.
Dalle mura del Borgo all’altezza della Chiesa e convento di san Bernardino, fino al 1694 c’era solo un viottolo acquitrinoso. Da Caravaggio ci si recava al Santuario uscendo da Porta Vicinato e percorrendo una strada di una certa ampiezza in diagonale (detta “stradone vecchio”), che all’altezza dei prati di san Bernardino andava diritta o quasi alla porta principale della Chiesa di Santa Maria, superati i portici e attraversato il prato davanti al Santuario.
Nel lato ovest del porticato antistante si può ancora vedere l’arco e le fiancate e i cardini del portone di chiusura del quadrilatero dei portici.
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Il completamento del viale e l’inaugurazione dell’arco di Porta Nuova avvengono nel 1710.
L’amministrazione del Santuario (l’antica Schola S.M.) era proprietaria del viale, non però incontrastata dal Santuario di Caravaggio. Con convenzione stipulata tra il vescovo di Cremona mons. Fiorino Tagliaferri e il sindaco di Caravaggio, sen. Angelo Castelli, nel 1982 la proprietà del viale passerà dal Santuario alla comunità caravaggina.
Grazie alla sovvenzione dei fondi per il Giubileo ottenuta dal Santuario di Caravaggio, tra il 1999 e il 2000, viene realizzato un imponente rifacimento (un “restauro conservativo”) dell’alberatura e dell’arredo del viale.
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La Basilica, l’obelisco e le fontane
La basilica sorge nella vasta piazza cinta dai portici simmetrici che corrono con 200 arcate. L’esterno della chiesa è grandioso: l’edificio è lungo 93 metri, largo 33, alto 22 senza la cupola, la quale si innalza dal suolo per 64 metri. Il Santuario, rispetto al viale, volge il fianco e non la facciata.
Nel piazzale antistante il viale si trovano un obelisco e una fontana lunga quasi 50 metri. L’acqua di questa fontana passa sotto il Santuario, raccoglie nel suo corso quella del Sacro Fonte ed esce nel piazzale Sud accolta in una piscina dove i fedeli fanno bagnature.
L’obelisco ricorda un singolare fatto accaduto nel 1450. Un soldato dell’esercito di Matteo Griffoni, generale della Repubblica Veneta, rubò dal Sacro Fonte una preziosa tazza e la nascose in un bagaglio sopra il dorso di un mulo; ma quando fece per andarsene il mulo non ne volle sapere di muoversi. Il furto fu scoperto e il prezioso oggetto restituito. Il Comandante fece elevare a ricordo del fatto una Cappelletta che, caduta in seguito all’erosione delle acque, fu rimpiazzata nel 1752 da un obelisco. Divenuto cadente questo, nel 1911 fu sostituito con un altro a ricordare anche le celebrazioni del 1910 per il secondo centenario dell’incoronazione della Madonna. Sulle quattro facciate della base dell’obelisco tre epigrafi ricordano il fatto della tazza, la prima cappella e l’obelisco del 1752, le feste celebrative del 1910; la quarta riporta un’esortazione al culto della Vergine.
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Nuove apparizioni
1479
Tenuto conto della accuratezza con la quale Francesco Salvatico, rappresentante del duca di Milano in Caravaggio e Gera d’Adda, con lettera del 26 aprile 1479 informa ufficialmente Bona di Savoia e Gian Galeazzo Maria Visconti dei fatti straordinari accaduti alla “Fontana” nei giorni tra il 12 e il 26 del mese, continua ad essere sorprendente l’ignoranza o la sottovalutazione di questi avvenimenti da parte di chi avrebbe invece dovuto analizzarli approfonditamente e riconoscerne il significato storico-religioso. La Vergine Maria appare di nuovo per più giorni dove già si era manifestata il 26 maggio 1432, e con manifestazione diversa rispetto alla prima apparizione. Non risulta che la Vergine, circondata da angeli, rivolga alcun messaggio ai diversi veggenti; fenomeni di luminosità straordinarie accompagnano la visione e una serie di guarigioni “miracolose” – quasi a conferma che la fonte scaturita il 26 maggio è proprio il segno della continuata presenza della Comparsa – avvengono in quei giorni. Lo stesso Francesco Salvatico si premura di assicurare i duchi di Milano che ciò che riferisce non si fosse fatto a artificio, in quanto direttamente ha voluto accertarsi dell’assenza di inganni e personalmente ha potuto constatare alcune delle guarigioni straordinarie. Lo scrivente inoltre garantisce che le manifestazioni celesti e le grazie ricevute avevano il sigillo di testimoni degni di fede. La lettera di Francesco Salvatico potrebbe aiutarci anche a interpretare il testo del “breve” del 31 marzo 1516 nel quale il papa Leone X richiamando l’Apparizione della Vergine al prato Mazzolengo usa il collettivo: la gloriosa Vergine madre d’iddio esser visibilmente apparsa a certe devote persone. Al proposito la domanda che sorge è: l’estensore della parte narrativa delle “lettere apostoliche” aveva presente i fatti dell’aprile 1479 quando scrisse che presso un certo fonte fuori et vicino i muri di detta terra nel luogo che si dice di Mazolengo la Madonna non era apparsa a un'unica persona, ma anche a certe devote persone?
1630
La sera del 26 maggio a Gandos, località a circa cento passi a levante di Galleno, frazione di Corteno in Valle Camonica, mentre infieriva la peste in tutto il territorio lombardo la Beata Vergine di Caravaggio apparve alla muta Lazzaroni da Piazza di Corteno. Purtroppo i documenti comprovanti l’Apparizione che erano custoditi nell’archivio parrocchiale andarono distrutti a causa di un incendio il 26 agosto 1667. Tuttavia non mancano solidi argomenti per comprovarne di fronte alla critica la verità storica.
Primo: nella chiesa di Galleno esiste un quadro di notevoli dimensioni con data quasi completamente sbiadita del 1631;
secondo: un altro quadretto posteriore porta la scritta Ad perpetuam rei memoriam. Apparitione de la B.V.M. alla mutta Lazzaroni essendo a la custodia del suo gregge ne la stazione di Gandos, qui in Galleno di Corteno, dicendoli che recitando ogni sera il Rosario liberi sarebbono li abitanti in essa della peste. La scritta conclude: così subito essa si portò ad avverare e in questa contratta dissero il rosario e la peste cessò;
terzo: da tempo immemorabile in Galleno si celebra il ricordo dell’Apparizione, prova che questa manifestazione della Madonna a tanti sconosciuta non è stata dimenticata, né può esserlo.
1729
Una donna semplice, la pastorella Domenica Targa di Montagnaga di Pine’ (TN), vivamente devota della Madonna di Caravaggio, avendo fatto voto di venire pellegrina al Santuario pregava, senza stancarsi mai, la Vergine santa di rimuovere gli ostacoli che si opponevano all’adempimento della promessa. II 14 maggio 1729, Domenica che aveva allora circa 23 anni, mentre era al pascolo vide apparire la Madonna che la invitò ad adempiere il voto recandosi piuttosto il 26 maggio nella cappella di sant'Anna a venerare il quadro dell'Apparizione, portato per esservi esposto da Giacomo Moser che per tre volte era stato pellegrino al Santuario di Caravaggio. La Madonna apparve di nuovo a Domenica proprio durante la celebrazione del 26 maggio nella cappella di sant'Anna per comandarle di dire che si continuasse ogni anno a celebrare solennemente quel giorno. Per altre due volte Domenica, raccolta in preghiera nella cappella di sant'Anna, vide la Vergine che le affidò il compito di far costruire una chiesa più ampia e spaziosa dove fosse venerata l'immagine dell'Apparizione.
Non mancarono le incomprensioni e le contrarietà, ma Domenica sostenne intrepida la causa. II vescovo di Trento ordinò un'inchiesta canonica sui fatti, della quale esistono i verbali. La prima pietra del santuario fu posata fin dal giugno 1730; la costruzione era compiuta nell'anno 1740. II vescovo di Trento Leopoldo Ernesto Firmian la consacrò il 26 maggio 1751; l’Ufficio spirituale della Curia di Trento autorizzò le celebrazioni annuali del 26 maggio sotto il titolo di “Comparsa”. Una relazione dei fatti (apparizione, "miracoli") venne stesa fin dal 1731 dal coadiutore della Curia di Trento e notaio attuario del processo canonico, Giuseppe Antonio Mosna.
1907
Nei primi anni del secolo XX, apparendo a una devota persona di GENOVA la Vergine manifesta similmente la volontà di essere venerata sotto il titolo di Nostra Signora di Caravaggio. Nella chiesa a lei dedicata nella città di Genova vengono celebrati il 26 maggio e il giorno 26 di ogni mese con particolari funzioni.
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I Santuari "minori"
Chiese, cappelle, edicole dedicate alla Madonna di Caravaggio sono divenute talune volte esse stesse straordinarie “sorgenti” di miracoli, dando origine a santuari, che solo per rispetto alla Chiesa di Santa Maria del Fonte in Caravaggio si possono – sia pure impropriamente -considerare Santuari “Minori”.
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Pumenengo
Si trova presso Calcio (Bg). In una scrittura sopra una lapide di marmo alla Rotonda (la chiesa-santuario che conserva l’immagine dell'Apparizione a Caravaggio) si legge: "Il21 maggio 1585 Maria Santissima apparve qui e disse al vecchio campagnolo sordomuto Francesco Zamboni, che qui per la prima volta acquistò l'udito: Dirai al tuo signore che qui mi dedichi un tempio. A tanto prodigio il conte Francesco Barbò e tutti credettero".
L'iscrizione lascia incerti sull'origine vera del santuario della Rotonda di Pumenengo: la Vergine Maria apparve al sordomuto oppure l'immagine della Madonna di Caravaggio "parlò" a Francesco Zamboni e lo guarì, per cui le si dedicò (1588?) un tempio?
Abbiamo nell'Archivio storico diocesano di Cremona documentazione sulla Rotonda, più che sul fatto che ne ha dato origine, sinora soltanto dal 1699. Le notizie preventive alla visita pastorale Croci dicono della Chiesa della Santissima Vergine fabricata da puochi anni in qua e di un legato di messe colà lasciato dalla felice memoria del fu signor conte Antonio Secco Suardo Commeno.
Milano, Porta Orientale, borgo Monforte
Narra l'antica cronaca: Fra le molte immagini della... miracolosa Apparizione di Caravaggio, le quali si vedono in diversi luoghi di questo Stato, ne fu dipinta una sopra l'angolo esteriore di un giardino delli fratelli Rigola onorati mercanti di Milano nel sudetto sito vicino alle mura, e in conseguenza in parte non frequentata. Occorse l'anno 1691 che Giuseppe Gerenzano, oppresso da infermità incurabile, la quale accompagnata da una invincibile melanconia lo invitava a vivere in sito solitario, vedendo detta santa immagine l'invocò con buona fede e fu reso immediatamente sano; onde li fece fabbricare una cappelletta capace di raccogliere sette o otto persone; il che pubblicandosi, accorsero molti divoti e offrirono alcune limosine...".
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Giuseppe Gerenzano si fa allora promotore dell'edificazione di una chiesa. Oltre all'altare maggiore dedicato a sant'Anna posto nella navata centrale, la chiesa aveva due cappelle laterali, di sant'Onofrio e di sant'Antonio da Padova, a ricordo delle date della posa della prima pietra; sul pinnacolo della cupola si sarebbe successivamente collocata la statua in rame dorato di san Michele arcangelo, a memoria del giorno della benedizione della chiesa.
Prosegue un'antica cronaca: La sacra immagine si è lasciata nello stesso sito per maggior consolazione delli divoti... Onde non ha potuto essere collocata nell'altare maggiore, essendosi mantenuta nella situazione laterale facendola però comparire anch'essa in sito principale con distinta facciata, ingresso, portico, piazza e stradone". E ancora: Quante e quali siano state le grazie fatte dall'Altissimo per intercessione di questa miracolosa immagine lo dimostrano tavolette e voti appesi a centinaia, e se ne sta compilando il voluminoso racconto per darlo alle stampe a gloria della santissima Vergine.
Nel 1702 accanto alla chiesa si costruì un convento, tenuto dai padri Trinitari, ma venne soppresso nel 1782. Quando nel 1817 venne distrutta la chiesa, l'affresco dell'Apparizione fu trasportato in santa Maria della Passione, dove si trova tuttora venerato in un altare laterale. In onore della Beata Vergine di Caravaggio nella stessa chiesa della Passione fu eretta una Confraternita, dotata come insegna di un artistico stendardo.
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Codogno
L'origine del Santuario della Madonna di Caravaggio in questa cittadina del Lodigiano è analoga a quella di Pumenengo e di Milano-Monforte.
L'immagine della Madonna di Caravaggio era stata fatta dipingere almeno fin dal Seicento per devozione su un muricciolo d'una strada di campagna. Donne e uomini che vi passavano davanti per andare al lavoro dei campi s'adornavano di fiori e di lumi. Ripetute grazie straordinarie ricevute muovono nobili e popolo negli anni Quaranta del secolo XVII a decidere la costruzione di una chiesa che includa l’Immagine Miracolosa. Nel secolo successivo ecco che una fanciulla malata, che sosta in preghiera piena di speranza, ottiene la guarigione.
Il fatto straordinario attira il concorso di persone, specialmente nei giorni festivi. La fede e la devozione è premiata con molte gratie miracolose. Il vescovo di Lodi dispone un'indagine canonica e fa raccogliere testimonianze di credibilità. Con decreto del 25 settembre 1711 dichiara autorevolmente che consta di varie gratie effettivamente verificatesi in quel tempo per intercessione della beata Vergine venerata nella sua immagine "miracolosa".
La devozione e la grande affluenza di popolo, che accorre ad esprimere gratitudine e fiduciosa speranza, sostiene la proposta di edificare una chiesa ancor più grande e degna. Il progetto è dell'ingegnere Carl’Antonio Albini, la costruzione ha inizio nell'anno 1711. Grazie al contributo d'offerte in danaro e in natura e l'alacre impegno delle maestranze il santuario può essere aperto al culto il 9 settembre 1714; non è ancora completato il campanile, ma le campane già chiamano i fedeli alle celebrazioni. Solo nel 1844 la chiesa sarà coronata dalla cupola.
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Santuari “Minori” in Croazia, in Brasile, dovunque…
Invece il Santuario di Murter nell'isola di Tisno in Croazia ha un'origine storica legata all'emigrazione di alcune famiglie bergamasche a fine Seicento.
Le migliaia di fedeli che oggi salgono l’erta scalinata il 26 maggio per celebrare l’Apparizione vi ritrovano l’antica tavola in legno raffigurante la Madonna e Giannetta e alcuni tra i più famosi "miracoli" della tradizione caravaggina: è la tavola che aveva portato con sé dalla terra lombarda la famiglia Gelpi, databile fine Cinquecento.
La piccola cappella costruita agli inizi del 1700 è ora la sacrestia del santuario, centro vivo della devozione delle popolazioni dell'isola e della pianura croata, in particolare da Zara a Sebenico. Con il Santuario dell’isola di Tisno si è celebrato il gemellaggio nell’anno 1995 col “Santuario madre” in Caravaggio.
La devozione di nostra Signora di Caravaggio in Brasile nel Rio Grande do Sul, in parte venne portata direttamente dall’Italia e in parte deriva dal Santuario di Caravaggio in diocesi di Caxias do Sul. L'attuale grandioso santuario diocesano di Nostra Signora di Caravaggio in Farroupilha nasce da una rustica cappella costruita dalla comunità di 22 famiglie d'emigranti italiani provenienti dal Veneto e stabilitisi in Linha Palmeiro (Rio Grande do Sul). Un piccolo quadro della Madonna di Caravaggio, antica devozione della famiglia, che Natale Faoro (Favero) aveva portato con sè dall'Italia, viene intronizzato nella primitiva cappella l’anno 1879. Già nel 1890 la cappella divenne una chiesa, oggi reliquiario che custodisce la testimonianza di migliaia di ex-voto. L'attuale nuovo santuario, benedetto il 3 febbraio 1963, meta di circa 500.000 pellegrini ogni anno, è dotato di una cappella per le confessioni e di una casa del pellegrino, di una stazione radio (Radio Miriam) e del seminario apostolico. Negli stessi anni dell’emigrazione dall’Italia in Rio Grande do Sul altri emigranti italiani negli stati di Santa Catarina, Paranà, Espiritu Santo, Mato Grosso sono diffusori della devozione alla Madonna di Caravaggio.
Il Santuario diocesano di Nossa Senhora de Caravaggio in Caravaggio di Nova Veneza, nella attuale diocesi di Criciuma, Stato di Santa Catarina, ha avuto origine dalla grande devozione alla Madonna portato in cuore e legata anche ad una stampa dell’Apparizione venuta dall’Italia con un piccolo nucleo di famiglie d’emigranti. Siamo nel 1891.
Da un primo luogo per pregare su un tronco d’albero in Moro das misèrias (designazione che da sola esprime in quali condizioni vivevano i primi coloni!) si passa a una cappella in legno. Con la venuta dall’Italia di un parroco stabile, nel 1914 si attua la costruzione di una chiesa in muratura per l’accoglienza dei pellegrinaggi sempre più numerosi e le “grazie ricevute” che avevano accresciuto la devozione alla Madonna di Caravaggio nella Regione.
L’idea di un Santuario diocesano dedicato alla Madonna trova realizzazione il 26 maggio 1963 con la benedizione della prima pietra e l’inizio (29 maggio) della costruzione dell’attuale Santuario de Nossa Senhora de Caravaggio. Il primo ottobre 1967, alla presenza di autorità e fedeli, il santuario diocesano viene solennemente dedicato.
Domenica 26 agosto 2001 uno straordinario evento segnerà anche la storia secolare del nostro Santuario altre a quella, cominciata da poco, della chiesa particolare di Criciuma. Nel sobborgo di Caravaggio, Comune di Nova Veneza, Stato di Santa Catarina in brasile, è stato benedetto e inaugurato il primo seminario maggiore dedicato alla Madonna di Caravaggio. Con il vescovo di Criciuma, altri vescovi e sacerdoti brasiliani, il rettore e una rappresentanza del Santuario di Santa Maria del Fonte di Caravaggio, Italia, ospitati dalla comunità di Caravaggio-Nova Veneza ha partecipato a questo avvenimento singolare, con la gran folla intervenuta. Il vescovo di Cremona mons. Giulio Nicolini aveva volentieri corrisposto al desiderio di don Paulo De Conto di avere nella cappella del suo Seminario il calco in gesso rimasto al centro di spiritualità dell’immagine della Apparizione realizzata in marmo per la chiesa-santuario di Tabaka in Kenya dallo scultore Mario Toffetti.
Realizzato il Seminario, è previsto l’innalzamento della cupola (un richiamo al Santuario madre dell’Italia!), a compimento della chiesa-santuario in terra brasiliana.
E non solo in Brasile. Emigranti italiani hanno diffuso e tengono tuttora viva la devozione alla Madonna di Caravaggio in Argentina, negli Stati Uniti, in Australia.
Sono invece i missionari in Africa (Eritrea, Kenya), in Cina e in India a irradiare la devozione nei continenti dove con la carità cristiana portano il primo annuncio del Vangelo e il messaggio materno di conversione che è risuonato da Caravaggio.
Dai Paesi più lontani questa rassegna dei santuari "minori" ritorna più vicina al luogo della prima Apparizione ricordando la diffusione della venerazione che in Canton Ticino ha avuto antiche origini, specialmente nel territorio di Lugano (ad esempio, la Cappella votiva di Aranno, 1745). Essa continua ad esprimersi nelle celebrazioni in varie località della Svizzera di lingua italiana e nei pellegrinaggi annuali a Caravaggio.
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Devozione e devozioni
Se c’è una “figura” centrale della fede che parla immediatamente anche al sentimento religioso di singoli e di folle è il Cristo nella sua umanità, più la sembianza dolorosa e compassionevole che quella gloriosa e trionfante: non è forse Gesù di Nazareth “l’icona del Dio invisibile”, che si è lasciato vedere con i nostri occhi, udire dalle nostre orecchie, toccare con le nostre mani, fino a farsi “vero cibo e vera bevanda”, “tutti i giorni sino alla fine dei tempi”, “perché la nostra gioia sia perfetta” (cfr 1 Gv 1-4)?
E se c’è una “figura” umana associata intimamente al Figlio di Dio fatto uomo è Maria “la madre del Signore”, alla quale la fede che conosce “le ragioni del cuore” si volge spontaneamente e in un modo immediato.
Si potrà osservare che non tutta la devozione dei “piccoli” e dei “grandi” che vanno dalla Madonna è senza scorie dal punto di vista della teologia più raffinata; e certo va favorita la “vera devozione alla Vergine Maria” piuttosto che comportamenti devozionistici (non necessariamente esclusivi della gente semplice), specialmente espressi nei santuari mariani o nella venerazione delle sue immagini più celebri.
La devozione alla Madonna apparsa a Caravaggio ha senza dubbio assunto nel corso dei secoli forme e manifestazioni che risentivano della cultura del tempo e dello stato della comprensione e sensibilità liturgico-teologica riguardo alla “pietà” mariana nelle varie epoche.
Se può colpire la qualifica del Santuario come “fontana dei miracoli” e la minore importanza data al messaggio di conversione e penitenza portato dalla Vergine Maria a Giannetta con la sua Apparizione, non può comunque mai sottovalutarsi il fatto che in ogni pellegrinaggio, anche necessitato dalla speranza urgente di ottenere una “grazia” (normalmente, una guarigione), l’acqua benedetta, la candela da accendere, i fiori da offrire sono il contorno della Messa cui partecipare o da far celebrare e – anche se non in ogni caso – della confessione dei peccati e della comunione eucaristica.
Il vero miracolo
Francesco Belluomo ne Il Sacro Fonte diM. V. Nostra Signora di Caravaggio…,Codogno 1645, già così scriveva: “Voi adunque che mossi dalla fama venite a visitare in qualunque luogo, di Caravaggio o altro, quella prodigiosa Signora, deh non vi diate a credere che le gratie che ella più desidera farvi siano sanarvi il braccio infermo o liberarvi dalla febbre che vi tormenta. Somiglianti non nega no, anzi sovente concede, come veduto abbiamo, ma più le sta a cuore che se andaste a visitarla vani e superbi ritorniate humili e mansueti; se libidinosi, casti; se avari, elemosinieri; se con desiderio di vendetta, amici del vostro fratello. E pensate che mentre la pregate ella vi dica: Non vogliate, o miei divoti, aspettare che io faccia sempre prodigi visibili per farvi riverire la mia potenza. Altri miracoli voglio che bramiate… ricercate la charità e pietà ch’io v’ispiro, perché da queste maggior beneficio a voi, et a me et al mio Figliuolo gloria maggiore ne risulta.”
Ma con il massimo di autorevolezza il Papa Giovanni Paolo II al termine della sua visita al Santuario, domenica 21 giugno 1992 alla preghiera dell’”Angelus” ci ha insegnato a pensare: “… ci rivolgiamo alla Madre delle nostre infermità, per affidarle l’intenzione di tanti sofferenti, di tanti malati che sono riuniti qui, che qui anche intenzionalmente cercano un incontro con questa forza soprannaturale che salva. Molte volte non si vede questo miracolo del corpo, che rimane sofferente. Ma si vede il miracolo nello spirito umano, che anche nel corpo sofferente è diventato nuovo, sano, è diventato forte, ha ripreso la speranza: si è visto partecipe della redenzione operata da un Sofferente, da un Crocifisso. Si è visto in prospettiva con lui; con questo Crocifisso si è visto nella prospettiva della risurrezione: crocifisso e risorto”.
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La celebrazione dell’Apparizione
Le festività tipiche del Santuario, massima la solennità del giorno dell’Apparizione il 26 maggio, sono sempre state quelle proposte universalmente dalla Chiesa ai fedeli durante l’anno liturgico. Le stesse indulgenze particolari – oltre a quella plenaria legata al pellegrinaggio – rinnovate continuamente nel corso dei secoli dai Sommi Pontefici per l’Annunciazione, l’Assunzione la Natività di Maria e l’Immacolata Concezione dicono chiaro con i fatti che la pietà popolare ha sempre avuto come riferimento e centro il tempo liturgico e la celebrazione dei sacramenti della Riconciliazione o penitenza e dell’Eucarestia.
La prima descrizione dettagliata della celebrazione annuale dell’Apparizione in Santuario l’abbiamo nell’edizione 1626 dell’Historia di Paolo Morigi, curata dai deputati della Schola S. M. (pp. 60-62).
Con tutta probabilità lo svolgimento della festa che ci vien fatto conoscere era già radicato in una tradizione di molti decenni, per non dire secolare, come si conferma ripetutamente anche nelle successive storie di Francesco Belluomo (1645).
Come, dunque, si celebrava l’Apparizione?
La solennità viene annunciata dal suono delle campane alcuni giorni prima.La vigilia comincia con la processione dei primi vespri solenni e si caratterizza la sera “con fuochi e salve di mortaretti” e soprattutto con la veglia delle donne, la notte “nel Sacro Tempio, e avanti alla miracolosa Apparitione. Arde perciò accesa nel Tempio quantità grande de lumi, che con chiaro emolo del giorno perseguitano ne più secreti angoli le tenebre. Tutti gli ingressi del tempio, del Sacro Fonte, et Apparitione miracolosa, sono custoditi da guardie di gente armata, le quali non danno adito d’entrare solo che alle donne, restando tutti dell’altro sesso esclusi“. (Belluomo, 1645)
La processione della mattina del 26 maggio per la Messa solenne dell’Apparizionecon la musica, tra il 1626 e il 1645, non viene più tenuta ma rimandata ai secondi vespri “per apuntar giusto l’hora fortunatissima dell’Apparitione…
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Alla 21 hora poi, hora precisa nella quale la Vergine apparì, un lieto sonar di squille da tutte le torri dentro, e fuori della Terra, un toneggiar di falconetti, e mortari, un non so qual Celeste brio per l’aria riempie gli animi d’ognuno di riverenza, di tenerezza, di giubilo, onde nelle case, nelle Chiese, per le strade, per le campagne, cadono ginocchioni per terra, riverendo, e ringraziando mille volte quell’hora si fortunata, che ben diresti apparir quasi di novo, di anti a ciascuno la Vergine: l’Hinno della quale Te Dei Matrem Laudamus nella di lei Chiesa in questo mentre con maestevole armonia di voci, e di stromenti musici si canta, incensandosi il luogo dove apparì, e dalle parti sotterranee, destinate l’una per gli huomini, l’altra per le donne, e aspergendosi il popolo con l’acqua del miracoloso Fonte, di vantaggio corrono tutti a bagnarsi di quest’acqua pretiosa alli Lavelli, e Fonti ciascuno con segni di tanta divotione, che versano lagrime di tenerezza. (Belluomo, 1645).
Il Papa Gregorio XIV (Nicolò Sfondrati, già vescovo di Cremona) “persuase ed ottenne dal clero e popolo di Caravaggio la particolar osservanza di tutta l’ottava, dal dì solenne della Santissima sua Apparizione ad aumento di maggior culto”.
Il 13 aprile 1904 la Sacra Congregazione dei riti approva e il Papa san Pio X concede l’onore e il privilegio di Messa e Ufficiatura propria in onore dell’Apparizione, i cui testi sostanzialmente sono quelli preparati da Giuseppe Quadri, sacerdote cremasco, vincitore di un concorso nazionale nel 1899. In precedenza la Messa dell’Apparizione era celebrata con formulario della Natività di Maria Vergine, mutando nell’orazione colletta soltanto la parola Nativitas in Apparitio.
Attualmente la festività dell’Apparizione viene celebrata in modo più sobrio, ma gli elementi essenziali che ci giungono dalla lontana tradizione sono conservati: una frequentatissima novena di preparazione, i primi vespri, con la ripresa (Giubileo dell’anno 2000) di una veglia serale della comunità parrocchiale di Caravaggio il 25 maggio; la Messa pontificale del mattino; la “memoria” dell’evento tramandataci dall’antica pergamena che comincia con le parole Deo optimo maximo, il suono delle campane a distesa e quello dell’organo, l’aspersione con l’acqua del Sacro Fonte ai malati e ai fedeli all’interno e all’esterno della Basilica, il canto solenne dei vespri, e – come sempre – un grande concorso di devoti, il giorno 26 maggio.
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Il pane benedetto
Una singolarità della festa dell’Apparizione, che risale a molto lontano, è la distribuzione dei piccoli pani azzimi impastati con l’acqua del Sacro Fonte o michini.
Ecco come la descrive l’ “Anonimo barnabita” (1739) nella sua Storia del Santuario:
Primitivo uso de’divoti fedeli già era, di venire in cotesto dì al Sacro Fonte co’ vasi, e ripeni d’acqua d’esso Fonte riportaseli alle Case, per valersene di soccorso nè bisogni, e ne’ malori, ed in vero usata con fede, non fallivano alla pia speranza gli effetti. Ma come l’acqua col lungo tempo si rendea difficile a conservarli, così da’ Signori Presidenti fù pensato, che forse a tal difetto a bastanza provveduto avrebbesi, se coll’acqua dello stesso Fonte piuttosto s’impastasse pane.
Si cominciò dunque, si venne alle pruove, e le pruove mirabilmente corrisposero: anzi corrisposero, e corrispondono non solamente quanto al conseguimento felice delle Grazie, che si bramano, trà le quali, di antica, e sempre mantenutasi isperienza, famosa è quella di far abbondare il latte alle nodrici, se ne scarseggiano”. Alla Vigilia dell’Apparizione si porta il pane a benedire“al Tempio di Maria della Fontana. Sono tutte Zitelle del Paese quelle, che in altrettanti belli, e floridi Panerini, ò Corbelli regolatamente ricolmi lo portano”. Un sacerdote con i suoi ministri e chierici che recano il turibolo, l’aspersiere e la croce pronuncia quattro orazioni di cui l’ultima era così formulata:
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“Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, che sei il pane vivo disceso dal cielo, benedici e santifica questi pani, qui recati in onore della Beata Maria sempre Vergine, e concedi per sua intercessione che dovunque siano mandati e conservati al fine di difendersi dalle malattie e ogni insidia del diavolo e contro il fuoco divorante, le malattie i malefici e il fuoco vengano meno e totalmente si estinguano.
Santa Maria, santifica questo pane: per la tua santa benedizione chi ne mangerà recuperi la salute.
Santa Madre della grazia e della misericordia, infondi la tua benedizione in questo pane e divenga come fuoco bruciante contro i demoni, distruggendo tutte le future opere di satana.
Santa Maria, fa che nel nome tuo e nel nome del tuo diletto Figlio e dello Spirito Santo otteniamo tutto ciò che domandiamo nella preghiera. Amen”.
Prosegue l’ ”Anonimo barnabita”, dal quale abbiamo tratto la descrizione della benedizione del “pane miracoloso”:
Il pane benedetto veniva poi distribuito la mattina seguente dopola gran Messa riservandone un certo quantitativoa soddisfare le pie istanze de’ numerosi devoti, che mandano o vengono al Sacro Fonte fra l’anno, e singolarmente in occasione dell’altre due feste solenni Natività ed Assonzione di Maria.
La benedizione e la disponibilità dei michini durò ininterrotta fino a tutti gli anni Cinquanta del secolo scorso. Rimane ancora per un eventuale museo del Santuario uno dei sigilli d’ottone per bolare li michetti.
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Esorcismi al Santuario?
Nella prima edizione (1599) della sua Historia, riportando le innumerevoli grazie di guarigione segnalate, Paolo Morigi fa un rilievo interessante ma ancor più significativo nella lunga storia di santa Maria del Fonte in Caravaggio: le persone maleficiate che qui accorrevano, senza bisogno di esorcismo si ritrovavano liberate, o bagnandosi soltanto nell’acqua del Sacro Fonte oppure semplicemente bevendo di quest’acqua benedetta. Non risulta d’altra parte che al Santuario, oltre ai sacerdoti addetti al ministero delle confessioni, vi fossero uno o più sacerdoti designati per un ministero stabile di esorcista.
Nel 1881 tuttavia L’Illustrazione Italiana pubblica una serie di articoli dei medici Camillo Terni e Pietro De Toma, con varie figure e molte immagini, su Gli indemoniati alla Madonna di Caravaggio.
Venendo al Santuario, osservano che in molti casi guarigioni da malattie reali sembrano avvenire anche con la sola invocazione della Beata Vergine di Caravaggio o la sola visita al Santuario per ottenere la grazia, senza necessariamente la mediazione o dell’acqua benedetta o del piccolo pane azzimo o dell’olio della lampada della Madonna. Rimangono dunque attratti, a loro volta dalle guarigioni sbalorditive che appassionano maggiormente l’animo dei devoti, … che hanno reso celebre questo Santuario, (e che)riguardano le malattie del sistema nervoso e la pazzia. Riferiscono senza particolare commento questa notizia: Un caso di afasia istericaguarita miracolosamente nel cantare le litanie innanzi alla cripta della Madonna, e proprio alle parole Sancta Maria, ora pro nobis, levò gran rumore fra i pellegrini accorsi al Santuario nel maggio 1879, e venne divulgato dal sacerdote Monticelli di Bergamo in una corrispondenza a L’Osservatore cattolico (8-9 maggio 1879, n. 106).
E’ bene ricordare che la fede e la Chiesa hanno sempre vegliato e vegliano ad impedire speculazioni e abusi, e che anche al nostro tempo culturalmente evoluto l’industria fiorente del paranormale non è ecclesiastica. Rigide sono le norme che regolano l’autorizzazione del ministero di esorcista e la celebrazione degli esorcismi, come dimostra il Rito degli esorcismi e preghiere per circostanze particolari emanato dalla Conferenza Episcopale Italiana (2001).
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Il più antico ex voto conosciuto
Non è possibile non citare il più antico ex-voto che finora si conosca (fine '400?), e che non si trova in Santuario a Caravaggio ma su una parete della chiesa di sant'Andrea a Melzo. Di grande interesse, oltre alla raffigurazione della Madonna con Giannetta, il fonte "mai visto prima" e il fascio d'erba, la motivazione della "grazia ricevuta" (guarigione da malattia) e la probabile persona del "miracolato": Sancta Maria da la fontana da Caravazo. Essendo una certa persona incorsa in grandissima infirmitate ha auto ricorso a queste piissime devotione e subito Dei gratia è liberata. Il “miracolato” è un personaggio della corte ducale? Sullo sfondo dell’affresco, il castello di Caravaggio con la via che da porta Vicinato si volge 1'una verso il prato Mazzolengo e 1'altra in direzione di Treviglio.
Analoga raffigurazione, con gli stessi elementi iconografici e ambientali, rende altrettanto interessante l’ex-voto che si vede nella cappella della Madonna di Caravaggio nella chiesa della Passione in Milano e che proviene dall’antica edicola che si trovava in Porta Orientale, borgo Monforte. L’affresco è attribuito al Bramantino (Bartolomeo Suardi, 1465-1536 circa).
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La devozione all’immagine
L'irradiazione della notizia dell'Apparizione e del suo messaggio, soprattutto la fama dei "miracoli" deve aver avuto da subito un'estensione molto ampia, oltre che immediata. La conferma viene già dalla relazione fatta a Cremona nel luglio 1432: in grazia dell'Apparizione quelle terre hanno cominciato a brillare e risplendere per i prodigi che avvenivano, e crebbe devozione così grande che a quel luogo affluiscono fedeli da ogni parte cui sia pervenuta la fama di essa.
E non si tratta di esagerazione, come si potrebbe sospettare. Secondo la nota dei "miracoli" e delle "grazie ricevute" ritrovata nel 1603 e contenuta in un "memoriale antico" scritto in lingua latina è già documentatoche i fedeli che accorrono alla fonte miracolosa, fin dal mese di luglio 1432 a tutto il 15 maggio 1433, giungono davvero da ogni parte: città o paesi delle diocesi di Milano, Bergamo, Lodi, Pavia, Mantova, Varese; dal Lago Maggiore e dalla Valtellina; dai territori di Parma, Piacenza e Valnure, Fiorenzuola, Carpi, Reggio, Bologna, Imola; da Novara, Tortona, Vercelli, Torino, Chieri, Saluzzo, Acqui, Valsesia; dalla Savoia e dalle terre di Genova; da Macerata nelle Marche e dall'Abruzzo; e arrivano addirittura numerosi pellegrini dalla Provenza… Giungono o passano uomini d'arme o di corte di Firenze, di Napoli, delle Puglie, dalla Spagna, dalla Germania... e c'è perfino un prete della Polonia. Pochissimi sono segnati dai paesi vicini, e nessuno dei "miracoli" registrati riguarda per quegli anni persone di Caravaggio.
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I fatti straordinari spiegano la spontanea rapidità iniziale dell'afflusso dei malati e dei pellegrini e, a loro volta, favoriscono anche il diffondersi della devozione all'immagine dell'Apparizione specialmente con la costruzione di edicole, cappelle e santuari. Incredibile il numero di raffigurazioni dipinte su muro.
Non c'e regione dell'Italia settentrionale, dal Piemonte alla Liguria, dalla Lombardia alle Venezie, dall'Emilia alla Campania e alla Sicilia in cui la Madonna di Caravaggio non abbia devoti e luoghi di venerazione.
Tra i tanti, per antichità si segnalano Novara (1494, e fors'anche prima durante la permanenza di Marco Secco come podestà e rappresentante del duca di Milano), Chiari (tra il 1500 e il 1600), Napoli (dai primi del '600). A proposito di Napoli è da tener presente che la marchesa di Caravaggio Costanza Colonna, figlia di Marc’Antonio Colonna il vincitore di Lepanto, aveva la sua casa in Napoli a Chiaia. Nel palazzo della sua famiglia in piazza Santi Apostoli a Roma per dieci anni (1592-1602) aveva dimorato come teologo consultore, cappellano di palazzo e assistente spirituale san Giuseppe Calasanzio, pioniere in Europa della scuola popolare e gratuita. Il santo fondatore delle Scuole Pie nel 1627 aprì una sede per il noviziato dei suoi futuri maestri nel rione Caravaggio vicino a Porta Reale in Napoli; dall’anno precedente centinaia di ragazzi avevano cominciato a frequentare la scuola nel rione napoletano della Duchesca e molte erano le richieste per aprirne altre. A Chiaia in casa della marchesa di Caravaggio fu ospite per qualche tempo – bandito da Roma e di ritorno da Malta – anche Michelangelo da Caravaggio: fatti che spiegano, più di altre congetture, perché vi sia un altare dedicato alla Madonna di Caravaggio nella chiesa dei Barnabiti, subentrati agli Scolopi a Napoli, e perché qualcuno abbia attribuito il dipinto dell’Apparizione a Michelangelo Merisi.
La chiesa ora parrocchiale nel quartiere di Napoli Barra, annessa alla villa Pignatelli-Monteleone e ancor oggi parte integrante di essa, risale al duca Ettore Pignatelli che fece edificare un oratorio dedicato alla Beata Vergine di Caravaggio implorando per sé e per i suoi familiari dal Papa Clemente XIII (20 gennaio 1767) un’indulgenza a modo di suffragio ogni volta che fosse celebrata la Messa all’altare della Madonna. La tela settecentesca raffigurante l’Apparizione che si trova sull’altare maggiore è attribuita alla scuola di Francesco Solimena.
… Ultimamente in Gabianeta (Gabbioneta) terra su ‘l Cremonese, scrive Francesco Belluomo nel suo Il Sacro Fonte (Codogno, 1645, p. 186) presso alla riva del fiume Oglio, dove in una capelletta era stata eretta un effigie di lei, che operando diverse gratie miracolose mosse la divotione del popolo, ad ergerle ivi una divota Chiesa, come si fece, sì che pare, si possa rassomigliare in qualche modo alla Madonna principalissima di Loreto, le cui Imagini ancora sogliono essere miracolose.
A Parma nella chiesa di san Vitale si venera un immagine secentesca della Madonna di Caravaggio, voluta dalla duchessa Dorotea Sofia di Neuburg, sposa di Odoardo II Farnese duca di Parma e Piacenza.
La devozione alla Madonna di Caravaggio a Palermo, invece, è relativamente recente (1898).
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Il “velo” della Madonna
Una forma diffusa di devozione all’immagine della Madonna qui apparsa è attestata fin dal 1597 – e quasi sicuramente non si tratta di un inizio – col dono di una preziosa“reliquia del sacro velo” fatto dal vescovo di Novara Carlo Bascapè all’oratorio di san Rocco, sede dei Disciplini di san Giovanni, dove c’è un altare veneratissimo dedicato alla Madonna di Caravaggio. Il “velo” non era altro che una parte delle sottovesti di tessuto pregiato che rivestivano il manichino dell’Apparizione al Sacro Speco, portato o inviato nella casa dei devoti dal Santuario stesso. Sotto l’immagine della Madonna di Caravaggio, alla quale si attaccava un pezzo di stoffa di vario colore, si accompagnava un’attestazione del tipo di questa , rilasciata in data 22 novembre 1752: Attesto io, sottoscritto prefetto della ven.da chiesa di Nostra Signora del Sacro Fonte di Caravaggio, che la Camiscia sigillata ed annessa a questa mia sia stata indosso alla Sacra Statua della Beatissima Vergine, che si venera in questo Augustissimo Santuario. In fede ecc. don Gianbattista Canziani Prefetto.
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L’incoronazione dell’Immagine della Madonna
Due anni durò la preparazione per la solenne coronazione dell’immagine della Madonna apparsa a Giannetta e dei festeggiamenti di circostanza.
Da quando (1708) arrivò da Roma ai Deputati della Schola S. M. la notizia che il Capitolo della Basilica di S. Pietro, esecutore delle volontà testamentarie di Alessandro Sforza, aveva la più bella delle tre corone d’oro destinate ai più celebri santuari della Vergine Maria – e perciò al Santuario di Santa Maria del Fonte – si cominciò, a cura della Schola S. M. con l’aprire le mura del Borgo in dirittura della Basilica, tracciando un tratto di viale di congiungimento alla strada dritta che già portava all’ingresso principale della Chiesa ed edificando una porta monumentale: Porta Nuova.
Per il 1710 si allestiscono addobbi trionfali dentro e fuori la nuova porta con varie iscrizioni latine, inneggianti a Roma, dalla quale veniva la corona, e alla Casa Sforza Visconti del marchesato di Caravaggio.
Le iscrizioni sull’arco trionfale al termine del viale e sopra la porta principale della Basilica esaltano la Vergine Maria coronata e Alessandro VIII Sforza che le aveva destinato il diadema. Anche le porte del tempio vennero addobbate e ornate di simboli e scritte.
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Giovanni Maria Tadino, l’ ”Anonimo barnabita” che scrisse appositamente la cronaca dettagliata dell’avvenimento, annota nella sua Storia dell’origine, progresso e prodigi del Santuario di N. Signora di Caravaggio:
Non si trascurò di rinovare in molti luoghi del Tempio gli stucchi, le indorature, i freggi; si lustrarono i pavimenti, le vetriate, le statue, le mura, i marmi; si provvidero d’ogni convenevole arredo tutti gli altari; si lavorarono tinte in chermisi 3500 braccia di damasco a disegno, esprimente Maria apparita a Giovannetta; stimarono bene di esporre al pubblico la strabondevole quantità di Voti d’argento ed oro, ma con bell’ordine distribuiti in più di cento tavole, e queste in varie tinte vagamente inverniciate, e colorite; ed i gran volti del Tempio a incredibile consumo di sete in colori d’ogni sorta, con tal diligenza, ed artificio così fare li fecero soppannati, che sembravano lavorati a pennello di miniatura.
Tre giorni, 28. 29. 30 settembre, durarono i festeggiamenti.
Il vescovo di Cremona e legato del Pontefice Clemente XI, mons. Carlo Ottaviano Guaschi, giunse il 27 settembre.
Fù egli incontrato a’ confini di Crema da quasi tutta la Signoria del Castello, montata a cavallo, il principale della quale era il signor presidente al Santo Luogo, dell’illustrissima già rinomata famiglia Secca; seguitavano in varie carrozze, oltre lo reverendissimo Padre abbate Cistercense co’ suoi Monaci, altri titolati Sacerdoti, semplici Preti, Secolari, e Regolari il cocchio di Mosignore, cui precedendo la decorosa vanguardia della Cavalleria sudetta, sotto il suono di tutte le campane, così fu introdotto in Caravaggio, e da Caravaggio a dirittura par la gran strada reale fino al Tempio di Nostra Signora servito. Alla porta principale d’esso Tempio la piena residenza di quel Clero, in tutta forma lo accolse, il signor Prefetto a tutta norma lo complimentò, indi successivamente corteggiato al faldistorio, in Cappella maggiore, dove adorò, ivi in tanto a più cori di musica le Litanie con la Salve vi udì, e poscia calatosi nel Santuario disposto a vista del privato levamento della sacra statua di Nostra Signora, che per mano del signor Prefetto, e suoi Ministri si fece per collocarla come in trono sopra ricchissimo alto palco, situato al lato dell’Altar maggiore, vagamente illuminato a più cerei, e lampadi, e lumiere ardenti; con ciò a sera già molto avvanzata terminò Monsignore la giornata prima del futuro arrivo.
La corona, depositata nella chiesa parrocchiale di Caravaggio, fu processionalmente portata al Santuario il giorno 29 settembre, “il più festivo”.
Allora Monsignore chiamato il Notajo e testimoni ordinò che in ogni più giuridica forma si rogasse l’atto del consegnarla, ch’egli faceva per delegazione di Roma a’ signori Presidenti della Chiesa di Nostra Signora di Caravaggio, a nome de’ quali fu ricevuta da quel signor Prefetto, che la ripose sulla Mensa dell’Altar maggiore, espressamente dichiarando, come voleva, che coronato il Capo di essa statua di nostra Signora, vi rimanesse, per sempre, senza arbitrio ad alcuno, o di levarla o di alienerla giammai.
Al termine della Messa pontificale, la cerimonia dell’incoronazione:…Salitovi poscia anche Monsignore illustrissimo in tutta parata vescovile, con l’assistenza di Monsignor Arciprete, ed altri più scelti del Clero, profondamente inchinata la sagratissima statua, genuflesso l’adorò, l’incensò; poi intonato l’inno: Te Matrem Dei laudamus, alla prolazione del quale, ecco s’udì un ripiglio di Paradiso da tutti i cori; ecco tutte le campane toccarono a festa, e più ordini di regolare fila di mortaretti fecero salve vivaci; nel frattanto di ciò, da uno de’ suoi Ministri, ricevuto nelle proprie mani l’augusto diadema, trà li giubili e affetti e tenerezze verso Maria di tutto il gran popolo, che di contentezza piangea, finalmente il prelato arrivò al glorioso preggio di coronarle il Capo.
La statua coronata venne nel sotterraneo antico Santuario riportata dopo i solenni Vespri alla sera del 30 settembre. Il vescovo dappoi che coronatole il capo, col più riverente rispetto supplicò la Sovrana clementissima per l’aggradimento d’una preziosa Crocetta d’oro gemmata che le offerì a ornamento del collo. Un anello di diamanti, arredi, somme di danaro arricchirono per l’occasione il “tesoro della Madonna”.
Ad ammirare e festeggiare la Madonna incoronata tanto v’intervenne di popolo, da fecondarne un intero Stato, e tanto pur anco di nobiltà da formarne la corte d’un gran Re.
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Altre forme di devozione
La prima forma di devozione che si è venuta sviluppando è il pellegrinaggio individuate e collettivo al luogo dell'Apparizione o in ogni luogo dove l’immagine della Madonna di Caravaggio è particolarmente venerata; il gesto più significativo della visita al Santuario è stato per secoli il "lavarsi alla fontana". Non si deve dimenticare che il riportare alle proprie case l’acqua o i pani benedetti (i famosi "michini" impastati azzimi con l’acqua del Sacro Fonte) è pure l’equivalente del contatto fisico e spirituale con l’acqua sgorgata là dove la Vergine apparsa lasciò le impronte della sua presenza, e come una continuazione dell’incontro straordinario avvenuto “nel luogo dove posarono i suoi piedi”.
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La riconoscenza
Bisognerà un giorno fare anche tutta la storia della diffusione di dipinti, statue, ma soprattutto stampe raffiguranti 1'Apparizione, il Santuario e le principali “legende” delle più famose grazie ricevute.
La narrazione di esse è sempre stata consegnata agli ex-voto, siano essi la rappresentazione figurativa dell’evento “miracoloso” con solo la sua data o una essenziale memoria o ancor più sovente un cuore o un simbolo che esprimono la riconoscenza che non dimentica.
Delle migliaia e migliaia dei ricordi di “grazie ricevute” pochissimi si sono conservati, e forse nemmeno i più significativi o più attraenti dal punto di vista artistico. Un tempo la Basilica ne era ripiena; oggi c’è un’esposizione di qualche migliaio fra quadri e cuori, alcuni dei quali hanno molto più di cento anni; tanti quadri e resti di protesi necessarie nel tempo dell’infermità offerti dopo la guarigione si trovavano sopra i cornicioni dei portici. Innumerevoli ne restano ancora nei depositi del Santuario, e ad essi vanno continuamente ad aggiungersi quelli che vengono portati quasi quotidianamente.
Continuamente non cessano di essere elargite da Nostra Signora della “fontana dei miracoli” le grazie straordinarie, senza dimenticare che ogni giorno qui si ottiene, spesso in modi imprevisti e imprevedibili, “la grazia delle grazie”, che è la conversione del cuore e la rinascita a vita cristiana nuova o quella della perseveranza sulla via della santità evangelica.
Nell’Ottocento, ad esempio, si pensò di pubblicare a stampa e con cadenza quasi annuale dal 1881 al 1898, una serie di “grazie ottenute recentemente dalla Madonna Santissima di Caravaggio”.
L’edizione della rivista Il Santuario di Caravaggio a partire dall’anno 1897 rese meno necessaria la pubblicazione di quel tipo di raccolta-memoria, perché la rivista stessa per molti decenni continuò ad ospitare e segnalare le “grazie ottenute” proprio sulle sue pagine. Da molti anni però la rivista del Santuario non riporta più notizie di “grazia ricevuta”, non perché la Madonna non faccia più “grazie” ma – verrebbe da pensare – per una specie di “discrezione religiosa”; non certo perché non si conoscano attraverso tanti scritti spontanei e fotografie lasciate incessantemente dai pellegrini, grandi e piccoli, o mandate al Santuario sia le invocazioni di aiuto e protezione rivolte alla Vergine sia le espressioni della più riconoscente gratitudine.
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La pietà
Un cenno solo alle confraternite di santa Maria della fontana che, oltre a quella preesistente di santa Maria "succurre miseris" in Caravaggio - divenuta con l'Apparizione la Schola di santa Maria "della fontana" - sono sorte in epoca diversa a Lodi (nella chiesa dei barnabiti), a Chiavari (1726), a Milano nella chiesa di santa Maria della Passione, a san Giovanni diGalilea (diocesi di Forlì).
Durante 1'episcopato di monsignor Geremia Bonomelli nel Santuario di Caravaggio si volle erigere una Congregazione in onore di Maria Santissima ("Confraternita della Madonna Santissima di Caravaggio"), i cui statuti vennero esaminati e approvati dal vescovo nell'anno 1888. Il Papa Leone XIII le attribuì il grado di “arciconfraternita” e arricchì di indulgenze l’appartenenza ad essa. Non risulta che questa confraternita abbia avuto vita vigorosa. Il vescovo monsignor Giovanni Cazzani in un certo senso la fece rinascere istituendo la Pia Unione della Beata Vergine di Caravaggio.
Non è pensabile che, in corrispondenza alle attuali esigenze dei tempi, anche questa espressione della devozione alla Madonna di Caravaggio possa rifiorire?
Dal 1906 viene diffuso un Manuale di pietà pei divoti della Madonna Santissima di Caravaggio, più volte ristampato anche con diverso titolo fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. E’ una “raccolta di preghiere” con l’unico intento di “promuovere il culto e la divozione della Madonna SS. di Caravaggio e … giovare alla pietà dei divoti visitatori del Santuario”. Non un libro nuovo, ma una raccolta delle preghiere recitate comunemente da ogni cristiano e, soprattutto di quelle care alla preghiera personale dei devoti alla Madonna di Caravaggio per ogni giorno della settimana, durante la visita o pellegrinaggio al Santuario, nell’ ”Ora di Maria”, e infine con il Rito per la benedizione del pane fatta coll’acqua del Sacro Fonte, che si distribuisce ai fedeli.
In precedenza, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, una raccolta di poesie con musica era stata pubblicata quale Tributo a Maria Santissima di Caravaggio per cura del sacerdote Benedetto Andreola.
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Grandi pellegrini pellegrinaggi e feste
18 settembre 1838
Visita dell’Imperatore d’Austria, Ferdinando I, con la consorte Maria Anna Carolina: sostano in preghiera al Santuario, acclamati da tutto il popolo. A memoria “dell’onore che S. Maestà si è degnata di rendere a quel Santuario coll’averlo divotamente visitato ed essersi poscia degnato di prendere conforto di cibo in una sala contigua” l’Amministrazione progetta una lapide e l’iscrizione da farsi incidere e riporre nel luogo designato. “Rifusa in miglior forma per cura dell’I. R. Epigrafista aulico” verrà collocata in Santuario a lato dell’ingresso della sagrestia maggiore.
25 giugno 1879
Pellegrinaggio dei parroci e coadiutori della Lombardia e di altre Regioni italiane “per firmare una protesta contro il progetto di legge sulla obbligatorietà della precedenza del contratto civile al matrimonio religioso”. Durante la giornata furono raccolte 634 firme e adesioni. Durante la Messa solenne in Santuario tenne un’infuocata omelia il giovane parroco di Castelletto di Novara, sacerdote Achille Ruffoni; durante il pranzo si fece una colletta per le vittime delle recenti inondazioni.
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Non si poté tenere l’adunanza in san Bernardino a Caravaggio perché l’amministrazione dell’ospedale civile negò all’ultimo momento l’accesso ai convegnisti, ai quali- ritornati in Santuario – parlò il dott. Luigi Nicora di Milano, illustrando la “petizione-protesta” da presentarsi al Senato contro l’interdizione dell’insegnamento religioso nelle scuole elementari (legge Taiani), e dando istruzioni adeguate circa le difficoltà a tenere processioni religiose. Il convegno siconcluse col Rosario al Sacro Speco davanti alla Madonna.
Sempre nel 1879 cinquantamila persone, guidate dai Vescovi lombardi, vennero pellegrini al Santuario per implorare dalla Vergine che il progetto di legge sul divorzio non passasse nella legislazione italiana.
1910
Festeggiamenti per il secondo centenario dell’Incoronazione della statua della Madonna dell’Apparizione: durarono tre giorni, 27, 28, 29 settembre, con la partecipazione di tutti i Vescovi della Lombardia, a capo dei quali l’arcivescovo di Milano card. Andrea Ferrari e il vescovo di Cremona mons. Geremia Bonimelli con il suo ausiliare. La celebrazione delle Messe fu accompagnata dalla Schola Cantorum del Seminario di Cremona, dalla Cappella del Duomo di Milano, dalla Cappella di Santa Maria Maggiore di Bergamo (direttori F. Caudana, S. Gallotti, A. Donini). Nel pomeriggio del 27 tenne un ammirevole concerto il famoso maestro Marco Enrico Bossi; a sera un altro concerto a due organi fu eseguito dall’organista del Duomo di Milano m. Cattaneo e dal caravaggino prof. Giuseppe Zelioli, organista di Lecco. Naturalmente non mancarono spettacolari fuochi d’artificio e concerti di corpi bandistici sul piazzale. Per la circostanza si edificò il nuovo obelisco marmoreo che ricorda il furto sacrilego “miracolosamente” smascherato nell’anno 1450.
Dal 1908 al 1928
Durante questi anni,don Luigi Orione, canonizzato il 16 maggio 2004 da Giovanni Paolo II, organizza e anima pellegrinaggi della sua diocesi di Tortona al Santuario di Caravaggio, impressionanti per il numero di partecipanti e per la fervorosa devozione del loro svolgimento.
Negli anni 1908-1914 arriveranno anche con treni speciali quasi diecimila persone. Il 26-27 maggio del 1911 don Orione era giunto dalla Sicilia da vicario generale della diocesi di Messina, dove il Papa san Pio X l’aveva inviato in seguito al terribile terremoto che aveva quasi distrutto la città. Dopo la lunga pausa durante la prima guerra mondiale del 1914-1918 e l’interruzione nei tristissimi anni del dopoguerra, nel 1928 don Orione riprende a organizzare treni speciali per i suoi pellegrinaggi al Santuario. Vi condurrà ancora circa 2500 persone.
Quasi sempre i pellegrinaggi avvenivano nei giorni dell’Apparizione, e spesso erano presieduti dal vescovo di Tortona accompagnato da un buon numero dei suoi presbiteri. Suscita ammirazione il fatto che la maggior parte dei pellegrini sono uomini, che pregano e cantano guidati dai loro sacerdoti in processione lungo il viale, e ascoltano le loro meditazioni in chiesa come in un ritiro spirituale. Passano la notte vegliando e dormendo in qualche modo sotto i portici del Santuario se non ci sono posti negli alberghi. Il giorno della partenza si celebra l’Eucarestia e si fa la Comunione generale alle ore 4 del mattino prima di riprendere il treno alle 6.30. Nel 1913 i pellegrini vedono prodigiosamente guarito un fanciullo paralitico. La “Cronaca” della rivista Il Santuario di Caravaggio (1913, p. 221) così riferisce l’avvenimento: il fanciullo non poteva reggersi e da anni era portato dai suoi genitori. Qui disse a chi lo portava: “Lasciatemi andare, perché voglio camminare anch’io”; e camminò, e cammina ancora.
Per la sua grande devozione alla Madonna di Caravaggio don Orione farà edificare a Fumo (Comune di Corvino san Quirico, Pavia) un imponente Santuario a Lei dedicato, mettendo al lavoro con le maestranze edili anche i suoi futuri “sacerdoti della Divina Provvidenza”. Avrà la gioia di vederlo benedetto dal vescovo mons. Egisto Melchiorri e aperto al culto il 26 maggio 1939, a un anno esatto dall’inizio dei lavori. Don Luigi Orione morì quasi improvvisamente il 12 marzo 1940.
Il 25 maggio 1940 dal successore don Sterpi viene benedetto davanti alla Chiesa di Santa Maria del Fonte in Caravaggio il gruppo ligneo (scuola Moroder di Ortisei) che raffigura l’Apparizione, prima della partenza per il nuovo Santuario di Fumo, dove verrà collocato durante la festività del 26 maggio. L’immagine della Comparsa è incoronata in forma solennissima il 26 maggio 1954, Anno mariano.
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L’azione muliebre
L’azione muliebre, periodico mensile dell’ala “moderata” del femminismo cattolico, pubblicato a Milano e diretto da Elena da Persico, solennizza il decennio della fondazione della rivista portando “il cuore votivo ai piedi di Maria, venerata al Santuario di Caravaggio”. Elena da Persico vi lascia un cuore d’argento “la cui teca raccoglieva tutti i nomi a noi cari” delle scrittrici, abbonate, sostenitori; dal Santuario invia un telegramma a Sua Santità Pio X, che fa rispondere dal Segretario di Stato Merry del Val. Alla risposta del Sommo Pontefice si aggiunge quella dell’arcivescovo di Milano, cardinale Andrea Ferrari. Un ampio resoconto del pellegrinaggio fu stampato sulla rivista Il Santuario di Caravaggio nel maggio 1911.
Elena da Persico ritorna ancora pellegrina in Santuario – dove fin dal 1910 e per altri dieci anni si fece voto di far celebrare nel mese di maggio una Messa in occasione della giornata de L’azione muliebre – nel 1932 V centenario dell’Apparizione, con una rappresentanza della rivista e alcune abbonate: per riprendere “con più lena il cammino, segnatoci dalle lezioni apprese a Caravaggio”.
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Erano gli anni Venti e Trenta del 1900
“Tra le difficoltà che gli creano i bolscevichi e gli agrari da una parte e i fascisti dall’altra, il Vescovo (di Cremona, Giovanni Cazzani), forte e sereno e abituato a guardare le cose dall’alto, promuove pellegrinaggi di giovani al Santuario di Caravaggio, e i giovani rispondono a migliaia; e non solo i giovani, ma il forte della popolazione. La quale sa che il pulpito del Vescovo è il pulpito della verità, e ha imparato a conoscere la voce e quel timbro e quell’accento.” (Cesare Angelini, Ritratto di Vescovo, mons. Giovanni Cazzani, Pavia 1969).
Dagli anni Quaranta, grazie alla venerazione per il vescovo di Cremona e soprattutto alla devozione del cardinale Schuster e dei vescovi lombardi alla Madonna di Caravaggio, si tiene periodicamente la Conferenza Episcopale Lombarda. Cardinale e vescovi ritorneranno ogni anno per la loro Conferenza fino al 1953, anno della morte dell’arcivescovo Cazzani.
Altri convegni dell’Azione Cattolica lombarda o diocesana vedono convenire negli anni Quaranta-Cinquanta del dopo guerra ragazzi, giovani, uomini e donne a migliaia guidati dai dirigenti nazionali, regionali, diocesani e dai loro assistenti ecclesiastici.
Dagli anni Settanta inizia il ritiro del Venerdì Santo e la Via Crucis degli studenti (mattino e pomeriggio) e degli adulti di Comunione e Liberazione (con fiaccolata, alla sera).
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L’Anno mariano 1988
Il cardinale Carlo Maria Martini convoca i giovani della sua arcidiocesi in pellegrinaggio al Santuario.
In Porta Nuova a Caravaggio parla ai giovani, che percorreranno processionalmente il viale, l’on. Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana. Giunti sul piazzale antistante il Santuario, dov’è allestito un grande palco, i giovani sostano per cinque momenti di riflessione: rendimento di grazie, lo sguardo a Maria, la chiamata, la logica del Regno, la fedeltà di Dio. Dopo la testimonianza del fedele laico Scalfaro, quella di don Luigi Giussani di Comunione e Liberazione. Concludendo l’omelia della Concelebrazione eucaristica il cardinale Martini rivolge direttamente a Maria le sue intenzioni e pensieri sull’Europa, sulla Russia (era il “Millennio della Rus’”) e sul mondo.
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Ricordando infine i dieci anni dalla morte del Papa Paolo VI, i vent’anni della enciclica Populorum progressio e la recente enciclica Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, l’arcivescovo di Milano prega la Madonna di suscitare un autentico volontariato dello sviluppo dei popoli, fondato sui desideri e propositi di pace e sui sentimenti di dono e servizio caratteristici dei giovani.
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Il messaggio di Maria e le celebrazioni del Santuario
Il messaggio che Maria ha consegnato a Giannetta la sera di lunedì 26 maggio 1432 viene riproposto ai pellegrini anche attraverso le celebrazioni che, ogni venerdì e sabato dell’anno, si svolgono nei luoghi più cari alla devozione popolare, cioè il fonte e lo speco.
Ogni venerdì la Messa delle ore 16 ha inizio al fonte con un atto penitenziale in cui i presenti possono sperimentare ancora la grandezza della misericordia di Dio, il quale non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. Poi il sacerdote che presiede depone nel luogo dell’apparizione un ramo fiorito (portato di volta in volta dai pellegrini) dicendo: “La Vergine Maria per noi implori ancora misericordia dal suo Figlio Gesù, perché dove c’è incredulità fiorisca la fede, dove c’è disperazione fiorisca la speranza, dove c’è egoismo fiorisca la carità”; il gesto trae spunto dal ramo fiorito che tradizionalmente è collocato tra Maria e Giannetta nella scena dell’apparizione. Quindi i presenti si segnano con l’acqua del fonte e, processionalmente, si avviano al santuario dove la Messa prosegue con la liturgia della Parola e la liturgia Eucaristica.
Ricordando la volontà di Maria: “voglio che… digiunino a pane ed acqua ogni venerdì in onore del mio Figlio”, si propone ai presenti di sospendere la cena e versarne il corrispettivo per opere di carità; a tale scopo due cassette, delle varie collocate in santuario, sono riservate alle offerte dei pellegrini per opere di carità indicate di volta in volta dalla direzione pastorale del santuario.
Ogni sabato, dopo la Messa festiva delle ore 16, ci si porta allo speco cantando l’inno “Venite, preghiamo, o popol fedel” e si recita il Rosario. Ogni decina è preceduta da un’intenzione: la 1° invita a pregare per il Papa e la Chiesa universale, la 2° per il Vescovo e la Chiesa cremonese, la 3° per le persone che soffrono, la 4° per i pellegrini al santuario, la 5° per le comunità “figlie” del santuario sparse nel mondo (se ne ricorda una per sabato). Segue il canto gioioso delle Litanie o del Magnificat.
In tempo di Quaresima la preghiera del Rosario è sostituita dalla “Via Matris”, pio esercizio che contempla la B. V. Maria associata alla passione di Cristo.
Le due celebrazioni sono occasioni senz’altro utili ai pellegrini in santuario, sia per riscoprire il messaggio rivolto da Maria a Giannetta, sia per dare frutti di conversione e di sincera gratitudine.
Dal V centenario alla visita del Papa
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Sessant'anni fra cronaca e storia, nei quali tuttavia si stenta a definire minore la cronaca che intesse la vita del Santuario, che non è mai ordinaria, per riservare alla storia soltanto alcuni degli avvenimenti che hanno segnato questi sei decenni.
La rassegna che seguirà subisce fatalmente due rischi: quello di omettere, perché per forza di cose deve selezionarli, dei fatti significativi, e di non ricordare tutte le persone che hanno lasciato un segno profondo pur se discreto; quello di non poter esprimere la storia interiore e segreta di tante anime che hanno attinto alla sorgente della salvezza che fluisce perenne in questo luogo fin dal lontano 26 maggio 1432. Come, per esempio, sottolinea Stefano Zurlo, giornalista, nel capitolo dedicato a “Caravaggio di Lombardia” nella sua Inchiesta sulla devozione popolare indicando questo come il luogo “dove il Nordovest scettico dà del tu a Maria”.
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Le feste centenarie
La rassegna comincia naturalmente da là dove si era arrestata la narrazione di Giovanni Castelli (Il Sacro Fonte di Caravaggio, 1932): la celebrazione del quinto centenario dell'Apparizione, una serie di avvenimenti straordinari per la storia del Santuario.
Se ne ha la riprova scorrendo la rivista II Santuario di Caravaggio e il numero unico pubblicato dalla comunità locale Caravaggio alla sua Madonna nel settembre 1932, alla vigilia delle solennità aperte il 26 di maggio per concludersi il 29 settembre alla presenza del Legato e della Missione pontificia, e l'intervento - insieme con il vescovo di Cremona - di una corona di vescovi e il concorso di folle senza numero. Momento culminante delle celebrazioni religiose è l'incoronazione della nuova immagine dell'Apparizione.
Ma il centenario si caratterizzerà nel futuro per un fatto di portata storica: il passaggio (21 luglio 1932), dopo cinque secoli di autonomia amministrativa laicale, alla libera gestione amministrativa ecclesiastica nello spirito e nella lettera (articolo 27) dei Patti lateranensi.
Gli artefici del passaggio, che non mancò di suscitare qualche reazione, sono stati l’on. Tobia Ceserani, ultimo rappresentante della gloriosa Schola S.M., nella sua duplice qualità di presidente e podestà di Caravaggio; mons. Giovanni Cazzani, successore del primo vescovo di Cremona che riconobbe la veridicità dell'Apparizione autorizzando l’edificazione della chiesa e dell'ospedale di Santa Maria della Fontana.
In alcune cappelle della basilica furono eseguite pitture da Ambrogio Bolgiani, Gaetano Cresseri, Giuseppe Trainini e dal caravaggino Ferruccio Baruffi, per abbellirle ulteriormente e completarne il decoro.
L'anno centenario è l'anno della stampa dell'opera di Giovanni Castelli e della pubblicazione dell'altrettanto rigorosa monografia storica di Angelo Zavaglio (Crema, Buona Stampa): opere che finalmente danno soddisfazione a chi ricerca prove sicure, sia pure umane, di un evento operato dall’Alto.
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Di grande richiamo popolare fu pure la produzione del film ideato dal regista Giovanni Pettine di Isernia (Gian d'Isernia), La Madonna di Caravaggio, pellicola poi negletta perché superata dall'avvento della cinematografia sonora. Non se ne perse il ricordo, ma se ne persero le tracce. Solo negli anni 1989-90, grazie alle tenaci ricerche del rettore del Santuario mons. Vittorio Formento, il materiale poté essere recuperato presso i familiari del regista, restaurato e restituito alla visione, integrata con le musiche d'accompagnamento incise sui dischi dell'epoca. Il film, una piacevole presentazione della vicenda dell’Apparizione su una trama fedele ai canoni della tradizione nella prima parte, è impreziosito nella seconda parte da un documentario delle solennità conclusive del centenario. Tra le personalità si nota anche mons. Angelo Roncalli, allora nunzio apostolico, particolarmente devoto della Madonna di Caravaggio, il futuro beato papa Giovanni XXIII e il beato Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano.
Era forse la prima volta che la storia di un'Apparizione diventava soggetto di un film e che la documentazione intera di un fatto di cronaca celebrativa religiosa si traduceva in un saggio cinematografico professionale.
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Patrona della diocesi di Cremona
L’anno 1962 costituisce un altro momento storico per il Santuario: la Vergine di Caravaggio, unitamente a sant'Omobono, è proclamata patrona della Chiesa cremonese dal vescovo Danio Bolognini.
Approvando il messale e la liturgia delle ore secondo il calendario proprio della Chiesa di Cremona, la Congregazione per il culto divino ne darà successiva riconferma nel 1987, arricchendo la liturgia eucaristica anche con i testi di una nuova Messa votiva in occasione dell'Anno mariano straordinario.
Ritornando al 1962, non si può non ricordare la giornata culminante della fase di preparazione al Concilio ecumenico Vaticano II, qui vissuta nell'incontro vigiliare di preghiera dei presbiteri della Lombardia insieme con tutti i vescovi della regione, presieduto dall'arcivescovo metropolita Giovanni Battista Montini (poi papa del Concilio, Paolo VI). |
Il 550° anniversario dell'Apparizione
1982. Fu un anno vissuto intensamente, quasi suggello della felice ripresa della frequentazione del Santuario che si stava intensificando progressivamente dopo la stasi post-conciliare.
Anno mariano straordinario per la diocesi di Cremona.
La rivista del Santuario, a cura del comitato diocesano, ne promosse l’animazione teologico-spirituale e pastorale con una serie di inserti speciali raccolti poi insieme.
Fiorì, pure, in quell'anno un altro Santuario di Caravaggio, in terra d'Africa a Tabaka (regione del Kisij, in Kenya), nella missione particolarmente cara ai cristiani della diocesi di Cremona per la presenza ventennale delle suore della Beata Vergine in ambito scolastico, e per l'opera dell'ospedale sostenuto fin dalla fondazione dalla carità cremonese, dedicato alla memoria del medico missionario Mario Marini, morto proprio in terra d’Africa dove si era recato per poterlo dirigere.
Dopo le scuole e l'ospedale, la chiesa: voluta anche questa dalla generosa carità cremonese nel 1982, dedicata a Nostra Signora di Caravaggio, progettata dagli architetti caravaggini Paolo e Salvatore Ziglioli.
Si tratta di una struttura mista di materiali prefabbricati in Italia, per essere montati in luogo da maestranze specializzate dirette da tecnici caravaggini, e di pietra locale lavorata e posata da operai africani della zona. Così concepita, la chiesa-santuario ha potuto essere ultimata in tempi rapidissimi: l'11 febbraio 1985 vi si poteva già celebrare l'Eucarestia.
Nella chiesa, dotata anche di un piano terra per opere parrocchiali, vi è la cappella dove è venerata l’immagine della Vergine apparsa a Giannetta: un'opera d'intensa ispirazione artistica realizzata in marmo rosa del Portogallo dallo scultore Mario Toffetti.
Serve una cristianità di oltre ventimila cattolici e attualmente ha come parroco un sacerdote diocesano del Kisij. Grande, il concorso dei cristiani della regione alla festività dell’Apparizione il 26 maggio.
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La visita del Papa
Certo, uno dei più grandi avvenimenti della storia plurisecolare del Santuario si è realizzato con la visita di Papa Giovanni Paolo II il 19-20-21 giugno 1992.
Il desiderio della venuta del Santo Padre tra noi, coltivato fin dal 1982 per il 550° anniversario dell'Apparizione, finalmente si compie.
Il Papa incontra qui la sera del venerdì 19 giugno la popolazione di Caravaggio e dei dintorni sotto una pioggia torrenziale, che tuttavia non smorza l’entusiasmo della folla; la sera di sabato 20 giugno,i giovani delle diocesi lombarde, specialmente quelle da lui visitate in quei giorni (Cremona, Crema e Lodi).
Una grande veglia , durante la quale cinquantamila giovani confidano al Papa con segni (l’acqua, il fuoco, la croce), parole e danze gli interrogativi ineludibili sul senso del dolore, della morte, dell’amore e della vita propri di ogni esistenza umanae particolarmente cruciali in questo tempo bisognoso di una nuova cultura della vita, il Papa affida ai giovani la missione di annunziare il Vangelo con tutta la vita. Li incita a non avere paura di difendere la vita e tutta la vita, e a “gridare che la vita è un dono meraviglioso di Dio. …che la vita segnata dalla croce e dalla sofferenza merita ancor più attenzione, cura e tenerezza”. E queste, le consegne: coltivate una profonda interiorità; imparate la sapienza della croce; lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. “Ecco la vera giovinezza”, conclude il Papa: “E’ fuoco che separa le scorie del male dalla bellezza e dalla dignità delle cose e delle persone; è fuoco che riscalda di entusiasmo l’aridità del mondo; è fuoco d’amore che infonde fiducia e invita alla gioia”.
La mattina di domenica 21 giugno il Santo Padre celebra l'Eucarestia del Corpus Domini sul piazzale del Santuario.
Giovanni Paolo II è venuto da Papa e durante la celebrazione dell'Eucarestia del Corpus Domini compirà un altro evento storico al Santuario: la beatificazione del sacerdote Francesco Spinelli, fondatore della congregazione delle Suore Adoratrici del SS. Sacramento.
Più volte Francesco Spinelli, e nelle circostanze liete ma soprattutto in quelle tristi della sua vita tribolata, venne a celebrare e a pregare pellegrino al Santuario di Caravaggio. Il 7 giugno 1883; 6 settembre 1889; 30 novembre 1893; 31 luglio 1895: sono le date delle sue celebrazioni eucaristiche attestate dai registri del Santuario.
Abbiamo anche l'ampia traccia del discorso conclusivo da lui tenuto come predicatore della quaresima 1890 in parrocchia a Caravaggio, predicazione che secondo la tradizione caravaggina termina il lunedì dell'Angelo in Santuario. La comunità di Caravaggio apre con il proprio pellegrinaggio la stagione dei pellegrinaggi che successivamente verranno da ogni parte e depone ai piedi della Madonna, attraverso la parola del predicatore della quaresima, gli impegni del pasquale cammino di vita nuova. Francesco Spinelli non celebrò quel giorno l'Eucarestia ma predicò al popolo cristiano di Caravaggio: "in te ha fatto grandi cose il Dio delle meraviglie".
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Quando Francesco Spinelli morì, la rivista Il Santuario di Caravaggio così ne diede la notizia nel febbraio 1913: "E’ morto un Santo! Questa l'esclamazione spontanea uscita nell'ora funebre da tante anime che ebbero la ventura di conoscere ed apprezzare D. Francesco Spinelli. E’ morto un Santo!, è il caso di ripetere: Vox populi, vox Dei. D. Francesco Spinelli è davvero un Santo".
Fu una profezia. La voce del popolo è confermata dal Vicario di Cristo in terra con la beatificazione del 21 giugno 1992. Ma chi avrebbe pensato che proprio al Santuario di Caravaggio si sarebbe adempiuta con il solenne giudizio decisivo della Chiesa?Uno stuolo di altri santi, passati dal Santuario nei secoli scorsi e negli anni più vicini a noi come Francesco Spinelli, avrà fatto corona a lui e a Giovanni Paolo II nella celebrazione del 21 giugno. Ecco: Giacinto Bianchi, Andrea Carlo Ferrari, Vincenzo Grossi, Luigi Guanella, Giovanni Calabria, Giuseppe Nascimbeni, Luigi Orione, Ildefonso Schuster, Angelo Giuseppe Roncalli, Francesca Cabrini, Maddalena di Canossa, Caterina Cittadini…
E insieme con loro anche la schiera dei servi di Dio, sacerdoti, religiose e religiosi, donne e uomini laici per i quali la Chiesa sta svolgendo la sua opera di discernimento in vista della proclamazione della loro santità esemplare: Antonio Rosmini, Elena da Persico, don Carlo Gnocchi, Giuseppe Lazzati, Giorgio La Pira…
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I giorni dell’esperienza evangelica
Uno splendido libro ricorda e documenta l’eccezionalità della visita di Papa Giovanni Paolo II, con la magnifica suggestione delle immagini fotografiche di Pepi e Luca Merisio, il commento e i testi integrali delle parole del Papa. Presentandolo, il rettore monsignor Vittorio Formento così rivive e fa rivivere – come da dentro l’anima – la grazia di un evento che ha segnato la storia del Santuario:
“Quei giorni, del tutto privi di folklore, al Santuario c’era la gioia di tutte le età insieme, di tutte le condizioni, riunite e festose, nella grande piazza, strette attorno al Buon Pastore venuto da lontano che, però, sentivi così vicino, nella sua missione e nel suo magistero, alla realtà più vera dell’uomo e ai suoi problemi più urgenti”.
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“Se tento, comunque di rileggere, alla luce di questi giorni, l’impressione che l’imponente e composta folla ha suscitato nel mio animo, devo confessare che quelle moltitudini di giovani, di uomini e donne, di ammalati, di religiosi, di umili e potenti che nel grande piazzale circondavano l’Altare papale, hanno vissuto momenti sacri con un cuor solo, non distrattamente, ma attentamente, non superficialmente, ma intensamente. Nel grande spazio la commozione e il silenzio permettevano di far sentire persino il canto degli uccelli. Veramente ci circondava una grande serenità di natura e di grazia palpitante sul volto di tutti, quasi a cancellare la stanchezza delle ore di attesa o le rughe della faticosa esperienza di ogni giorno”.
“E vicino al Papa? Ho vissuto tre giorni, benché incompleti, perché interrotti dalle sue Visite Pastorali a Crema, Lodi e Cremona.
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Pur in mezzo ad avvenimenti eccezionali, a manifestazioni imponenti di fede e alla gioia di quanto avveniva attorno al Papa, non riesce affatto difficile cogliere la vera sostanza. I più bei doni che questo Pontefice pone in ogni cuore, ovunque vada la sua preghiera e il suo sguardo. Mi ha colpito il suo modo di pregare. Anche quando il cerimoniale esigeva una certa puntualità. Lui, con serena calma, si inginocchiava davanti al Santissimo. Nel silenzio del nostro bel Santuario, la preghiera della prima sera, protratta assai a lungo, davanti all’immagine della Madonna, adagio adagio, andava creando nei pochi e fortunati presenti il fascino del misterioso”Totus tuus”, del figlio desideroso che aveva aspettato quel momento davanti alla Madre”.
“E la mattina seguente accadde l’inaspettata iniziativa del Papa di celebrare la prima Messa nella nuova Cappella del Centro di Spiritualità con il vescovo e i sacerdoti del Santuario. Portiamo ancora nel cuore quella celebrazione come il segno più vivo, prezioso, palpitante dell’amore che unisce il Papa all’Eucarestia. Un’ora di colloquio orante con Dio, come fanno i santi”.
“E poi voglio dire del suo sguardo, significativo, lungo, penetrante. Pareva che ti guardasse il cuore più che il volto. Sì, al Papa interessa, soprattutto, il cuore dell’uomo. Era venuto nella nostra terra non da viaggiatore o da turista, ma come instancabile messaggero della conversione del cuore. In nessun momento voleva perdere il contatto con il cuore dell’uomo, fosse anche quello di un bimbo di pochi anni. Pareva a noi che con il suo sguardo ci accogliesse nel suo cuore per quell’istante che noi sentiamo moltiplicarsi nei nostri giorni, mentre la sapienza del tempo va svelandoci sempre più la forza spirituale di questo Papa”.
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Opere e giorni
L’ospizio dei pellegrini
Nell’immediata vigilia della seconda guerra mondiale il Santuario viene finalmente dotato, su progetto dell'ing. Alessandro Scaglia di Cremona, di ampi locali per accogliere i pellegrinaggi di ammalati, per offrire un luogo di riposo e di ristoro a chi giunge qui pellegrino, e per un pronto soccorso: non più, dunque, ricovero sotto i portici e nei fienili dei vicini cascinali o soste nelle insufficienti attrezzature ricettive che per secoli avevano fatto l'aura paesana e creato il folklore campagnolo del Santuario di Caravaggio.
Nel cortile interno, quasi chiostro ideale, sorse un'edicola con il gruppo marmoreo dell'Apparizione (opera giovanile dello scultore Pietro Ferraroni, Cremona) per celebrazioni all'aperto. La consacrazione dell'altare avvenne il 13 ottobre 1940 alla presenza di 500 malati accompagnati in pellegrinaggio dall'Unitalsi.
Si era ormai in guerra. E in tempo di guerra, come già durante il primo conflitto mondiale, il Santuario è più che mai centro di preghiera e di speranza. Fotografie di militari al fronte, lettere (ancora custodite), ex-voto di scampati alla morte e alla prigionia inondano il Santuario, dove non vengono risparmiate né l'esperienza dell'occupazione militare né l’ospitalità per perseguitati politici o per militanti nella resistenza.
L'ospizio si rivelò ambiente ideale anche per convegni dell'Azione cattolica, per ritiri operai, per corsi di esercizi spirituali, attività per le quali venne usufruito fino agli anni Sessanta.
Divenne dal 1943 sede abituale della Conferenza episcopale lombarda.
Con l'animazione del rettore monsignor Alberto Bianchi nel settembre 1947 vi si tenne il Convegno dei rettori dei Santuari mariani d'Italia, provenienti dalla Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, dal Divino Amore di Roma e dalla Santa Casa di Loreto, dall'Umbria e dalla Toscana.
Si era agli inizi dell'associazione che vedrà impegnati i rettori nel promuovere l’attuale rinnovamento della pastorale nei Santuari mariani, specie con i convegni nazionali organizzati dal Collegamento mariano nazionale.
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Il sacro fonte
Nuove opere d'arte vengono realizzate durante gli anni 1950-52 nell'ambito del Sacro Fonte: il cuore del Santuario, lo spazio sacro dove la Vergine Maria apparve a Giannetta, là dove è scaturita la sorgente delle grazie.
Non aveva mai avuto una valorizzazione se non funzionale, come duplice piscina di guarigione e di purificazione per gli uomini e per le donne. Dismessa la pratica del "lavarsi devotamente nella fontana", era ancora un ambiente di passaggio devoto ma anche troppo poco decoroso.
Attualmente i mosaici del pittore Mario Busini e i marmi di Pietro Ferraroni, cremonesi, gli conferiscono una bellezza suggestiva, creando uno spazio di raccoglimento meditativo sull'evento che qui si è compiuto (la Madonnina, la fonte d'acqua) e di memoria con alcune testimonianze più emotivamente impressionanti di "grazie ricevute" (la “ghigliottina”, il catenaccio spezzato); spazio al centro del quale sta il “cuore”, che è il luogo stesso dell’Apparizione, da dove ancora sgorga l’acqua miracolosa.
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I Restauri
In vista del 550° anniversario venne maturando l’idea di un restauro "radicale" dell'esterno dell'edificio della Basilica. Di fatto, alla fine degli anni Settanta urgenze pratiche (umidità, intonaco) e motivazioni estetiche consigliarono la direzione del Santuario, in accordo con la Soprintendenza ai monumenti, di togliere dai muri il "giallo di Milano" che appiattiva il ritmo architettonico, confondendolo in un unico piano, e per riportare al presumibile stato originario le modanature di mattoni che campiscono le arcate. Anche le lesene vennero stonacate, lasciando il cotto a vista, con un risultato finale tuttavia discutibile e discusso. Polemiche e autorevoli perplessità si rifacevano alla ragione storica e artistica che l’intonacatura era di fatto “parte integrante e fondamentale della percezione visiva del monumento".
Diversi sono i criteri adottati per il restauro delle pietre e delle sculture della lanterna della cupola dall’arch. Giuseppe Napoleone della Soprintendenza per i beni architettonici di Milano, alla fine degli anni Ottanta.
A conclusione dei lavori una finissima mostra, anch'essa a cura e sotto la direzione della Soprintendenza di Milano, ne ha dato l’illustrazione documentaria e insieme didattica.
La mostra fu occasione per esporre: tre disegni di Pellegrino Tibaldi provenienti dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano; quattro tele monocrome cinque-secentesche che ricostruiscono fatti concernenti la costruzione del Santuario, e alcuni dipinti del secondo Ottocento, che ne "fotografano" vari momenti architettonici e pittorici; la grande porta a sbalzo realizzata nel Settecento a chiusura del Sacro Speco. Le due artistiche ante quasi del tutto sconosciute, sono ora finalmente visibili da tutti sui battenti interni della porta centrale della Basilica.
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Il Centro di spiritualità
In questi ultimi anni si potrebbe dire che il Santuario è un cantiere aperto senza soluzione di continuità. Non solo per le necessarie opere di adeguamento delle strutture logistiche (abitazioni dei sacerdoti) e dei servizi propri (direzione e segreteria pastorale, amministrazione-cancelleria), ma perché grazie ad una scelta determinante del vescovo monsignor Enrico Assi e del Consiglio per gli Affari economici, dopo maturo esame del progetto generale, si è passati alla fase di ristrutturazione di zone e ambiti in disuso o in stato di degrado ma da valorizzare per rispondere alle nuove e più sentite esigenze pastorali.
Una prima realizzazione: il recupero (1987) della penitenzieria, non più funzionante da anni a cappella per celebrazioni e piccolo auditorium, quasi un saggio dell’impegno maggiore che avrebbe comportato in seguito il recupero degli spazi dell'Ospizio da destinare al Centro di spiritualità.
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Con la benedizione del vescovo, il Centro di spiritualità, nuovo non solo nelle strutture ma anche nella concezione, inizia le proprie attività (1989).
Per quasi trent'anni una situazione logistica sempre meno adeguata e una diversa temperie spirituale avevano reso l’ambiente disponibile solo all’accoglienza di gruppi di pellegrini e malati. Era necessario recuperare lo spirito delle numerose iniziative formativo-spirituali del periodo 1940-1960: il Santuario di Caravaggio non può essere soltanto meta di un pellegrinaggio, sia pure devoto, di poche ore per soddisfare il bisogno di rinnovamento sacramentale, per implorare una grazia per l'intercessione della Madonna e riportare a casa qualche ricordo, sacro e profano.
Il pellegrinaggio al Santuario è e deve diventare necessariamente una sosta di meditazione e di silenzio in un luogo d'incontro spirituale, in una scuola di preghiera. Contrariamente a quanto può apparire nelle giornate di massimo afflusso, al Santuario esistono ambiti e si può trovare il clima più favorevole per giorni di ritiro spirituale di persone singole e di gruppi; per corsi di esercizi spirituali per laici, sacerdoti, religiose e religiosi; per brevi periodi di vita spiritualmente intensa vissuta dai malati con i propri accompagnatori; per incontri di spiritualità di nuclei familiari. E’ anche possibile lo svolgersi di convegni e incontri formativi per gruppi, movimenti, associazioni.
Di fatto già in questi anni di attività il Centro si è offerto, con soddisfazione di tutti, a queste diverse iniziative. Dal giorno dell'inaugurazione vanno definitivamente completandosi strutture e attrezzature, così da poter soddisfare la domanda crescente di accoglienza e in modo che, senza nulla togliere al raccoglimento e intralciare le diverse esigenze, più persone e gruppi presenti possano svolgere contemporaneamente il proprio programma spirituale e formativo.
Una capiente e funzionale sala convegni (vetrata di fondo, vetri e decorazioni sono del pittore Giorgio Versetti); aule diversificate per gruppi di studio; camere singole e doppie sono disponibili con il loro arredo di buon gusto sobrio. L'artistica cappella, opera dello scultore Mario Toffetti, è il cuore del Centro di spiritualità che,pur aperto alla più ampia accoglienza, vuole avere come ospiti privilegiati per giornate o corsi di ritiro spirituale i malati e i portatori di handicap, gruppi di sposi anche con i figli, persone singole in cerca di un luogo di preghiera e di silenzio meditativo.
Al Centro di spiritualità, si trovano pure i rinnovati servizi per il ristoro e la sosta dei grandi e piccoli pellegrinaggi ai quali possono offrire un'accoglienza sempre confortevole.
I pellegrini non troveranno più bancarelle o negozi sotto la cerchia dei portici, e ciò per favorire la destinazione del piazzale interno del Santuario ad un godimento sempre più religioso e raccolto.
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Perché un consultorio
Non capita di trovare presso un santuario mariano l'indicazione di un servizio di consulenza matrimoniale e familiare, anche se in ogni santuario si celebrano dei matrimoni e si recano in pellegrinaggio interi nuclei familiari.
Al Santuario di Caravaggio si è sentita la necessità di estendere la essenziale cura pastorale, prevalentemente religiosa e sacramentale, offrendo anche l’appoggio di un consultorio ai giovani in fase di orientamento al matrimonio e alla famiglia, a coppie e famiglie in difficoltà o desiderose di maturare cristianamente la propria esperienza di vita.
Va subito detto che non si tratta di consulenza strettamente sanitaria, anche se vi prestano la propria opera sia uno specialista in ginecologia sia uno specialista psico-sessuologo. La finalità primaria di un consultorio familiare non è medica e farmacologica (come se fosse un ambulatorio o una sezione di cure per disfunzioni o malattie fisiche, sia pure interessanti una coppia o qualche componente della famiglia), ma è quella di aiutare persone singole, coppie, famiglie a cercare e trovare il miglior equilibrio umano e cristiano nella soluzione dei problemi individuali, di relazione, di comportamento in tutti gli ambiti che costituiscono il tessuto profondo dell'esperienza di matrimonio e di famiglia, futuri o in atto.
Proprio per questo la figura di riferimento è il consulente familiare, che agisce in collaborazione e con metodo interdisciplinare con altri operatori specializzati del servizio, soprattutto lo psicologo, ma anche (e oltre ai già ricordati ginecologo e psico-sessuologo) l’assistente sociale, il legale, il consulente etico, gli istruttori dei metodi naturali di regolazione delle nascite.
Il consultorio del Santuario è collegato con tutta la rete dei consultori familiari di ispirazione cristiana, non fosse altro che per poter indirizzare ai centri più vicini al luogo della propria abituale residenza chi, di passaggio, è venuto ad esporre i propri problemi e a presentare domanda di aiuto.
Inutile dire che in questi anni di attività il servizio di consulenza ha visto crescere sempre più le richieste di prestazione dei propri operatori per innumerevoli e gravi casi, la più gran parte dei quali – per grazia di Dio e l’aiuto qualificato offerto – arrivano a felice soluzione. Ma è evidente che quanto più tempestivamente si previene l’aggravarsi delle situazioni quanto più si evitano matrimoni controindicati tanto meglio e più efficaci risultano i rimedi.
Tutti gli operatori sono volontari, e pertanto il servizio è gratuito; offerto anche ogni giorno su appuntamento, per tener conto delle esigenze dei richiedenti e della disponibilità degli specialisti, ma di preferenza il sabato pomeriggio e la domenica, mattino e pomeriggio.
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Un museo e la pinacoteca: a quando?
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Fin dalle origini i fedeli che affluirono al luogo dell’Apparizione lasciarono in segno di riconoscenza per le “grazie ricevute” per intercessione della Vergine Maria tavole votive, oggetti preziosi, quadri rappresentativi del fatto miracoloso.
La “grazia” era ottenuta, di norma, in occasione di un pellegrinaggio durante il quale l’atto di fede fiduciosa si esprimeva con l’immersione nell’acqua della fontana miracolosa.
Già nel Quattrocento si segnalarono per il loro pregio le tavole votive e le pitture fatte porre da personaggi illustri del ducato di Milano nella stessa “cappella” dell’Apparizione.
Sul finire del Cinquecento si contavano svariate migliaia di ex-voto, alcuni dei quali artistici e preziosi. Molti di questi, purtroppo, andarono perduti o dispersi.
I reggenti del Santuario, per custodire e conservare gli oggetti di fede e devozione donati soprattutto per l’uso liturgico o come arredi sacri, non solo curarono periodiche descrizioni inventarie ma anche stabilirono rigorose norme di vigilanza sui luoghi di deposito e sull’accesso ad essi.
Attualmente il patrimonio di oggetti per l’uso liturgico (calici e vasi sacri, messali e libri corali), arredi per le celebrazioni (paramenti, tovaglie d’altare, candelieri), quadri sacri e pitture votive, per quanto ancora consistente, è di molto ridotto rispetto a quello descritto negli antichi inventari.
Una piccola parte di questo “tesoro” è reso visibile ai fedeli in circostanze solenni, come ad esempio la preziosa corona settecentesca che viene posta in capo al simulacro della Beata Vergine nella festività dell’Apparizione, o in celebrazioni liturgiche particolari che richiedono l’uso dei paramenti sacri o di arredi di fattura artistica e preziosità notevoli.
Altri manufatti di eccezionale importanza storica sono praticamente inaccessibili o si conoscono solamente in fotografia: il grande modello ligneo del “coro” della Basilica o quello policromo dell’Altare maggiore, che risalgono rispettivamente agli anni a cavallo dei secoli XVII-XVIII, epoca della realizzazione della zona Altare centrale e Sacro Speco.
Il Santuario possiede un insieme di tele e di tavole dipinte mai adeguatamente studiate e catalogate, di attribuzione pressoché anonima e provenienze sconosciute quasi per tutte, tuttavia in discreto stato di conservazione che potrebbero costituire – insieme con la serie di ex-voto, antichi e recenti, di grande interesse storico e iconografico – una “quadreria” di non spregevole valore.
Senza dire che ciò che rimane del grande Archivio storico della Schola S. M. – smembrate all’epoca delle soppressioni le sezioni riguardanti l’Ospedale di Santa Maria e il Monte di Pietà, le due istituzioni caritativo-sociali connesse alla Chiesa di Santa Maria della Fontana – ha una consistenza documentaria di tutto rispetto: dalle pergamene risalenti ai secoli XIV-XV, ai documenti pontifici e vescovili, ad atti testamentari coevi all’Apparizione e atti amministrativi…
C’è anche il patrimonio delle varie edizioni della storia del Santuario e dei diversi libri di pietà ad uso dei devoti della Madonna del Fonte. Nell’archivio fotografico spicca la recente, eccezionale acquisizione del film muto sull’Apparizione girato in occasione del V Centenario, corredato del documentario (della durata di mezz’ora) che tramanda il ricordo delle solenni giornate conclusive delle manifestazioni con le immagini della presenza di due personaggi recentemente beatificati: il legato pontificio cardinale Ildefonso Schuster e il futuro papa Giovanni XXIII, allora delegato apostolico in Oriente.
Perché, dunque, non pensare a realizzare un museo e una pinacoteca al Santuario di Caravaggio?
Se si dubitasse non tanto della consistenza del materiale da esporre quanto del suo valore artistico, non si possono invece avere dubbi sull’importanza storica e sulla convenienza della fruibilità di esso da parte dei circa tre milioni di pellegrini che passano in questo luogo non solo spinti dalla fede e dalla devozione, e hanno diritto di vedere quanti segni e manifestazioni degni di ogni ammirato rispetto hanno lasciato la fede e devozione di chi li ha preceduti.
Recentemente è stato presentato un progetto “avveniristico” che tiene conto di queste esigenze con una tesi di laurea alla Facoltà di architettura di Milano, mirante ad ambientare l’area espositiva, oltre che nel naturale che lo circonda, nel più ampio ambito sacro delle celebrazioni come nuovo spazio artistico-culturale contesto del Santuario di Santa Maria del Fonte.
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Anno 2000: il “nostro” Giubileo
Almeno fin dalla bolla di Papa Innocenzo VIII (1492), ma forse anche da prima, chi accogliendo l’appello a conversione e penitenza della Vergine Maria qui apparsa veniva pellegrino a Santa Maria “a pigliare perdonanza avanti la Madonna” (Historia di Paolo Morigi, 1607), ne riceveva speciali indulgenze.
Sino al Concilio Vaticano II i Papi hanno continuato a confermare e arricchire di indulgenze particolari chi celebra i sacramenti della Penitenza ed Eucarestia in occasione del pellegrinaggio al Santuario.
Ma che il Santuario divenisse, oltre che penitenziale, chiesa giubilare questa è la novità del grande Giubileo dell’anno 2000.
Al Santuario il grande Giubileo dell’anno 2000 è stato preparato secondo le cadenze indicate dal Papa Giovanni Paolo II nella lettera Tertio millennio adveniente, riprendendo in particolare e valorizzando la tradizione popolare spontanea che vedeva confluire in preghiera ai cancelli del Santuario o rivolgersi ad esso dalle proprie case persone devote, donne specialmente, alla mezzanotte dal 24 al 25 marzo, solennità dell’Annunciazione.
La “Veglia dell’Annunciazione”, ha visto crescere fin dalla fase preparatoria del Giubileo sempre più il numero dei partecipanti al Rosario meditato sotto i portici del Santuario fino all’ingresso in Basilica per l’Angelus alla mezzanotte, che segna il passaggio dal giorno 24 al 25.
La solenne Messa dell’Annunciazione, appena dopo la mezzanotte, corona la Veglia e apre alla celebrazione del mistero dell’annuncio angelico che “ci ha fatto conoscere l’Incarnazione del Cristo Figlio di Dio”.
Quanti pellegrini sono passati al Santuario di Santa Maria del Fonte, indicata come “chiesa Giubilare e penitenziale” per tutta la regione Lombardia e, naturalmente, per la chiesa particolare di Cremona?
Più che le 100 o 200 mila persone, che si sono aggiunte ai circa 3 milioni di pellegrini che passano ogni anno, sono state le celebrazioni proprie del Giubileo, spesso presiedute dal vescovo Nicolini, a rendere straordinario l’anno giubilare: dalla veglia per il passaggio all’anno 2000 a quella penitenziale dei consacrati religiosi e laici; dal giubileo dei malati e degli operatori sanitari a quello dei Frati Cappuccini lombardi; dalla preghiera di riconciliazione e richiesta di perdono ai pellegrinaggi giubilari del gruppo latino-americano “Andes” di Milano, dei presbiteri delle diocesi di Cremona e Crema, della parrocchia di Caravaggio, - che haripreso la tradizione di celebrare in modo proprio la vigilia dell’Apparizione; dal giubileo dell’Agesci a quello dell’Acr di Lombardia (15.000 ragazzi e giovani complessivamente); dai concerti di gruppi bandistici della Bassa bergamasca al pellegrinaggio della Federazione italiana tradizioni popolari della Regione; dai passaggi di gruppi giovanili della Polonia, del Kazachistan, di extracomunitari in sosta per la Giornata mondiale della Gioventù di Tor Vergata a Roma al pellegrinaggio giubilare dei disabili o dell’Associazione nazionale pensionati Cisl Lombardia o della Terza età o delle famiglie della diocesi di Cremona; dal giubileo dei migranti della Lombardia, presieduto dal cardinale metropolita Carlo Maria Martini, al pellegrinaggio giubilare dei Bersaglieri della provincia di Bergamo.
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Una presenza simpaticamente colorata e gioiosa, quella degli innumerevoli bambini anche delle scuole materne, venuti in foggia di antichi “pellegrini giubilari”.
Il grande palco allestito nel 1992 per la visita del Papa fu rimesso per la durata di tutto l’Anno giubilare lungo la fiancata nord della Basilica, in modo da favorire molte delle celebrazioni all’aperto.
Con la veglia di preghiera per il passaggio all’anno 2001, così come si era aperto, e con il rito di chiusura del grande Giubileo nelle chiese giubilari, l’anno straordinario si conclude affacciandosi al “Terzo Millennio che viene”.
L’atto di affidamento alla Beata Vergine Maria compie al Santuario – in comunione con il Papa Giovanni Paolo II – il cammino giubilare. Passano i giorni, gli anni, i secoli, i millenni…
Il Figlio di Dio creatore del mondo e dei tempi che non muta, nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, è entrato nel nostro mondo umano e nel nostro fuggitivo tempo; ma è il Cristo di ieri, di oggi, di sempre. Egli, mentre portava a compimento la sua missione qui in terra, ci ha donato sua Madre e a Lei ha affidato ognuno di noi.
Un giorno la Madre è venuta qui – dove è sorta la chiesa di Santa Maria del Fonte – a dirci che la sua protezione materna a la sua intercessione sono il nostro sicuro rifugio.
Sulla soglia del Terzo Millennio, carico di speranze e aperto a tutte le incognite, alla Madre di Cristo e della Chiesa resta affidato ognuno di noi, ogni famiglia, questo mondo.
Il nostro presente e il nostro futuro.
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