- POST DEL 4/11/2018 AGGIORNATO AL 9/2/2019
- Dal 1987, la Madonna appare ad Anguera (Brasile) al veggente Pedro Régis, dettandogli messaggi per tutta l'umanità.
- I messaggi vengono trasmessi 3 volte a settimana: ogni martedì e sabato, più un altro giorno variabile.
ULTIMO MESSAGGIO IN ITALIANO DAL SITO WEB UFFICIALE BRASILIANOGli articoli e le informazioni contenute nei siti Web "linkati" sono di proprietà degli autori dei siti medesimi. Pertanto tutti i diritti nonché la responsabilità di quanto riportato in questi siti sono riservati esclusivamente ai loro autori.Questo post presente sul blog: https://nostrasignoradianguera.blogspot.it/e Twitter: https://twitter.com/angueramessaggi è un interpretazione personale e non corrisponde necessariamente al vero significato dei messaggi, degli avvertimenti della Madonna al mondo e delle profezie annunciate da Nostra Signora ad Anguera.Si consiglia di visitare il sito web ufficiale brasiliano del veggente Pedro Regis:http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/ e la pagina dedicata al commento delle profezie: http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/cms/list/not%C3%ADcias(Gestore sito web: ANSA - Associacao Nossa Senhora de Anguera).
2.932 - 20/12/2007
Cari figli, inginocchiatevi in preghiera. Arriverà il
giorno in cui il disordine sarà presente nei luoghi sacri e i fedeli porteranno
una croce pesante. Molti ordini religiosi saranno ferocemente perseguitati e i fedeli
non riusciranno a riunirsi nelle chiese. Sappiate
che Dio ha fretta e che non potete più stare con le mani in mano. Ciò che
dovete fare, non rimandatelo a domani. Io intercederò presso il mio Gesù per
voi. Non tiratevi indietro. La vostra croce sarà pesante, ma Dio sarà vicino a
voi. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima
Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi
benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete
nella pace.
3.009 - 10/06/2008
Cari figli, gli ordini
religiosi saranno indeboliti e molti cesseranno di esistere. I consacrati
perderanno il diritto di usare l’abito religioso e ci sarà grande confusione
nella Chiesa. Siate fedeli ai miei appelli.
Non restate stazionari. Dio conta su di voi. Aprite i vostri cuori e accettate,
con gioia, la volontà di Dio per le vostre vite. Non restate in silenzio.
Annunciate a tutti le meraviglie del Signore. Per ciò che farete a favore dei
miei piani, il Signore vi ricompenserà con ricche e abbondanti grazie. Avanti
sul cammino che vi ho indicato. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel
nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui
ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo. Amen. Rimanete nella pace.
2.248
- 16 agosto 2003
Cari figli, sono la Madre di Dio Figlio
e vostra Madre. Voglio dirvi che l’umanità ha bisogno di essere curata
dall’amore del Signore affinché i miei poveri figli trovino la pace. Gli
uomini si sono allontanati dal Creatore e hanno abbracciato false ideologie e
falsi insegnamenti, ma Io sono venuta dal cielo per chiamarvi alla conversione
e all’amore.
Non voglio forzarvi, perché avete la libertà, ma quello che dico dev’essere
vissuto con gioia. Vi chiedo di non allontanarvi dal cammino che vi sto
indicando. Non permettete che la fiamma della fede si spenga dentro di voi.
Siate uomini e donne di preghiera costante e vedrete nuovi cieli e nuove terre.
Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità.
Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
I MIEI FIGLI CONSACRATI DOVRANNO CONOSCERE OGNI SORTA DI DOLORI FISICI. COSÌ COME I PRIMI CRISTIANI, LA CHIESA CONOSCERÀ LA CROCE DELLA PERSECUZIONE E DEL MARTIRIO. I BUONI SARANNO PERSEGUITATI E LASCIATI IN CARCERE. R
3.058 - 26/09/2008
Cari figli, siate del Signore e date ovunque testimonianza della vostra fede. Il Signore vi chiama e voi non potete restare stazionari. Tornate in fretta. Ecco il tempo del GRANDE RITORNO. Aprite i vostri cuori e accogliete i miei appelli per essere salvi. Non voglio obbligarvi, ma ciò che dico dev’essere preso sul serio. Non tiratevi indietro. Soffro per ciò che vi attende. State attenti. Pregate che i miei piani si realizzino. La Chiesa del mio Gesù soffrirà molto. I MIEI FIGLI CONSACRATI DOVRANNO CONOSCERE OGNI SORTA DI DOLORI FISICI. COSÌ COME I PRIMI CRISTIANI, LA CHIESA CONOSCERÀ LA CROCE DELLA PERSECUZIONE E DEL MARTIRIO. I BUONI SARANNO PERSEGUITATI E LASCIATI IN CARCERE. Restate saldi sul cammino che vi ho indicato. Avanti con coraggio. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
Crimea, per i cattolici torna l’incubo delle persecuzioni sovietiche: preti sequestrati e chiese attaccate
LA CHIESA SARA’ PERSEGUITATA COME MAI PRIMA E IL SANTO PADRE SOFFRIRA’ MOLTO. Pregate per lui. Il vicario di Mio Figlio dovrà soffrire molto, perché la Chiesa sarà vittima di grandi PERSECUZIONI.
234 – 24 ottobre 1989
Cari figli, con l’immenso desiderio di portarvi tutti in Cielo, lascio il mio TRONO di Gloria e giungo dal Cielo alla terra per chiedervi di pregare il ROSARIO e di non offendere più Nostro Signore, il quale è già così offeso. Non c’è problema che non possa essere risolto pregando il ROSARIO. Pertanto pregatelo sempre. Non cessate di pregarlo. Prometto a tutti coloro che pregano il ROSARIO tutti i giorni e diffondono questa devozione, che i loro nomi saranno scritti nel mio cuore e non saranno mai cancellati. Se non ascoltano i miei appelli, molte anime getteranno se stesse all’INFERNO per l’eternità. LA CHIESA SARA’ PERSEGUITATA COME MAI PRIMA E IL SANTO PADRE SOFFRIRA’ MOLTO. Pregate per lui. Il vicario di Mio Figlio dovrà soffrire molto, perché la Chiesa sarà vittima di grandi PERSECUZIONI. Questo sarà il tempo delle tenebre, e la Chiesa attraverserà una crisi orribile. Pregate per la chiesa. Pregate per il Santo Padre. Pregate per voi stessi. Sono la vostra Madre Addolorata. Soffro per ciascuno di voi. Soffro a causa della vostra sofferenza. Non temete. Sarò al vostro fianco per aiutarvi nelle ore più difficili. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
Cristiani sempre più perseguitati, sono 215 milioni nel mondo
Secondo il Rapporto 2018 di Open Doors la persecuzione si è andata allargando a livello geografico e numerico. Grave la minaccia del nazionalismo di matrice religiosa o ideologica soprattutto in Asia e Africa
3.967 - 18 aprile 2014
Cari figli, verranno giorni difficili per gli uomini e le donne di fede. Avrete ancora LUNGHI ANNI DI DURE PROVE. Staccatevi da tutto quello che vi allontana da Gesù. Fatevi coraggio e cercate Colui che è il vostro unico e vero Salvatore. Nella grande persecuzione alla Chiesa del mio Gesù, i fedeli cercheranno il Signore di nascosto. Così come avvenne per i primi cristiani, anche per gli uomini di oggi arriverà il tempo del dolore. Non tiratevi indietro. La vostra vittoria è in Gesù. Pregate. Nella preghiera è anche la vostra vittoria. Coraggio. Non tiratevi indietro. Dopo tutta la tribolazione il Signore asciugherà le vostre lacrime. Sono vostra Madre Addolorata e soffro per quello che vi attende. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
Le chiese cattoliche clandestine relegate nelle catacombe
No Hate speech Italia
http://www.nohatespeech.it/menu-azioni/no-hate-italia/
https://www.christianophobie.fr/
http://www.intoleranceagainstchristians.eu/
MONITORAGGIO DEI CRISTIANI PERSEGUITATI NEL MONDO
Fonte: http://www.fides.org/it
Fonte: http://www.wheregodweeps.org/
Fonte: http://www.aiuto-chiesa-che-soffre.ch/
Fonte: http://www.asianews.it/
Fonte: http://www.forum18.org/
Fonte: http://www.state.gov/j/drl/rls/irf/
Fonte: http://www.corrispondenzaromana.it/…
Fonte http://orpheus.ilcannocchiale.it/post/2657735.html (Attenzione!. Sono visibili immagini esplicite di torture a persone inserite nel blog, si consiglia la visione ad un pubblico adulto e non impressionabile.)
Copertura completa e aggiornata di Persecuzione dei cristiani, ottenuta combinando fonti di notizie in tutto il mondo attraverso Google News.
Fonte: https://news.google.it/news/section?cf=all&pz=1&q=Persecuzione%20dei%20cristiani&siidp=5b39cd33ac29ddc0ccdabecb905ed00c3944&ict=ln
RAPPORTO 2018 - LIBERTA' RELIGIOSA NEL MONDO
https://acs-italia.org/rapportolr/?fbclid=IwAR0JchpBMi5Gvc59r4bkIzbo9Bcgdtt3CqZVFV5S62cD_0GWMKutdGAJdCs
Le “fasce rosse” ti vedono. Ovunque
3.031 - 23/07/2008
Cari figli, molte pecore cammineranno cieche per mancanza di pastori che le conducano per cammini sicuri. MOLTI FERVENTI NELLA FEDE BERRANNO IL CALICE AMARO DELLA SOFFERENZA NELLA GRANDE E DOLOROSA PERSECUZIONE ALLA CHIESA. NELLA GRANDE PERSECUZIONE, MOLTI SI TIRERANNO INDIETRO E ABBANDONERANNO LA FEDE. PER I GIUSTI CHE RESTERANNO SALDI FINO ALLA FINE, IL SIGNORE PREPARA LA GRANDIOSA RICOMPENSA. Dite a tutti che Dio ha fretta. Prendete sul serio i miei appelli, perché solamente così potete contribuire al TRIONFO DEFINITIVO DEL MIO CUORE IMMACOLATO. Coraggio. Io sono al vostro fianco. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
Bitter Winter in italiano
LIBERTA' RELIGIOSA E DIRITTI UMANI IN CINA
Bitter Winter è stato lanciato a maggio 2018 come periodico online sulla libertà religiosa e sui diritti umani in Cina, pubblicato quotidianamente in otto lingue dal CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, che ha sede a Torino, in Italia. Studiosi, giornalisti e attivisti per i diritti umani di diversi Paesi lavorano assieme per dare voce a chi non ha voce, pubblicando notizie, documenti e testimonianze.
La caratteristica unica di Bitter Winter è la sua rete di diverse centinaia di corrispondenti da tutte le province cinesi. Correndo grandi rischi per la propria incolumità ‒ alcuni sono infatti stati arrestati ‒ i corripsondenti di Bitter Winterriferiscono quotidianamente su ciò che accade in Cina e su come le religioni vengono trattate o maltrattate. Spesso forniscono anche fotografie e video esclusivi.
Sotto la direzione di Massimo Introvigne, uno dei più noti studiosi di religioni del mondo, Bitter Winter riceve alcuni dei servizi che pubblica direttamente da fedeli di minoranze religiose e di organizzazioni che in Cina vengono perseguitate. Si tratta tuttavia di un periodico indipendente da qualsiasi organizzazione religiosa o politica ed è frutto soprattutto del lavoro di volontari, anche se le donazioni sono gradite. Bitter Winter non prende posizione su questioni politiche e si limita al campo dei diritti umani.
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Twitter: https://twitter.com/it_bitterwinter
Instagram: https://www.instagram.com/bitterwinter_it/
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Cristiani perseguitati. Acs, quasi 300 milioni nel mondo fra ultra-nazionalismo e fondamentalismi. L’indifferenza dell’Occidente
World Watch List 2017
Analisi della persecuzione contro i cristiani nel mondo
Ancora una volta cresce la persecuzione dei cristiani nel mondo, assumendo forme sempre più subdole ed efficaci. Sono oltre 215 milioni i cristiani (1 ogni 3) che soffrono una grave persecuzione in questi primi 50 paesi della lista.
UN SITO INTERNET PER I CRISTIANI PERSEGUITATI
Un sito internet per fare luce sui cristiani perseguitati nel
mondo: è’ l’iniziativa web promossa dalla Catholic
Radio and Television Network (Crtn)
e dall'associazione Aiuto alla
Chiesa che Soffre (ACS). Offrirà
dai cinque continenti informazioni aggiornate e testimonianze di Cardinali,
Vescovi e missionari che operano sul campo. Per scoprire che la persecuzione
dei cristiani è una pratica lontana dallo svanire. Lo documentano le notizie
allarmanti - solo per citare i casi più recenti - che provengono dall’Iraq e
dalla Malesya. Così al
martirologio della Chiesa cattolica, stilato ufficialmente ogni anno da Fides (http://www.fides.org/ita/martirologio/liste/ ), si affianca ora anche il sito internet
‘Where God Weeps - the suffering Church in focus’, ovvero ‘Dove
Dio piange, un focus sulla sofferenza della Chiesa’. Il portale www.wheregodweeps.org - ha dichiarato all'agenzia Sir Mark Riedemann,
direttore di Crntv - ‘offre una importante opportunità per le persone che
vogliono conoscere maggiormente le sofferenze patite dai cristiani nel mondo.
Le persecuzioni sono in aumento e quelle contro i cristiani in particolare. Al
punto che in alcuni Paesi è a rischio la stessa sopravvivenza della Chiesa’.
I reportage trasmessi nel portate ‘Dove Dio piange’ sono visibili
anche sui canali televisivi EWTN Global, Salt & Light TV (Canada) e Boston
Catholic TV, e seguire sulle stazioni radio EWTN Radio, Sacred Heart Radio,
Guadalupe Radio, Ave Maria Radio.
(Fabio Bolzetta)
MONITORAGGIO DEI CRISTIANI PERSEGUITATI NEL MONDO
Fonte: http://www.asianews.it/
Fonte: http://www.forum18.org/
Fonte http://orpheus.ilcannocchiale.it/post/2657735.html
(Attenzione!. Sono visibili immagini esplicite di torture a persone inserite
nel blog, si consiglia la visione ad un pubblico adulto e non impressionabile.)
Per approfondire:
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Perseguitati perché cristiani: la riflessione di Massimo Introvigne
“Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”: la celebre affermazione di Tertulliano risuona ancora più forte nel giorno in cui la Chiesa ricorda la figura di Santo Stefano primo martire. Il martirio, del resto, è una dimensione che appartiene alla natura stessa della testimonianza cristiana. Sulle persecuzioni dei cristiani nel nostro tempo, Alessandro Gisotti ha intervistato Massimo Introvigne, rappresentante Osce per le discriminazioni verso i cristiani:
R. – E’ curioso che molti, quando si parla di martirio, pensino a qualche cosa che appartiene ai tempi dell’Impero Romano. E' certamente così, però sarebbe anche bene che non soltanto i cristiani - direttamente coinvolti - ma tutti sapessero che, da un punto di vista storico, l’epoca dei martiri è la nostra. Secondo uno studio statistico del maggiore specialista di statistica religiosa moderna, David Barrett, i martiri cristiani dalla morte di Gesù Cristo, ai giorni nostri, sono stati 70 milioni, ma di questi, 45 milioni - più della metà - sono concentrati nel XX secolo e negli inizi del XXI. Questa è anche una grande lezione del Beato Giovanni Paolo II: riflettere sempre sul fatto che il secolo dei martiri è stato il XX secolo e questo secolo di martirio, che certamente ha avuto delle punte negli orrori del comunismo e del nazionalsocialismo, tuttavia continua anche nel XXI secolo.
D. – Dal suo punto privilegiato di osservazione, quali sono le situazioni oggi nel mondo che destano maggiore allarme?
R. – Certamente, la prima che viene in mente è quella dell’ultrafondamentalismo islamico. Il Santo Padre ha avuto occasione di ricordare la legge sulla blasfemia in Pakistan. Naturalmente, oltre alla violenza pubblica che queste leggi mettono in atto ci sono anche tante violenze private, attentati che si susseguono in numerosi Paesi a maggioranza islamica. Poi c’è una seconda area, che è quella dei Paesi ancora influenzati dall’ideologia comunista, che non è sparita nel 1989 o nel 1991; anche la Cina è un Paese dove non possiamo dire che vi sia pienamente una libertà religiosa. Poi c’è una terza area ancora, quella dei nazionalismi a sfondo religioso, in altre aree dell’Africa e dell’Asia, dove i cristiani sono considerati un corpo estraneo, quasi traditori della cultura locale, anche se spesso la loro presenza è molto antica. Poi dovremmo aprire il capitolo di quello che succede da noi, in Occidente, in Europa, dove - come ancora ci ha ricordato più volte il Santo Padre - certamente, non avviene nulla di paragonabile alla violenza che si verifica in certe aree dell’Africa e dell’Asia. Tuttavia, c’è questo sottile, e qualche volta neppure tanto sottile, tentativo di discriminare, di marginalizzare, di mettere ai margini il cristianesimo, di negare l’identità cristiana e le radici cristiane, di aggredire in molti modi la Chiesa e il Santo Padre.
Testo proveniente dalla paginahttp://it.radiovaticana.va/news/2011/12/26/perseguitati_perch%C3%A9_cristiani:_la_riflessione_di_massimo_introvigne/it1-549542
del sito Radio Vaticana
“Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”: la celebre affermazione di Tertulliano risuona ancora più forte nel giorno in cui la Chiesa ricorda la figura di Santo Stefano primo martire. Il martirio, del resto, è una dimensione che appartiene alla natura stessa della testimonianza cristiana. Sulle persecuzioni dei cristiani nel nostro tempo, Alessandro Gisotti ha intervistato Massimo Introvigne, rappresentante Osce per le discriminazioni verso i cristiani:
R. – E’ curioso che molti, quando si parla di martirio, pensino a qualche cosa che appartiene ai tempi dell’Impero Romano. E' certamente così, però sarebbe anche bene che non soltanto i cristiani - direttamente coinvolti - ma tutti sapessero che, da un punto di vista storico, l’epoca dei martiri è la nostra. Secondo uno studio statistico del maggiore specialista di statistica religiosa moderna, David Barrett, i martiri cristiani dalla morte di Gesù Cristo, ai giorni nostri, sono stati 70 milioni, ma di questi, 45 milioni - più della metà - sono concentrati nel XX secolo e negli inizi del XXI. Questa è anche una grande lezione del Beato Giovanni Paolo II: riflettere sempre sul fatto che il secolo dei martiri è stato il XX secolo e questo secolo di martirio, che certamente ha avuto delle punte negli orrori del comunismo e del nazionalsocialismo, tuttavia continua anche nel XXI secolo.
D. – Dal suo punto privilegiato di osservazione, quali sono le situazioni oggi nel mondo che destano maggiore allarme?
R. – Certamente, la prima che viene in mente è quella dell’ultrafondamentalismo islamico. Il Santo Padre ha avuto occasione di ricordare la legge sulla blasfemia in Pakistan. Naturalmente, oltre alla violenza pubblica che queste leggi mettono in atto ci sono anche tante violenze private, attentati che si susseguono in numerosi Paesi a maggioranza islamica. Poi c’è una seconda area, che è quella dei Paesi ancora influenzati dall’ideologia comunista, che non è sparita nel 1989 o nel 1991; anche la Cina è un Paese dove non possiamo dire che vi sia pienamente una libertà religiosa. Poi c’è una terza area ancora, quella dei nazionalismi a sfondo religioso, in altre aree dell’Africa e dell’Asia, dove i cristiani sono considerati un corpo estraneo, quasi traditori della cultura locale, anche se spesso la loro presenza è molto antica. Poi dovremmo aprire il capitolo di quello che succede da noi, in Occidente, in Europa, dove - come ancora ci ha ricordato più volte il Santo Padre - certamente, non avviene nulla di paragonabile alla violenza che si verifica in certe aree dell’Africa e dell’Asia. Tuttavia, c’è questo sottile, e qualche volta neppure tanto sottile, tentativo di discriminare, di marginalizzare, di mettere ai margini il cristianesimo, di negare l’identità cristiana e le radici cristiane, di aggredire in molti modi la Chiesa e il Santo Padre.
Testo proveniente dalla paginahttp://it.radiovaticana.va/news/2011/12/26/perseguitati_perch%C3%A9_cristiani:_la_riflessione_di_massimo_introvigne/it1-549542
del sito Radio Vaticana
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
La venuta gloriosa di Cristo, speranza di Israele
673 Dopo
l'Ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, [Cf Ap 22,20 ]
anche se non spetta a noi “conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha
riservato alla sua scelta” ( At 1,7 ) [Cf Mc 13,32 ]. Questa venuta
escatologica può compiersi in qualsiasi momento [Cf Mt 24,44; 1Ts 5,2 ] anche
se essa e la prova finale che la precederà sono “impedite” [Cf 2Ts 2,3-12 ].
674 La venuta
del Messia glorioso è sospesa in ogni momento della storia [Cf Rm 11,31 ] al
riconoscimento di lui da parte di “tutto Israele” ( Rm 11,26; 674 Mt 23,39 ) a
causa dell'“indurimento di una parte” ( Rm 11,25 ) nell'incredulità [Cf Rm
11,20 ] verso Gesù. San Pietro dice agli Ebrei di Gerusalemme dopo la
Pentecoste: “Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri
peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore
ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù. Egli
dev'esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose,
come ha detto Dio fin dall'antichità, per bocca dei suoi santi profeti” ( At
3,19-21 ). E san Paolo gli fa eco: “Se infatti il loro rifiuto ha segnato la
riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione se non
una risurrezione dai morti?” ( Rm 11,15 ). “La partecipazione totale” degli
Ebrei ( Rm 11,12 ) alla salvezza messianica a seguito della partecipazione
totale dei pagani [Cf Rm 11,25; Lc 21,24 ] permetterà al Popolo di Dio di
arrivare “alla piena maturità di Cristo” ( Ef 4,13 ) nella quale “Dio sarà
tutto in tutti” ( 1Cor 15,28 ).
L'ultima prova della Chiesa
675 Prima della
venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che
scuoterà la fede di molti credenti [Cf Lc 18,8; Mt 24,12 ]. La persecuzione che
accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra [Cf Lc 21,12; Gv 15,19-20 ]
svelerà il “Mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che
offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo
dell'apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella
dell'Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l'uomo glorifica se
stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne [Cf 2Ts 2,4-12; 675
1Ts 5,2-3; 2Gv 1,7; 1Gv 2,18; 1Gv 2,22 ].
676 Questa
impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si pretende di
realizzare nella storia la speranza messianica che non può esser portata a
compimento che al di là di essa, attraverso il giudizio escatologico; anche
sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del
Regno futuro sotto il nome di “millenarismo”, [Cf Congregazione per la Dottrina
della Fede, Decreto del 19 luglio 1944, De Millenarismo: Denz. -Schönm. , 3839]
soprattutto sotto la forma politica di un messianismo secolarizzato “intrinsecamente
perverso” [Cf Pio XI, Lett. enc. Divini Redemptoris, che condanna il “falso
misticismo” di questa “con- traffazione della redenzione degli umili”; Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 20-21. [Cf Ap 19,1-9 ] Cf Ap 19, 1-9].
677 La
Chiesa non entrerà nella gloria del Regno che attraverso quest'ultima Pasqua,
nella quale seguirà il suo Signore nella sua morte e Risurrezione [Cf Ap 13,8
]. Il Regno non si compirà dunque attraverso un trionfo storico della Chiesa
[Cf Ap 20,7-10 ] secondo un progresso ascendente, ma attraverso una vittoria di
Dio sullo scatenarsi ultimo del male [Cf Ap 21,2-4 ] che farà discendere dal
cielo la sua Sposa [ Cf Ap 20,12 ]. Il trionfo di Dio sulla rivolta del male
prenderà la forma dell'ultimo Giudizio [Cf 2Pt 3,12-13 ] dopo l'ultimo
sommovimento cosmico di questo mondo che passa [Cf Dn 7,10; Gl 3-4; 677 Ml 3,19
].
23
ottobre 2008
Il mondo
e la libertà religiosa
Presentati
i dati del Rapporto 2008 ACS – Aiuto alla Chiesa che Soffre
Fonte: http://www.acs-italia.glauco.it/pls/acsitalia/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=289
3
ottobre 2008
Alla
conferenza sono intervenuti: Padre Bernardo Cervellera, Camille Eid, Marco
Politi, Padre Joaquin Alliende, Paola Rivetta
La
negazione della libertà religiosa è sulle pagine di tutti i giornali. Violenze
e soprusi si registrano continuamente in ogni parte del mondo. Per
fare il punto sulla situazione, fornire notizie, fatti, situazioni e
testimonianze su avvenimenti che potrebbero rischiare di passare sotto silenzio
o sfuggire all’opinione pubblica stamani è stato presentato il Rapporto 2008
sulla Libertà Religiosa nel Mondo di ACS – Aiuto alla Chiesa che Soffre. Sono
intervenuti padre Bernardo Cervellera, Camille Eid, Marco Politi, padre Joaquin
Alliende, Paola Rivetta.
Realizzato da ACS-Internazionale, il Rapporto - ha ricordato padre Alliende – “risponde a un’esigenza sempre più avvertita dall’opinione pubblica, di conoscere la reale situazione dei diritti umani in generale e della libertà religiosa in particolare, quale diritto inalienabile di ogni essere umano. Questo Rapporto – ha proseguito padre Alliende – si qualifica per il suo approccio non confessionale, prendendo in esame la situazione di ciascun Paese, con riferimento a ogni restrittiva fattispecie giuridico-istituzionale o ad ogni tipologia socio-culturale o ideologica.”
Libertà di cambiare religione, di manifestare e praticare le proprie convinzioni religiose sia in privato che in pubblico, di sviluppare la propria vita religiosa, di trasmettere il proprio credo e di diffonderne i valori, il Rapporto analizza la presenza o la negazione della libertà religiosa in ogni nazione, fornendo dati e cifre, in molti casi, allarmanti.
“Quando si rompono le dighe della convivenza – ha affermato Marco Politi – il problema della violazione della libertà religiosa si presenta in tutta la sua valenza, al di là delle frontiere confessionali. Oggi - ha proseguito Politi - gli Stati che rappresentano un problema sono Stati chiave per l’equilibrio mondiale: come ad esempio la Cina, dove perdura il controllo sulla libertà religiosa, o l’India, dove le violenze anticristiane di questi ultimi mesi hanno raggiunto proporzioni incredibili”.
Camille Eid ha posto l’attenzione invece sugli esodi forzati di cristiani dall’Iraq, registratisi in questi ultimi mesi. “La legge approvata lo scorso settembre in Parlamento a Baghdad – ha ricordato Camille Eid - ha abrogato l’articolo che in minima parte garantiva la libertà religiosa dei cristiani in Iraq”.
“Cosa viene fuori dal Rapporto ACS 2008? – si è domandato padre Cervellera nel suo intervento allla conferenza stampa odierna - un dato interessante è senza dubbio che le offese alla libertà religiosa avvengono sempre meno per cause ideologiche e sempre più per motivi di potere. Il tentativo di bloccare la libertà religiosa mira soprattutto a impoverire gli Stati, mantenendo la popolazione in una situazione di schiavitù. In altre nazioni – ha proseguito padre Cervellera - come ad esempio la Cina, il timore di aprirsi alla libertà di culto coincide con il timore di non sollecitare in senso più ampio le altre libertà. Quindi dietro lo show di facciata, basti pensare alle Olimpiadi, la situazione di chiusura e di negazione della libertà rimane inalterata”.
Realizzato da ACS-Internazionale, il Rapporto - ha ricordato padre Alliende – “risponde a un’esigenza sempre più avvertita dall’opinione pubblica, di conoscere la reale situazione dei diritti umani in generale e della libertà religiosa in particolare, quale diritto inalienabile di ogni essere umano. Questo Rapporto – ha proseguito padre Alliende – si qualifica per il suo approccio non confessionale, prendendo in esame la situazione di ciascun Paese, con riferimento a ogni restrittiva fattispecie giuridico-istituzionale o ad ogni tipologia socio-culturale o ideologica.”
Libertà di cambiare religione, di manifestare e praticare le proprie convinzioni religiose sia in privato che in pubblico, di sviluppare la propria vita religiosa, di trasmettere il proprio credo e di diffonderne i valori, il Rapporto analizza la presenza o la negazione della libertà religiosa in ogni nazione, fornendo dati e cifre, in molti casi, allarmanti.
“Quando si rompono le dighe della convivenza – ha affermato Marco Politi – il problema della violazione della libertà religiosa si presenta in tutta la sua valenza, al di là delle frontiere confessionali. Oggi - ha proseguito Politi - gli Stati che rappresentano un problema sono Stati chiave per l’equilibrio mondiale: come ad esempio la Cina, dove perdura il controllo sulla libertà religiosa, o l’India, dove le violenze anticristiane di questi ultimi mesi hanno raggiunto proporzioni incredibili”.
Camille Eid ha posto l’attenzione invece sugli esodi forzati di cristiani dall’Iraq, registratisi in questi ultimi mesi. “La legge approvata lo scorso settembre in Parlamento a Baghdad – ha ricordato Camille Eid - ha abrogato l’articolo che in minima parte garantiva la libertà religiosa dei cristiani in Iraq”.
“Cosa viene fuori dal Rapporto ACS 2008? – si è domandato padre Cervellera nel suo intervento allla conferenza stampa odierna - un dato interessante è senza dubbio che le offese alla libertà religiosa avvengono sempre meno per cause ideologiche e sempre più per motivi di potere. Il tentativo di bloccare la libertà religiosa mira soprattutto a impoverire gli Stati, mantenendo la popolazione in una situazione di schiavitù. In altre nazioni – ha proseguito padre Cervellera - come ad esempio la Cina, il timore di aprirsi alla libertà di culto coincide con il timore di non sollecitare in senso più ampio le altre libertà. Quindi dietro lo show di facciata, basti pensare alle Olimpiadi, la situazione di chiusura e di negazione della libertà rimane inalterata”.
Sono
oltre 60 – ancora oggi – i Paesi nei quali si contano attacchi alla libertà
religiosa. Tra i Paesi del vicino Oriente l'Egitto è quello che conta il più
grande numero di cristiani. In grande maggioranza appartengono alla Chiesa
copto-ortodossa, gli altri fanno parte delle comunità ultra-minoritarie:
copto-cattolica, armena, greco-ortodossa, greco-cattolica, caldea, maronita e
latina. Delicata la situazione dell’Eritrea, dove nell’agosto 2007 le
autorità hanno ordinato alla Chiesa cattolica di cedere al ministero per il
Benessere sociale e il lavoro tutte le strutture sociali, quali scuole,
cliniche, orfanotrofi e centri d’istruzione per le donne. Varie
fonti indicano che ci sono non meno di 2mila detenuti per ragioni religiose
(secondo Compass Direct News per il 95% sono cristiani, soprattutto di gruppi
evangelici non riconosciuti) arrestati a partire dal maggio 2002 per la loro
fede, incarcerati per mesi e anni senza accuse formali e senza processo
(nonostante la legge proibisca detenzioni superiori a trenta giorni senza che
sia contestata l’accusa), spesso in carceri militari, con condizioni di vita
molto dure e senza assistenza medica. Ma è l’Arabia Saudita il Paese islamico
in cui la libertà religiosa viene negata con maggiore evidenza, anche da un
punto di vista formale. Il Regno si dichiara “integralmente” islamico,
considera il Corano l'unica Costituzione del Paese e la sharia la sua legge
fondamentale. Tra le minacce maggiori alla libertà religiosa in Indonesia vi è
soprattutto il terrorismo. Negli ultimi anni il Paese è stato colpito da una
serie di sanguinosi attentati rivendicati dalla JI, braccio locale di al-Qaeda,
che ha attaccato in prevalenza obiettivi "occidentali", come chiese e
ambasciate. Pur garantendo la libertà religiosa, la costituzione indonesiana
non ha di fatto impedito le minacce nate da una intensa campagna di
islamizzazione, portata avanti da movimenti e formazioni estremiste e contro le
cui iniziative il governo stenta spesso ad intervenire. In Nigeria, invece, i
più diffusi atti di intolleranza e discriminazione religiosa sono quelli
lamentati dalle varie comunità cristiane presenti negli Stati più islamizzati
della Nigeria settentrionale che coincidono quasi sempre con i 12 Stati che
hanno introdotto nella loro legislazione la sharia.
Anche in Myanmar la situazione della libertà religiosa e dei diritti umani nel 2007 ha subito un netto peggioramento. Tra agosto e settembre monaci buddisti si sono messi a capo di un movimento pacifico contro i soprusi e le politiche repressive del regime militare che dal 1962 regge il Paese con il pugno di ferro.
In Iran la minoranza perseguitata con più violenza è quella dei Bahai, la più grande minoranza religiosa del paese, con circa 300mila fedeli. Grave anche la situazione nel Pakistan, dove lo strumento peggiore della repressione religiosa è la legge sulla blasfemia, l’esempio di legislazione più settaria e fondamentalista del Paese, che continua a mietere vittime.
A Cuba invece le restrizioni alla libertà religiosa contribuiscono a impoverire la presenza dei giovani tra i fedeli cattolici e a far sì che, perfino tra i praticanti, il livello di appoggio alle misure morali come l'opposizione all'aborto e al divorzio, o il gesto di sposarsi in chiesa, non siano seguiti neanche dalla metà della popolazione.
Anche in Myanmar la situazione della libertà religiosa e dei diritti umani nel 2007 ha subito un netto peggioramento. Tra agosto e settembre monaci buddisti si sono messi a capo di un movimento pacifico contro i soprusi e le politiche repressive del regime militare che dal 1962 regge il Paese con il pugno di ferro.
In Iran la minoranza perseguitata con più violenza è quella dei Bahai, la più grande minoranza religiosa del paese, con circa 300mila fedeli. Grave anche la situazione nel Pakistan, dove lo strumento peggiore della repressione religiosa è la legge sulla blasfemia, l’esempio di legislazione più settaria e fondamentalista del Paese, che continua a mietere vittime.
A Cuba invece le restrizioni alla libertà religiosa contribuiscono a impoverire la presenza dei giovani tra i fedeli cattolici e a far sì che, perfino tra i praticanti, il livello di appoggio alle misure morali come l'opposizione all'aborto e al divorzio, o il gesto di sposarsi in chiesa, non siano seguiti neanche dalla metà della popolazione.
Il
Rapporto ACS, tradotto in sette lingue e che quest’anno si presenta in una
veste internazionale, è stato presentato contemporaneamente in Italia, Francia,
Spagna e Germania.
Come richiedere il volume
Come richiedere il volume
Cristiani
perseguitati in Asia. Anche i buddisti stanno col nemico
In sei stati dell¿Asia in cui sono maggioranza, i buddisti collaborano
a reprimere le altre religioni. Lo documenta il Rapporto 2004 dell¿Aiuto alla
Chiesa che Soffre
RISOLUZIONE
DEL PARLAMENTO EUROPEO DEL 20 /1/2011 SULLA SITUAZIONE DEI CRISTIANI NEL
CONTESTO DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA - Rapporto ACS sulla Libertà Religiosa 2010 -
(Cartina PDF a fondo pagina)
Fonte: http://www.diocesi.torino.it/pls/diocesitorino/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=27894
Il Parlamento europeo ,
– viste le
sue precedenti risoluzioni, in particolare quelle del 15 novembre 2007 su gravi
episodi che mettono a repentaglio l’esistenza delle comunità cristiane e di
altre comunità religiose, del 21 gennaio 2010 sui recenti attacchi
contro comunità cristiane, del 6 maggio 2010 sugli eccidi a Jos, Nigeria, del
20 maggio 2010 sulla libertà religiosa in Pakistan e del 25 novembre 2010
sull’Iraq, la pena di morte (in particolare il caso di Tariq Aziz) e gli
attacchi nei confronti delle comunità cristiane,
– viste le sue relazioni annuali sulla situazione dei diritti
dell’uomo nel mondo e, in particolare, la sua risoluzione del 16 dicembre 2010
sulla relazione annuale 2009 sui diritti umani nel mondo,
– visto l’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
del 1948,
– visto l’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili
e politici del 1966,
– vista la dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di
tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o
il credo del 1981,
– viste le relazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite
sulla libertà di religione o di credo, in particolare quelle del 29 dicembre
2009, del 16 febbraio 2010 e del 29 luglio 2010,
– visto l’articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo del 1950,
– visto l’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea,
– visto l’articolo 3, paragrafo 5, del trattato sull’Unione
europea (TUE),
– visto l’articolo 17 del trattato sul funzionamento dell’Unione
europea (TFUE),
– vista la dichiarazione del portavoce di Catherine Ashton, alto
rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di
sicurezza/vicepresidente della Commissione, in seguito all’attentato contro i
fedeli presenti in una chiesa copta di Alessandria d’Egitto il 1° gennaio 2011,
– vista la dichiarazione di Jerzy Buzek, Presidente del Parlamento
europeo, sull’esplosione mortale occorsa il 1° gennaio 2011 in una chiesa
egiziana,
– visto l’articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che l’Unione europea ha ripetutamente espresso il suo
impegno a favore della libertà di religione, della libertà di coscienza e della
libertà di pensiero e ha sottolineato che i governi hanno il dovere di
garantire tali libertà in tutto il mondo; che lo sviluppo dei diritti dell’uomo, della democrazia e delle
libertà civili è la base comune su cui l’Unione europea fonda le sue relazioni
con i paesi terzi ed è stato contemplato dalla clausola democratica figurante
negli accordi conclusi tra l’UE e detti paesi,
B.
considerando che, secondo l’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti
civili e politici, ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di
coscienza e di religione; che tale diritto include la libertà di avere o di
adottare una religione o convinzione di propria scelta, così come la libertà di
manifestare la propria religione o convinzione, individualmente o
collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento,
le pratiche e l’osservanza dei riti,
C.
considerando che la libertà di pensiero, di coscienza e di religione vale per i
credenti ma anche per gli atei, gli agnostici e le persone senza credo,
D. considerando che nel 2010 il
numero di attentati contro le comunità cristiane nel mondo è aumentato, così
come il numero di processi e di sentenze di condanna a morte per blasfemia, che
spesso interessano le donne; che dalle statistiche sulla libertà religiosa
negli ultimi anni risulta che la maggior parte degli atti di violenza religiosa
sono perpetrati contro cristiani, come indicato nel rapporto sulla libertà
religiosa nel mondo 2009 elaborato dall’organizzazione «Aiuto alla Chiesa che
soffre»; che in alcuni casi la situazione delle comunità cristiane è tale da
compromettere la loro sopravvivenza e che, qualora esse scomparissero, una
parte significativa del patrimonio religioso dei paesi in questione andrebbe
perduta,
E. considerando che in Nigeria, l«11 gennaio 2011, ancora una
volta vittime innocenti sono cadute in atroci attacchi volti a colpire la
comunità cristiana; che il 24 dicembre 2010 sono stati perpetrati attacchi
contro alcune chiese a Maiduguri e il 25 dicembre sono stati sferrati attacchi
dinamitardi nella città nigeriana di Jos, con un bilancio di 38 civili uccisi e
di diverse dozzine di feriti; che il 21 dicembre 2010 uomini armati di spade e
machete hanno assalito un gruppo di abitanti cristiani di un villaggio locale
uccidendone tre e ferendone due a Turu, in Nigeria; che il 3 dicembre 2010
sette cristiani, tra cui donne e bambini, sono stati trovati morti, mentre
altri quattro sono rimasti feriti in un attentato nella città di Jos, in
Nigeria,
F. considerando che l’assassinio di Salmaan Taseer, governatore
del Punjab, il 4 gennaio 2011, e il caso di Asia Noreen in Pakistan hanno dato
adito a proteste da parte della comunità internazionale,
G. considerando che il 1° gennaio 2011 l’attentato terroristico
contro cristiani copti perpetrato ad Alessandria ha provocato la morte e il
ferimento di civili innocenti,
H. considerando che il 25 dicembre 2010 un sacerdote e una bambina
di 9 anni figurano nel bilancio degli 11 feriti causato da una bomba fatta
esplodere all’interno di una cappella il giorno di Natale a Sulu, nelle
Filippine,
I.considerando che il 25 dicembre 2010 la celebrazione della messa
di Natale nei villaggi di Rizokarpaso e Ayia Triada (Cipro settentrionale) è
stata interrotta con la forza,
J. considerando che il 30 dicembre 2010 attacchi terroristici di
matrice jihadista contro famiglie di cristiani assiri hanno fatto almeno due
morti e 14 feriti in una serie di attentati dinamitardi coordinati contro le
abitazioni di cristiani a Baghdad, in Iraq; che il 27 dicembre 2010 una bomba
esplosa sulla strada ha ucciso una cristiana assira e ferito suo marito a
Dujail, in Iraq; che il 22 novembre 2010 due cristiani iracheni sono stati
uccisi a Mosul; che il 10 novembre 2010 a Baghdad una serie di attentati aventi
per oggetto zone cristiane hanno causato la morte di civili innocenti; che nel
massacro compiuto il 1° novembre 2010 nella chiesa siro-cattolica di Nostra
Signora della Salvezza a Bagdad sono morte 52 persone, fra cui donne e bambini,
K. considerando che il governo iraniano ha intensificato la sua
campagna contro i cristiani nella Repubblica islamica arrestando 100 persone il
mese scorso e costringendo molti a fuggire dal paese o ad andare incontro a un
processo penale e a una possibile sentenza di condanna a morte,
L. considerando che anche in Vietnam le attività della chiesa
cattolica e di altre comunità religiose sono state gravemente represse, come
dimostra la grave situazione in cui versano le comunità dei «montagnard»
vietnamiti; che, tuttavia, il cambiamento di opinione del regime vietnamita in
merito al caso di padre Nguyen Van Ly, che ha portato alla sua liberazione, può
essere valutato positivamente,
M.
considerando che gli attacchi da parte di estremisti islamici violenti sono
altresì attacchi all’attuale regime degli Stati in questione, volti a creare
disordini e a scatenare la guerra civile tra i diversi gruppi religiosi,
N. considerando che l’Europa, come altre parti del mondo, non è immune
da casi di violazione della libertà di religione, attacchi a membri delle
minoranze religiose sulla base delle loro convinzioni, e da discriminazioni per
motivi religiosi,
O. considerando che il dialogo intercomunitario è essenziale per
promuovere la pace e la comprensione reciproca tra i popoli,
1. condanna i recenti attacchi contro le comunità cristiane in diversi
paesi ed esprime la sua solidarietà alle famiglie delle vittime; si dichiara
vivamente preoccupato per il moltiplicarsi di episodi di intolleranza e
repressione e per gli atti di violenza ai danni di comunità cristiane, in
particolare nei paesi dell’Africa, dell’Asia e del Medio Oriente;
2. valuta positivamente gli sforzi esplicati dalle autorità dei
paesi interessati per individuare gli autori e i responsabili degli attacchi
contro le minoranze cristiane; esorta vivamente i governi a garantire che gli
autori di tali reati e tutti i responsabili degli attentati e di altri atti di
violenza contro cristiani o altre minoranze religiose o di altro tipo siano
tradotti dinanzi alla giustizia e sottoposti a un giusto processo;
3. condanna fermamente ogni atto di violenza contro cristiani e
altre comunità religiose, come pure tutti i tipi di discriminazione e
intolleranza basati sulla religione e la fede contro chi pratica una religione,
gli apostati e i non credenti; sottolinea ancora una volta che il diritto alla libertà di pensiero,
di coscienza e di religione è un diritto umano fondamentale;
4. è preoccupato per l’esodo dei cristiani da diversi paesi, in
particolare del Medio Oriente, registrato negli ultimi anni;
5. esprime la propria preoccupazione per il fatto che la legge
pakistana sulla blasfemia, cui il defunto governatore Salman Taseer si era
pubblicamente opposto, sia ancora utilizzata per perseguitare comunità
religiose fra cui i cristiani, e segnatamente Asia Noreen, una madre di cinque
figli condannata a morte, e che l’assassino del governatore Salman Taseer sia considerato
un eroe da vaste fasce della società pakistana;
6. si compiace della reazione dell’opinione pubblica egiziana, che
ha condannato con vigore l’atto terroristico e ha rapidamente compreso che
l’attentato mirava a compromettere i vincoli tradizionali saldamente radicati
tra cristiani e musulmani in Egitto; accoglie positivamente le dimostrazioni
congiunte di cristiani copti e musulmani in Egitto, organizzate per protestare
contro l’attentato; plaude altresì alla pubblica condanna dell’attentato da parte
del presidente egiziano Hosny Mubarak, del Gran sceicco di Al-Azhar e del Gran
Muftì d’Egitto;
7. condanna l’interruzione con la forza, da parte delle autorità
turche, della messa celebrata il giorno di Natale per i 300 cristiani residenti
nella parte settentrionale di Cipro;
8. esprime grave preoccupazione per l’abuso della religione da
parte dei responsabili di atti terroristici in numerose regioni del mondo; denuncia la
strumentalizzazione della religione in diversi conflitti politici;
9. sollecita le autorità degli Stati che registrano un numero
allarmante di attacchi contro comunità religiose ad assumersi le loro
responsabilità garantendo a tutte le confessioni religiose lo svolgimento
normale e pubblico delle loro pratiche, ad adoperarsi maggiormente per
assicurare una protezione affidabile ed efficace alle comunità religiose
presenti nei loro paesi e a garantire la sicurezza personale e l’incolumità
fisica dei membri delle comunità religiose presenti nel paese, rispettando in
tal modo gli impegni che esse stesse hanno già contratto sulla scena
internazionale;
10. sottolinea ancora una volta che il rispetto dei diritti dell’uomo e
delle libertà civili, comprese la libertà di religione o di credo, sono
principi e obiettivi fondamentali dell’Unione europea e costituiscono una base
comune nelle sue relazioni con i paesi terzi;
11. invita il Consiglio, la Commissione e l’alto rappresentante
dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente
della Commissione europea a prestare maggiore attenzione al tema della libertà
di religione o di credo e alla situazione delle comunità religiose, inclusi i
cristiani, negli accordi e nella cooperazione con i paesi terzi nonché nelle
relazioni sui diritti dell’uomo;
12.
invita il prossimo Consiglio affari esteri del 31 gennaio 2011 a discutere la
questione della persecuzione dei cristiani e del rispetto della libertà di
religione o di credo, discussione che dovrebbe portare a risultati concreti
soprattutto per quanto riguarda gli strumenti che si possono utilizzare per
offrire sicurezza e protezione alle comunità cristiane religiose minacciate in
qualunque parte del mondo;
13. invita l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la
politica di sicurezza/vicepresidente della Commissione a sviluppare con urgenza
una strategia dell’UE sull’esercizio del diritto umano alla libertà di
religione, che preveda un elenco di misure contro gli Stati che
intenzionalmente non tutelano le confessioni religiose;
14.
chiede all’alto rappresentante dell’Unione, alla luce dei recenti eventi e
della necessità crescente di analizzare e comprendere l’evoluzione delle
questioni culturali e religiose nelle relazioni internazionali e nelle società
contemporanee, di predisporre in seno alla Direzione diritti umani del Servizio
europeo per l’azione esterna una capacità permanente per seguire la situazione
delle restrizioni governative e sociali alla libertà religiosa e ai diritti ad
essa correlati e di riferire annualmente in merito al Parlamento;
15. invita il Consiglio, la Commissione, l’alto rappresentante
dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente
della Commissione e il Parlamento a inserire un capitolo sulla libertà
religiosa nella loro relazione annuale sui diritti dell’uomo;
16. esorta vivamente le istituzioni dell’UE a tener fede all’obbligo di
cui all’articolo 17 TFUE di mantenere un dialogo aperto, trasparente e regolare
con le chiese e le organizzazioni religiose, filosofiche e laiche, in modo da
garantire che la persecuzione dei cristiani e di altre comunità religiose sia
una questione prioritaria oggetto di una discussione sistematica;
17. invita i leader di tutte le comunità
religiose in Europa a condannare gli attacchi ai danni delle comunità cristiane
e di altri gruppi religiosi sulla base del pari rispetto per ciascuna
confessione;
18. ribadisce il proprio sostegno a tutte le iniziative volte a
promuovere il dialogo e il rispetto reciproco tra comunità religiose e di altro
tipo; invita tutte le autorità religiose a promuovere la tolleranza e ad
assumere iniziative contro l’odio nonché la radicalizzazione violenta e di
stampo estremistico;
19. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente
risoluzione al Consiglio, alla Commissione, all’alto rappresentante dell’Unione
per gli affari esteri e la politica di sicurezza/vicepresidente della
Commissione europea, ai parlamenti e ai governi degli Stati membri, al
parlamento e al governo dell’Egitto, al parlamento e al governo dell’Iran, al
parlamento e al governo dell’Iraq, al parlamento e al governo della Nigeria, al
parlamento e al governo del Pakistan, al parlamento e al governo delle
Filippine, al parlamento e al governo del Vietnam e all’Organizzazione della
Conferenza islamica.
31 agosto 2011 :: Corriere
della Sera
Declino degli ordini
religiosi E' la fine di una grande storia?
di Vittorio Messori
Il male della Chiesa (e degli
uomini di Chiesa)
di Vittorio Messori
Estinzione di un Ordine
Religioso
Come si svolge, dal punto di vista pratico e giuridico,
l'estinzione di un ordine religioso?
Non mi riferisco al caso della soppressione canonica, bensì a quello in cui un ordine religioso rimanga con un numero di membri così esiguo da rendere impossibile il suo funzionamento, oppure che scompaia del tutto.
Non mi riferisco al caso della soppressione canonica, bensì a quello in cui un ordine religioso rimanga con un numero di membri così esiguo da rendere impossibile il suo funzionamento, oppure che scompaia del tutto.
Probabilmente in un prossimo futuro questa ipotesi potrebbe verificarsi: molti ordini religiosi sperimentano, già ora, un costante calo delle vocazioni ed un progressivo invecchiamento dei loro componenti.
In via transitoria si chiudono delle case qua e là, spostando i membri nelle case rimaste aperte, o si razionalizzano le circoscrizioni; ma qualora il numero dei religiosi o delle religiose si riducesse in modo drastico? Fino a che punto un ordine religioso può continuare ad esistere? Anche con un solo frate/suora?
Nel caso si estinguano tutti i suoi membri, a chi viene devoluto il patrimonio?
Qualora invece, dopo tale estinzione, qualcuno volesse farlo rivivere, deve ricostituirlo di sana pianta seguendo l'iter per l'approvazione degli statuti ecc.?
Fonte: http://www.cattoliciromani.com/forum/showthread.php/ardorini-37282.html?t=37282&highlight=gesuati
E' già successo coi Gesuati, coi
Canonici di san Giorgio e con gli Eremiti di san Gerolamo. Erano ormai pochi e
l'ardore andava scemando, così Papa Clemente IX li sciolse con la bolla Romanus Pontifex, del 6
Dicembre 1668.
Secolarizzazione addio. È l'ora del
toro nella borsa delle religioni
Contrordine:
non siamo più così atei
Intervista con Massimo Introvigne, di Roberto Beretta
Intervista con Massimo Introvigne, di Roberto Beretta
SABATO
13 MARZO 2010
Le cause del declino delle vocazioni
Il
sociologo delle religioni Massimo Introvigne, in un convegno alla Lateranense
sul sacerdozio, lo scorso 11 marzo, ha presentato queste interessantissime
riflessioni che, tra le altre cose, forniscono supporto empirico e scientifico
(nei termini della scienza sociologica) a quel che noi tradizionalisti sappiamo
fin troppo bene: ossia che la rivoluzione postconciliare è la CAUSA, e non
certo il RIMEDIO, dell'attuale disfacimento nella Chiesa. Spesso sostengono i
progressisti che i problemi della Chiesa derivano da un'insufficiente
modernizzazione e apertura al mondo, e concludono dicendo che, senza le
innovazioni del Concilio (che in realtà son quasi tutte del postconcilio, ma
lasciam correre), la situazione sarebbe peggiore. Contro questo argomento,
ricorrente, soccorrono ora analisi come quella che segue. Ma prima ancora, a
livello più generale, basta una semplicissima osservazione. Nel cattolicesimo,
in quali nazioni la situazione della fede è peggiore (meno pratica, meno
vocazioni, meno battesimi ecc.)? In quelle del Nordeuropa, dove maggiore è
stata l'impronta progressista (in Italia, ad es., siam messi un po' meno
peggio): pensiamo a Olanda, Belgio, Germania, Francia... E più in generale,
confrontando le religioni, quali decrescono e quali avanzano? Nel primo gruppo:
luterani, anglicani, calvinisti (che hanno aperto al divorzio, all'eutanasia,
alla contraccezione se non addirittura all'aborto, ai matrimoni gay, ecc.). Nel
secondo gruppo: evangelici, pentecostali, musulmani... religioni rigide ed
inflessibili. E' innegabile che c'è una relazione biunivoca tra modernismo e
perdita del senso religioso.
L’analisi
di alcuni mutazioni antropologiche che sembrano di particolare rilievo per un
accostamento sociologico ai problemi che il sacerdozio cattolico incontra oggi
è condotta in questo contributo secondo i principi della teoria sociologica
detta dell’economia religiosa. I fondatori di questa teoria sono i sociologi
statunitensi Rodney Stark, Roger Finke e Laurence R. Iannaccone, e il punto di
partenza del loro metodo è l’idea che alla sociologia delle religioni sia
possibile applicare con frutto modelli che derivano dagli studi sull’economia.
Il “campo religioso” è studiato anche come una forma di “mercato” in cui organizzazioni
in concorrenza fra loro si contendono la fedeltà di “consumatori religiosi”. La
teoria può sembrare brutale e perfino “scandalosa” in alcune sue formulazioni:
va interpretata con un certo beneficio d’inventario, non senza affiancarle
altri modelli interpretativi. Quella del “mercato religioso” non può che essere
una metafora, un utensile metodologico, se non si vuole correre il rischio di
ridurre la religione a un prodotto fra altri. Con queste precisazioni, la
teoria si è rivelata però spesso utile come strumento sia d’interpretazione ex
post sia di previsione ex ante.
Occorre, del resto, sgomberare il terreno da un equivoco frequente in tema di
teorie dell’economia religiosa. Potrebbe sembrare che queste teorie
s’interessino solo di come è “venduto” ciascun “prodotto” religioso,
trascurando le dottrine. È precisamente il contrario. Proprio se si applicano
modelli mutuati dalla scienza economica non ha senso ignorare le dottrine,
perché sono le dottrine il “prodotto” che le “aziende religiose” offrono.
Sarebbe come occuparsi del mercato delle automobili ignorando le automobili.
Scrivono Stark e Finke che “nella pratica i comportamenti religiosi e la
teologia sono collegati. Contrariamente alle proteste dei nostri critici meno
attenti secondo cui il nostro accostamento riduce semplicemente la religione al marketing,
abbiamo sempre sostenuto che l’incapacità di alcune denominazioni, quelle
‘progressiste,’ di ‘vendersi’ con successo trova le sue radici nelle loro
dottrine – solo vivide concezioni di un soprannaturale attivo e provvidente
possono generare un’atmosfera religiosa vigorosa” (Stark e Finke 2000a,
257-258).
Le teorie dell’economia religiosa si sono occupate anche del sacerdozio e della
vita consacrata cattolica. Corre quest’anno il decennale di uno studio molto
famoso e anche discusso – che vorrei particolarmente analizzare in questo
intervento – pubblicato nel numero di dicembre del 2000 della Review
of Religious Research, organo della Religious
Research Association, dagli stessi Stark e Finke, con il titolo Catholic
Religious Vocation: Decline and Revival, “La vocazione religiosa
cattolica: declino e risveglio” (Stark e Finke 2000b). A giusto titolo, questa
ricerca è stata considerata un esempio tipico e paradigmatico di come
“funziona” in concreto il metodo dell’economia religiosa. Potrà essere il punto
di partenza anche per le nostre considerazioni.
I due sociologi prendono in esame la caduta libera delle vocazioni al
sacerdozio e alla vita religiosa maschile e femminile cattolica in sei Paesi –
Stati Uniti d’America, Canada, Francia, Germania, Gran Bretagna e Olanda – nei
trent’anni successivi al Concilio Ecumenico Vaticano II e ne indagano le cause. Dal
punto di vista quantitativo, la caduta è stata indubbiamente spettacolare
soprattutto fra i candidati al sacerdozio – da -81% in Olanda a -54% in Gran
Bretagna –, quindi fra le vocazioni religiose maschili, da -82% in Gran
Bretagna a -68% in Francia, nonché, in misura minore, fra quelle femminili: da
-51% in Olanda a -43% in Gran Bretagna (ibid., 125-126). Per una serie di
ragioni metodologiche – prima fra tutte la popolarità deigender studies nella sociologia delle
religioni di lingua inglese – la maggior parte degli studi si sono concentrati,
più che sui sacerdoti, sulle suore, e sono stati dominati dai lavori dalla
sociologa dell’Università di Houston Helen Rose Ebaugh (a partire da Ebaugh
1977; Ebaugh 1993) e dei suoi allievi. Secondo la Ebaugh, il numero delle suore
è diminuito a causa delle maggiori possibilità offerte alle donne cattoliche —
cui la scelta della vita religiosa offriva in precedenza opportunità uniche di
mobilità verso l’alto — nei campi dell’educazione e del lavoro secolari.
Stark e Finke nella ricerca citata contestano questa conclusione della
sociologa di Houston. Pur riconoscendola come “elegante” e bene argomentata
(Stark e Finke 2000b, 126), i due teorici dell’economia religiosa sospettando
che la tesi della Ebaugh abbia qualcosa a che fare con la sua stessa biografia
di ex-suora (dell’ordine della Divina Provvidenza) sposata e non sia
completamente confermata dai dati empirici. E questo per diverse ragioni, di
cui tre decisive. Anzitutto, perché negli stessi anni insieme al numero di
vocazioni religiose femminili è diminuito anche quello delle vocazioni maschili
sia religiose sia sacerdotali – anzi, quest’ultimo in misura maggiore –, che
non dovrebbe avere relazioni dirette con le opportunità di realizzarsi nella
vita secolare offerte alle donne. Tra l’altro le mutazioni sono “recenti” fra
virgolette – come nel titolo che gli organizzatori hanno assegnato a questa
comunicazione – perché la ricerca di Stark e Finke mostra come la caduta davvero
impressionante negli Stati Uniti delle vocazioni maschili inizi alla fine degli
anni 1960 e abbia i suoi tassi più significativi in un’epoca precedente agli
episodi di pedofilia attribuiti a sacerdoti, i quali dunque – per quanto
possano avere contribuito alla crisi vocazionale – non ne sono la causa
principale.
In secondo luogo la tesi della Ebaugh non appare convincente perché applicando
gli “indici” costruiti dalla sociologa del Texas per misurare le “possibilità
secolari” offerte alle donne, si conclude che queste “possibilità” aumentano in
modo continuo almeno a partire dal 1948. Ma, dal 1948 al 1965, pur
crescendo le possibilità di educazione e carriera secolari offerte alle donne
negli Stati Uniti, cresce anche il numero di suore. Dal 1965 in poi, le
“possibilità secolari” continuano a crescere, ma il numero di suore invece
diminuisce.
Infine, mentre il processo di crescita delle “possibilità secolari”
– anche per i cattolici americani di sesso maschile, le cui comunità hanno
conosciuto una notevole mobilità sociale verso l’alto – è graduale e continuo,
la caduta del numero delle vocazioni è repentina e discontinua, e avviene
principalmente nel quadriennio 1966-1969, con successiva stabilizzazione verso
il basso fino almeno alla fine del XX secolo. Finke e Stark
ne concludono che si deve cercare come causa principale del declino delle
vocazioni un avvenimento, o una serie di avvenimenti, che si è verificato nella
seconda metà degli anni 1960 in modo improvviso e che ha coinvolto sia gli
uomini sia le donne cattoliche. Questo avvenimento, secondo i due sociologi
americani, può essere solo l’insieme di fattori che derivano dalla crisi
successiva al Concilio Ecumenico Vaticano II, come è noto particolarmente grave
negli Stati Uniti. Applicando il modello dell’economia religiosa, Stark e Finke
affermano che, con questi avvenimenti, i costi della scelta sacerdotale e
religiosa cattolica sono diminuiti in modo marginale – forse la disciplina si è
rilassata, ma la struttura fondamentale improntata a rinuncia al matrimonio,
povertà e obbedienza è rimasta ben presente – mentre i benefici sono diminuiti
in modo repentino e drammatico. La crisi postconciliare ha reso meno viva sia
la communitas all’interno dei presbiteri e dei conventi, sia la stima unica di
cui le figure sacerdotali e religiose godevano all’interno del mondo cattolico
in generale, anche in forza della loro “separatezza” segnata da particolari
caratteristiche distintive.
Giacché la teoria dell’economia religiosa postula che le scelte vocazionali non
si sottraggono alla normale dinamica di una stima implicita del rapporto
costi-benefici, Finke e Stark concludono che questo rapporto è stato
improvvisamente e drammaticamente alterato negli anni tumultuosi del
postconcilio statunitense, evidentemente sia per gli uomini sia per le donne. Lo stesso
Benedetto XVI ha notato che “in un mondo in cui la visione comune della vita
comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la ‘funzionalità’ diviene
l’unica decisiva categoria”, “la concezione cattolica del sacerdozio” ha
rischiato “di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno
della coscienza ecclesiale” (Benedetto XVI 2009a). La
visione esclusivamente funzionalistica del sacerdozio, che ne attenua l’unicità
e la visibilità – mentre per Benedetto XVI la concezione
“sacramentale-ontologica” e quella “sociale-funzionale” non devono essere
“contrapposte, e la tensione che pur esiste tra di esse va risolta
dall’interno” (ibid.) – deriva certamente da condizioni esterne alla Chiesa, ma
ha pure cause interne: “anche all’interno della coscienza ecclesiale”, afferma
il Papa.
È possibile una controprova empirica. Se si paragona la situazione dei sei
Paesi studiati da Stark e Finke con quella del Portogallo, della Spagna e
dell’Italia – trascuriamo la Polonia, la Lituania o Malta, dove giocano fattori
nazionali identitari che rendono il paragone con gli Stati Uniti o il Nord
Europa meno omogeneo – ci si accorge che dopo il 1965 in questi Paesi il numero
di vocazioni, se diminuisce, non lo fa con lo stesso ritmo drammatico. Qui il
declino delle vocazioni sembra essere stato frenato anzitutto da ragioni di
tipo culturale: le figure sacerdotali e religiose continuano a godere di
autorevolezza e stima confermata da numerose indagini statistiche e anche dalla
cultura popolare. Pensiamo a come nei film e negli sceneggiati televisivi in
Italia i sacerdoti e le suore siano rappresentati in modo in genere più
favorevole rispetto ai prodotti di Hollywood. Ma è anche vero che in Italia o
nella penisola iberica la crisi e il dissenso postconciliari, pure non assenti,
non hanno raggiunto quel grado di virulenza bene illustrato per gli Stati Uniti
da un piccolo libro giustamente famoso e influente del grande filosofo e
romanziere cattolico recentemente scomparso Ralph McInerny (1929-2010), What
Went Wrong With Vatican II (McInerny
1998).
Non si deve naturalmente esagerare la tenuta dei dati quantitativi relativi
alla Chiesa Cattolica in Paesi come l’Italia. Sappiamo che anche qui ci sono
problemi, non solo in tema di sacerdoti ma anche di fedeli. Tra l’altro i dati
sulla partecipazione alla Messa, che non è l’unico indice dello stato di salute
sociologico di una Chiesa ma è considerato da molti il più significativo,
devono tenere conto del cosiddetto over-reporting, cioè della
discrepanza fra quanti affermano di andare a Messa tutte le domeniche nelle survey condotte per telefono o via questionari
e quanti di fatto sono contati alle porte delle chiese in un week-end tipo. Sono in grado di
anticipare i risultati di una ricerca, non ancora pubblicata, da me diretta nel
2009 nella diocesi siciliana di Piazza Armerina, che comprende oltre al capoluogo
alcuni grossi centri come Enna e Gela. Questa ricerca ha cercato di superare
obiezioni metodologiche rivolte a precedenti studi analoghi e ha combinato unasurvey telefonica (metodo CATI) con
una rilevazione molto minuta dei presenti a tutte le Messe in un week-end
considerato tipico, considerando anche le celebrazioni di piccoli
gruppi e movimenti e perfino le comunioni portate a casa ai malati. Ebbene
nell’area della ricerca dichiara di andare a Messa almeno una volta la
settimana il 30,1% della popolazione (il 33,6% afferma di partecipare alla
Messa o ad altri riti religiosi ma si deve considerare un 3,5% di fedeli di
confessioni religiose non cattoliche, in un’area che ha una forte presenza di
protestanti pentecostali). La rilevazione alle porte delle chiese ha attestato
una frequenza del 18,3%.
Leggendo questi dati occorre evitare la tentazione di considerare la
rilevazione come lo strumento che ci permette di scoprire i praticanti “veri”,
nella specie il 18,3%, contrapposti a ipotetici praticanti “falsi”, il 30,1%.
Al dato statistico non va fatto dire più di quello che effettivamente dice.
Anche il risultato della survey telefonica è a suo modo
importante, oltre che in linea con survey italiane precedenti, e non è
“smentito” dalla rilevazione. Indica un’intenzione e un’aspirazione a
partecipare alla Messa che è di assoluto rilievo per ogni discorso
sull’identità e l’identificazione dei cattolici della zona. Ci sono poi, emerse
dalla stessa ricerca, le cerchie più vaste dei praticanti occasionali (51,4%) e
dei cattolici che dichiarano di sentirsi parte della Chiesa (92,2%), dato
quest’ultimo a sua volta inferiore al numero dei battezzati, il quale comprende
pure persone che dopo il Battesimo hanno aderito ad altra religione o che si
dichiarano non credenti. Una situazione, come si vede, complessa. Ma che mostra
come anche in Italia i “numeri della crisi” meritino qualche riflessione.
Un’altra controprova delle tesi di Stark e Finke, sulla cui pista
metteva precisamente già la loro ricerca del 2000, consiste nel fatto che dove
è promossa, in particolare a partire dagli anni 1990, una vita religiosa e
sacerdotale più immune dalla contestazione, più vivace e calorosa e più fedele
alle indicazioni del Magistero della Chiesa, lì le vocazioni riprendono ad
aumentare. Questo si verifica in comunità e ordini religiosi considerati –
almeno nel linguaggio giornalistico – “conservatori” e anche in alcune diocesi
statunitensi. In base a certi parametri, già Stark e Finke costruivano nella
loro ricerca due elenchi, uno delle diocesi statunitensi considerate – almeno
dalla stampa – più “ortodosse” e l’altro di quelle più toccate dal dissenso e
dalla contestazione del Magistero. Esaminavano poi i dati relativi alle
ordinazioni e ai seminaristi negli anni 1990 per concludere che il loro numero
in percentuale sul numero dei cattolici diocesani era tre volte superiore nelle
diocesi “ortodosse” rispetto a quelle dove più forte era il dissenso.
Stark e Finke – che non sono cattolici, anche se Stark ha
recentemente annunciato, proprio sulla base di una riflessione sociologica
sulla storia, il suo ritorno al cristianesimo, che non è però maturato
nell’adesione a una specifica comunità o Chiesa – ribadivano nel loro studio di
non volere affatto sostenere “che la Chiesa cattolica deve adottare una
soluzione conservatrice per risolvere i suoi problemi Evidentemente fornire
indicazioni di questo genere non spetta alle scienze umane di vocazioni” (Stark
e Finke 2000b, 136).. Dal loro punto di vista, meramente tecnico, Stark e Finke
osservavano che la Chiesa Cattolica avrebbe potuto risolvere la crisi
vocazionale in due modi: diminuendo i costi o “restaurando i benefici
tradizionali” (ibid., 137). Come emergeva in quello studio (ibid.), e ancor
più nelle discussioni che ha generato, “diminuire i costi” è una formula che è
stata perseguita, per esempio, da diverse branche della Comunione Anglicana:
“paghe alte” – soprattutto negli Stati Uniti, buoni stipendi da manager per i vescovi – e “virtualmente
nessuna restrizione”; porte aperte ai divorziati, agli omosessuali praticanti,
e così via. I risultati anglicani, come è noto, non sono stati brillantissimi.
“Restaurare i benefici tradizionali” sembrerebbe dunque più promettente che
“diminuire i costi”.
Tutta la discussione sulla ricerca di Stark e Finke va inquadrata in
un contesto sociologico più generale. Da molti anni la sociologia delle
religioni nota che – contrariamente alla vulgata secondo cui il cristianesimo
perde colpi perché non è in sintonia con il mondo moderno e mantiene posizioni
anacronistiche e premoderne, soprattutto in tema di morale sessuale – di fatto,
nel mondo protestante avanzano le denominazioni evangelical e pentecostali, la cui morale
sessuale è spesso rigorosa, e il cui antagonismo verso la modernità è notevole.
Perdono invece membri le comunità liberal, che pure ricevono
l’applauso di certi media per le loro posizioni tolleranti in materia di
aborto, eutanasia o omosessualità. Questo non avviene perché i cristiani siano
irragionevoli e masochisti ma, al contrario, perché quelli che la teoria che ho
illustrato chiama “consumatori religiosi” sono a loro modo eminentemente
ragionevoli e, come tutti i consumatori, non considerano né i soli costi, né i
soli benefici, ma il rapporto costi-benefici, che nelle religioni è spesso più
favorevole là dove i costi sono più alti.
Questi fenomeni sono stati spiegati applicando alle organizzazioni
religiose la teoria del free rider (cfr.
Iannaccone 1992, 1994; Iannaccone, Olson e Stark, 1995). La formulazione
classica di questa teoria si deve a Mancur Olson (1932-1998). Il free
rider, il viaggiatore “che non paga il biglietto”, è colui che
partecipa a una qualunque forma di organizzazione sociale cercando di ottenerne
i benefici senza pagare i costi. Chi sale a
bordo di un autobus senza pagare corrisponde perfettamente alla definizione:
riesce a “viaggiare gratis”, ma solo nel senso che in realtà sono gli altri a
pagare per lui. Secondo Olson la strategia del free rider può avere successo solo se il
numero degli stessi free rider è limitato. Se alcuni non
pagano il biglietto, l’autobus continuerà a viaggiare – al massimo, ai
viaggiatori onesti sarà chiesto di pagare di più. Ma se quasi nessuno paga il
biglietto la linea di autobus sarà costretta a chiudere, e nemmeno il free
rider potrà
più viaggiare gratuitamente. Lo stesso vale
per organizzazioni assai più complesse di una linea di autobus, comprese le
parrocchie: possono tollerare un certo numero di free
rider, ma se il numero cresce, si trovano di fronte a problemi
sempre più difficili da risolvere e infine cessano di funzionare. Anche nelle
organizzazioni religiose o tra chi frequenta i sacerdoti e va a Messa molti
vogliono solo “assistere”, non “partecipare” o contribuire. Sono tipici free
rider. Il problema, però, è che i beni simbolici offerti dalle
organizzazioni religiose sono non soltanto fruiti, ma anche prodotti
collettivamente.
Le organizzazioni, le congregazioni e le parrocchie più rigorose e
“ortodosse” chiedono di più, e quindi diminuiscono il numero di free
rider. Si potrebbe ritenere che chiedendo di più – in linguaggio
economico, aumentando i costi – sia i fedeli sia le vocazioni diminuiscano. In
realtà spesso avviene il contrario. Le teorie economiche infatti c’insegnano
che i consumatori cercano di minimizzare i costi e massimizzare i benefici. Non cercano
soltanto di limitare i costi, a qualunque condizione, ma si sforzano di
arrivare a un ragionevole equilibrio fra costi e benefici. Chi acquista
un’automobile non cerca semplicemente di spendere il meno possibile: anzi, sa
che spendendo troppo poco sarà verosimilmente ingannato dal proverbiale
venditore disonesto di auto usate. Anche i “consumatori religiosi” sono
disposti a pagare di più – entro certi limiti – se pensano di ottenere di più.
Nel loro caso non si tratta principalmente di costi economici, ma di costi
simbolici. Chiedendo di rispettare norme che creano tensione con la maggioranza
sociale in settori come la morale sessuale o il rapporto con la verità in una
cultura dominata dal relativismo, le organizzazioni religiose creano barriere
di entrata e riducono il numero di potenziali free rider che potrebbero entrare.
Naturalmente perché una congregazione cattolica sia viva, non sia
composta in maggioranza di free rider, abbia un buon
rapporto con i suoi sacerdoti e generi anche vocazioni sacerdotali e religiose
non basta una sociologia dell’efficienza. Occorre che ciascuno si senta
partecipe e non solo spettatore, e prima di dare il suo contributo si senta
“preso in cura” personalmente dal sacerdote. Da questo punto di vista se si
vuole ridurre il numero di free rider occorre assicurarsi che il
contatto personale e autorevole fra sacerdote – particolarmente, parroco – e
fedeli sia sempre garantito. E ci si può chiedere se sia proprio così quando si
passa dalle parrocchie alle unità pastorali, con la conseguenza di “allungare”
le relazioni mentre sono proprio quelle che la sociologia chiama “relazioni
corte”, più personali e dirette, a garantire contro la proliferazione dei free
rider: i quali, si potrebbe dire, non sono sempre free rider per colpa loro.
Ancora una volta, da sociologo, vorrei insistere sul fatto che la sociologia di
per sé non risolve nessun problema pastorale e può dare contributi utili solo
se si presenta con la necessaria umiltà metodologica. L’accostamento alla
religione in termini di mercato, consumatori, costi e benefici potrà perfino
scandalizzare chi ha meno familiarità con le teorie della religious
economy. E sarebbe giusto che fosse così se queste non fossero –
insisto sul punto, a costo di ripetermi – soltanto metafore, elementi
metodologici da considerare come semplici – e umili – strumenti. Ultimamente,
vale anche per i sociologi il richiamo di Benedetto XVI nel discorso
all’udienza generale del 1° luglio 2009, dedicata all’Anno Sacerdotale: “A
fronte di tante incertezze e stanchezze anche nell’esercizio del ministero
sacerdotale, è urgente il recupero di un giudizio chiaro ed inequivocabile sul
primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso
d’Aquino [1225-1274]: ‘Il più piccolo dono della grazia supera il bene naturale
di tutto l’universo’ (Summa Theologiae, I-II, q. 113, a. 9, ad 2)” (Benedetto
XVI 2009b).
Fonte: Cesnur
"La vocazione religiosa cattolica: declino e risveglio": un’analisi sulla base dei criteri della "rational choice"
Fonte: http://www.alleanzacattolica.org/indici/articoli/introvignem303.htm
MASSIMO INTROVIGNE, Cristianità n. 303 (2001)
I sociologi americani
Rodney Stark e Roger Finke sono, con Laurence R. Iannaccone (1), fra i padri
della teoria della rational choice, secondo cui alla sociologia delle religioni è possibile
applicare con frutto modelli che derivano dagli studi sull’economia, e il campo
religioso può essere studiato anche come una forma di "mercato"
in cui "ditte" in concorrenza fra loro si contendono la fedeltà dei
"consumatori" (2). Gli studi di Stark e Finke sul "mercato" protestante,
da questo punto di vista, hanno fatto scuola (3). La teoria della rational choice può sembrare brutale e perfino
"scandalosa" in alcune sue formulazioni, e va interpretata con un
certo beneficio d’inventario e non senza affiancarle altri modelli interpretativi
(4). Si è però rivelata assai utile come strumento sia d’interpretazione ex post sia di previsione ex ante, e ha per esempio il
merito di aver previsto con anticipo rispetto ad altri modelli il declino della
secolarizzazione e l’avvento del "sacro postmoderno" (5).
Dal punto di vista metodologico, gl’interventi di Stark e Finke
meritano quindi attenzione al di là dei casi specifici che prendono in esame.
Nel numero di dicembre del 2000 della Review
of Religious Research, organo della Religious Research Association, Stark e
Finke firmano il saggio di apertura sul tema Catholic
Religious Vocation: Decline and Revival, "La vocazione religiosa
cattolica: declino e risveglio" (6). I due sociologi prendono in esame la
caduta libera delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa maschile e
femminile cattolica in sei paesi — Stati Uniti d’America, Canada, Francia,
Germania, Gran Bretagna e Olanda — nel trentennio 1965-1995 e ne indagano le
cause. Dal punto di vista quantitativo, la caduta è stata indubbiamente
spettacolare soprattutto fra i candidati al sacerdozio — da –81% in Olanda a
–54% in Gran Bretagna —, quindi fra le vocazioni religiose maschili (da –82% in
Gran Bretagna a –68% in Francia — e, in misura minore, fra quelle femminili: da
–51% in Olanda a –43% in Gran Bretagna (7). Per una serie di ragioni
metodologiche — prima fra tutte la popolarità dei gender studies, gli "studi
sul genere", maschile o femminile, nella sociologia delle religioni di
lingua inglese — la maggior parte degli studi si concentrano sulla diminuzione
del numero delle suore, e sono dominati dai lavori di Helen Rose Ebaugh e dei
suoi allievi (8). Secondo l’Ebaugh, il numero delle suore è diminuito a causa
delle maggiori possibilità offerte alle donne cattoliche — cui la scelta
religiosa offriva in precedenza opportunità uniche di mobilità verso l’alto —
nei campi dell’educazione e del lavoro secolari. Stark e Finke ritengono questa
conclusione, per quanto"elegante" e bene argomentata dall’eminente
sociologa di Houston (9), non confermata dai dati empirici per diverse ragioni,
di cui tre decisive. Anzitutto, perché negli stessi anni insieme al numero di
vocazioni religiose femminili è diminuito anche quello delle vocazioni maschili
— anzi, quest’ultimo in misura maggiore —, che non dovrebbe avere relazioni
dirette con le opportunità di realizzarsi nella vita secolare offerte alle
donne. In secondo luogo — e soprattutto — perché applicando
gl’"indici" costruiti dalla Ebaugh per misurare le "possibilità
secolari" offerte alle donne, si conclude che queste
"possibilità" aumentano in modo continuo almeno a partire dal 1948.
Ma, dal 1948 al 1965, pur crescendo le possibilità di educazione e carriera
secolari offerte alle donne negli Stati Uniti d’America, cresce anche il numero
di suore; dal 1965 in poi, le "possibilità secolari" continuano a
crescere, ma il numero di suore invece diminuisce. Infine, mentre il processo
di crescita delle "possibilità secolari" è graduale e continuo, la
caduta del numero delle nuove suore è repentina e discontinua, e avviene
principalmente nel quadriennio 1966-1969, con successiva stabilizzazione verso
il basso fino ad anni recenti. Finke e Stark ne concludono che si deve cercare
come causa principale del declino delle vocazioni un avvenimento, o una serie
di avvenimenti, che si è verificato nella seconda metà degli anni 1960 in modo
improvviso e che ha coinvolto sia gli uomini sia le donne cattoliche. Questo
avvenimento, secondo i due sociologi americani, può essere solo l’insieme di
fattori che derivano dal Concilio Ecumenico Vaticano II e dalle riforme
postconciliari: fra il Concilio e il postconcilio vi è, beninteso, una
differenza che non sempre riceve attenzione nell’articolo di Finke e Stark.
Applicando il modello della rational
choice, i due sociologi affermano che, con questi avvenimenti, i costi della scelta sacerdotale e
religiosa cattolica sono diminuiti in modo marginale — certo, la disciplina si
è rilassata, ma la struttura fondamentale improntata a castità, povertà e
obbedienza è rimasta ben presente — mentre ibenefici sono diminuiti in modo repentino e
drammatico. L’"aggiornamento" postconciliare ha reso meno viva sia la communitas all’interno dei
presbiteri e dei conventi, sia la stima unica di cui le figure sacerdotali e
religiose godevano all’interno del mondo cattolico in generale, anche in forza
della loro "separatezza" segnata da particolari caratteristiche
distintive. Giacché la rational
choice postula che le scelte
religiose non si sottraggono alla normale dinamica di una stima implicita del
rapporto costi-benefici, Finke e Stark concludono che questo rapporto è stato
improvvisamente e drammaticamente alterato nei primi anni tumultuosi del
postconcilio, evidentemente sia per gli uomini sia per le donne.
Ad avviso dei due sociologi americani è possibile una controprova
empirica. Se si paragona la situazione dei sei paesi da loro studiati con
quella del Portogallo e della Spagna, ci si accorge che dopo il 1965 in questi
ultimi paesi il numero di vocazioni non diminuisce affatto, per molti anni. Il
numero delle vocazioni diminuisce nella penisola iberica — peraltro in misura
minore che negli altri paesi — solo con l’introduzione di un regime politico di
carattere democratico sia in Spagna sia in Portogallo. Finke e Stark ne
concludono che il salazarismo e il franchismo — per quanto a prima vista
possano sembrare candidati improbabili per il ruolo di reclutatori vocazionali
—, ostacolando con una serie di misure la penetrazione delle riforme
postconciliari nei rispettivi paesi, hanno ritardato la crisi delle vocazioni.
Peraltro, anche in presenza di regimi politici diversi è possibile — secondo i
due sociologi — che il ruolo della vita sacerdotale e religiosa sia entrato in
minore crisi dopo il Concilio in altri paesi per ragioni di tipo culturale: i
loro sospetti si appuntano sull’Italia, dove però affermano di non aver avuto a
disposizione elementi per un quadro statistico certo.
Un’altra controprova della loro tesi consiste nel fatto che dove è
promossa, in particolare a partire dagli anni 1990, una vita religiosa e
sacerdotale di tipo "tradizionale" le vocazioni riprendono ad
aumentare. Questo si verifica in ordini religiosi considerati
"conservatori" e anche in alcune diocesi statunitensi. In base a
certi parametri, gli autori hanno costruito un elenco delle diocesi
statunitensi considerate — almeno dalla stampa di settore — rispettivamente più
"tradizionali" e più "progressiste"; hanno poi esaminato i
dati relativi alle ordinazioni e ai seminaristi negli anni 1990 per concludere
che il loro numero in percentuale sul numero dei cattolici diocesani è tre
volte superiore nelle diocesi "tradizionali" rispetto a quelle
"progressiste".
Gli autori — certamente né cattolici né "tradizionali" —
sentono il bisogno di ripetere più volte, scrivendo per di più su una rivista
scientifica ma "politicamente corretta", di non voler affatto
sostenere"[...] che
la Chiesa cattolica deve adottare una soluzione conservatrice per risolvere i
suoi problemi di vocazioni" (10).
Una simile conclusione valutativa sarebbe estranea allo stile value-free,
"avalutativo", sia degli autori, sia della rivista. Al contrario, Finke e
Stark concludono che, in un’ottica di rational
choice, la Chiesa cattolica può risolvere la crisi vocazionale in due modi:
diminuendo i costi o "restaurando
i benefici tradizionali" (11). La prima soluzione
è stata adottata — notano — dalla Chiesa episcopaliana, la branca statunitense
della Comunione anglicana:"paghe alte" — fino a trecento milioni di lire
all’anno per un vescovo — e"virtualmente nessuna restrizione":
porte aperte ai divorziati, agli omosessuali praticanti, e così via (12). A
prescindere dai risultati episcopaliani, che non sono brillantissimi, la via
della diminuzione dei costi sembra peraltro ai due sociologi assai più
difficile da perseguire per i cattolici, mentre "la seconda strategia ["restaurare i benefici
tradizionali"] è
stata oggetto di diversi tentativi negli ultimi anni" con effettivi "incrementi delle
vocazioni" (13).
In realtà, l’argomento di Finke e Stark va al di là del caso, pure
interessante, delle vocazioni nella Chiesa cattolica. Da molti anni i sociologi
americani notano che — contrariamente alla vulgata secondo cui il cristianesimo perde
colpi perché non è in sintonia con il mondo moderno e mantiene posizioni
anacronistiche e premoderne, soprattutto in tema di morale sessuale — di fatto,
nel mondo protestante avanzano le denominazioni fondamentaliste e pentecostali
— la cui morale sessuale è spesso rigorosa, e il cui antagonismo verso la
modernità è notevole — mentre perdono membri le comunità liberal (14). Questo non avviene perché i
cristiani siano irragionevoli e masochisti — ribadiscono Finke e Stark a
proposito delle vocazioni cattoliche — ma, al contrario, perché i
"consumatori religiosi" sono a loro modo eminentemente ragionevoli e,
come tutti i consumatori, non considerano né i soli costi, né i soli benefici,
ma il rapporto costi-benefici, che nelle religioni è spesso più favorevole al
fedele là dove i costi sono più alti.
È possibile, naturalmente, che proprio i credenti più conservatori
— che avrebbero in teoria di che rallegrarsi di fronte a dati statistici di
questo genere — si scandalizzino di un accostamento alla religione in termini
di mercato, consumatori, costi e benefici. Il valore metodologico di queste
analisi americane — nonostante le critiche che spesso ricevono in Europa —
sembra però confermato dalla permanente diffusione del modello della rational choice negli Stati Uniti d’America, dove è
diffuso da oltre vent’anni, e dove non sembra dar segni d’invecchiamento.
Massimo Introvigne
***
(1) Cfr., da ultimo, Laurence R.
Iannaccone, Introduction to
the Economics of Religion, in Journal
of Economic Literature, vol. XXXVI, Nashville (Tennessee) 1998, pp. 1465-1496.
(2) Cfr. una panoramica della teoria e delle critiche che ha
sollevato, in Lawrence A. Young, Rational
Choice Theory and Religion. Summary and
Assessment, Routledge, New York-Londra 1996.
(3) Cfr. Roger Finke e Rodney Stark, The Churching of America,
1776-1990. Winners and Losers in Our Religious Economy, Rutgers University
Press, New Brunswick (New Jersey) 1992; e una discussione di quest’opera, nel
mio I protestanti, Elle Di
Ci, Leumann (Torino) 1998.
(4) Cfr. il mio Il
cristianesimo delle origini: un nuovo movimento religioso?, in Cristianità, anno XXIV, n. 259,
novembre 1996, pp. 9-11, che costituisce recensione di R. Stark, The Rise of Christianity. A Sociologist Reconsiders History,
Princeton University Press, Princeton (New Jersey) 1996.
(5) Cfr. sul punto il mio Il
sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi,
Milano 1996.
(6) R. Stark e R. Finke, Catholic Religious Vocation:
Decline and Revival, in Review
of Religious Research, vol. 42, n. 2, Nashville (Tennessee) dicembre 2000,
pp. 125-145.
(7) Cfr. ibid.,
pp. 125-126.
(8) Il percorso, senza sostanziali ripensamenti, va da Helen Rose
Ebaugh, Out of the Cloister. A Study of Organizational Dilemma,
University of Texas Press, Austin (Texas) 1977, a Eadem, Women in the Vanishing Cloister.
Organizational Decline in Catholic Religious Orders in the United States,
Rutgers University Press, New Brunswick (New Jersey) 1993.
(9) Secondo gli autori, alla Ebaugh — fra l’altro, presidente
dell’autorevole Society for the Scientific Study of Religion e delle cui
capacità "tecniche" come sociologa si può difficilmente dubitare — fa
velo il fatto che, "essendo
convinta che la vita religiosa cattolica è del tutto incompatibile con la
modernità, considera i cambiamenti che la hanno interessata come inevitabili e
rifiuta di prendere in esame qualunque possibile ritorno verso l’accostamento
tradizionale" (R. Stark
e R. Finke, Catholic Religious
Vocation: Decline and Revival, cit., p. 136). D’interesse, almeno dal punto di vista psicologico, è
anche il commento secondo cui errori nelle conclusioni sociologiche "sembrano essere il risultato
involontario del fatto che questo campo di studi è stato dominato da ex-preti
ed ex-suore [il
riferimento, non esplicitato, è qui alla stessa Ebaugh], interessati a
comprendere anzitutto la propria biografia a rischio di perdere di vista il
quadro più ampio" (ibid.,
p. 144).
(10) Ibid.,
p. 136.
(11) Ibid.,
p. 137.
(12) Ibidem.
(13) Ibidem.
(14) Cfr. una classica impostazione del
problema, in Dean M. Kelley, Why
Conservative Churches Are Growing. A Study in Sociology of Religion, Mercer
University Press, Macon (Georgia) 1982.
L’esplosione delle nuove religioni
Un articolo
di Massimo Introvigne pubblicato sul numero speciale "Il cristianesimo e
le religioni" di "Seminarium", organo della Congregazione per
l'Educazione Cattolica, anno XXXVIII, n. 4 (1998), pp.719-749.
I. Il contesto
Il Santo Padre
Giovanni Paolo II, nell’enciclica Fides et ratio, al n. 91 rileva
come: "La nostra epoca è stata qualificata da certi pensatori come l’epoca
della ‘post-modernità’. Questo termine, utilizzato non di rado in contesti fra
loro molto distanti, designa l’emergere di un insieme di fattori nuovi, che
quanto a estensione ed efficacia si sono rivelati capaci di determinare
cambiamenti significativi e durevoli". In particolare, nel quadro di tali
"cambiamenti", si sono manifestate "reazioni che hanno portato a
una radicale rimessa in questione" della "pretesa razionalista"
tipica della modernità; così, "sono nate correnti irrazionaliste"[1].
L’enciclica Fides et ratio - dopo avere sottolineato la
necessità che l’uomo utilizzi entrambe le sue "ali", la fede e la
ragione, per rispondere alle domande cruciali sulla sua origine e sul suo
destino -- descrive una lunga stagione, iniziata con la crisi del Medioevo, in
cui la ragione ha dapprima cercato di inglobare la fede, quindi ha preteso di
farne a meno, infine l’ha combattuta in modo esplicito (dalla ragione senza la
fede alla ragione contro la fede). Nell’epoca postmoderna si
ripresenta -- peraltro non per la prima volta -- la possibilità di un
rovesciamento di questo scenario. L’epoca della crisi della ragione è il tempo
in cui si ripresenta una fede -- non necessariamente la fede
cristiana -- separata dalla ragione. Come Giovanni Paolo II ha sottolineato in
tutto il suo magistero, una fede privata della mediazione razionale è una fede
incapace di diventare cultura, e quindi di animare la società. Nel migliore dei
casi, una fede separata dalla ragione si riduce -- secondo la Fides et
ratio -- a "sentimento ed esperienza"; nel peggiore,
"cade nel grave pericolo di essere ridotta a mito o superstizione"[2].
Anche se
l’enciclica Fides et ratio non si è occupata esplicitamente
della nuova religiosità o delle nuove religioni -- come alcuni si attendevano
-- le indicazioni a cui ho fatto brevemente cenno offrono preziosi elementi di
quadro. Con il passaggio all’epoca cosiddetta postmoderna si sono determinati
"cambiamenti significativi e durevoli" anche nel settore della
religiosità. Sarebbe sufficiente una rapida scorsa ai titoli dei libri più
diffusi, degli articoli più significativi, di numerose relazioni presentate in
congressi di sociologia o di storia delle religioni per accorgersi che qualche
cosa è veramente cambiato. Negli anni 1970 -- e nella prima parte degli anni 1980
-- il tema dominante era quello della crisi della religione. La tesi della
secolarizzazione, nella sua versione quantitativa, postulava che,
mentre progrediva la mentalità scientifica, nelle società industriali avanzate
c’era sempre meno religione; non mancava chi prospettava come futuro evolutivo
della religione addirittura l’estinzione. Uno strumento interpretativo
importante rimaneva in quegli anni l’opera del teologo battista americano
Harvey G. Cox The Secular City ("La città secolare")[3], in cui -- come
lo stesso Cox ha scritto più recentemente -- il teologo di Harvard cercava
"di elaborare una teologia per l’epoca ‘postreligiosa’ che molti sociologi
ci avevano prospettato con fiducia come prossima"[4]. Le cose, oggi,
sono certamente cambiate. Testi importanti fanno riferimento al "ritorno
del religioso"[5]; alla
"rivincita di Dio"[6]; alla
"fine" della secolarizzazione. Lo stesso Cox -- a trent’anni da La
città secolare -- scriveva nel 1995 in Fire from Heaven che
"oggi è la secolarità (secularity), non la spiritualità, che può
essere vicina all’estinzione". E’ diventato "ovvio che al posto della
‘morte di Dio’ che alcuni teologi avevano dichiarato non molti anni fa, o del
declino della religione che i sociologi avevano previsto, è avvenuto qualcosa
di veramente diverso". A proposito de La città secolare, il
teologo americano aggiunge: "Forse ero troppo giovane e impressionabile
quando gli accademici facevano queste previsioni tristi. In ogni caso le avevo
assorbite davvero troppo facilmente, e avevo cercato di pensare quali avrebbero
potuto essere le loro conseguenze teologiche. Ma ora è diventato chiaro che le
predizioni stesse erano sbagliate. Chi le faceva (...) ammetteva che la fede
avrebbe potuto sopravvivere come un’eredità culturale, forse in ridotti etnici
o abitudini di famiglia, ma insisteva che i giorni della religione come una
forza capace di dare forma alla cultura e alla storia erano finiti. Tutto
questo non è accaduto. Al contrario, prima che i futurologi accademici
facessero in tempo a ritirare la loro prima pensione, una rinascita religiosa
-- di un certo tipo -- ha cominciato a manifestarsi in tutto il mondo"[7].
Naturalmente,
chi ritiene che oggi -- nell’epoca postmoderna -- sia la secolarizzazione ad
essere "vicina all’estinzione" fa riferimento a una nozione
meramente quantitativa di secolarizzazione. Se invece si pensa
alla secolarizzazione -- secondo la definizione di Bryan Wilson -- come a un
processo prevalentemente qualitativo, in cui la religione -- pur
continuando a interessare molte persone -- non determina più la gran parte
delle scelte culturali, politiche e sociali, si può concludere che la
secolarizzazione è ancora saldamente fra noi. In questo senso, il giurista
americano Stephen L. Carter parla di "trivializzazione" di una
religione che pure nel suo paese continua a essere importante, a livello
individuale, per la maggior parte delle persone[8]. La
secolarizzazione quantitativa, definita semplicemente come l’interesse sempre
minore delle persone per la sfera del religioso e del sacro, appare effettivamente
in declino nell’epoca postmoderna. In alcuni paesi del mondo i sociologi
dubitano perfino che un processo quantitativo di secolarizzazione si sia mai
verificato. In altri, vi è stata un’inversione di tendenza nel corso della
seconda metà degli anni 1980. Uno dei più noti specialisti di indagini
sociologiche quantitative in tema di religione, Laurence R. Iannaccone,
scriveva nel settembre 1998 che i dati mostrano ormai con evidenza come la tesi
secondo cui "la religione deve inevitabilmente declinare quando la scienza
e la tecnologia avanzano" è stata "dimostrata falsa", e che
"a mano a mano che i sondaggi, le statistiche e i dati storici si sono
accumulati, la continua vitalità della religione è diventata evidente"[9]. Mentre il
numero delle persone che si dichiarano atee e agnostiche declina quasi ovunque,
in quasi tutti i paesi del mondo -- con l’eccezione di alcuni paesi europei a
lungo sottoposti a propaganda antireligiosa da parte di regimi comunisti -- il
numero di coloro che dichiarano di credere in una qualche forma di potere
superiore alla persona umana, o a una vita dopo la morte, o affermano di
consacrare qualche tempo durante la settimana a forme di preghiera o di
meditazione si attesta intorno all’ottanta per cento della popolazione, con
punte in paesi non secondari -- Stati Uniti compresi -- oltre il novanta per
cento[10].
Il fenomeno del
"ritorno del religioso" è dunque così evidente da non potere essere
ignorato. Si tratta però di determinare, con maggiore precisione, quale tipo
di religioso "ritorni" nell’epoca postmoderna. Cox -- nel suo
volume Fire from Heaven -- mette al centro della sua indagine
-- e considera come il maggiore "segno dei tempi" per il ritorno del
religioso -- la corrente pentecostale-carismatica nel cristianesimo, e
considera quindi caratteristiche salienti del nuovo accostamento al sacro l’interesse
per i segni, i miracoli, le guarigioni, la demonologia, l’escatologia, la fine
del mondo. Anche prescindendo dall’indagine di Cox -- che riguarda
esclusivamente il cristianesimo -- si nota il crescente interesse per forme di
rapporto con il sacro dove il percorso prevale sul discorso, il mythos sul logos,
fino a quel rischio di costruire fedi senza ragione - o peggio di cadere nella
superstizione - denunciato dalla Fides et ratio. Diversi sociologi
invitano del resto, quando si tratta del sacro postmoderno, a partire da un
dato di carattere negativo: dalla fine degli anni 1980, il consenso di massa
nei confronti della scienza -- particolarmente della medicina, la scienza
"pratica" con cui le persone comuni vengono più normalmente a
contatto -- non è più unanime. A partire dagli ultimi anni del decennio 1980,
in diversi paesi, il consenso popolare nei confronti della scienza e della
medicina scende a quelli che sono probabilmente i livelli più bassi del
secolo [11]. Per converso,
qualunque forma di cura medica che si presenti come "alternativa"
rispetto alla medicina "ufficiale", o da questa disapprovata,
incontra immediatamente un vasto consenso popolare. Sembra che il termometro scientifico
scenda e che salga il termometro del sacro: qualche volta -- però -- piuttosto
in direzione dell’irrazionalismo, della ricerca acritica del miracoloso, o --
in altri contesti -- della magia.
Per
comprendere chi veramente beneficia del contemporaneo ritorno
del sacro occorre superare alcuni pregiudizi tanto diffusi quanto infondati.
Anzitutto, non è del tutto vero che il ritorno del sacro si verifichicompletamente al
di fuori delle religioni maggioritarie e delle Chiese storiche. Certo, mentre
le statistiche sul numero di persone che si dicono interessate alla religione o
al sacro sono notevolmente simili da paese a paese, le statistiche sul numero
dei praticanti sono molto diverse. Tuttavia, esistono elementi per ritenere che
il declino della pratica religiosa in Occidente sia stato in qualche modo
sopravvalutato [12]. In alcuni
paesi -- fra cui gli Stati Uniti e l’Italia -- il numero di cristiani
praticanti, dalla fine degli anni 1980 a oggi, mostra quasi ogni anno un lieve
incremento quantitativo [13]. Certo, si
tratta di incrementi modesti che non giustificano nessuna forma di trionfalismo.
Tuttavia, l’inversione di tendenza è importante: il declino della pratica
religiosa non era -- come qualcuno pensava -- un tuffo nel vuoto. Assomigliava
piuttosto a un tuffo in una piscina dove, toccato il fondo, si comincia -- per
quanto lentamente e faticosamente -- a risalire. All’interno delle religioni
tradizionali, e dello stesso cristianesimo, vi sono movimenti i cui ritmi di
crescita non hanno nulla da invidiare a gruppi neo-religiosi. Prescindendo dai
fenomeni complessi che si verificano all’interno dell’Islam, dell’induismo e
dell’ebraismo -- talora accomunati dall’etichetta, non sempre precisa, di
"fondamentalismo" -- si può notare, con Cox, che i movimenti di
rinnovamento carismatico all’interno della Chiesa cattolica e i movimenti
pentecostali nel mondo protestante contano decine di milioni di fedeli e
possono vantare ritmi di crescita superiori a quelli, spesso citati come
spettacolari, dei mormoni o dei testimoni di Geova. Non rimane meno vero che,
per quanto questi fenomeni siano interessanti e importanti, una parte
sostanziale del ritorno del sacro va cercata al di fuori delle grandi religioni
e delle Chiese storiche.
Un altro
elemento di carattere ampiamente mitologico è quello relativo alla cosiddetta
"invasione delle sette". Certo, i movimenti religiosi in qualche modo
alternativi sono moltissimi. J. Gordon Melton -- che peraltro rifiuta di
tracciare una linea di demarcazione netta fra "vecchie" e
"nuove" religioni -- ne rubrica oltre 1500 di una certa consistenza negli
Stati Uniti [14]. In un paese
dove il pluralismo religioso è più recente, come l’Italia, il CESNUR (Centro
Studi sulle Nuove Religioni), di cui sono direttore, è a conoscenza di oltre
cinquecento sigle. In Africa, gli specialisti contano diverse migliaia di nuovi
movimenti religiosi e Chiese indipendenti, e il numero si accresce ogni giorno.
Tuttavia -- con l’eccezione di alcuni paesi africani e asiatici, tra cui il
Giappone (dove le nuove religioni possono vantare un numero molto superiore di
seguaci rispetto all’Europa o all’America del Nord) -- il numero di aderenti a
questi movimenti rimane piuttosto contenuto. Naturalmente, le statistiche
dipendono da dove, esattamente, si pone la linea di demarcazione fra religioni
"storiche" e nuovi movimenti religiosi. Tuttavia in nessun paese
dell’Occidente i nuovi movimenti religiosi -- qualunque definizione se ne
adotti -- sembrano superare il due per cento della popolazione. In Italia è più
probabile che si aggirino intorno all’uno per cento [15]. In America
Latina e in alcuni paesi dell’Africa e dell’Asia, naturalmente, sono possibili
enormi variazioni del dato statistico relativo ai nuovi movimenti religiosi a
seconda dell’inclusione o meno, in questa categoria, delle comunità protestanti
di tipo pentecostale o fondamentalista indipendente.
Nel caso
dell’Italia si deve poi considerare che oltre la metà di quell'uno per cento
della popolazione che fa parte di religioni "alternative" è
rappresentato da un unico movimento, i testimoni di Geova. Pertanto le altre
cinquecento sigle, tutte insieme, non raggiungono lo 0,5% della popolazione. Se
si legge il rapporto che il Ministero degli Interni italiano ha consacrato nel
1998 ai nuovi movimenti religiosi e magici -- per molti versi affidabile (anche
se con qualche errore) -- si trovano oltre un centinaio di sigle, ma spesso il
numero di aderenti è indicato in "cento", "cinquanta" o
anche "venti", "quindici" o "dieci" [16]. Sembra che
qualche volta ci sia più gente a un’assemblea di condominio che alla riunione
plenaria di tutti gli adepti di un movimento in Italia. E’ vero: ci sono molte
sigle, ma la maggioranza di queste sono -- quanto a numero di aderenti --
piccole o piccolissime. Più che di un'"invasione delle sette", si
dovrebbe forse parlare di un’invasione delle sigle.
La più grande
"nuova religione" -- utilizzo qui il termine in modo volutamente
paradossale -- è dunque, particolarmente in Occidente, quella delle persone
impegnate in un "credere senza appartenere" (believing without
belonging, secondo la formula della sociologa inglese Grace Davie) [17]. In Italia, per esempio, i cattolici
praticanti sono circa un terzo della popolazione. Gli aderenti a minoranze
religiose -- storiche o di origine recente -- non superano il due per
cento [18]. Gli atei, gli
agnostici dichiarati, coloro che si rifiutano di rispondere ai sondaggi dei
sociologi sono meno del dieci per cento. Rimane una popolazione costituita da
oltre metà degli italiani che dichiarano di "credere" in qualche cosa
di superiore o trascendente, ma nello stesso tempo di fatto non
"appartengono" a una comunità religiosa nel senso pieno del termine.
Naturalmente questa grande "nuova religione" degli italiani non è
omogenea. Al suo interno i sondaggi rivelano una gamma di posizioni diverse. Si
va da coloro che credono in un potere superiore che non sanno però identificare
ai "credenti a modo loro", ai "cristiani a modo loro" e
anche ai "cattolici a modo loro" ("sono cattolico, ma non
pratico"; "sono cattolico, ma non sono d’accordo con la Chiesa";
o anche -- posizione non infrequente in Italia -- "sono cattolico, ma sono
contro i preti"). Questo fenomeno che la sociologa francese Danièle
Hervieu-Leger chiama "disistituzionalizzazione" della religione [19] è una
delle caratteristiche salienti del sacro postmoderno [20]. Non ha dunque
torto chi invita anon sopravvalutare i nuovi movimenti religiosi o
le nuove religioni. Anche se alcuni di essi sono, su scala mondiale, tutt’altro
che piccoli -- dieci milioni di mormoni, dieci milioni di testimoni di Geova,
oltre quindici milioni di aderenti alla Soka Gakkai giapponese -- la loro
incidenza percentuale, particolarmente in Occidente, è ancora molto ridotta. In
assoluto, è maggiore il numero di coloro che si rivolgono a nuovi movimenti all’interno delle
religioni storiche e delle Chiese maggioritarie, ed è certamente maggiore la
massa di quanti "credono senza appartenere".
Tuttavia, si ha
ugualmente torto quando si sottovalutano i nuovi movimenti
religiosi. Essi, infatti, non sono importanti soltanto per le loro
dimensioni quantitative, ma per la loro capacità di influenzare
cerchie molto più vaste di persone. Un gruppo relativamente piccolo come gli
Hare Krishna -- che non supera i ventimila membri nel mondo -- ha distribuito
milioni di copie dei suoi libri e opuscoli. Il testo sulla reincarnazione più
diffuso dagli Hare Krishna [21] è diventato popolarissimo in
numerosi paesi dell’Occidente, è spesso citato anche in contesti insospettati e
ha certamente contribuito alla moda della reincarnazione: anche presso persone
che non si sognerebbero mai di aderire al movimento degli Hare Krishna. Più in
generale, di quella percentuale di nostri contemporanei che "crede senza
appartenere", manifesta un’aspirazione al sacro ma non partecipa
regolarmente alle attività di nessuna confessione religiosa -- a seconda dei
paesi, va dal quaranta al sessanta per cento -- sappiamo, tutto sommato, molto
poco. In che cosa credono tutte queste persone? Una fonte per rispondere alla
domanda è offerta dai sondaggi demoscopici e dalle indagini dei sociologi,
certo importanti ma che non possono costituire l’unico strumento di indagine
(come è noto, le risposte sono del resto influenzate dalle domande, e dal tipo
di questionario). Un altro indicatore -- la cui importanza non può essere
trascurata -- è costituito dalla letteratura popolare, dalla musica, dal
cinema, dalla televisione. Il fatto che La profezia di Celestino di
James Redfield [22] sia stato
il libro più venduto in una decina di paesi del mondo tra gli anni 1994 e 1995
ci dice molte cose sul tipo di "spiritualità" che attrae un gran
numero di nostri contemporanei [23]. Tuttavia,
l’indicatore principale delle credenze diffuse nel popolo di coloro che
"credono senza appartenere" è costituito, precisamente, dai nuovi
movimenti religiosi e dalle nuove religioni. Giacché -- come si è visto --
esistono diverse centinaia di nuovi movimenti religiosi, impegnati in una sorta
di lotta darwiniana per la sopravvivenza (a fronte di pochi che sopravvivono ve
ne sono molti che non hanno successo e muoiono), studiare quali movimenti
hanno successo e perché ci rivelerà quali aspirazioni, quali
domande, quali sentimenti profondi si agitano -- al di là della più ristretta
cerchia degli appartenenti ai movimenti -- in quel grande Far West della
religione dove abitano coloro che "credono senza appartenere". Per
questo, lo studio dei nuovi movimenti religiosi non è una semplice curiosità ma
costituisce un elemento essenziale per la comprensione dello scenario religioso
contemporaneo.
II. Una "mappa" dei nuovi movimenti religiosi
Terminologia
La problematica
dei nuovi movimenti religiosi nasce in ambiente cristiano occidentale, e solo
in seguito le stesse categorie sono applicate a realtà completamente diverse,
per esempio al Giappone. La sociologia della religione -- fin dal suo sorgere
-- si preoccupa di definire in termini obiettivi la differenza fra
"Chiese" e "sette". Nei primi decenni del secolo XX, il
teologo e sociologo protestante Ernst Troeltsch (1865-1923) propone la sua
famosa distinzione fra: il tipo-Chiesa, un gruppo religioso in armonia con la
società circostante; il tipo-setta, un gruppo religioso che contesta la società
circostante; e il tipo-mistico, un gruppo religioso che si interessa
scarsamente della società circostante, preferendo concentrare la sua attenzione
sull’auto-perfezionamento dei suoi membri [24]. Queste categorie -- con integrazioni e
modifiche -- sono rimaste al centro del dibattito sociologico per diversi
decenni, e sono tuttora utilizzate. Tuttavia, la situazione sociologica si è
andata complicando e ha messo in crisi alcuni presupposti fondamentali della
tipologia proposta da Troeltsch. I movimenti, anzitutto, -- come dice il loro
nome -- si muovono: per esempio i mormoni -- certamente "setta", nel
senso di Troeltsch, nel secolo XIX - apparivano nel secolo XX come ormai
perfettamente integrati almeno nella loro società statunitense di origine. Dopo
la Seconda guerra mondiale si aggiungeva la crescente visibilità di gruppi
religiosi di matrice non cristiana, particolarmente orientale, anch’essi
popolarmente chiamati "sette", ma molto diversi dalle
"sette" di origine cristiana che erano servite da modello a
Troeltsch. Infine, un terzo elemento nuovo era -- ed è -- costituito dalla
cosiddetta "esplosione delle sette" in America Latina, dove tuttavia,
nel linguaggio comune per "sette" si intendono anche i gruppi
protestanti di tipo evangelico e pentecostale, che in altre regioni del mondo
non sono definiti come "sette" e che comunque presentano
caratteristiche diverse rispetto al modello di Troeltsch.
Questi elementi
nuovi hanno fatto emergere una serie amplissima di proposte terminologiche da
parte di sociologi, di teologi e -- in misura minore -- di psicologi. In campo
sociologico, una delle proposte più note era stata formulata nel 1985 da Rodney
Stark e da William Sims Bainbridge nel loro volume The Future of
Religion [25]. I due
sociologi distinguevano fra "sette", "gruppi religiosi devianti
all’interno di una tradizione non deviante", e "culti",
"gruppi religiosi devianti all’interno di una tradizione deviante" [26]. Così, per esempio, i testimoni di Geova
e i mormoni sarebbero "sette" in quanto adottano il sistema di
simboli e molti punti di riferimento di una tradizione "non deviante"
come quella cristiana, anche se le loro idee sono considerate
"devianti" dagli altri gruppi che si situano all’interno di questa
tradizione. Gli Hare Krishna sarebbero invece un "culto" perché --
almeno in Occidente -- non solo sono considerati come "devianti" in
quanto gruppo, ma la stessa tradizione religiosa -- orientale -- da cui
traggono i loro riferimenti e i loro simboli è percepita come estranea ed
esotica dalla società circostante.
Recentemente,
peraltro, gli stessi Stark e Bainbridge hanno invitato a servirsi di
terminologie diverse, perché il dibattito è stato ulteriormente complicato
dall’uso di espressioni come "setta" e "culto" in un senso
non sociologico o teologico, ma criminologico [27]. Soprattutto dopo i tragici avvenimenti
che hanno coinvolto alcuni gruppi definiti "sette" -- tra cui, i
suicidi-omicidi dell’Ordine del Tempio Solare negli anni 1994, 1995 e 1997[28], l’attentato
al gas compiuto nella metropolitana di Tokyo nel 1995 da seguaci della Aum
Shinri-kyo, e il suicidio di quasi tutti i membri del culto dei dischi volanti
Heaven’s Gate nel 1997 [29] -
giornalisti, criminologi e anche alcune commissioni parlamentari europee sono
andate alla ricerca di un criterio, o di una serie di criteri, per distinguere
fra "sette" pericolose e "movimenti religiosi" innocui.
Particolarmente in Francia e in Belgio i risultati di queste indagini
parlamentari -- che hanno insistito sulla nozione, a sua volta vaga, contestata
da molti specialisti accademici e difficile da definire, di "manipolazione
mentale" (talora usata come sinonimo di quella, ancora più controversa, di
"lavaggio del cervello") - non sono stati giudicati particolarmente
soddisfacenti da molti studiosi [30]. Le critiche
sono state vivaci soprattutto quando, insieme ai rapporti, le commissioni
parlamentari hanno proposto lunghe liste di "sette pericolose", o
comunque di gruppi presi in esame, dove sono comparse anche realtà rispettate e
rispettabili e perfino movimenti cattolici riconosciuti dalla Chiesa [31]. Altri rapporti europei -- pure nati
dalle stesse preoccupazioni, e pubblicati negli anni seguenti -- come il
rapporto della Commissione d’inchiesta parlamentare tedesca, del 1998, e il
rapporto di una commissione governativa svedese, pure del 1998 -- si sono
mostrati assai più cauti, e hanno ritenuto impossibile fissare una linea di
demarcazione precisa fra "sette" pericolose e "movimenti
religiosi" legittimi. Senza approfondire qui il merito di queste
controversie, è evidente che -- in seguito a queste discussioni -- la parola
"setta" ha assunto, particolarmente in Europa, due diversi
significati, che si sovrappongono. A un significato criminologico secondo
cui la "setta" è un gruppo religioso (o che si pretende tale) pericoloso,
di cui si può dire con un certo grado di probabilità che commetterà reati e
crimini di maggiore o minore gravità, fa da pendant un
significato di tipo sociologico, secondo cui la "setta" è
semplicemente un gruppo religioso le cui idee sono piuttosto diverse rispetto a
quelle condivise dalla maggioranza dei consociati. Tutto questo crea notevole
imbarazzo presso gli studiosi, e anche rischi per la libertà e la tolleranza
religiosa. Quando a uno studioso -- per esempio in un’intervista televisiva --
si chiede se questo o quell’altro gruppo è "una setta", si vuole in
realtà sapere da lui se il gruppo è "pericoloso" o potrà commettere
dei crimini. L’intrecciarsi fra significato criminologico e significato
sociologico del termine crea qui una pericolosa ambiguità. Se per esempio uno
studioso risponde a un intervistatore che i mormoni sono una "setta"
-- risposta certamente corretta con riferimento alle categorie di Troeltsch, o
anche a quelle proposte inizialmente da Stark e Bainbridge -- il rischio è che
chi lo ascolta alla televisione si convinca che i mormoni sono un gruppo
"pericoloso" o addirittura tendenzialmente criminale, il che -- con
riferimento alla situazione attuale della Chiesa mormone maggioritaria -- è
certamente falso e ingiusto.
E’ per ragioni
di questo genere che -- mentre i giornalisti, i criminologi e chi desidera
mettere in guardia l’opinione pubblica nei confronti dei pericoli delle
"sette" continua a utilizzare questo termine - gli studiosi
preferiscono spesso parlare di "nuovi movimenti religiosi" o
"nuove religioni". Molti chiamano "nuove religioni" i
gruppi più grandi e consolidati (come i mormoni o i testimoni di Geova) -- le
cui dimensioni superano ormai quelle di un semplice movimento -- e invece
"nuovi movimenti religiosi" le realtà più piccole, o di origine più
recente [32]. Questi termini, naturalmente, non sono
del tutto soddisfacenti -- alcune "nuove" religioni esistono da oltre
cento anni --, ma hanno almeno il vantaggio di mettere tra parentesi la
problematica più strettamente criminologica e legale. Anche nella pratica
pastorale -- per quanto si debba rilevare che il termine "setta" è
più facilmente comprensibile -- lo stesso Magistero della Chiesa comincia a
tenere conto delle preferenze degli studiosi. La Relazione generale La
sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un approccio pastorale del
cardinale Francis Arinze al Concistoro straordinario del 1991 - che aveva
appunto questo fra i temi all'ordine del giorno - raccomanda "di adottare
un termine che sia il più imparziale e preciso possibile", almeno
"finché non vi sarà una terminologia universalmente accettata", e
sceglie di usare "in generale il termine ‘nuovi movimenti religiosi’
(abbreviato in NMR) perché è neutrale e abbastanza generale (...)" [33]. Pure
consapevole dei problemi che pone, userò anch’io in questa sede l’espressione
"nuovi movimenti religiosi", distinguendo -- fra le migliaia di
movimenti oggi presenti nel mondo -- quattro grandi "famiglie",
seguendo precisamente una delle tipologie menzionate nella stessa Relazione
generale del cardinale Arinze al Concistoro del 1991.
Nuovi
movimenti religiosi a simbologia cristiana
Per un cristiano
-- procedendo dal più vicino al più lontano -- i nuovi movimenti religiosi che
presentano caratteristiche, almeno esteriormente, più familiari sono quelli che
mantengono elementi simbolici cristiani: riferimenti a Gesù Cristo, alla
Bibbia, uso della denominazione "Chiesa", e così via. Spesso questi
elementi sono però ampiamente reinterpretati. Possiamo distinguere -- sulla
scia della Relazione generale del cardinale Arinze -- fra
nuovi movimenti religiosi di origine protestante e di
origine cristiana; personalmente, credo si debba ormai aggiungere una terza
categoria di movimenti di origine cattolica.
- L’uso, nella Relazione generale del cardinale
Arinze dell’espressione "nuovi movimenti provenienti dalla Riforma
protestante" [34] mostra,
anzitutto, come non sia affatto facile stabilire una linea di demarcazione
precisa fra alcune nuove forme in cui, particolarmente dalla fine del secolo
scorso, si presenta il protestantesimo, e i veri e propri nuovi movimenti
religiosi [35]. La
distinzione fra nuovi movimenti religiosi di origine protestante e di origine
cristiana è chiara (i secondi, a differenza dei primi, negano le basi
trinitaria e cristologica che sono patrimonio comune di cattolici, ortodossi,
anglicani e protestanti). Più difficile è tracciare una linea di demarcazione
precisa fra nuove forme del protestantesimo e nuovi movimenti religiosi di
origine protestante. Alcuni autori ritengono che i nuovi movimenti religiosi di
origine protestante, pur mantenendo una teologia compatibile con la definizione
generale del protestantesimo (che naturalmente tollera al suo interno un numero
molto ampio di varianti), siano però carenti dal punto di vista ecclesiologico.
Non che i nuovi movimenti religiosi di origine protestante si disinteressino
della nozione di Chiesa. La loro ecclesiologia insiste però sulla discontinuità
della Chiesa nella storia. La Chiesa non continuerebbe dalle origini ai nostri
giorni (sia pure tramite una Riforma), ma sarebbe a un certo punto venuta meno,
così che sarebbe stato necessario non tanto riformarla quanto rifondarla.
L’idea di discontinuità della Chiesa nella storia si accompagna facilmente a un
proselitismo aggressivo, fondato sull’idea che i seguaci delle Chiese storiche,
particolarmente i cattolici, non siano veramente cristiani e debbano ancora
ricevere l’autentico annuncio del Vangelo: un atteggiamento comune in alcuni
nuovi movimenti di origine protestante soprattutto in America Latina. La Relazione
generale del 1991 attira l’attenzione -- quando si tratta di indicare
esempi di nuovi movimenti religiosi di origine protestante -- sulle comunità
pentecostali e su quelle fondamentaliste indipendenti, che si sono moltiplicate
nel nostro secolo. Tuttavia, anche all’interno del mondo pentecostale si è
verificata un’evoluzione. Alcune denominazioni più grandi e più antiche (talora
anche alcuni gruppi piccoli, ma particolarmente aperti al dialogo con altri
cristiani) hanno riconquistato, spesso faticosamente, una dimensione
ecclesiologica più completa. Altri sembrano ritenere che la Chiesa di Gesù
Cristo, cessata a causa di una grande apostasia, sia rinata soltanto con il
loro movimento (un atteggiamento particolarmente tipico di alcune denominazioni
autoctone latino-americane). Sarebbe forse eccessivo, adottando un criterio
ecclesiologico, affermare che tutte le comunità pentecostali
siano nuovi movimenti religiosi di origine protestante, ma è certamente in
quest'area -- e in quella del fondamentalismo indipendente, che a partire dalla
fine dell’Ottocento ha costituito grandi e piccole denominazioni autonome --
che troveremo gruppi che corrispondono alla descrizione generale di questa
categoria [36].
- I nuovi movimenti religiosi di origine protestante, in genere,
condividono con i cattolici, i protestanti, gli anglicani e gli ortodossi --
talora con peculiarità proprie -- una base cristologica e trinitaria
comune [37]. Al contrario,
nei nuovi movimenti religiosi di origine cristiana alla
rottura ecclesiologica si accompagna anche una rottura teologica,
con inserimento di idee radicalmente diverse rispetto al protestantesimo
storico (e naturalmente rispetto al cattolicesimo). In gruppi come i mormoni e
i testimoni di Geova il cristianesimo delle Chiese e comunità storiche è un
retroterra da cui ci si allontana inserendo nuove idee e nuove scritture sacre,
così come -- è un’immagine utilizzata dalla storica protestante Jan Shipps per
il mormonismo [38] - il
cristianesimo delle origini si era allontanato dall’ebraismo. Per questi gruppi
l’insieme delle dottrine tradizionali del cristianesimo costituisce come un
grande "Vecchio Testamento", a cui se ne aggiunge uno nuovo, spesso
tale da modificare radicalmente le interpretazioni del primo, costituito da
nuove rivelazioni o da nuove scritture sacre. I testimoni di Geova e i mormoni
-- ciascuno, come si è accennato, con circa dieci milioni di aderenti nel mondo
-- sono gruppi con una storia più che secolare, e di grandi dimensioni
(cosiddette "nuove religioni"). In quest’area si situano tuttavia
anche altri gruppi più piccoli, dai Bambini di Dio (da diversi anni
ribattezzati The Family)[39] fino alla
Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon, che peraltro negli ultimi anni non
si presenta più come Chiesa ma come movimento "interconfessionale"
con il nome di Federazione delle Famiglie per la Pace e l’Unificazione
Mondiale. Il "nucleo duro" di questo movimento rimane peraltro
costituito da coloro che attribuiscono alla figura del reverendo Moon un ruolo
messianico [40].
- A queste due categorie, menzionate nella Relazione
generale del 1991, occorre a mio avviso aggiungerne oggi una terza,
quella dei nuovi movimenti religiosi che si possono chiamare di origine
cattolica, il cui insieme costituisce quello che alcuni chiamano
"cattolicesimo di frangia". Si tratta di gruppi che si sono separati
dalla Chiesa cattolica seguendo una rivelazione privata non riconosciuta dalla
Chiesa, un profeta, un santone, ovvero -- in senso ultra-conservatore oppure
ultra-progressista -- si sono allontanati dalla comunione con il Papa e con i
vescovi. Nella loro maggioranza, questi gruppi si ritengono soggettivamente in
comunione con la Chiesa cattolica, mentre spesso oggettivamente non
lo sono. Talora introducono anche dottrine inaccettabili. Non mancano casi in
cui movimenti di origine cattolica si danno una struttura di vera e propria
"Chiesa" alternativa. E’ il caso del gruppo italiano originariamente
denominato Cristo nell’Uomo, sorto nei dintorni di Torino intorno alle
rivelazioni private del veggente Roberto Casarin, che -- dopo l’abbandono
formale della Chiesa cattolica -- si è presentato come nuova religione
universale, prima con il nome di Chiesa della Nuova Gerusalemme e ora con il
nome di Chiesa dell’Anima Universale.
I nuovi
movimenti religiosi a simbologia cristiana -- distinti a seconda che siano di
origine protestante, di origine cristiana o di origine cattolica -- sono molto
diversi fra loro. Alcuni contano milioni di seguaci, altri poche decine. Alcuni
hanno vita effimera, altri esistono da più di un secolo e continuano a
crescere [41]. Un elemento,
tuttavia, che quasi tutti i nuovi movimenti religiosi a
simbologia cristiana hanno in comune è l’ansia escatologica: l’attesa di una
fine del mondo come imminente e l’aspirazione a un sapere su come (non
soltanto su quando) sarà la fine, che assume quasi sempre la forma
del millenarismo. Da questo punto di vista i nuovi movimenti religiosi a
simbologia cristiana -- antichi o recenti, grandi o piccoli -- costituiscono il
segnale o la spia di un elemento molto diffuso nella sensibilità religiosa
postmoderna: l’interesse per la fine del mondo e per gli eventi che la
accompagneranno, l’attesa talora gioiosa -- ma più spesso ansiosa e piena di
paura -- di eventi apocalittici. Questa attesa è largamente diffusa nel mondo
cristiano -- e anche al di fuori di esso [42] -- ben al di là della cerchia dei
membri di questi nuovi movimenti religiosi.
Nuovi
movimenti religiosi di origine orientale
Un’altra grande
"famiglia" comprende i nuovi movimenti religiosi di origine orientale,
la cui simbologia non è mutuata dal cristianesimo (anche se elementi cristiani
si ripresentano talora in chiave sincretistica) ma dalle religioni del Medio o
dell’Estremo Oriente. Per la verità il Medio Oriente -- e l’Islam -- sono stati
meno fecondi di nuovi movimenti religiosi. Tuttavia, separandosi dall’Islam, il
movimento baha’i è emerso, per storia e dimensioni, come una delle più grandi
"nuove religioni", con oltre cinque milioni di seguaci nel mondo. La
maggioranza dei nuovi movimenti religiosi di origine orientale si ispira alle
religioni nate nel subcontinente indiano (induismo, buddhismo, ma oggi anche
giainismo, sikhismo, religione radhasoami); non mancano gruppi giapponesi che
combinano buddhismo, scintoismo e religiosità popolare locale. Possiamo
distinguere fra gruppi creati da occidentali affascinati dall’Oriente (il cui
esempio più antico e importante è la Società Teosofica, fondata nel 1875, che
peraltro nega di essere un movimento religioso)[43] e i
risultati di vere e proprie "missioni" promosse da gruppi nati in
Oriente. A partire dal Parlamento mondiale delle religioni celebrato a Chicago
nel 1893 la presenza di occidentali entusiasti dell’Oriente non sfugge a
dirigenti di movimenti indiani e giapponesi, che -- come ha suggerito Reinhart
Hummel, anche come reazione organizzata alle missioni cristiane in Oriente -
iniziano a promuovere vere e proprie "contro-missioni" [44]. Oggi i guru indiani
-- per non parlare degli occidentali che, dopo essersi formati in India, si
sono auto-proclamati guru -- e i maestri di tutte le
tradizioni religiose orientali vecchie e nuove hanno dato origine a centinaia
di nuovi movimenti religiosi in Occidente. Ci troviamo qui di fronte,
nuovamente, a problemi di confine e di demarcazione. E’ difficile dire quali
gruppi siano "tradizionali", espressioni fedeli delle grandi
tradizioni orientali, e quali invece siano "nuovi". Se organizzano in
modo sistematico e continuato una predicazione missionaria in Occidente, anche
gruppi orientali di origine antica tendono ad assumere profili nuovi. Altri
erano già "nuovi" nella loro terra di origine quanto a stile e
modalità di presentazione, anche se radicati in una tradizione antica. Gli Hare
Krishna -- cioè i membri dell’ISKCON, la Società Internazionale per la
Coscienza di Krishna -- si inseriscono certamente nel solco di una
spiritualità, di origine bengalese, che risale al XVI secolo. Tuttavia, con la
massiccia presenza in Occidente il messaggio -- forse contro le intenzioni di
alcuni dei missionari partiti dall'Oriente -- a poco a poco si è modificato,
almeno quanto alle modalità di presentazione: nel caso degli Hare Krishna, con
interessanti ripercussioni anche nel loro paese di origine, l’India [45]. La Soka
Gakkai -- che conta circa quindici milioni di seguaci nel mondo -- è nata
nell’alveo di una delle scuole buddhiste giapponesi, quella del monaco
medioevale Nichiren (1222-1282). La grande espansione internazionale ha finito
per dare al movimento uno stile e caratteristiche in parte nuove, lontane dal
modo di presentarsi dei monaci della Nichiren Shoshu, l’ordine monastico al
quale la Soka Gakkai era originariamente affiliata. Si situano qui -- al di là
di controversie e scontri personali anche assai duri e sgradevoli -- le ragioni
sostanziali e sociologiche della rottura fra la Soka Gakkai e la Nichiren
Shoshu, che si è consumata nel 1991. Come ha fatto notare il suo maggiore
studioso europeo, il sociologo belga Karel Dobbelaere, dopo questa rottura (ma
il processo era già incominciato in precedenza) un movimento di laici, la Soka
Gakkai, si è strutturato come una vera e propria religione, certo radicata
nell’alveo buddhista ma insieme dotata di caratteristiche che derivano dalla
sua espansione internazionale nel nostro secolo [46].
Si afferma
spesso che i nuovi movimenti religiosi di origine orientale sono in crisi.
Tuttavia si tratta di un mercato che offre continuamente nuovi prodotti -- si
pensi alla rapida crescita del Sahaja Yoga della maestra indiana Sri Mataji
Nirmala Devi [47], o alla
recente espansione di nuovi movimenti religiosi nati a Taiwan -- e, dove il
fascino dell’India viene meno, di frequente cresce il fascino del Giappone,
qualche volta più difficile da rilevare in quanto le nuove religioni giapponesi
hanno un certo culto del "basso profilo" e rifuggono, per quanto
possibile, dai contatti con la stampa. Un esempio interessante di espansione di
un movimento giapponese è costituito da Sûkyô Mahikari, un gruppo che presenta
elementi derivati dallo scintoismo, dal buddhismo, dalla religiosità popolare
giapponese (e anche dall’esoterismo occidentale) che è cresciuto in modo
silenzioso in diversi paesi del mondo, oggetto di rarissimi studi e quasi mai
dell’interesse della stampa, almeno fino a quando non è rimasto coinvolto nelle
recenti polemiche europee sulle "sette" a cui ho già avuto occasione
di fare cenno [48].
Con l’eccezione
dei gruppi di origine medio-orientale e di quelli che, pure nati in Oriente,
derivano principalmente dal cristianesimo -- e dovrebbero quindi essere
piuttosto studiati nell’ambito dei movimenti a simbologia cristiana [49] -, un
elemento dottrinale che si ritrova quasi sempre in primo piano in questa
famiglia di movimenti è la dottrina della reincarnazione. Naturalmente, il successo
di questa dottrina non è dovuto soltanto ai nuovi movimenti
religiosi di origine orientale. Hanno contribuito anche la letteratura, il
cinema, la televisione, gruppi di origine magica o del potenziale umano (come
Scientology, dove la reincarnazione ha un ruolo che sarebbe sbagliato
considerare secondario). Tuttavia, un numero rilevante di occidentali incontra
per la prima volta la dottrina della reincarnazione quando si trova di fronte
alla letteratura di movimenti religiosi di ispirazione o di origine orientale,
che si tratti della Società Teosofica, degli Hare Krishna o dell’Organizzazione
Sathya Sai Baba. Se il successo dei nuovi movimenti religiosi a simbologia
cristiana mostra l’interesse dell’uomo contemporaneo per il destino dell’umanità e
la fine del mondo, la diffusione di nuovi movimenti di origine orientale è un
segnale dell’interesse per il destino della persona e per la
vita dopo la morte. Ancora una volta, si tratta di temi diffusi in una cerchia
molto più ampia rispetto a quella, relativamente ristretta, delle persone
disposte ad aderire a un movimento religioso di origine orientale.
Nuovi
movimenti religiosi nati in Occidente per innovazione
Una terza
famiglia di nuovi movimenti religiosi è stata costruita in Occidente intorno a
due idee le cui radici risalgono alla fine del Settecento. La prima è che le
religioni tradizionali non siano adatte all’uomo moderno e alla sua mentalità
scientifica, e sia dunque necessario fondare una religione nuova, prendendo gli
elementi migliori -- o, almeno, quelli compatibili con il progresso
tecnico-scientifico -- dalle grandi religioni del passato. La seconda idea è
che, mentre le religioni tradizionali hanno messo al centro del loro messaggio
Dio, una religione veramente moderna -- senza necessariamente negare
l’esistenza di un Essere Supremo -- dovrebbe invece concentrarsi sull’uomo,
sulle sue potenzialità e sulla sua felicità. Tentativi di costruire, più o meno
a tavolino, religioni interamente nuove consacrate all’uomo o all’umanità si
sono manifestati già durante la Rivoluzione francese; lo stesso Auguste Comte
(1798-1857), il padre del positivismo, cercò di fondare una Chiesa positivista,
che sopravvive ancora oggi -- ridotta a un piccolo gruppo -- in Brasile [50]. E’ tuttavia
soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale che è esploso un "movimento
del potenziale umano", chiamato anche "religione dei seminari",
con riferimento a seminari o corsi -- offerti normalmente dietro il pagamento
di un corrispettivo (spesso elevato) -- in cui si insegna a "fare
esplodere" il nostro potenziale nascosto. Dio -- con poche eccezioni --
non è tematicamente negato, così che non si può veramente parlare di
"religioni atee", ma rimane un remoto orizzonte, con poca incidenza
sulle attività quotidiane del gruppo, concentrate sull’auto-perfezionamento
dell’uomo, che dovrebbe sviluppare qualità straordinarie. Alcuni gruppi del
potenziale umano, come la Chiesa di Scientology, rivendicano -- fra molte
controversie -- la qualifica di religione. Altri come la Dinamica Mentale --
che oggi non esiste più, ma nelle cui fila sono passati i fondatori di numerosi
altri movimenti simili -- o est (Erhard Seminary Training, il cui nome era di
solito scritto con l’iniziale minuscola), poi chiamato The Forum e vittima a
sua volta di una grave crisi economica, hanno preferito presentarsi come
semplici società commerciali, pronte a offrire i loro servizi senza chiedere in
cambio l’adesione a nessun principio di carattere dottrinale o religioso. Il
confine fra movimenti del potenziale umano "religiosi" e "non
religiosi" sembra tenue. Se è vero che la Chiesa di Scientology ha una
visione del mondo di tipo neo-gnostico (gli uomini sarebbero gli originari
creatori del mondo, che si sono dimenticati di averlo creato e sono rimasti
intrappolati negli universi di materia-energia-spazio-tempo), e nella sua
pratica assume importanza notevole -- come si è accennato -- il tema della
reincarnazione, anche altri gruppi del potenziale umano, che pure si presentano
come società meramente commerciali, fondano la loro attività su una serie di
presupposti relativi alla natura, alle origini e al destino della persona
umana. D’altro canto la stessa Chiesa di Scientology ha un’attività quotidiana
che consiste ampiamente nell’offrire servizi dietro pagamento di uno specifico
corrispettivo.
Le controversie
che hanno riguardato Scientology -- e che oggi si estendono ad altri gruppi del
potenziale umano -- mostrano come, in numerosi paesi dell’Occidente, non esista
più una nozione socialmente condivisa di religione. Teologi, sociologi,
giuristi propongono definizioni diverse, e "religione" sembra sempre
di più -- piuttosto che una caratteristica essenziale che inerisce a questo o
quel fenomeno -- una "rivendicazione" che è negoziata fra attori
sociali portatori di specifici interessi (i governi, le amministrazioni
fiscali, i gruppi che rivendicano -- o, ispirandosi a strategie diverse, non rivendicano
-- l’etichetta di "religione") [51]. Al di là
della natura "religiosa" o meno di questi gruppi -- la risposta alla
relativa domanda dipende dalla nozione di "religione" che si adotta
-- e del dibattito, spesso molto vivace, sui metodi più o meno
discutibili e leciti che adottano nella loro propaganda, il messaggio dei
"movimenti del potenziale umano" rimanda a una "religione del
Sé" che pone al centro dell’esperienza del sacro una "sacralizzazione
del Sé" e una insistenza (di tipo, spesso, neo-gnostico) sul carattere
"divino" dell’uomo.
In questa
prospettiva, il sociologo inglese Paul Heelas propone un paragone fra la
"religione dei seminari" in genere (Scientology compresa) e il New
Age [52]. Certo, dal
punto di vista della struttura sociologica, i movimenti del potenziale umano --
soprattutto Scientology -- sono molto diversi dal New Age. Quest’ultimo non è,
in senso tecnico, un movimento: non ha una struttura facilmente visibile, non
ha capi, non ha adesioni formali (non ci si "iscrive" né si viene
"battezzati" nel New Age). E’ piuttosto un network di
gruppi molto diversi fra loro con idee e aspirazioni in comune [53]. Molti
movimenti del potenziale umano -- ancora una volta, l’esempio di Scientology è
particolarmente evidente -- sono strutturati in modo rigidamente gerarchico,
agli antipodi (sembrerebbe) del New Age [54]. Tuttavia, se
il New Age non è dal punto di vista tecnico un nuovo movimento religioso
(precisamente perché non è un "movimento"), al suo interno è
proposta, circola, è suggerita una "religione del Sé", una
"sacralizzazione della persona" (vista più spesso come creatore che
non come creatura) tale da giustificare il parallelo con i movimenti del
potenziale umano. Heelas ritiene che il New Age e la "religione dei seminari"
facciano parte di una più vasta "spiritualità del Sé" (in cui include
anche un altro aspetto -- oggi non più soltanto folkloristico, considerato il
numero delle persone coinvolte -- dell’innovazione religiosa occidentale, i
cosiddetti "culti" dei dischi volanti). Ci si può chiedere se -- con
il declino del New Age e la sua progressiva sostituzione con forme che non
annunciano più un rinnovamento globale del Pianeta, ma piuttosto un ingresso
privato e individuale in una nuova e superiore sfera di felicità (il cosiddetto
Next Age)[55] -- non ci
trovi di fronte a un passaggio, per certi versi inquietante, da una
"religione del Sé" a una "religione del Me". In ogni caso,
il successo di alcuni movimenti del potenziale umano -- sopravvalutato talora
sul piano delle statistiche, ma non inesistente -- mette in luce un’altra
tendenza-chiave della spiritualità contemporanea: la "sacralizzazione del
Sé", che si esprime anche nel New Age e in altri fenomeni.
Nuovi
movimenti magici
Esistono
movimenti che, da un punto di vista sociologico, si strutturano con forme
simili ai nuovi movimenti religiosi, ma dove l’esperienza che è proposta non è
tanto religiosa quanto magica. Nel 1990 ho proposto di chiamare questi gruppi
"nuovi movimenti magici" [56], e
l’espressione è stata adottata da molti, al di là di quanto io stesso avrei
potuto prevedere. Ero consapevole, all’epoca, che anche la distinzione fra
"magia" e "religione" non è ovvia, e dipende dalla
definizione di "religione" (e di magia) che si adotta. In generale --
seguendo una nota distinzione di Mircea Eliade -- si può dire che la religione
sia un’esperienza del sacro, una ierofania, che implica una certa
gratuità, mentre la magia è un’esperienza del potere, una cratofania,
in cui si cerca un rapporto dove l'uomo manipola il sacro e lo mette al suo
servizio [57]. Il pensiero
magico ha una versione colta, l’esoterismo, il cui influsso sulla cultura
occidentale, sull’arte, sulla politica non deve essere sottovalutato [58], e una
versione "popolare", la cosiddetta folk magic, in cui
maghi a pagamento stabiliscono con i loro clienti rapporti di tipo
prevalentemente economico, con scarso contenuto dottrinale o culturale. Tra
l’esoterismo in alto, e la folk magic in basso, si colloca il
mondo dei nuovi movimenti magici. La sociologia ottocentesca riteneva che la
magia fosse esperienza eminentemente individuale, e che non si prestasse a
essere praticata in gruppo. Come il calabrone, di cui si dice che secondo le
leggi dell’aerodinamica non potrebbe volare -- ma il calabrone non lo sa, e
vola lo stesso -- anche i movimenti magici, incuranti dei sociologi, hanno
cominciato a organizzarsi alla fine dell’Ottocento (con qualche precedente
settecentesco), e oggi sono diffusi in molti paesi del mondo. Possono essere
distinti a seconda del tipo di esperienza magica che
propongono (spiritismo, magia cerimoniale, occultismo, satanismo), o anche del
mito fondatore o del periodo storico cui fanno riferimento (movimenti
neo-gnostici, neo-pagani, neo-stregonici, neo-templari, neo-rosacrociani, e
così via). I movimenti che hanno avuto maggiore influenza nell’ambito più vasto
della nuova religiosità contemporanea sono gli ordini di magia cerimoniale --
come l’Ordine Ermetico della Golden Dawn, fiorito in Inghilterra
particolarmente nell’ultimo decennio dell’Ottocento, con una notevole influenza
sulla vita artistica e letteraria, e l’O.T.O. (Ordo Templi Orientis), diretto
in una fase centrale del suo sviluppo dal celebre mago "nero" inglese
Aleister Crowley (1875-1947) -- e alcuni movimenti esoterici di tipo
neo-gnostico, come quelli che fanno riferimento al mito dei rosacroce. La
neo-stregoneria raduna decine di migliaia di fedeli, particolarmente negli
Stati Uniti con il nome di wicca (termine inglese antico
per witchcraft, "stregoneria"), e si presenta come una
religione della natura neo-pagana. A differenza di quanto avviene in alcuni
paesi europei, la wicca degli Stati Uniti insiste sulle sue
differenze con il satanismo, che considera una forma primitiva e inferiore di
protesta anticristiana (mentre la vera alternativa al cristianesimo sarebbe il
ritorno a forme di paganesimo precristiano).
Naturalmente,
non tutti i movimenti di tipo magico, ovvero che praticano la magia cerimoniale
o l’occultismo, sono satanisti. Un teologo potrebbe dare all’espressione
"satanismo" un significato più vasto, ma normalmente gli specialisti
di nuovi movimenti religiosi fanno rientrare in questa categoria soltanto i
gruppi che -- considerandolo una persona o un semplice simbolo -- venerano con
pratiche reiterate di tipo liturgico o para-liturgico il personaggio chiamato
Diavolo o Satana nella Bibbia [59]. Se è vero che
il satanismo mutua dalla magia cerimoniale e dall’occultismo molti dei suoi
riti -- particolarmente rituali a sfondo sessuale --, è altrettanto vero che
gli altri movimenti magici spesso hanno opinioni piuttosto negative nei
confronti dei satanisti. Il satanismo organizzato -- gruppi di
adulti con un minimo di organizzazione (sedi, riviste, libri, gerarchie) -- è
un fenomeno spesso sopravvalutato, che interessa in realtà solo qualche
migliaio di persone nel mondo intero. Molto più diffuso -- e difficile da
stimare -- è un satanismo selvaggio (chiamato talora
"acido" per i suoi collegamenti con il mondo della droga), fenomeno
di imitazione in cui si muovono bande giovanili (ispirate spesso dalla musica,
dai fumetti o da qualche film), senza contatti con la tradizione
"storica" del satanismo. Proprio il satanismo "selvaggio"
-- tra l’altro, molto più difficile da sorvegliare per le forze di polizia --
si rivela spesso veramente pericoloso, ed è in questo ambiente che sono
maturati negli ultimi anni crimini di varia gravità, dal vandalismo nei
confronti di chiese e cimiteri fino alla violenza carnale e, in qualche caso,
all’omicidio "rituale" [60]. Se si eccettua il caso -- che occupa più
spesso le cronache giornalistiche, ma è minoritario -- del satanismo, i nuovi
movimenti magici non sono spesso oggetto di indagini articolate. Sono tuttavia
interessanti come punta di un iceberg che ha dimensioni molto
più vaste: il cosiddetto "ritorno della magia", che porta
numerosissime persone a rivolgersi a maghi a pagamento, indovini, cartomanti, e
a credere nell’efficacia delle pratiche magiche. Anche il rinnovato interesse
per la magia è un sintomo della crisi della modernità e del passaggio al
postmoderno.
III. Alcune conclusioni
Se per
"nuove religioni" intendiamo un universo di appartenenze,
un mondo di movimenti organizzati e gerarchici, si può parlare di
"esplosione delle nuove religioni" con riferimento alla
moltiplicazione dei gruppi e delle sigle, ma non alla moltiplicazione del
numero degli aderenti. Anche se alcuni gruppi -- come i mormoni, i testimoni di
Geova o la Soka Gakkai -- coinvolgono milioni di persone, le percentuali
complessive degli aderenti ai nuovi movimenti religiosi sull’insieme della
popolazione rimangono relativamente basse, particolarmente in Occidente. Se
invece per "nuove religioni" intendiamo non soltanto sistemi di
appartenenze ai movimenti organizzati ma anche sistemi di credenze --
che non necessariamente si traducono nell’adesione a un movimento -, allora
parlare di "esplosione delle nuove religioni" è pienamente
giustificato. Nel clima postmoderno del "ritorno del sacro" crescono,
come si è visto, alcuni movimenti all’interno delle religioni storiche e delle
Chiese maggioritarie. Crescono, certamente, alcuni nuovi movimenti religiosi.
Ma soprattutto cresce l’area del believing without belonging, del
"credere senza appartenere". E se ci si chiede -- all’interno di
quest’area -- in che cosa chi non "appartiene" vuole comunque
"credere", la risposta deve fare riferimento non soltanto -- forse
non principalmente -- a credenze di tipo tradizionale, ma a credenze nuove.
Da questo punto di vista tracciare una mappa dei nuovi movimenti religiosi che
oggi hanno un certo successo è importante, perché ogni "famiglia" di
nuovi movimenti religiosi ci segnala esigenze e credenze diffuse ben al di là
dei suoi confini. Così, i nuovi movimenti religiosi a simbologia cristiana
rimandano all’interesse per l’escatologia, le profezie apocalittiche e la fine
del mondo. I nuovi movimenti religiosi di origine orientale sono un indice del
grande interesse che circonda le teorie della reincarnazione. I movimenti del
potenziale umano e altri nati in Occidente per innovazione -- come pure il New
Age -- rinviano a un tema oggi molto diffuso (e, dal punto di vista della fede
cattolica, preoccupante): quello della "sacralizzazione del Sé",
della "spiritualità del Sé" che rischia, in questa fine di ventesimo
secolo (con il passaggio dal New Age al cosiddetto Next Age) di diventare
semplicemente "spiritualità del Me". Infine, i nuovi movimenti magici
testimoniano e sottolineano la crescita -- o il ritorno -- di diffuse credenze
nella magia, il ricorso a pratiche magiche, la consultazione di
"professionisti dell’occulto".
Così, lo studio
dei nuovi movimenti religiosi aiuta non soltanto a capire quali esigenze
muovono i loro aderenti ma anche quali idee religiose o spirituali circolano
all’interno di quell’area molto più vasta in cui si situa chi "crede senza
appartenere". Occorre, peraltro, diffidare della facile dicotomia che
vorrebbe distinguere il mondo religioso in "noi" e "loro".
Di qua "noi", i cattolici, che -- fedeli alla fede che ci è stata trasmessa
-- rifiutiamo credenze eterodosse. Di là "loro", gli altri, coloro
che appartengono a un movimento religioso nuovo ovvero, credendo "senza
appartenere" ad alcun gruppo, facilmente cadono in credenze strane,
irrazionali, superstiziose. Il quadro -- purtroppo -- è più complesso. Le
indagini sociologiche mostrano che credenze come quella nella
reincarnazione [61],
nell’efficacia delle pratiche magiche, nel carattere affidabile delle profezie
sulla fine del mondo certamente diminuiscono in percentuale se
si interroga non la popolazione generale ma un campione di cattolici che sono
intervistati all’uscita della Messa domenicale. Diminuiscono ancora se si
intervistano cattolici impegnati in un gruppo parrocchiale o in un movimento.
Diminuiscono: ma non spariscono. Indagini effettuate in Italia e in altri paesi
mostrano come queste credenze siano presenti anche fra coloro che frequentano
la Messa domenicale, con percentuali solo leggermente minori rispetto a quelle
della popolazione in generale. Se si passa a intervistare cattolici impegnati
regolarmente in un gruppo parrocchiale o in un movimento le percentuali
scendono in modo molto più significativo, ma -- lungi dallo sparire --
rimangono, per alcune delle credenze neo-religiose indicate, intorno o sopra al
dieci per cento [62]. La catechesi,
dunque, fa certamente diminuire l’influenza delle idee neo-religiose, ma non la
elimina. Qualche volta "noi" siamo "loro", o
"loro" sono "noi".
Questi dati -- e
la diffusione della nuova religiosità in genere -- devono indurre a riflettere
sulla qualità particolare del nostro tempo, e sulle sfide che pone alla Chiesa
e alla pastorale. Non si tratta tanto di riposare contenti sugli allori delle
nostre certezze, ringraziando il Signore per non essere come "loro",
come quelli che professano credenze "strane". Si tratta piuttosto di
riflettere sulle occasioni che pone all’evangelizzazione il passaggio al postmoderno.
Molte persone, si potrebbe dire tutto un popolo che aveva manifestato in
decenni passati un minore interesse per il sacro e per la religione si è
rimesso in movimento. Ma questo movimento è confuso, oscillante, ambiguo. Un
popolo che professa interesse per il sacro si è messo in cammino, ma sembra non
sapere dove andare. La domanda di sacro, di spiritualità, di religione esiste,
c’è un percorso per cui molti si avviano: ma, al termine di questo percorso,
potranno incontrare la verità ovvero l’errore, qualche volta l’inganno o
perfino la tragedia. Come si presenterà il ritorno del sacro nel secolo XXI?
Come saranno gli scenari religiosi del prossimo secolo? Sono domande a cui è
difficile rispondere se non si è presuntuosi, o se non si ritiene di potersi
affidare a una sfera di cristallo. C’è qualcosa, tuttavia, che -- di fronte
alle occasioni di ogni epoca storica -- il cristiano può sapere con certezza.
Il futuro è nelle mani di Dio ma, in via -- evidentemente -- subordinata a Dio,
è anche nelle nostre. Il futuro sarà come sapremo costruirlo, e dipende anche
dal nostro impegno e dalla nostra capacità. Se i ricercatori di sacro, che
manifestano un nuovo interesse per la sfera del religioso, incontreranno o meno
la verità al termine del loro sofferto cammino dipende anche dai cristiani: da
noi, dalla nostra capacità di essere al posto giusto, e di parlare il
linguaggio giusto, perché questo popolo possa veramente trovare quello che
confusamente ricerca. La Chiesa, in quest’ultimo scorcio di ventesimo secolo,
ci ha offerto un nome e un programma per questo sforzo di incontrare chi si
riavvicina -- certo, in modo incerto e ambiguo -- alle "domande
serie" che hanno a che fare con il sacro e la religione. Questo sforzo si
chiama, semplicemente, nuova evangelizzazione.
Massimo
Introvigne
Sommario
Nell’epoca
postmoderna il "ritorno del sacro" si esprime sia in un "credere
senza appartenere" (believing without belonging), sia nella
diffusione di nuovi movimenti religiosi. Si possono distinguere: movimenti a
simbologia cristiana, la cui esigenza fondamentale fa spesso riferimento
all’escatologia e alla fine del mondo; movimenti di origine orientale, molti
dei quali annunciano la dottrina della reincarnazione; movimenti del potenziale
umano, nati in Occidente per innovazione, che -- come fa anche gran parte del
New Age -- diffondono una spiritualità o una sacralizzazione del Sé; e nuovi
movimenti magici, forme organizzate di un interesse per la magia e per
l’occulto che è largamente diffuso nella società. La loro presenza conferma
l’ipotesi del "ritorno del sacro", che si presenta come un’occasione
e una sfida per la nuova evangelizzazione.
Note
1. [torna]Giovanni Paolo II, enciclica Fides
et ratio, del 14 settembre 1998, n. 91.
2. [torna]Ibid.,
n. 48.
3.
[torna]Cfr. Harvey G. Cox, The Secular
City, Macmillan, New York 1965 (tr. it.: La città secolare,
Vallecchi, Firenze 1968).
4.
[torna]H.G.
Cox, Fire from Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the
Reshaping of Religion in the Twenty-First Century, Addison-Wesley, Reading
(Massachussetts) 1995, p. XV.
5. [torna]Cfr. per
esempio i saggi raccolti nell’opera curata da Michel André, Sortie des
religions, retour du religieux, Astragale, Lille 1992.
6.
[torna]Cfr. Gilles
Kepel, La revanche de Dieu. Chrétiens, juifs
et musulmans à la reconquête du monde, Seuil, Parigi
1991 (ed. ingl.: The Revenge of God. The Resurgence of Islam,
Christianity, and Judaism in the Modern World, Pennsylvania State
University Press, University Park (Pennsylvania) 1994; tr. it.: La
rivincita di Dio, Rizzoli, Milano 1991).
7.
[torna]H.G.
Cox, Fire from Heaven, cit., p. XVI.
8.
[torna]Stephen L. Carter, The Culture of
Disbelief. How American Law and Politics Trivialize Religious Devotion,
Basic Books, New York 1993.
9. [torna]Laurence
R. Iannaccone, "Introduction to the Economics of Religion", Journal
of Economic Literature, vol. XXXVI (settembre 1998), pp. 1465-1496 (p. 1468).
10. [torna]Cfr. ibid.,
p. 1469.
11. [torna]Cfr. Daniel
Boy -- Guy Michélat, "Premiers résultats de l’enquête sur les croyances
aux parasciences", in La pensée scientifique et les parasciences,
Albin Michel -- Cité des sciences et de l’industrie, Parigi 1993.
12. [torna]Cfr. Robin Gill, The Myth of the
Empty Church, SPCK, Londra 1993.
13. [torna]Cfr. L.A.
Iannaccone, op. cit.; Franco Garelli, Religione e Chiesa in
Italia, Il Mulino, Bologna 1991.
14. [torna]J. Gordon Melton, Encyclopedia of
American Religions, 6ª ed., Gale, Detroit 1999.
15. [torna]F.
Garelli, op. cit., pp. 12-16.
16. [torna]Ministero
dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale Polizia
di Prevenzione, Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia,
rapporto del febbraio 1998.
17. [torna]Grace Davie, Religion in Britain
since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994.
18. [torna]Cfr. sul
punto F. Garelli, op. cit. Parliamo qui di cittadini italiani.
Se volessimo prendere in esame le persone presenti sul territorio italiano,
la percentuale di aderenti a minoranze religiose salirebbe perché salirebbe il
numero dei musulmani. La grande maggioranza dei musulmani presenti in Italia
non è composta da cittadini italiani.
19. [torna]Danièle
Hervieu-Leger, La Religion pour Mémoire, Cerf, Parigi 1993.
20. [torna]Per
ulteriori annotazioni su questo tema cfr. il mio Il sacro postmoderno.
Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano 1996.
21. [torna]Bhaktivedanta
S. Prabhupada, La reincarnazione: la scienza eterna della vita, tr.
it., Edizioni Bhaktivedanta, Firenze 1983.
22. [torna]James Redfield, The Celestine
Prophecy. An Adventure, 2ª ed., Warner Books, New York 1994
(l’autore aveva pubblicato una prima edizione in forma privata a Hoover
[Alabama] nel 1989); tr. it.: La profezia di Celestino. Romanzo,
Corbaccio, Milano 1994.
23. [torna]Anche la
letteratura non direttamente "spirituale" è un indicatore delle
aspirazioni religiose implicite o sommerse nella nostra società. Così la
straordinaria popolarità del genere horror -- anche nella
letteratura giovanile -- mostra il fascino profondo del tema della morte e
dell’immortalità: cfr. sul punto Edward J. Ingebretsen, S.J.., Maps of
Heaven, Maps of Hell. Religious Terror as Memory from the
Puritans to Stephen King, M. E. Sharpe, Armonk (New York) --
Londra 1996; e il mio La stirpe di Dracula. Indagine sul vampirismo dall’antichità ai
nostri giorni, Mondadori,
Milano 1997.
24. [torna]Ernst
Troeltsch, Le dottrine sociali delle Chiese e dei gruppi cristiani,
tr. it., 2 voll., La Nuova Italia, Firenze 1941-1960.
25. [torna]Rodney Stark -- William Sims
Bainbridge, The Future of Religion. Secularization, Revival, and Cult
Formation, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-Londra
1985.
26. [torna]Ibid.,
pp. 24-26.
27. [torna]Cfr. W.S. Bainbridge, The
Sociology of Religious Movements, Routledge, New York-Londra 1997; R. Stark
-- W.S. Bainbridge, Religion, Deviance, and Social Control,
Routledge, New York-Londra 1997.
28. [torna]Per una
ricostruzione cfr. Jean-François Mayer, Le mythe du Temple Solaire,
Georg, Ginevra 1996; ed. it. aggiornata: Il Tempio Solare, Elle Di
Ci, Leumann (Torino) 1997.
29. [torna]Su cui cfr.
il mio Heaven’s Gate. Il paradiso non può attendere, Elle Di Ci,
Leumann (Torino) 1997.
30. [torna]Per una
serie di critiche, da prospettive diverse, del rapporto parlamentare francese
del 1996 Les Sectes en France, cfr. gli studi raccolti nel testo
curato da me e da J. Gordon Melton, Pour en finir avec les sectes. Le
débat sur le rapport de la commission parlementaire, 3ª ed., Dervy, Parigi
1996. La migliore storia delle controversie sulle "sette" in tema di
"lavaggio del cervello" si trova nella tesi di dottorato di Dick L.
Anthony, "Brainwashing and Totalitarian Influence: An Exploration of
Admissibility Criteria for Testimony in Brainwashing Trials", Graduate
Theological Union, Berkeley (California) 1996. I documenti principali della
controversia statunitense degli anni 1980 su questo tema sono riprodotti nel
sito Internet del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni):
http://www.cesnur.org/APA_Documents.htm
31. [torna]A proposito
della lista del rapporto francese, un documento del Segretariato Generale della
Conferenza Episcopale francese si preoccupava per esempio "di vedere
circolare nei mezzi di comunicazione di massa, che si riferiscono al rapporto,
liste di gruppi qualificati come ‘sette’ di cui ci si domanda chi le ha ispirate,
sostituendosi all’autorità giudiziaria con una condanna dove l’accusato non è
stato ascoltato secondo le regole del diritto in un processo contraddittorio e
legale" (L’Eglise catholique et les sectes, documento del
Segretariato Generale della Conferenza Episcopale francese del 6 febbraio 1996,
n. 4). La risposta alla domanda su "chi ha ispirato" non solo le
"liste", ma l’idea stessa che la compilazione di elenchi di
"sette pericolose" sia possibile e opportuna presupporrebbe una
ricognizione storica sul cosiddetto movimento anti-sette e sulla sua ideologia,
su cui cfr. il mio Il sacro postmoderno, cit., pp. 141-253; e Anson
Shupe -- David G. Bromley (a cura di), Anti-Cult Movements in
Cross-Cultural Perspective, Garland, New York -- Londra 1994.
32. [torna]Sui problemi
terminologici in genere cfr. il mio "Nel Paese del punto esclamativo:
‘sette’, ‘culti’, ‘pseudo-religioni’ o ‘nuove religioni’?", Studia
Missionalia, n. 41 (1992), pp. 1-26.
33. [torna]Card.
Francis Arinze, La sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un
approccio pastorale, relazione generale al Concistoro straordinario del
1991, n. 6 (il testo è pubblicato in traduzione italiana in appendice al
mio La questione della nuova religiosità, Cristianità, Piacenza
1993, pp. 59-93).
34. [torna]Ibid.,
n. 7.
35. [torna]Su questi
problemi cfr. il mio I protestanti, Elle Di Ci, Leumann (Torino)
1998.
36. [torna]Su questo
problema, e sulla fecondità metodologica delle categorie della Relazione
generale del 1991, cfr. il mio "Christian New Religious
Movements: A Roman Catholic Perspective", in Eileen Barker -- Margit
Warburg (a cura di), New Religions and New Religiosity, Aarhus
University Press, Aarhus 1998, pp. 243-261.
37. [torna]Fanno
eccezione i gruppi oneness del mondo pentecostale che
battezzano soltanto "nel nome di Gesù Cristo" e rifiutano la Trinità.
Peraltro la loro posizione è spesso rappresentata in modo semplicistico, e
negli ultimi anni si sono moltiplicati i contatti e i momenti di dialogo fra
pentecostali oneness e altri pentecostali. Cfr. sul punto il
mio "La sfida pentecostale: origini, storia e sociologia dei movimenti
pentecostali e carismatici", in CESNUR (Centro Studi sulle Nuove
Religioni), La sfida pentecostale, a cura di M. Introvigne, Elle Di
Ci, Leumann (Torino) 1996, pp. 13-83.
38. [torna]Cfr. Jan Shipps, Mormonism. The
Story of a New Religious Tradition, University of Illinois Press,
Urbana-Chicago 1985.
39. [torna]Sulle
evoluzioni recenti di questo movimento cfr. J. Gordon Melton, Dai
Bambini di Dio a The Family, ed. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
40. [torna]Su questi
sviluppi cfr. il mio La Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon,
Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997.
41. [torna]Una
categoria speciale di nuovi movimenti religiosi di origine protestante o
cristiana è costituita dalle "Chiese africane indipendenti e movimenti
profetici o messianici in Africa" citati anche nella Relazione
generale del 1991 al n. 7. Questi movimenti presentano caratteristiche
specifiche. Sono così numerosi (diverse migliaia) che ne sono state proposte, a
loro volta, sottodivisioni e tipologie.
42. [torna]Per una
panoramica cfr. Stephen J. Stein (a cura di), Encyclopedia of
Apocalypticism, 3 voll., Continuum, New York 1998 (soprattutto il vol.
III); e il mio Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni
alle soglie del Duemila, Gribaudi, Milano 1995.
43. [torna]Cfr. sul
punto James Santucci, La Società Teosofica, ed. it., Elle Di Ci,
Leumann (Torino) 1999.
44. [torna]Cfr. Reinhart Hummel, Les Gourous,
Cerf, Parigi e Fides, Montreal 1988, pp. 15-16. Nella stessa India i guru hanno un ruolo
importante nei movimenti nazionalisti e anti-occidentali: cfr. Lise
McKean, Divine Enterprise. Gurus and the
Hindu Nationalist Movement, University of Chicago Press, Chicago
1996.
45. [torna]Cfr. Charles R. Brooks, The Hare
Krishnas in India, Princeton University Press, Princeton (New Jersey) 1989.
46. [torna]Cfr. Karel
Dobbelaere, La Soka Gakkai. Un movimento di laici diventa una religione,
ed. it., Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1998.
47. [torna]Cfr. Judith Coney, Sahaja Yoga,
Curzon, Richmond (Surrey) 1998.
48. [torna]Cfr. sul
punto, per un’analisi degli sviluppi recenti, Laurence Bernard-Mirtil, Sûkyô
Mahikari. Une nouvelle religion venue du Japon, Editions Bell Vision,
Trignac 1998; e il mio Sûkyô Mahikari, Elle Di Ci, Leumann (Torino)
1999.
49. [torna]Cfr., con
riferimento ai movimenti a simbologia cristiana nati in Giappone, Mark R.
Mullins, Christianity Made in Japan. A Study of
Indigenous Movements, University of Hawaii Press, Honolulu
1998.
50. [torna]Cfr. Mario
Aldo Toscano, Liturgia del moderno: positivisti a Rio de Janeiro,
Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 1992.
51. [torna]Cfr. Arthur L. Greil, "Sacred Claims:
The ‘Cult Controversy’ as a Struggle for the Right to the Religious
Label", in David G. Bromley -- Lewis E. Carter (a cura di), The
Issue of Authenticity in the Study of Religion, JAI Press, Greenwich
(Connecticut) 1996, pp. 47-63.
52. [torna]Cfr. Paul Heelas, The New Age
Movement. The Celebration of the Self and the Sacralization of Modernity,
Blackwell, Cambridge 1996.
53. [torna]Cfr. sul
punto il mio Storia del New Age 1962-1992, Cristianità, Piacenza
1994; e PierLuigi Zoccatelli, Il New Age, Elle Di Ci, Leumann (Torino)
1997.
54. [torna]Cfr. sul
punto J. Gordon Melton, La Chiesa di Scientology, ed. it., Elle Di
Ci, Leumann (Torino) 1998.
55. [torna]Cfr. Massimo Introvigne -- PierLuigi Zoccatelli, Dal New
Age al Next Age, Giunti, Firenze 1999. L’espressione "Next Age"
ha avuto origine all’interno del mondo del New Age nell’Europa continentale, ed
è pressoché ignota negli Stati Uniti. La crisi del New Age, con la riduzione
dell’aspirazione utopistica verso una società globalmente rinnovata a un
anelito privatistico a una vita personale più piena e felice, è stata invece
descritta anzitutto negli Stati Uniti: cfr. sul punto J. Gordon Melton,
"The Future of the New Age Movement", in E. Barker -- M.
Warburg, New Religions and New Religiosity, cit., pp. 133-149.
56. [torna]Cfr. il
mio Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al
satanismo, SugarCo, Milano 1990.
57. [torna]Cfr. Mircea
Eliade, Le sacré et le profane, Gallimard, Parigi 1965 (tr.
it.: Il sacro e il profano, P. Boringhieri, Torino 1967).
58. [torna]Cfr., per i
problemi metodologici e storici in tema di definizione e di studio
dell’esoterismo, Antoine Faivre -- Wouter J. Hanegraaff (a cura di), Western
Esotericism and the Science of Religion, Peeters, Lovanio 1998.
59. [torna]Per una
storia di questo fenomeno cfr. il mio Indagine sul Satanismo. Satanisti
e anti-satanisti dal Seicento ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1994. Più
brevemente cfr. il mio Il satanismo, Elle Di Ci, Leumann (Torino)
1997.
60. [torna]Anche il
numero di omicidi compiuti da gruppi satanisti è talora sopravvalutato. Fonti
giornalistiche parlano di migliaia, qualche volta addirittura di decine di
migliaia di casi. Sarebbe peraltro un errore -- di segno contrario --
sostenere, semplicemente, che omicidi non si verifichino mai nel
mondo del satanismo. Ci sono almeno una quindicina di episodi, negli ultimi
vent’anni, in cui i tribunali hanno condannato esponenti del satanismo (in
genere "selvaggio") per casi di omicidio. Considerando che altri casi
possono non essere stati scoperti, siamo nell’ordine di qualche decina di
omicidi nel giro di vent’anni. Ma si tratta sempre di venti o trenta
omicidi di troppo, che giustificano la sorveglianza di un ambiente
potenzialmente pericoloso. Accanto alla vigilanza, è peraltro opportuna un’indagine
sulle cause della devianza giovanile che si esprime nel satanismo
"selvaggio": cfr. sul punto Joyce Mercer, Behind the Mask of
Adolescent Satanism, Deaconess Press, Minneapolis 1991.
61. [torna]Di un certo
credito gode, anche presso alcuni cattolici, la tesi -- totalmente falsa --
secondo cui i primi cattolici avrebbero creduto nella reincarnazione; per una
confutazione cfr. Pietro Cantoni, Cristianesimo e reincarnazione,
Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1997. Più in generale, sull’incompatibilità fra
fede cattolica e reincarnazione, cfr. il testo del vescovo cattolico di
Copenaghen, mons. Hans Ludvig Martensen, S. J., Reincarnazione e
dottrina cattolica. La Chiesa di fronte alla dottrina della reincarnazione,
tr. it., Cristianità, Piacenza 1994; e il libro dell’arcivescovo di Vienna,
card. Christoph Schönborn, Risurrezione e reincarnazione, tr. it.,
Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 1990.
62. [torna]Per esempi e
analisi di statistiche di questo genere in alcuni regioni d’Italia cfr. Luigi
Berzano -- Massimo Introvigne, La sfida infinita. La nuova religiosità
nella Sicilia centrale, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma
1994; L. Berzano -- M. Introvigne, Il gigante invisibile. Nuove
credenze e minoranze religiose nella provincia di Foggia, N.E.D., Foggia
1997.
(articolo
di Massimo Introvigne del CESNUR - Pubblicato da www.sfairos.it)
Che cos'è il New Age
Papa Giovanni
Paolo II, parlando il 28 maggio 1993 a un gruppo di vescovi americani, ha
richiamato l’attenzione sulla particolare pericolosità del fenomeno del New
Age, non soltanto per le sue caratteristiche intrinseche di punta aggressiva
della nuova religiosità contemporanea, ma anche per la sua particolare
attitudine a infiltrare, passando quasi inosservato, la mentalità e la stessa
pastorale cattolica con idee, tendenze e tecniche. La nota pastorale del
Segretariato per l’Ecumenismo e il Dialogo della Conferenza Episcopale Italiana
L’impegno pastorale della Chiesa di fronte ai nuovi movimenti religiosi e alle
sette, del 30 maggio 1993, ha segnalato - come fenomeni nei confronti dei quali
va esercitata, in Italia, una particolare vigilanza - il movimento dei
testimoni di Geova e il New Age, il primo per la sua particolare rilevanza
quantitativa, il secondo per le sue caratteristiche qualitative di realtà
fluida, sfuggente e, quindi, atta a infiltrarsi anche negli ambienti cattolici
. Come il documento non manca di precisare, i testimoni di Geova e il New Age
costituiscono fenomeni essenzialmente diversi. I testimoni di Geova sono un
movimento, con genealogia, capi, indirizzi, sedi e dottrine definite da
un’autorità che tutti gli adepti del gruppo riconoscono e che, quindi, possono
essere ricostruite senza eccessive difficoltà. Invece il New Age è un fenomeno
che appare quasi inafferrabile, che elude le definizioni e che - secondo i suoi
stessi portavoce - avrebbe come caratteristica principale proprio quella di non
poter essere definito, in quanto non avrebbe né dottrine né princìpi comuni, ma
costituirebbe soltanto un "ambiente", uno "stile di vita" o
una "metafora". Si può dire che, per alcuni anni, gli stessi
specialisti della nuova religiosità contemporanea si siano, per così dire,
lasciati intimorire da questo "divieto di fare domande" sulla natura
del New Age evitando di avventurarsi sul terreno scivoloso di una sua ipotetica
definizione. Tuttavia, negli anni 1990 la riflessione scientifica sul New Age -
presentata anche in forma di bilancio, in un momento in cui il fenomeno iniziava
a manifestare negli Stati Uniti qualche segno di declino - ha prodotto una
serie di risultati finalmente convincenti, dall’enciclopedia New Age Almanac,
del 1991 , fino all’importante collezione di saggi Perspectives on the New Age,
curata da James R. Lewis e J. Gordon Melton alla fine del 1992 . Lo stesso
Magistero cattolico ha avviato una valutazione globale del fenomeno a partire
dalla lettera pastorale Le Christ ou le Verseau, dell’arcivescovo di
Malines-Bruxelles, il card. Godfried Danneels, pubblicata in occasione del
Natale 1990 . A distanza di oltre trent’anni dalle sue prime origini diventa
anche possibile tentare di scrivere una storia del New Age .
Che cos’è il New
Age ? Nonostante la presunta impossibilità di descrivere il fenomeno - su cui
insistono, non senza una punta di civetteria, i suoi portavoce - gli studi in
materia sono ormai sufficientemente articolati per proporne quattro definizioni
- o, se si preferisce, descrizioni - non alternative, ma piuttosto
complementari, "finestre" diverse che permettono - nel loro insieme -
di farsene un’idea non esaustiva, ma comunque abbastanza precisa. Le quattro
descrizioni che mi sembrano emergere dal più recente dibattito sul tema sono,
rispettivamente, di natura psicologica, storica, sociologica e dottrinale.
1. Descrizione
psicologica
Il New Age può
essere anzitutto descritto in chiave psicologica come uno stato d’animo: come
la sensazione - prima ancora della convinzione - condivisa da un numero
socialmente significativo di persone di essere entrati - o di stare per entrare
- in un’epoca nuova, che è contrassegnata da cambiamenti radicali e qualitativi
non in uno solo, ma in tutti i settori della vita dell’uomo. I cambiamenti
scientifici - reali o mitici - dovrebbero, per una sorta di "effetto domino",
provocare una catena inarrestabile di cambiamenti globali a cui nessun campo di
attività dell’uomo dovrebbe sfuggire: cambiamenti politici, artistici,
culturali, filosofici e religiosi. Da dove e quando nasce questa sensazione
socialmente diffusa? I portavoce del New Age - soprattutto Marilyn Ferguson,
autrice nel 1980 di una delle opere che più ha contribuito a diffondere l’idea
del New Age nel mondo - vorrebbero far credere che tutto origina dai progressi
della scienza e dalla teoria delle "rivoluzioni scientifiche"
proposta da Thomas S. Kuhn in un’opera del 1962, in cui sosteneva che quando
non sono più soltanto singole "teorie" ma interi
"paradigmi" a cambiare si determina nella scienza una
"rivoluzione" . È vero che la data del 1962 è significativa - ma da
altri punti di vista - per la nascita del New Age, e che l’idea del
"cambiamento dei paradigmi" vi è diventata estremamente popolare.
Tuttavia Thomas S. Kuhn con la sua teoria delle rivoluzioni scientifiche non
aveva in mente "rivoluzioni" che andassero al di là dell’ambito delle
scienze, e la scoperta delle sue teorie da parte del New Age è avvenuta oltre
un decennio dopo la pubblicazione della sua opera principale.
Le radici del
New Age, come stato d’animo che annuncia un cambiamento globale, sono invece di
natura astrologica e politica. Dal punto di vista astrologico l’idea del New
Age si fonda sulla teoria della precessione degli equinozi, secondo cui il sole
cambierebbe di segno zodiacale ogni 2160 anni circa. La teoria è molto antica -
se ne trovano tracce già in ambiente pitagorico - ma la sua versione moderna
risale a un’opera del 1937, L’Ère du Verseau. Le secret du Zodiac, le proche
avenir de l’humanité, dell’esoterista francese Paul Le Cour, nato nel 1871 e
morto nel 1954 . Secondo Paul Le Cour l’Età dei Pesci, iniziata verso l’anno 1
dopo Cristo, dovrebbe cedere il passo all’Età dell’Acquario verso l’anno 2160.
La coincidenza cronologica e l’identificazione del simbolo astrologico dei
Pesci con il pesce come simbolo cristiano rendevano facile l’associazione fra
l’Età dei Pesci e l’età del cristianesimo, e rispettivamente fra l’Età
dell’Acquario e l’età in cui apparirà qualche cosa di nuovo rispetto al
cristianesimo attuale. Trasferiti in ambiente anglosassone i calcoli di Paul Le
Cour sono stati variamente contestati e rivisti, e l’ingresso nell’Età
dell’Acquario è stato fissato a un gran numero di date variabili fra il 1920 e
il 2300. Il tema dell’Età dell’Acquario come "evo nuovo" - New Age,
appunto - all’origine ristretto a circoli astrologici, è diventato popolare
negli Stati Uniti negli anni 1960 ed è stato fatto conoscere ai giovani di
tutto il mondo nel 1968 dalla commedia musicale Hair, le cui canzoni
inneggiavano all’Età dell’Acquario. La data del 1968 non è casuale e ci porta all’altra
radice psicologica del New Age: i postumi delle rivolte studentesche del 1968,
che - per quanto, come oggi si sa, si sia trattato in gran parte di fenomeni
non spontanei ma sapientemente organizzati e pilotati - promettevano un futuro
di cambiamenti radicali e globali, non soltanto politici, ed erano destinati a
condurre molti giovani, dopo le inevitabili delusioni, verso la riscoperta del
misticismo orientale o dell’occultismo, quando non verso la droga come tragica
scorciatoia verso un mondo totalmente "altro". Il 1968 di Hair e il
1968 della contestazione studentesca - meno lontani fra loro di quanto potrebbe
sembrare a prima vista, come dimostrano i successivi itinerari di molti ex
"sessantottini" nel mondo della nuova religiosità - si situano così
insieme alle origini dello stato d’animo del New Age.
2. Descrizione
storica
Il New Age,
naturalmente, è più di uno stato d’animo. E, in ogni caso, è raro che stati
d’animo di questa rilevanza sociale si diffondano spontaneamente se non trovano
agenti e diffusori consapevoli. Le analisi culturalmente più sofisticate
riconducono il New Age alla categoria del revival, "movimento di
risveglio", ben nota agli storici delle religioni soprattutto in ambito
anglo-americano. Benché, fra i gruppi cristiani, siano spesso proprio i
pentecostali ad attaccare nel modo più virulento il New Age considerandolo un
fenomeno diabolico, non mancano studiosi che propongono un’analogia fra il New
Age e il pentecostalismo. Come - a partire dai primi anni del secolo XX - il pentecostalismo
si presenta come movimento di risveglio di un mondo protestante ampiamente
inaridito e sclerotizzato, così il New Age si pone come movimento di risveglio,
nell’area culturale di lingua inglese, non più del mondo cristiano ma del mondo
laico se non laicista. Anche questo ambiente - la cui organizzazione culturale
era largamente affidata alle logge massoniche e alla più discreta, ma non meno
importante, influenza della Società Teosofica - si trovava, a partire dagli
anni intorno alla Seconda guerra mondiale, in uno di quegli stati di freddezza
e di aridità che producono così spesso nella storia i fenomeni di revival. Gli
ambienti massonici e teosofici, in particolare, denunciavano una preoccupante
incapacità di interpretare i tempi e di svolgere il consueto ruolo di
organizzazione culturale, pur non avendo, naturalmente, perduto le loro diverse
capacità di influenza sociale e politica. Nel mondo teosofico il disagio si era
tradotto in una serie di scismi, il più rilevante dei quali - almeno nel mondo
di lingua inglese - era stato promosso da Alice Bailey, nata nel 1880 e
scomparsa nel 1949. Proprio Alice Bailey - che aveva soggiornato ad Ascona,
presso quel luogo di incubazione di molte idee del New Age contemporaneo che
era stato il Monte Verità - aveva cominciato negli anni 1920 a utilizzare
l’espressione "New Age" nel senso attuale; quest’uso era diventato
corrente fra i suoi discepoli negli anni 1940 . Alice Bailey era morta nel 1949
senza vedere l’"evo nuovo" che aveva enigmaticamente annunciato.
Mentre negli Stati Uniti i suoi discepoli - come spesso accade - si
frammentavano in un’interminabile querelle di divisioni e di scismi, alcuni dei
suoi allievi più brillanti in Inghilterra decidevano di non aderire ad alcuna
organizzazione e iniziavano a riunirsi privatamente in attesa di tempi
migliori. Alcuni di questi baileyani inglesi coltivavano la "doppia
appartenenza" anche ad altre organizzazioni esoteriche, e molti vantavano
capacità medianiche. Nel 1956 le figure più rappresentative di questo gruppo,
Peter Caddy, la sua seconda moglie Eileen Combe e Dorothy Maclean, riuscirono a
farsi assumere come animatori di un albergo turistico, il Cluny Hill Hotel di
Forres, in Scozia, che trasformarono in centro teosofico. Dopo qualche anno le
loro attività li posero in conflitto con i proprietari, che nel 1962 li
trasferirono dapprima in un altro albergo nei pressi di Glasgow e quindi li
licenziarono. I tre decisero allora di andare a vivere in una roulotte nella
landa desolata di Findhorn, sempre in Scozia, che acquistarono per pochi soldi
e dove iniziarono a coltivare un giardino seguendo i messaggi che Dorothy
Maclean asseriva di ricevere dai deva, "spiriti della natura"
associati alle piante. La fama del giardino di Findhorn crebbe rapidamente:
iniziarono ad affluire seguaci e vennero costruite strutture permanenti. Dagli
Stati Uniti - dove nello stesso anno 1962 era stato fondato, in California,
Esalen, un centro di incontri e di seminari ispirato a princìpi simili - venne
più tardi a Findhorn David Spangler, che negli anni 1970 avrebbe pubblicato
alcuni dei più influenti manifesti del New Age, facendo conoscere il movimento
anglo-scozzese negli Stati Uniti. Nel 1982 - a vent’anni dalla fondazione -
Findhorn era diventato una sorta di mecca del New Age, un luogo dove affluivano
"pellegrini" da tutto il mondo. È raro che una diffusione di idee
così rapida e internazionale possa essere conseguita senza il concorso di
rilevanti somme di denaro. In effetti il successo mondiale di Findhorn si deve
in gran parte al generoso appoggio di due mecenati inglesi disponibili a
sostenere forme diverse di spiritualità "alternativa" e di
esoterismo: Sir George Trevelyan, fondatore del Wrekin Trust, e Sir Anthony
Brooke, l’ultimo "rajah bianco" di Sarawak che, dopo avere perso il
suo trono - ma con un sostanzioso compenso in denaro - nel 1946, si era dato
alla nuova religiosità e nel 1967 aveva aderito a Universal Link, un movimento
fondato in Inghilterra dagli spiritisti Richard Grave e Liebie Pugh .
Dal punto di
vista storico come altri fenomeni erroneamente considerati
"americani" - dagli amish in realtà di origine alsaziana al
fondamentalismo protestante di origine inglese - il New Age è nato in Europa, e
si è diffuso negli Stati Uniti d’America - e dagli Stati Uniti d’America in
tutto il mondo - grazie al finanziamento di mecenati europei. Se lo si
considera un movimento di risveglio all’interno dell’ambiente laico - e in
particolare dell’ambiente teosofico - la sua data di nascita più convincente è
il 1962, l’anno della fondazione di Findhorn, anche se questa storia è
preceduta da una preistoria, che risale al 1920, l’anno dello scisma di Alice
Bailey, a sua volta difficilmente comprensibile senza il legame con l’ambiente
di Monte Verità, le cui origini rimontano al 1900.
3. Descrizione
sociologica
Il New Age ha
sempre costituito un problema di difficile soluzione per i sociologi. Non si
presta a essere inquadrato facilmente - anzi, non può essere inquadrato affatto
- in nessuna delle categorie normalmente utilizzate per i fenomeni della nuova
religiosità contemporanea: nuove religioni, nuovi movimenti religiosi e nuovi
movimenti magici. Infatti, il New Age non è - in nessun senso del termine - un
movimento: non ha capi riconosciuti - ha al massimo "portavoce", non
ha sedi, organi ufficiali, strutture, non è un gruppo a cui si
"aderisce" o a cui ci si "iscrive". Può essere descritto
soltanto facendo riferimento a una categoria - il cui studio è stato sviluppato
dai sociologi della religione proprio in riferimento al New Age - che è
alternativa rispetto a quella di "movimento": il network,
"struttura a rete": ma il termine viene di rado tradotto dall’inglese
in altre lingue. Il network è in effetti una "rete" di gruppi
informali che hanno interessi e idee in comune, ma che non si riconoscono
vincolati da gerarchie e da strutture, anzi spesso cercano tematicamente di
evitarli. Anche se non ha la consistenza dei movimenti, il network non è una
pura finzione dei sociologi, ma esiste realmente perché i gruppi che lo
costituiscono - pur rimanendo autonomi e diversi - hanno in comune tempi - per
esempio raduni, feste, fiere - e spazi - centri che diventano punti di
riferimento o mete di "pellegrinaggi" - che acquistano la pregnanza
di simboli e di miti e che hanno precisamente la funzione di conferire al
network un minimo di unità. È istruttivo, nell’ambito stesso della nuova
religiosità, paragonare un tipico movimento - rigido, gerarchico, strutturato -
come i testimoni di Geova e un network come, per esempio, quello degli
appassionati di astrologia moderna. A differenza dei testimoni di Geova, gli
appassionati di astrologia non sono parte di un movimento unitario e non
ubbidiscono a capi riconosciuti; tuttavia hanno un minimo di organizzazione:
molti di loro partecipano a gruppi che si riuniscono più o meno regolarmente e
in Inghilterra - ma eventi simili esistono in numerosi paesi del mondo - si
ritrovano in un festival annuale a Londra, Mind Body Spirit, e visitano
periodicamente spazi di incontro come le librerie astrologiche specializzate,
che non si limitano a vendere libri ma organizzano momenti di discussione e
prestano servizi di consulenza. Il network che chiamiamo New Age è,
naturalmente, molto più complesso del network degli appassionati di astrologia.
Costituisce un esempio di metanetwork: un network di network, o meglio il luogo
in cui network diversi si incontrano e interagiscono. Si può partecipare al
network degli appassionati di astrologia disinteressandosi completamente
dell’ecologia profonda e dei "diritti degli animali"; viceversa, può
accadere che un accanito militante ecologico e "animalista" non abbia
nessun interesse per l’astrologia. Tuttavia esiste oggi una serie di spazi e di
tempi in cui i partecipanti a network così diversi come il network dell’astrologia
e il network dell’ecologia profonda e dell’animalismo si incontrano fra loro e
scoprono di avere qualche cosa in comune; questo insieme di tempi e di spazi è
appunto il metanetwork che, in senso sociologico, costituisce il New Age.
L’astrologia e l’ecologia profonda costituiscono semplicemente due esempi di
network che confluiscono nel metanetwork che chiamiamo New Age; in realtà
questi network sono molto più numerosi. Benché se ne possano proporre tipologie
molto articolate , semplificando un quadro molto più complesso si può parlare
di tre network principali il cui punto di incontro è il New Age: le
spiritualità alternative, le terapie alternative e le politiche alternative.
Il network delle
spiritualità alternative comprende tutti coloro che hanno un interesse per il
sacro, ma che sono alla ricerca di qualche cosa di diverso dalla tradizione
cristiana che - piaccia o no - ha caratterizzato per secoli la vita religiosa
dell’Occidente. Le direzioni in cui questa ricerca si esercita sono le più
varie: le religioni non cristiane tradizionali - le religioni dell’Oriente ma
anche quelle pre-colombiane, degli Indiani d’America, celtiche -; l’idealismo
filosofico e le sue trascrizioni religiose nel mondo ottocentesco del
"nuovo pensiero", New Thought, americano; lo spiritismo che -
rivestito di panni "scientifici" - il New Age ripropone con il nome
di channeling; le molteplici correnti dell’occultismo e dell’esoterismo;
l’interesse per messaggi religiosi che verrebbero trasmessi dai dischi volanti;
le credenze - diffusissime, anche se formulate in modi diversi - nella
reincarnazione e nell’astrologia moderna. Chi coltiva uno di questi interessi -
ma molti ne coltiveranno insieme più di uno - potrà, naturalmente, finire per
aderire a un nuovo movimento religioso o magico; ma potrà anche rifiutare la
scelta - sempre a suo modo impegnativa - dell’adesione a un movimento rimanendo
semplicemente in un network o spostandosi nomadicamente da un gruppo all’altro.
Se non confinerà il suo interesse alle spiritualità alternative ma sarà
disposto a momenti di incontro con chi partecipa ad altri network di carattere
terapeutico o politico arriverà fino allo spazio comune denominato New Age.
Il secondo
grande network è costituito dalle persone interessate alle terapie alternative,
a forme di ricerca della guarigione e del benessere psico-fisico diverse sia
dalla medicina ufficiale sia dalla "preghiera di guarigione"
praticata da numerosi gruppi cristiani, particolarmente pentecostali. Le porte
per accedere a questo network sono innumerevoli: dalle numerosissime medicine
"olistiche", che vorrebbero curare insieme il corpo e lo spirito o
che gettano un ponte fra Oriente e Occidente come il reiki, Il reiki, fondato
nel 1922 (sulla base di un'esperienza spirituale del 1914) da un maestro buddhista
giapponese di scuola "tendai", Mikao Usui (1865-1926),
successivamente influenzato dal "nuovo pensiero" americano, agli
stili di vita vegetariani o vegani - questi ultimi rifiutano tutti i prodotti
di origine animale, latte, uova e formaggi compresi -, ai movimenti di
recovery, che estendono lo schema dei "dodici passi" -
originariamente sviluppato dagli Alcolisti Anonimi - al tentativo di liberarsi
da "dipendenze" così diverse fra loro come la dipendenza dalla droga,
la dipendenza da un familiare autoritario e la dipendenza dall’abitudine a
contrarre debiti . È importante notare che gli Alcolisti Anonimi - nati
nell’ambito protestante del Movimento di Oxford, e successivamente
riorganizzati in modo non confessionale - hanno preso le distanze dall’esplosione
della recovery iniziata negli anni 1950 e dichiarano di volersi occupare
esclusivamente di alcolismo. La sequenza più importante per comprendere questo
network attiene alle psicoterapie alternative e alla sequenza di scismi nella
psicoanalisi che portano da Sigmund Freud a Carl Gustav Jung , e da Carl Gustav
Jung a Roberto Assagioli e alla psicologia transpersonale. Il New Age è
normalmente critico nei confronti della teoria dell’inconscio di Sigmund Freud
(1856-1939), che considera eccessivamente materialistica, ma venera invece come
proprio precursore Carl Gustav Jung (1875-1961), lo psicoanalista svizzero che
ruppe definitivamente con Sigmund Freud nel 1913 proprio muovendo dal suo
interesse per i simboli - compresi quelli esoterici e occulti - e per i
fenomeni parapsicologici. Il passaggio da Sigmund Freud a Carl Gustav Jung è
soprattutto il passaggio dall’inconscio individuale presente in ogni uomo
all’idea junghiana di un inconscio non più individuale ma collettivo in cui
vivono immagini e "archetipi" comuni a tutta l’umanità. Lo
psicoanalista italiano Roberto Assagioli (1888-1974) - allievo prima di Sigmund
Freud e poi di Carl Gustav Jung, ebreo veneziano segnato dalla tradizione
mistico-esoterica della Cabala, membro della Società Teosofica e amico e
collaboratore di Alice Bailey - si stacca a sua volta dalla scuola junghiana
nel 1915, con l’ulteriore passaggio - attraverso un metodo chiamato
psicosintesi - dall’inconscio collettivo a una sorta di "inconscio
universale", fondo oscuro dell’essere e del cosmo che coincide in senso
panteistico con Dio. Roberto Assagioli, morto nel 1974, ha fatto in tempo a
partecipare negli anni 1960 alla fondazione della cosiddetta psicologia
transpersonale che, attraverso una grande varietà di tecniche diverse, vorrebbe
pervenire a contenuti psichici che vanno al di là della stessa esperienza
umana, individuale o collettiva, fino ad accedere a una sorta di principio
divino .
Ma la via della
discesa nell’inconscio - dall’inconscio individuale all’inconscio collettivo, e
da quest’ultimo all’inconscio universale - non è l’unica per accedere al fondo
"divino" dell’essere e dell’uomo. A questa via interiore si affianca
una via esteriore che parte dall’ecologia profonda e da un impegno politico
inteso soprattutto come militanza ecologica.
Il terzo
network, che fa da porta d’accesso al New Age, è costituito dalle politiche
alternative, tutte variamente derivate dalle teorie ecologiche elaborate a
partire dal 1972 dal filosofo norvegese Arne Naëss, il fondatore
dell’"ecologia profonda", che ha ispirato popolari scienziati del New
Age come Fritjof Capra e insieme tutta la "nuova politica" che si è
espressa - soprattutto negli Stati Uniti e in Messico - nel cosiddetto
"movimento dell’arcobaleno". Arne Naëss distingue fra ecologia di
superficie ed ecologia profonda. L’ecologia di superficie è quella che si
interessa di singoli interventi, per esempio per salvare le foreste o certe
specie animali in via di estinzione. Secondo il filosofo norvegese queste
modeste riforme ambientalistiche non vanno all’autentica sostanza dei problemi.
Il vero avversario, secondo Arne Naëss, è l’antropocentrismo, una visione che
risale alla Bibbia, vede l’uomo come il centro del mondo e lo considera
qualitativamente superiore alle altre forme della natura. Mentre l’uomo, in
realtà, non sarebbe affatto il centro della natura ma soltanto una delle tante
forme della realtà vivente, senza un valore intrinseco particolare superiore -
per esempio - a quello degli animali; a queste tesi si sono alimentati i vari
movimenti "animalisti" nati negli anni 1970 e 1980. La natura,
peraltro, secondo Arne Naëss non deve essere intesa in senso statico ma
dinamico, come manifestazione di un’Energia cosmica in continuo divenire che
anima anche l’uomo. Attraverso una capacità di percepire le forme viventi nella
loro interconnessione - che il filosofo norvegese chiama apperceptive Gestalt -
l’uomo potrebbe entrare in contatto con quel Sé universale che le religioni
hanno chiamato Dio. Più recentemente, e in questa stessa chiave, l’ecologo
australiano Warwick Fox ha proposto un perfezionamento delle teorie di Arne
Naëss attraverso l’incontro fra ecologia profonda e psicologia transpersonale
che dovrebbe generare una "ecologia transpersonale" .
Ancora una volta
è opportuno ripetere che chi si interessa di spiritualità alternative oppure di
terapie alternative oppure di politiche alternative si mette davanti soltanto a
una porta di ingresso, all’inizio di un itinerario che conduce al New Age. La
porta non sarà necessariamente attraversata, né l’itinerario obbligatoriamente
percorso: solo chi accetterà di passare dal network al metanetwork, di
interessarsi contemporaneamente - globalmente - di spiritualità, di terapia e
di politica approderà a quella che propriamente può essere definita la visione
del mondo del New Age.
4. Descrizione
dottrinale
Nel parlare di
una "visione del mondo" del New Age vi è, naturalmente, qualche cosa
di provocatorio. Come abbiamo visto i portavoce del New Age insistono nel
dichiarare che lo specifico della loro corrente consiste, precisamente, nel non
avere nessuna visione del mondo e nessuna dottrina, ma nel predicare la libertà
più assoluta da tutte le visioni del mondo e da tutte le dottrine. Ancora una
volta queste affermazioni non devono essere prese alla lettera. Il New Age non
potrebbe avere nessuna unità - neppure il tipo di unità fluida e instabile che
caratterizza il network e lo differenzia dal movimento - se le opinioni diverse
che vi si manifestano non coesistessero su una trama di fondo che presenta una
serie di elementi comuni. A grandi linee si possono individuare sei temi
principali che percorrono tutto il New Age.
a. La questione
della verità
La premessa
necessaria per qualunque visione del mondo del New Age è di carattere
epistemologico: non esistono verità assolute. Espressa in questi termini, la
premessa sarebbe tutt’altro che nuova: il relativismo è antico come la
filosofia, se non come l’umanità decaduta. Tuttavia esistono diverse forme di
relativismo, e il relativismo del New Age si specifica per il suo carattere
volontarista. Ciascuno può, letteralmente, creare il proprio mondo, e ciascun
mondo soggettivamente creato avrà la sua verità, non meno "vera" - e
non meno "falsa" - rispetto a quella del mondo creato da un altro.
Fino a quali limiti questa premessa epistemologica possa essere spinta è
mostrato dalla popolarità di cui gode nel New Age la tecnica della
"visualizzazione creativa" secondo cui, con uno sforzo adeguato di
concentrazione, sarebbe possibile "visualizzare" qualunque realtà
desiderabile - la guarigione, la prosperità economica o perfino un marito
ideale - e costringere nel giro di qualche giorno o di qualche mese la realtà
ad adeguarsi alla nostra "visualizzazione", producendo e mettendoci
davanti l’oggetto che abbiamo "visualizzato".
b. La religione
Un secondo
elemento comune alle varie correnti del New Age è una diffidenza nei confronti
dell’idea di "religione" - che sarebbe legata a tesi razionalmente
articolate, a definizioni e a dogmi - sostituita dalla più vaga "spiritualità".
Dal punto di vista intellettuale il principale punto di riferimento del New Age
è lo studioso americano di mitologia comparata Joseph Campbell (1904-1987), un
ex cattolico - oggetto di una sapiente opera di promozione internazionale negli
ultimi anni della sua vita - secondo il quale tutte le religioni sono
espressioni degli stessi miti e archetipi - junghiani - e devono quindi essere
considerate di uguale valore, con la precisazione che il cristianesimo è semmai
una religione meno uguale delle altre, in quanto avrebbe corrotto la purezza
naturalistica dei miti originali. La conclusione pratica a cui il New Age
perviene è un nuovo elogio del sincretismo. Un recente manifesto del New Age
riassume la posizione del movimento sulla spiritualità in questo epigramma:
"D.: Che cosa chiede un monaco Zen a un banco dove si vendono hot dog? R.:
"Fammene uno ripieno di tutto"" . L’esempio dell’hot dog mostra
bene quello che, forse con poca riverenza, si potrebbe chiamare
l’"insaccato misto" del New Age: un nutrimento fast food
"ripieno di tutto" costruito all’insegna dell’eclettismo e del
sincretismo.
c. Dio
Il New Age parla
volentieri di Dio, ma non si tratta di un Dio personale: è piuttosto il
sottofondo cosmico a cui arrivano - per vie diverse e parallele - la psicologia
transpersonale e l’ecologia profonda -quando non si combinano nell’ecologia
transpersonale -, è l’energia cosmica immanente che si manifesta negli esseri
viventi, nella Terra - a sua volta considerata un grande essere vivente, Gaia -
e nell’universo. Il Dio del New Age è un Dio essenzialmente panteista.
d. L’uomo
La visione
dell’uomo del New Age si riassume nel noto slogan dell’attrice Shirley MacLaine
- che da anni svolge il ruolo di missionaria internazionale del New Age
attraverso libri, film e programmi televisivi -: "Noi siamo Dio". Più
esattamente al fondo di ognuno di noi si trova una scintilla divina, che è la
stessa energia cosmica universale in una delle sue molteplici manifestazioni,
fra cui - peraltro - non possono essere istituite gerarchie. L’uomo-Dio del New
Age è da una parte onnipotente, come dimostrano le straordinarie possibilità
della "visualizzazione creativa"; ma questa onnipotenza si rivela, da
un altro punto di vista, come onnidipendenza, se si considera il ruolo preminente
che hanno nel New Age la reincarnazione e l’astrologia. Quest’uomo, che è dio e
che può tutto, è sottoposto continuamente al potere tirannico del karma - il
peso delle vite passate, che continuamente lo schiaccia - e alla tirannia non
meno rigida degli astri a cui lo assoggetta il determinismo - solo
apparentemente moderato dai suoi riferimenti "transpersonali" alla
psicologia - dell’astrologia moderna che il New Age predilige.
e. "Il
Cristo"
Il New Age parla
anche volentieri di una realtà che chiama "il Cristo" ma - seguendo
tutta una tradizione esoterica e gnostica - ha cura di distinguere "il
Cristo" da Gesù di Nazareth come personaggio storico. Gesù non era
"il Cristo", o almeno non lo era in modo diverso da Buddha o da chiunque
sia in grado di entrare in contatto con la scintilla divina che porta dentro di
sé. È questa scintilla, propriamente, che costituisce "il Cristo"
come principio divino all’interno dell’uomo. Gesù di Nazareth - come Buddha e
altri maestri - merita certamente rispetto perché è riuscito a entrare in
contatto con il suo "Cristo" interiore in modo evidente e convincente
per i suoi discepoli. Ma chiunque di noi può entrare in contatto con il
"Cristo" che ciascuno porta - e quindi diventare "il
Cristo" - attraverso gli stati alterati di coscienza e la molteplicità di
tecniche che il New Age insegna.
f. La morale
Il sesto tema
unificante del New Age è il rifiuto della nozione di peccato - considerata
insuperabilmente dogmatica e in ogni caso tipica della superata Età dei Pesci -
e la sua sostituzione con la nozione di malattia. Il New Age non nega che
esistano nel mondo comportamenti inadeguati - è sufficiente considerare
l’orrore che gli ispirano i comportamenti anti-ecologici -, ma li ascrive a
limitazioni fisiche o psichiche che possono essere assimilate alla malattia o a
forme di "dipendenza" che è possibile superare tramite le numerose
forme di terapie e di recovery così largamente disponibili nell’ambiente del
New Age. Anche i mali sociali possono essere superati con un generale cambiamento
di coscienza, che risolverà automaticamente i problemi del mondo, e in questo
consiste il nucleo della politica del New Age.
Oltre questa
trama generale non è possibile, credo, andare: su tutti i temi particolari -
dalla meditazione alla politica - le diverse scuole o correnti del New Age si
dividono immediatamente fra loro. I sei elementi che ho evocato costituiscono
tuttavia almeno lo scheletro di una visione del mondo e permettono una
valutazione e un discernimento dal punto di vista della dottrina cattolica.
L’aspetto sorridente e a suo modo simpatico con cui si presentano molti
portavoce del New Age - tipico di chi proclama di non annunciare nessuna
verità, e certo lontano dall’intolleranza aggressiva di movimenti religiosi
come i testimoni di Geova - induce spesso i cattolici a uno sforzo di buona
volontà per cercare nel New Age eventuali elementi "positivi".
Certamente nel New Age - come in ogni corrente che si manifesta nel processo
rivoluzionario di allontanamento dalla verità cattolica - si può trovare
qualche cosa di positivo: la critica delle altre correnti dello stesso
processo. Così il New Age ha certamente ragione quando denuncia il materialismo
della moderna società dei consumi, la chiusura nei confronti della spiritualità
della cultura laica, il rigido positivismo di una medicina che considera il
corpo soltanto una macchina e della psicoanalisi legata agli schemi di Sigmund
Freud. Se questa pars destruens contiene talora osservazioni accettabili, il
rimedio proposto si rivela tuttavia peggiore del male. La vaga
"spiritualità" che il New Age propone come alternativa al
materialismo è infatti un cocktail, nelle loro forme più insidiose, del
relativismo e del sincretismo che costituiscono i tratti dominanti della nuova
religiosità moderna. Come il Magistero in tema di nuova religiosità non ha
mancato di rilevare, la pastorale cattolica e la nuova evangelizzazione si
trovano oggi di fronte a ostacoli diversi da quelli che qualcuno poteva
prevedere soltanto una decina di anni fa. Si immaginava un uomo materialista e
ci si trova invece davanti a un uomo a suo modo "religioso", ma
religioso in modo sincretistico, panteistico e spesso tendenzialmente gnostico
. Se il sincretismo spiritualista - e non più il materialismo - è oggi il principale
ostacolo all’evangelizzazione cattolica, il New Age - che critica il
materialismo ma promuove aggressivamente il sincretismo - non è, da nessun
punto di vista, un potenziale alleato, ma è un avversario particolarmente
insidioso. Tanto più insidioso - si deve aggiungere, riprendendo i rilievi di
Papa Giovanni Paolo II da cui siamo partiti - in quanto, proprio per il suo
carattere anti-materialista, si infiltra fra gli stessi cattolici attraverso
tecniche come l’enneagramma, terapie come la psicologia transpersonale, perfino
nuove teologie come la "spiritualità della creazione" del teologo
americano Matthew Fox, escluso dall’ordine domenicano e sospeso dalle sue
funzioni sacerdotali nel marzo del 1993. Se si considera tuttavia che le opere
di Matthew Fox - puntuale trascrizione dei temi del New Age, benché il teologo
americano non ami questa etichetta, in termini almeno nominalmente cristiani -
sono, sembra, le opere teologiche in lingua inglese che hanno ottenuto il
maggiore successo di vendita negli ultimi anni nel mondo, si comprende come la
sfida - anche all’interno della Chiesa cattolica - non sia più soltanto
teorica, e come i richiami alla vigilanza che vengono dal Magistero pontificio
ed episcopale non derivino da improvvidi allarmismi ma denuncino pericoli assolutamente
reali e concreti.
Nasce a Roma
l’Osservatorio della libertà religiosa
Lo hanno istituito il ministero degli Esteri italiano e Roma Capitale. Sarà
coordinato dal sociologo Massimo Introvigne
ANDREA TORNIELLI
ROMA
ROMA
Nasce a Roma l’Osservatorio
della Libertà Religiosa, un organismo promosso dal ministero degli Esteri
italiano guidato da Giulio Terzi di Santagata e dal sindaco di Roma capitale, Gianni Alemanno. L’idea è nata
tempo fa, durante una visita di Alemanno a Benedetto XVI. Il Papa aveva fatto
notare come Roma avesse un ruolo speciale da svolgere in difesa della libertà
religiosa e in particolare nella denuncia dellepersecuzioni dei cristiani perpetrate nel
mondo.
Nel frattempo la Farnesina stava pensando a un’iniziativa italiana analoga
a quelle che in passato erano state prese da altri Paesi, come gli Stati Uniti
e il Canada (anche se gli Usa quest’anno, per la prima volta, hanno annunciato
che non pubblicheranno il consueto rapporto sulla libertà religiosa nel mondo).
Le due iniziative si sono incontrate. A coordinare l’Osservatorio è stato chiamato il sociologo Massimo
Introvigne, fondatore del Centro Studi sulle nuove religioni, che nell’anno 2011 è
stato rappresentante dell’OSCE per la lotta contro il razzismo, la
xenofobia e la discriminazione, con un’attenzione particolare alla
discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni.
Nel protocollo
d’intesa tra Roma Capitale e la Farnesina, si sottolinea come il Ministero degli
Esteri italiano abbia «riservato alla difesa della libertà religiosa e di
culto, come alla tutela delle minoranze religiose, una rilevanza fondamentale
nella politica estera italiana, promuovendo nel 2010 l’adozione da parte
dell’Unione Europea di un “Piano d’Azione” sulla libertà di religione o di
culto ed avviando nelle opportune sedi istituzionali internazionali – anche di
concerto con altri partner europei – numerose iniziative di sostegno alle
politiche di contrasto alle discriminazioni dirette ed indirette fondate sulla
religione».
Lo stesso documento ricorda anche che «Roma Capitale, in aggiunta alle
responsabilità ad essa derivanti dall’essere capitale della Repubblica, assume
consapevolmente il ruolo storico di essere “centro della cristianità, punto
d’incontro tra culture, religioni ed etnie diverse”, ruolo rispetto a cui ha
assunto l’impegno di “promuovere il dialogo, la cooperazione e la pacifica
convivenza tra i popoli”».
Oltre ad Introvigne, i quattro membri dell’Osservatorio sono due
diplomatici, Diego Brasioli e Roberto Vellano, con esperienza nel settore diritti
umani, ai quali si aggiungono due persone provenienti dal mondo cattolico,
come Attilio
Tamburrini, autore principale del rapporto annuale sulla libertà religiosa
dell’«Aiuto alla Chiesa che Soffre», e Roberto Fontolan, giornalista e
responsabile del Centro internazionale di Comunione e Liberazione a Roma. Tutti
presteranno la loro opera a titolo gratuito.
La prima
uscita pubblica organizzata dal nuovo Osservatorio si terrà la mattina del 28 giugno a Roma, presso
l’Associazione della Stampa Estera, con la partecipazione dell’arcivescovo di
Baltimora, William
E. Lori, che interverrà su «Religious Liberty: God’s Gift to all Nations is our
Responsibility to Defend». L’arcivescovo Lori è tra i membri dell’episcopato
statunitense in prima fila nella critica contro la riforma sanitaria del
presidente Barak
Obama. In un recente documento, la conferenza episcopale americana, riferendosi
all’estensione dell’assicurazione sanitaria alla contraccezione anche per i
dipendenti delle istituzioni religiose, ha scritto: «Il governo vuole forzare
le istituzioni religiose a facilitare e finanziare una misura contraria al
proprio credo morale».
Certo può apparire curioso che con le gravi violazioni della libertà
religiosa accadendo nel mondo, il battesimo del nuovo organismo avvenga con un
focus sugli Usa. Ma è già in cantiere un’iniziativa dedicata alla Nigeria. La nascita dell’Osservatorio è guardata
con interesse e favore anche Oltretevere.
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