mercoledì 5 novembre 2014

CHIESA - IL MARTIRIO CRISTIANO NEGLI ULTIMI TEMPI - LA SAPIENZA E IL DESTINO DELL’ UOMO: CONFRONTO TRA LA SORTE DEI GIUSTI E QUELLA DEGLI EMPI - LETTERA A DIOGNETO - Profezie della Madonna di Anguera in fase di svolgimento. Messaggio n. 2.967 - 10/03/2008 L’oppositore impedirà che i cristiani si uniscano per pregare in luoghi pubblici e molti saranno martirizzati, altri negheranno la fede. Messaggio n. 3.058 - 26/09/2008 I miei figli consacrati dovranno conoscere ogni sorta di dolori fisici. Così come i primi cristiani, la Chiesa conoscerà la croce della persecuzione e del martirio. I buoni saranno perseguitati e lasciati in carcere.



POST DEL 5/11/2014 AGGIORNATO AL 2/9/2016 ultimo aggiornamento 5/11/2018

Henan, Jiangxi, Zhejiang, avanza la sinicizzazione: croci bruciate, bandiere e slogan del Partito sulle chiese
http://www.asianews.it/notizie-it/Henan,-Jiangxi,-Zhejiang,-avanza-la-sinicizzazione:-croci-bruciate,-bandiere-e-slogan-del-Partito-sulle-chiese-44775.html


Terrorismo, l'Isis mette i preti nel mirino: "Attaccheranno le chiese"


Apocalisse 17:1 Allora uno dei sette angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: «Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque. 2 Con lei si sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione». 3 L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. 4 La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione. 5 Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: «Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra».
6 E vidi che quella donna era ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore.


Ap 12:11 Ma essi lo hanno vinto
per mezzo del sangue dell'Agnello
e grazie alla testimonianza del loro martirio;
poiché hanno disprezzato la vita
fino a morire.

La religione più perseguitata al mondo? Il Cristianesimo

Rapporto di un centro studi Usa. Nel 2016 90 mila cristiani sono stati uccisi per la loro fede. 900 mila quelli uccisi nell'ultimo decennio. Nella sordità totale delle istituzioni

2.967 - 10/03/2008
Cari figli, sono vostra Madre e soffro per ciò che vi attende. Arriverà il giorno in cui la croce sarà pesante per gli uomini e le donne di fede. L’oppositore impedirà che i cristiani si uniscano per pregare in luoghi pubblici e molti saranno martirizzati, altri negheranno la fede. Vi chiedo di non allontanarvi dalla preghiera. L’umanità è lontana dal Creatore ed ecco che sono giunti i tempi da me predetti. Tornate in fretta. Non restate stazionari nel peccato. Il mio Signore vi ama e vi attende a braccia aperte. Avanti senza paura. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

3.058 - 26/09/2008
Cari figli, siate del Signore e date ovunque testimonianza della vostra fede. Il Signore vi chiama e voi non potete restare stazionari. Tornate in fretta. Ecco il tempo del grande ritorno. Aprite i vostri cuori e accogliete i miei appelli per essere salvi. Non voglio obbligarvi, ma ciò che dico dev’essere preso sul serio. Non tiratevi indietro. Soffro per ciò che vi attende. State attenti. Pregate che i miei piani si realizzino. La Chiesa del mio Gesù soffrirà molto. I miei figli consacrati dovranno conoscere ogni sorta di dolori fisici. Così come i primi cristiani, la Chiesa conoscerà la croce della persecuzione e del martirio. I buoni saranno perseguitati e lasciati in carcere. Restate saldi sul cammino che vi ho indicato. Avanti con coraggio. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.





582 – 2 gennaio 1993
Cari figli, sono vostra Madre e la Regina del Brasile. Questa sera vi chiedo di pregare per la conversione di tutti i peccatori e di vivere tutti i miei messaggi, poiché questo è l’unico modo attraverso il quale posso ottenere la vittoria del mio Cuore Immacolato. Vi chiedo anche di pregare per il Papa, perché l’ora del suo martirio si sta avvicinando. La Chiesa perderà un grande tesoro, ma coloro che saranno stati fedeli al mio Gesù resteranno saldi. Pregate. Pregate per il Papa, il successore della cattedra di Pietro. Dovrà soffrire molto. Pregate e fate penitenza. Se gli uomini non si convertono, il fuoco cadrà dal cielo e sarà tardi. Il pericolo di una nuova guerra mondiale è sempre più vicino. Sono triste a causa di ciò che vi attende. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
Italia


597 – 8 febbraio 1993
Cari figli, aprite i vostri cuori al Signore e ascoltate la sua chiamata alla santità. Siate buoni gli uni con altri. Lasciatevi guidare da me e io vi condurrò a Colui che è il vostro Tutto. Quando risponderete con docilità agli appelli divini, la vostra vita sarà piena di benedizioni. Dunque siate docili alla voce dello Spirito Santo. Continuate a pregare per la Chiesa. Continuate a pregare per il Papa, soprattutto adesso, poiché l’ora del suo martirio si sta avvicinando. Siate vigilanti. Ascoltatemi. Questo è il messaggio che vi trasmetto oggi nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
659 – 29 giugno 1993
Cari figli, sono la Madre della Chiesa. Vengo dal cielo per implorarvi di essere di Cristo. Vi invito anche ad essere fedeli al successore della cattedra di Pietro, Papa Giovanni Paolo II. Sappiate, voi tutti, che il Papa è infallibile, poiché lo Spirito Santo lo guida per il bene della Chiesa intera. Dunque obbeditegli. Non disprezzate i suoi insegnamenti, poiché sono l’unico modo per poter restare nella verità. Vivete gioiosamente l’insegnamento della Chiesa fondata da mio Figlio. Vivete anche il Vangelo del mio Gesù, poiché la Parola di mio Figlio vi condurrà e vi porterà più vicini al cielo. Pregate, pregate per la Chiesa. Pregate per il Santo Padre, poiché l’ora del suo martirio si sta avvicinando. Non state con le mani in mano. Avanti. Siatemi fedeli, poiché sono vostra Madre e vi amo. Non vengo per obbligarvi, ma ciò che dico dovrebbe essere preso sul serio. Ascoltatemi. Aprite il vostro cuore all’amore privilegiato del Signore. Non tiratevi indietro. Non vengo dal cielo per scherzo. Se non vi convertite, una grande punizione si abbatterà sull’umanità. Dunque convertitevi. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
2.511 - 18.04.2005
Cari figli, arriverà il giorno in cui la pietra preziosa perderà la sua brillantezza. La grande imbarcazione si dirigerà verso la sua ultima fermata, ma prima di arrivare al porto sicuro dovrà passare per grandi ostacoli. Grande sarà la sofferenza di tutti coloro che non si tireranno indietro, ma Dio li ricompenserà per il coraggio di affrontare il martirio. Subito dopo, l’imbarcazione dovrà affrontare violente tempeste. Pregate. Solo per mezzo della preghiera raggiungerete la vittoria. Anche davanti alle tribolazioni, confidate in mio Figlio Gesù. Lui attende i suoi fedeli nel porto sicuro a braccia aperte. Felici coloro che saranno stati fedeli fino alla fine. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
2.837 - 15/05/2007

Cari figli, gli uomini e le donne di fede porteranno una croce pesante, perché saranno perseguitati e molti saranno martirizzati. Grande sarà la sofferenza di coloro che amano la verità. Siate coraggiosi. Dio non vi abbandonerà. Credete nella sua straordinaria protezione e sarete vittoriosi. Cercate forza nell’Eucarestia e non allontanatevi dalla preghiera. Io sono vostra Madre e cammino al vostro fianco. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

2.855 - 26/06/2007
Cari figli, non spaventatevi. Confidate nel Signore. Quando tutto sembrerà perduto, il Signore verrà a voi con grande vittoria. Pregate per la Chiesa del mio Gesù. Essa sarà perseguitata e i ministri non vi potranno entrare. Molti saranno martirizzati e altri fuggiranno. Inginocchiatevi in preghiera. Quando vi chiedo di avere una vita di preghiera, dovete capire che si tratta di una necessità urgente. Sappiate che Dio ha fretta. Non restate nel peccato. Avanti incontro a Gesù. Egli vi ama e vi attende a braccia aperte. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
2.996 - 13/05/2008

DATE - PROFEZIE DELLA MADONNA DI ANGUERA: DICEMBRE DI DOLORE - ANNUNCIATO DAGLI UOMINI SAPIENTI (Messaggio n. 2.585 del 08/10/2005) - LA GRANDE LUCE O "SECONDO SOLE, IL "GRANDE SEGNO" della Madonna di Anguera. Messaggio 3.199 del 11/08/09 - (annunciato dai Profeti, messaggio 3.091 del 06/12/2008); CALVARIO DEL SANTO PADRE a Santo Stefano (messaggio 2.996 del 13/05/08); ASCESA DELL' ANTICRISTO (Messaggio n. 2.532 del 05/06/2005); IL "GRANDE TERREMOTO" avverrà di venerdì' (messaggio 2.569 del 01.09.05); DIO invierà IL "GRANDE SEGNO" e gli uomini vedranno di giovedì (Messaggio 2.572 del 8/9/05); UN LUNEDI' avverrà il miracolo dell' esame di coscienza nel nostro cuore (messaggio n. 2.665 del 08/04/2006); IL "GRANDE MIRACOLO" avverrà di domenica (messaggio n. 3.205 del 25/08/09); LA MARCIA DEL FALSO PROFETA CONTRO IL VATICANO - IN QUEL GIORNO SARA' VISIBILE UNA ECLISSI LUNARE (Messaggio 2.975 del 23/03/2008).

Cari figli, accogliete con gioia i miei appelli. Sono venuta dal cielo per aiutarvi. Non allontanatevi dal cammino che vi ho indicato. Ho fretta. Non tiratevi indietro. Ho bisogno di voi. Aprite i vostri cuori e io vi condurrò a mio Figlio Gesù. Vivete nella grazia del Signore. Non permettete che il peccato vi allontani da Dio. L’umanità è malata e ha bisogno di essere curata. Pentitevi e riconciliatevi con Dio. Ecco i tempi che vi ho annunciato in passato. Arriverà per la Chiesa il momento della sua grande agonia. Dall’alta montagna scenderà il sangue dei fedeli consacrati. La Chiesa del mio Gesù vivrà il dolore del calvario. Un uomo vestito di bianco sarà perseguitato e condotto alla morte. Nella festa di un grande martire, i fedeli avranno di che piangere e lamentarsi. Pregate. Solo nella preghiera troverete la forza per il vostro cammino. Avanti. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

3.058 - 26/09/2008
Cari figli, siate del Signore e date ovunque testimonianza della vostra fede. Il Signore vi chiama e voi non potete restare stazionari. Tornate in fretta. Ecco il tempo del grande ritorno. Aprite i vostri cuori e accogliete i miei appelli per essere salvi. Non voglio obbligarvi, ma ciò che dico dev’essere preso sul serio. Non tiratevi indietro. Soffro per ciò che vi attende. State attenti. Pregate che i miei piani si realizzino. La Chiesa del mio Gesù soffrirà molto. I miei figli consacrati dovranno conoscere ogni sorta di dolori fisici. Così come i primi cristiani, la Chiesa conoscerà la croce della persecuzione e del martirio. I buoni saranno perseguitati e lasciati in carcere. Restate saldi sul cammino che vi ho indicato. Avanti con coraggio. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

3.076 - 01/11/2008
Cari figli, non abbiate paura. Testimoniate con coraggio che siete unicamente di mio Figlio Gesù. Affidatevi senza riserve e mio Figlio vi benedirà e vi condurrà sul cammino del bene e della santità. Verranno giorni in cui molti consacrati rinnegheranno la fede. Fuggiranno per paura del martirio. Pochi resteranno saldi nella fede, ma per mezzo di un piccolo gregge Gesù condurrà la sua Chiesa alla vittoria. Pregate. Non perdetevi d’animo. Io intercederò presso il mio Gesù per voi. Siate docili alla chiamata del Signore. Camminate incontro a lui e tutto finirà bene per voi. Avanti. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

3.205 - 25 agosto 2009



Cari figli, accogliete i miei appelli, perché desidero trasformarvi e condurvi a mio Figlio Gesù. Voglio portarvi tutti in cielo. Convertitevi in fretta. Non restate lontani dalla preghiera. Quando pregate attraete su di voi le benedizioni del Signore. Nella preghiera sarete capaci di scoprire i tesori di Dio che è dentro di voi. Date il vostro contributo per il trionfo definitivo del mio Cuore Immacolato. Nel tempo della grande tribolazione, i miei consacrati saranno protetti. Gli angeli del Signore li aiuteranno ed essi non inciamperanno. Il male starà lontano da loro. Coraggio. Il mio Gesù farà un grande miracolo e tutti gli occhi lo vedranno. Sarà questo miracolo il motivo di conversione degli atei e di tutti coloro che hanno abbracciato false dottrine. Accadrà di domenica, nella festa di un grande martire. Io sono vostra Madre e sono venuta dal cielo per indicarvi il cammino della salvezza. Non desistite. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
2473 Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza. “Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio” [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos, 4, 1].

 2474 Con la più grande cura la Chiesa ha raccolto i ricordi di coloro che, per testimoniare la fede, sono giunti sino alla fine. Si tratta degli Atti dei Martiri. Costituiscono gli archivi della Verità scritti a lettere di sangue:


Dal libro della Sapienza

§  LA SAPIENZA E IL DESTINO DELL’ UOMO

CERCARE DIO E FUGGIRE IL PECCATO
Sap 1:1 Amate la giustizia, voi che governate sulla terra,
rettamente pensate del Signore,
cercatelo con cuore semplice.
2 Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano,
si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
3 I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;
l'onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
4 La sapienza non entra in un'anima che opera il male
né abita in un corpo schiavo del peccato.
5 Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione,
se ne sta lontano dai discorsi insensati,
è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia.
6 La sapienza è uno spirito amico degli uomini;
ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra,
perché Dio è testimone dei suoi sentimenti
e osservatore verace del suo cuore
e ascolta le parole della sua bocca.
7 Difatti lo spirito del Signore riempie l'universo
e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.
8 Per questo non gli sfuggirà chi proferisce cose ingiuste,
la giustizia vendicatrice non lo risparmierà.
9 Si indagherà infatti sui propositi dell'empio,
il suono delle sue parole giungerà fino al Signore
a condanna delle sue iniquità;
10 poiché un orecchio geloso ascolta ogni cosa,
perfino il sussurro delle mormorazioni
non gli resta segreto.
11 Guardatevi pertanto da un vano mormorare,
preservate la lingua dalla maldicenza,
perché neppure una parola segreta sarà senza effetto,
una bocca menzognera uccide l'anima.
12 Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani,
13 perché Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
14 Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza;
le creature del mondo sono sane,
in esse non c'è veleno di morte,
né gli inferi regnano sulla terra,
15 perché la giustizia è immortale.

LA VITA SECONDO GLI EMPI

16 Gli empi invocano su di sé la morte
con gesti e con parole,
ritenendola amica si consumano per essa
e con essa concludono alleanza,
perché son degni di appartenerle.

Sap 2:1 Dicono fra loro sragionando:
«La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
2 Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
È un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
3 Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
4 Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
5 La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
6 Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
7 Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
8 coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
9 nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.
10 Spadroneggiamo sul giusto povero,
non risparmiamo le vedove,
nessun riguardo per la canizie ricca d'anni del vecchio.
11 La nostra forza sia regola della giustizia,
perché la debolezza risulta inutile.
12 Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge
e ci rinfaccia le mancanze
contro l'educazione da noi ricevuta.
13 Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e si dichiara figlio del Signore.
14 È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
15 perché la sua vita è diversa da quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
16 Moneta falsa siam da lui considerati,
schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti
e si vanta di aver Dio per padre.
17 Vediamo se le sue parole sono vere;
proviamo ciò che gli accadrà alla fine.
18 Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà,
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
19 Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione.
20 Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà».

ERRORE DEGLI EMPI

21 La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
22 Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
23 Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
24 Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.

CONFRONTO TRA LA SORTE DEI GIUSTI E QUELLA DEGLI EMPI
Sap 3:1 Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
2 Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
3 la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
4 Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
5 Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé:
6 li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto.
7 Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
8 Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli
e il Signore regnerà per sempre su di loro.
9 Quanti confidano in lui comprenderanno la verità;
coloro che gli sono fedeli
vivranno presso di lui nell'amore,
perché grazia e misericordia
sono riservate ai suoi eletti.
10 Ma gli empi per i loro pensieri riceveranno il castigo,
essi che han disprezzato il giusto
e si son ribellati al Signore.
11 Chi disprezza la sapienza e la disciplina è infelice.
Vana la loro speranza e le loro fatiche senza frutto,
inutili le opere loro.
12 Le loro mogli sono insensate,
cattivi i loro figli,
maledetta la loro progenie.
13 Beata la sterile non contaminata,
la quale non ha conosciuto un letto peccaminoso;
avrà il suo frutto alla rassegna delle anime.
14 Anche l'eunuco, la cui mano non ha commesso iniquità
e che non ha pensato cose malvage contro il Signore,
riceverà una grazia speciale per la sua fedeltà,
una parte più desiderabile nel tempio del Signore;
15 poiché il frutto delle opere buone è glorioso
e imperitura la radice della saggezza.
16 I figli di adulteri non giungeranno a maturità;
la discendenza di un'unione illegittima sarà sterminata.
17 Anche se avranno lunga vita, non saran contati per niente,
e, infine, la loro vecchiaia sarà senza onore.
18 Se poi moriranno presto, non avranno speranza
né consolazione nel giorno del giudizio,
19 poiché di una stirpe iniqua è terribile il destino.

A DIOGNETO

o LETTERA A DIOGNETO

fonte: http://www.ora-et-labora.net/diogneto.html


Esordio

I. 1. Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e cura cerchi di sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al mondo ora e non prima. 2. Comprendo questo tuo desiderio e chiedo a Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me di parlarti perché tu ascoltando divenga migliore, e a te di ascoltare perché chi ti parla non abbia a pentirsi.

L'idolatria

II. 1. Purìficati da ogni pregiudizio che ha ingombrato la tua mente e spògliati dell'abitudine ingannatrice e fatti come un uomo nuovo da principio, per essere discepolo di una dottrina anche nuova come tu stesso hai ammesso. Non solo con gli occhi, ma anche con la mente considera di quale sostanza e di quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2. Non (sono essi) pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli utensili fusi per l'uso, legno già marcio, argento che ha bisogno di un uomo che lo guardi perché non venga rubato, ferro consunto dalla ruggine, argilla non più scelta di quella preparata a vile servizio? 3. Non (sono) tutti questi (idoli) di materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco? Non li foggiò lo scalpellino, il fabbro, l'argentiere o il vasaio? Prima che con le loro arti li foggiassero, ciascuno di questi (idoli) non era trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli utensili della stessa materia non potrebbero forse diventare simili ad essi se trovassero gli stessi artigiani? 4. E per l'opposto, questi da voi adorati non potrebbero diventare, ad opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre? Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte corruttibili? Non tutte distruttibili? 5. Queste cose chiamate dèi, a queste servite, a queste supplicate, infine ad esse vi assimilate. 6. Perciò odiate i cristiani perché non le credono dèi. 7. Ma voi che li pensate e li immaginate tali non li disprezzate più di loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi che venerate quelli di pietra e di creta senza custodi, mentre chiudete a chiave di notte quelli di argento e di oro, e di giorno mettete le guardie perché non vengano rubati? 8. Con gli onori che credete di rendere loro, se hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a svergognarli con sacrificio di sangue e di grassi fumanti. 9. Provi qualcuno di voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l'uomo di propria volontà non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la pietra lo tollera perché non sente. 10. Molte altre cose potrei dirti perché i cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente, credo inutile parlare anche di più.

Il culto giudaico

III. 1. Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2. Gli ebrei hanno ragione quando rigettano l'idolatria, di cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e lo ritengono padrone di tutte le cose. Ma sbagliano se gli tributano un culto simile a quello dei pagani. 3. Come i greci, sacrificando a cose insensibili e sorde dimostrano stoltezza, così essi, pensando di offrire a Dio come ne avesse bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un atto di culto. 4. «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede tutti noi delle cose che occorrono, non ha bisogno di quei beni. Egli stesso li fornisce a coloro che credono di offrirli a lui. 5. Quelli che con sangue, grasso e olocausti credono di fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non mi pare che differiscano da coloro che tributano riverenza ad oggetti sordi che non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi di fare le offerte a chi non ha bisogno di nulla!

Il ritualismo giudaico

IV. 1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio: tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno. 2. Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come inutili e superflue? 3. Non è empietà mentire intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato? 4. Non è degno di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati da Dio? 5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6. Penso che ora tu abbia abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità, dall'impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di poter imparare dall'uomo il mistero della loro particolare religione.

Il mistero cristiano


V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci 

perseguitati, e coloro 

che li odiano non 

saprebbero dire il 

motivo dell' odio





L'anima del mondo



VI. 1. A dirla in breve, 

come è l'anima nel 

corpo, così nel mondo 

sono i cristiani.

2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; 

anche i cristiani 

maltrattati, ogni giorno 

più si moltiplicano.

10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

Dio e il Verbo


VII. 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l'aria, l'abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell'uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.

L'incarnazione

VIII. 1. Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse? 2. Vorrai accettare i discorsi vuoti e sciocchi dei filosofi degni di fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove andranno essi chiamandolo Dio, altri dicevano che è l'acqua, altri che è uno degli elementi da Dio creati. 3. Certo, se qualche loro affermazione è da accettare si potrebbe anche asserire che ciascuna di tutte le creature ugualmente manifesta Dio. 4. Ma tutte queste cose sono ciarle e favole da ciarlatani. 5. Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. 6. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. 7. Dio, signore e creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. 8. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. 9. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. 10. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. 11. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?

L'economia divina


IX. 1. (Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci. 2. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi, l'innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l'incorruttibile per i corrotti, l'immortale per i mortali. 3. Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? 4. In chi avremmo potuto essere giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio di Dio? 5. Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L'ingiustizia di molti viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti. 6. Egli, che prima ci convinse dell'impotenza della nostra natura per avere la vita, ora ci mostra il salvatore capace di salvare anche l'impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.

La carità


1. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l'hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l'uomo). 5. Non si è felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l'inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera, riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo.

Il loro maestro


XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.

La vera scienza


XII. 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l'albero della scienza e l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3. Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al paradiso l'albero della scienza e l'albero della vita, indicando la vita con la scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5. L'apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità, invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8. Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.


A Diogneto

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La Lettera a Diogneto è un testo cristiano in greco antico di autore anonimo, risalente probabilmente alla seconda metà del II secolo[1][2].
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Storia
Lo scritto non era conosciuto fino al XV secolo. Attorno al 1436 Tommaso d'Arezzo, un giovane chierico latino che era a Costantinopoli per studiare il greco trovò per caso tra la carta usata da un pescivendolo per avvolgere il pesce un manoscritto. Entrò in possesso del codice, il quale poi passò alle mani del domenicanoGiovanni Stojković di Ragusa, che era legato del concilio di Basilea a Costantinopoli. Questi lo portò con sé a Basilea. Lo ottenne poi l'umanista Giovanni Reuchlin. In seguito nel 1560 o nel 1580 si trovò nell'abbazia di Marmoutier in Alsazia, da cui, tra il 1793 e il 1795, fu trasferito alla Biblioteca municipale diStrasburgo. Il 24 agosto 1870, durante la guerra franco-prussiana, il fuoco dell'artiglieria prussiana incendiò la biblioteca, nel quale andò distrutto anche il manoscritto della lettera.
Nonostante la perdita, il testo è noto in maniera abbastanza sicura, perché nel XVI secolo ne furono fatte tre copie:
§  una di esse, eseguita probabilmente nel 1579 da Bernard Haus per conto di Martin Crusius, fu ritrovata tre secoli dopo da C. I. Neumann e si trova ancora oggi nella Biblioteca universitaria di Tubinga;
§  la seconda fu eseguita nel 1586 da Henri Estienne per l'editio princeps dell'opera, che venne pubblicata nel 1592: fitta di note di lettura e di proposte di correzioni, essa si trova oggi a Leida;
§  la terza, eseguita da J. J. Beurer tra il 1586 e il 1592, si è perduta, ma l'autore l'aveva comunicata, con le proprie annotazioni, a Estienne e a Friedrich Sylburg, e quest'ultimo pubblicò una propria edizione nel 1593. I due studiosi segnalarono nelle loro edizioni una parte delle note di Beurer.
Ma ciò che è soprattutto importante sono le due collazioni del manoscritto realizzate da Eduard Cunitz ed Eduard Reuss, rispettivamente nel 1842 e nel 1861, per la prima e la terza edizione delle opere di Giustino di Nablus pubblicate da Johann Carl Theodor von Otto rispettivamente nel 1843 e nel 1879 (quest'ultima nel quadro di un'edizione complessiva degli apologisti cristiani del II secolo). In particolare, la collazione di Reuss fu molto minuziosa e Otto, la cui ultima edizione apparve dopo la distruzione del manoscritto, la citò abbondantemente, di modo che l'edizione di Otto è oggi ciò che informa meglio sul manoscritto perduto.
La collazione di Reuss 
La collazione di Reuss era un in-folio piccolo cartaceo di 260 pagine, scritto probabilmente nel XIV secolo e contenente una miscellanea di ventidue scritti diversi, dei quali un indice redatto o ricopiato da Haus nel manoscritto di Tubinga ha tramandato i titoli.
I primi cinque erano attribuiti a Giustino di Nablus; nell'ordine:
§  Sulla monarchia divina
§  Esortazione ai Greci
§  Esposizione della fede ortodossa
§  Ai Greci
§  A Diogneto
Se i primi quattro erano altrimenti noti, il quinto, come si è detto, era del tutto sconosciuto. Essi erano seguiti da versi della Sibilla Eritrea (certo degli estratti degliOracoli sibillini, raccolta di versi greci di origine giudaica e cristiana, che si presentano come composti dalle Sibille, profetesse del mondo classico, e che sono ben noti da altri manoscritti), e da Oracoli degli dei greci, copiati da Haus dopo lo scritto A Diogneto, estratti da un'opera più ampia intitolata Teosofia e composta tra il 474 e il 501.
Seguivano i due trattati dell'apologista cristiano del II secolo Atenagora di Atene, che si sono conservati per altra via:
§  Supplica per i cristiani
§  Sulla resurrezione
La collazione presentava poi una serie di altri scritti di ogni età e provenienza, fino almeno al XII secolo. Nell'introduzione alla sua indispensabile edizione dello scritto A Diogneto, Marrou ha potuto mostrare che doveva trattarsi di una raccolta apologetica, destinata a difendere l'ortodossia contro gli eretici, come pure contro i pagani, gli ebrei e l'islam.
Una glossa marginale del manoscritto segnala, in occasione di una lacuna dello scritto A Diogneto, che lo scriba stava copiando da un esemplare "molto antico". Anche in questo caso Marrou ha potuto stabilire, con un grado molto alto di verosimiglianza, che tutto il gruppo dei cinque scritti pseudogiustinei fu copiato a partire da una raccolta apologetica contro i pagani, composta nel VI o VII secolo. Essa doveva essere in cattivo stato di conservazione quando fu ricopiata nelXIV secolo come mostra la segnalazione di lacune da parte del copista del manoscritto. Quest'ultimo non solo non riusciva talora a leggere bene il suo modello, ma era a sua volta abbastanza trascurato, come testimoniano parecchi errori. Infine, le descrizioni trasmesse da Otto attestano che nel XIX secolo, quand'era conservato a Strasburgo, il manoscritto era abbondantemente rosicchiato dai topi, e che l'inchiostro era stinto e talora quasi illeggibile, soprattutto alla fine delle linee e nel margine superiore.
Tutti questi motivi concorrono a spiegare le difficoltà relative alla costituzione del testo dello scritto A Diogneto, nonché le numerose congetture, invero non sempre necessarie, proposte attraverso la lunga storia delle edizioni e degli studi. Dopo un numero considerevole di edizioni, restano dei passi che devono essere in ogni caso corretti, e dove gli emendamenti proposti divergono.
Contenuto 
Diogneto è un pagano, al quale la Lettera è diretta. Essa si apre con alcune domande relative ai cristiani, che questi pone all'autore:
§  qual è il Dio dei cristiani?
§  quale la religione che permette loro di disprezzare a tal punto il mondo e la morte?
§  in che cosa si differenzia da quelle dei greci e dei giudei?
§  perché questa religione, se è la vera, è apparsa nel mondo così tardi
La risposta dell'autore è una critica sommaria e dura del politeismo e del giudaismo: quanto ai cristiani, dichiara, la loro religione non può essere stata insegnata da un uomo.
Illustra poi la condizione dei cristiani nel mondo con una serie di paradossi, e la paragona alla condizione dell'anima nel corpo:
§  i cristiani sono rinchiusi nel mondo, ma non appartengono ad esso;
§  ne sono odiati, ma l'amano e sono loro che lo tengono insieme.
Cosa c'è dietro a tutto ciò? Questa religione non è frutto d'invenzione umana, ma è la rivelazione dell'amore divino, che inviando suo Figlio ha riscattato gli uomini dall'abisso in cui la loro incapacità di compiere il bene li aveva gettati. Dio non ha preteso che fossero loro a uscirne, ma il suo stesso apparente ritardo nell'intervenire ha permesso loro di sperimentare più a fondo la sua bontà; e il suo amore rende possibile l'amore praticato dai cristiani in questo mondo, con lo sguardo fisso alla loro cittadinanza celeste. Tale imitazione di Dio è proposta allo stesso Diogneto.
L'ultima parte della Lettera contiene riflessioni sulla rivelazione dei misteri divini, rivelazione trasmessa dal Logos agli apostoli e da questi alla chiesa che li amministra e li svela.
Viene proposta anche un'interpretazione allegorica dei due alberi del paradiso terrestre, con lo scopo di definire il corretto rapporto tra conoscenza e pratica di vita.
Stile e valutazioni
La Lettera è scritta in un greco di alta qualità, brillante nell'argomentazione, capace di sfruttare sapientemente i mezzi della retorica.
Nel corso della storia ha attirato molti giudizi entusiasti:
« Un gioiello dell'antichità cristiana, al quale praticamente nessuno scritto dell'età postapostolica può stare alla pari per spirito e composizione. »
(Semisch, 1855)
Uno dei massimi specialisti della lingua letteraria greca, Eduard Norden, lo annoverava nel 1909 tra
« quanto di più sfolgorante i cristiani hanno scritto in greco. »
Peraltro esistono anche letture meno positive, come quella di Geffcken, il quale nel 1907 scrisse che
« L'autore della lettera scrive rapidamente a un amico le sue opinioni sul cristianesimo, nessuna delle quali è un'idea, anzi neppure una pensée: soddisfacendo l'esigenza del momento, egli raccoglie in forma aggraziata ogni genere di luoghi comuni. »
Ciò che più è significativo sono gli enunciati sulla funzione dei cristiani nel mondo:
« Particelle d'oro puro che, da sole, giustificherebbero il lavoro minuzioso speso nello studio del nostro testo. »
(Henri-Irénée Marrou, uno degli studiosi più significativi del testo)
Misterioso nella sua origine e nel suo destino attraverso l'antichità cristiana, la Lettera a Diogneto resta dunque enigmatica per la sua capacità di affascinare e di generare riserve.
Il Concilio Vaticano II ha riscoperto quest'opera proponendone alcune espressioni nei suoi documenti, soprattutto per descrivere la condizione dei cristiani. La troviamo citata in:
§  Lumen Gentium 38
§  Dei Verbum 4
§  Ad Gentes 15
Note 
1.   ^ Cfr. Giovanni Magnani, Tu sei il Cristo. Cristologia storica, 2002.
2.   ^ August Franzen indica, più semplicemente, una datazione "verso la metà del II secolo" (in Franzen, Breve Storia della Chiesa, Queriniana, 1987)
Bibliografia 
§  Andrea Tomasetto (cur.), Alle origini del Cristianesimo, Torino, ISBN 88-7547-002-2
§  Ernesto Buonaiuti (cur.), Anonimo del II-III sec. d.C., Lettera a Diogneto. Introduzione, traduzione e note di Ernesto Buonaiuti, a cura di Gino Ragozzino, Napoli, Generoso Procaccini, 1989 (Fragmenta 5)
Voci correlate 
§  II secolo
Altri progetti 
§  Descrizione: Collabora a Wikisource Wikisource contiene il testo completo di A Diogneto
Collegamenti esterni 


Dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo
(Disc. 108; PL 52, 499-500)
Sii sacrificio e sacerdote di Dio

    Vi prego per la misericordia di Dio (cfr. Rm 12, 1). È Paolo che chiede, anzi è Dio per mezzo di Paolo che chiede, perché vuole essere più amato che temuto. Dio chiede perché vuol essere non tanto Signore, quanto Padre. Il Signore chiede per misericordia, per non punire nel rigore.
    Ascolta il Signore che chiede: vedete, vedete in me il vostro corpo, le vostre membra, il vostro cuore, le vostre ossa, il vostro sangue. E se temete ciò che è di Dio, perché non amate almeno ciò che è vostro? Se rifuggite dal padrone, perché non ricorrete al congiunto?
    Ma forse vi copre di confusione la gravità della passione che mi avete inflitto. Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l'amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi.
    Venite, dunque, ritornate. Sperimentate almeno la mia tenerezza paterna, che ricambia il male col bene, le ingiurie con l'amore, ferite tanto grandi con una carità così immensa.
    Ma ascoltiamo adesso l'Apostolo: «Vi esorto», dice, «ad offrire i vostri corpi» (Rm 12, 1). L'Apostolo così vede tutti gli uomini innalzati alla dignità sacerdotale per offrire i propri corpi come sacrificio vivente.
    O immensa dignità del sacerdozio cristiano! L'uomo è divenuto vittima e sacerdote per se stesso. L'uomo non cerca fuori di sé ciò che deve immolare a Dio, ma porta con sé e in sé ciò che sacrifica a Dio per sé. La vittima permane, senza mutarsi, e rimane uguale a se stesso il sacerdote, poiché la vittima viene immolata ma vive, e il sacerdote non può dare la morte a chi compie il sacrificio.
    Mirabile sacrificio, quello dove si offre il corpo senza ferimento del corpo e il sangue senza versamento di sangue. «Vi esorto per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente».
    Fratelli, questo sacrificio è modellato su quello di Cristo e risponde al disegno che egli si prefisse, perché, per dare vita al mondo, egli immolò e rese vivo il suo corpo; e davvero egli fece il suo corpo ostia viva perché, ucciso, esso vive. In questa vittima, dunque, è corrisposto alla morte il suo prezzo. Ma la vittima rimane, la vittima vive e la morte è punita. Da qui viene che i martiri nascono quando muoiono, cominciano a vivere con la fine, vivono quando sono uccisi, brillano nel cielo essi che sulla terra erano creduti estinti.
    Vi prego, dice, fratelli, per la misericordia di Dio, di offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo (cfr. Rm 12, 1). Questo è quanto il profeta ha predetto: Non hai voluto sacrificio né offerta, ma mi hai dato un corpo (cfr. Sal 39, 7 volg.). Sii, o uomo, sii sacrificio e sacerdote di Dio; non perdere ciò che la divina volontà ti ha dato e concesso. Rivesti la stola della santità. Cingi la fascia della castità. Cristo sia la protezione del tuo capo. La croce permanga a difesa della tua fronte. Accosta al tuo petto il sacramento della scienza divina. Fa' salire sempre l'incenso della preghiera come odore soave. Afferra la spada dello spirito, fa' del tuo cuore un altare, e così presenta con ferma fiducia il tuo corpo quale vittima a Dio.
    Dio cerca la fede, non la morte. Ha sete della tua preghiera, non del tuo sangue. Viene placato dalla volontà, non dalla morte.




Martire (generico)

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Il termine martire (dal greco μάρτυς - testimone) indica oggi colui che ha testimoniato la propria fede o ideale nonostante la persecuzione.
Originariamente diffuso soprattutto in ambito giuridico stava a indicare semplicemente un testimone che garantiva la verità degli avvenimenti e che normalmente prendeva le difese dell'accusato. Col tempo il termine è stato usato anche in ambito filosofico (soprattutto in ambito stoico) di testimonianza della verità (che non includeva necessariamente la morte), per passare successivamente a un significato di testimonianza di un avvenimento religioso di cui il credente, con la sua vita e la sua predicazione era testimone. Il termine non è mai stato usato in ambito biblico, né giudaico, né cristiano nel significato odierno: di testimonianza fino alla morte. Solo nel cristianesimo primitivo, con l'avvento delle persecuzioni dei cristiani, il termine è stato riservato in modo praticamente esclusivo alla testimonianza estrema fino alla morte. In questa accezione è stata assunta nell'Islam e successivamente, almeno in ambito italiano, per analogia ad ogni testimonianza-fedeltà alle proprie convinzioni, anche non religiose, fino a rimetterci la propria vita, in questo caso però, almeno in ambito cristiano si preferisce parlare di eroe e di eroicità. In ambito cristiano, soprattutto dopo il rinnovamento biblico post-conciliare[quale rinnovamento? quale Concilio? di quale Chiesa?], si va via via recuperando il significato originario del termine biblicamente inteso.
Osserva Federico Chabod a proposito dell'allargamento del significato di martire:
« Gran mutare del senso delle parole! Per diciotto secoli, il termine di martire era stato riservato a coloro che versavano il proprio sangue per difendere la propria fede religiosa; martire era chi cadeva col nome di Cristo sulle labbra. Ora, per la prima volta, il termine viene assunto ad indicare valori, affetti, sacrifici puramente umani, politici: i quali dunque acquistano l'importanza e la profondità dei valori, affetti, sacrifici religiosi, diventano religione anch'essi. »
(Federico Chabod, L'idea di nazione)

Il termine martire come testimone della fede è nato in ambito 
cristiano e indica i fedeli che hanno sacrificato la propria vita per testimoniare la religione cristiana. Si tratta in genere di cristiani vissuti in un contesto sociale ostile, che furono messi a morte in odio alla fede cristiana dalle autorità, dai tribunali, o uccisi da persone private. Il "martire" è il "santo" per eccellenza nella concezione della Chiesa antica e solo in seguito altre categorie di santi si sono aggiunte ai martiri. La lista dei martiri cattolici è riportata nel Martirologio.
« Fu allora che noi osservammo una meravigliosa brama e un vero potere divino e zelo in coloro che avevano posto la loro fede nel Cristo di Dio. Appena emessa la sentenza contro il primo, alcuni da una parte e altri da un'altra si precipitarono in tribunale davanti al giudice per confessarsi cristiani, non facendo attenzione quando erano posti davanti ai terrori e alle varie forme di tortura, ma senza paura e parlando con franchezza della religione verso il Dio dell'universo, e ricevendo la sentenza finale di morte con gioia, ilarità e contentezza, così che essi cantavano e innalzavano inni e ringraziamenti al Dio dell'universo, pur ormai all'ultimo respiro»
(Eusebio di Cesarea descrivendo la condanna dei Martiri della Tebaide, Storia Ecclesiastica, 8,9,5)
Nei primi tempi, l'appellativo di martire era usato per designare gli apostoli, ancora viventi, come testimoni delle opere e della risurrezione di Gesù. Poi il nome venne esteso a tutti quelli che con la propria condotta avessero dato dimostrazione di fede e infine fu riservato a coloro che fossero morti in seguito alle persecuzioni. Il nome corrispondente in latino era confessor.
Nel Cattolicesimo vengono individuati tre tipi di martirio:
§  Martirio bianco, che consiste nell'abbandono di tutto ciò che un uomo ama a causa di Dio
§  Martirio verde, che consiste nel liberarsi per mezzo del digiuno e della fatica dai propri desideri malvagi, o nel soffrire angustie di penitenza e conversione
§  Martirio rosso, che consiste nel sopportare la Croce o la morte a causa di Gesù Cristo (Omelia irlandese del VII secolo). È stato considerato in passato il vero battesimo, purificatore di ogni peccato: subendo il martirio la santità era assicurata, non potendo più peccare. Questa è la ragione per la quale il martirio nell'antichità era non solo accettato, ma addirittura ricercato.
Da questa certezza della santità dei martiri ha ben presto avuto origine il loro culto.
Rimasto famoso in ambito di fede nel Cristianesimo durante le persecuzioni iniziate da Nerone, il martirio era visto come una rinascita in Cristo piuttosto che come una morte. I martiri si rifiutavano di abiurare la propria religione: il fatto che cristiani ad esempio non partecipassero a feste pagane e non offrissero sacrifici, interrompendo questi rituali apotropaici, per l'Impero romano determinava la rottura della pax deorum e quindi una grave offesa agli dei.
I martiri conosciuti fra i cristiani furono a volte perseguitati da ebrei o da altri cristiani stessi.

Ebraismo 

Il martire come inteso nel Cristianesimo non è tipico dell'Ebraismo. Per un israelita il mantenimento della vita è da privilegiare. Non c'è nella tradizione ebraica la ricerca del martirio come tale. Vi si può ricorrere in caso di grave necessità, e si tratta comunque di sacrificio della propria vita e non di quella altrui: la vita anziché essere sacrificata, deve essere santificata. Pur tuttavia, nella Bibbia, almeno in quella dei Settanta, quindi non nel canone ebraico ma in quella scritta sotto influsso del pensiero greco, sono contenuti i Libri dei Maccabei. In questi, è esaltato il martirio di Eleazaro e quello dei sette fratelli (Capitoli 6 e 7 delSecondo libro dei Maccabei), avvenuti durante la persecuzione di Antioco IV Epifane (II secolo a.C.). La loro storia è raccontata con accenti che ricordano quelli della passio cristiana, di cui ovviamente non poteva esserne influenzata in quanto anteriore, semmai non è da escludere il contrario.

Martiri del libero pensiero 

Martiri sono anche considerate quelle persone che sono state condannate o uccise a causa delle loro idee. Fra queste vengono annoverate persone comeIpazia, Giordano Bruno, Giulio Cesare Vanini.

Altre accezioni di martire 

Il termine è usato anche al di fuori del contesto religioso in espressioni come:

La piazza dei Martiri a Chiaia 

A Napoli, nella piazza dei Martirii a Chiaia, sorge l'imponente monumento ai martiri napoletani il cui l'alto obelisco è circondato da quattro leoni. Ciascuno dei leoni ha un proprio significato simbolico: quello morente ricorda i caduti della rivoluzione napoletana del 1799, quello trafitto dalla spada i carbonari del 1820, mentre gli altri due, dall'aspetto feroce, i caduti liberali del 1848 e garibaldini del 1860.

Le vittime dei regimi totalitari 

Alcuni attribuiscono la qualifica di martire alle vittime dei regimi totalitari o a quelle della mafia. In quest'uso si sottolinea la persecuzione subita, più che la volontà di testimonianza delle vittime. Si tratta però di un'accezione controversa, perché si allontana dall'etimologia del termine martire. Lo stesso si può dire per le vittime dei bombardamenti che non devono identificarsi con questo termine in quanto non hanno professato in vita nessuna idea o azione tale da contrastare l'azione delittuosa dell'aggressore ma semplicemente perché erano presenti incautamente in quel momento in un posto sbagliato.

Il suicidio come martirio 

Recentemente presso alcune organizzazioni che utilizzano tattiche di guerriglia e terrorismo quali al-Qa'ida, la parola martire (shāhid) è usata per indicare chi si suicida in nome dell'Islam. La questione, ovviamente, è quanto mai controversa e dibattuta tra i dotti musulmani, in considerazione dell'assoluto divieto del suicidio nella religione islamica. È opportuno sottolineare la diametrale differenza tra questa accezione e quella nell'ambito cristiano: i martiri cristiani subiscono l'uccisione per mano altrui non provocando alcun danno ad altre persone (anzi perdonando il boia); il terrorista "martire" si uccide con deliberazione cercando di provocare il massimo danno a persone innocenti.

Bibliografia 

§  Bisconti, Mazzoleni, Alle origini del culto dei martiri. Testimonianze nell'archeologia cristiana, 2004, ISBN 88-7999-923-0
§  T. Baumeister, La teologia del martirio nella Chiesa antica, 1995, ISBN 88-05-05443-7
§  Camille Eid, A morte in nome di Allah. I martiri dalle origini dell'Islam a oggi, 2004, ISBN 88-384-8385-X
§  Giuseppe Ricciotti, la " era dei martiri". Il cristianesimo da Diocleziano a Costantino , 1953,

Voci correlate 

Altri progetti 

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Collegamenti esterni [modifica]


Martirio cristiano

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Descrizione: bussola Disambiguazione – "Martire" e "martirio" rimandano qui perché l'accezione cristiana è la più utilizzata. Se cerchi informazioni sul significato originario o su altri generi di martirio, vedi Martire (generico). Se cerchi altri significati di "martirio" vedi martirio (disambigua).
« Christus in martyre est »
(Tertulliano, De Pudicitia, 22)
Secondo il cristianesimo, i martiri (dal greco μάρτυς, «testimone») sono quei fedeli che per diffondere il messaggio evangelico sono incorsi in pene e torture, fino alla pena capitale, considerando gli esiti estremi della loro vocazione come «sacrificio della propria vita», sull'esempio del sacrificio e della volontà umana diGesù.
Secondo il catechismo cattolico la figura del martire è antitetica a quella dell'apostata, di colui cioè che ha tradito la fede nel Vangelo. I martiri sono onorati come santi o beati e mediante preghiere, funzioni e celebrazioni eucaristiche; se ne commemora il dies natalis o il giorno della morte.
Questo culto dei martiri è una delle forme di espressione privata e pubblica della fede cristiana, radicata secondo la testimonianza biblica già nelle prime comunità che dovevano confrontare le loro nuove dottrine prima con la tradizione giudaica e quindi con quella imperiale romana.

Teologia 

Nuovo Testamento 

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Per approfondire, vedi la voce Santo Stefano Protomartire.
Aspetti teologici e dottrinali del martirio cristiano sono contenuti direttamente negli Atti degli Apostoli e ineriscono il rapporto tra sacrificio e messianicità di Cristo. Il primo martire del Cristianesimo è considerato Stefano, detto appunto il Protomartire. È anche l'unico martire la cui passio sia stata narrata dettagliatamente in un libro canonico, gli Atti degli apostoli. Anche san Giovanni Battista è spesso considerato martire, ma prima della morte di Cristo, quindi prima del suo sacrificio e della sua risurrezione, dando vita ad un dibattito teologico abbastanza ampio. A partire dall'esempio di Stefano, numerosi sono stati i martiri in nome di Cristo, ma un senso di elezione distingue i primi martiri: Stefano stesso fu scelto dai dodici apostoli, insieme ad altri sei, come diacono, perché si occupasse della ripartizione dei viveri nelle comunità.
In particolare il martirio di Stefano si configura come nuova testimonianza di fede, diversamente alla tradizione giudaica veterotestamentaria, perché si perpetua sull'esempio della morte di Gesù Cristo sulla Croce e sulla nuova interpretazione messianica della dottrina figlio dell'uomo: Stefano in punto di morte infatti è testimone non solo del Padre ma anche del Figlio dell'Uomo. La stessa riproposizione delle ultime parole di Gesù riportate da Luca (23,34.46) nel martirio di Stefano evidenziano la traslazione avvenuta: Stefano, infatti, le rivolge a Gesù.
« Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo in piedi alla destra di Dio. »
(Atti, 7-56)
Secondo gli Atti, Stefano fu lapidato dai Giudei che non riconobbero la sua testimonianza. Il cristiano sosteneva infatti che Gesù era l'unico e ultimo messia: così come Mosè condusse definitivamente gli Ebrei fuori dall'Egitto, il messaggio cristiano avrebbe dovuto condurre i seguaci verso una nuova legge e un «nuovo» regno, non più terreno ma «celeste». Ciò forniva valenza teologica al martirio cristiano inteso come «sacrificio», oltre che testimonianza, in contrapposizione ai martiri giudaici precedenti il Vangelo che difendevano l'identità religiosa e politica di Israele annunciando non l'unicità del messia arrivato, ma il messia a venire.[1]

Il rapporto con l'Impero romano 

Sempre secondo gli Atti, il potere romano insediatosi in Palestina, cercando il consenso dei sacerdoti ebrei, attuò una serie di politiche volte a condannare e perseguitare i sostenitori della fede cristiana: gli Atti degli Apostoli riportano quindi il martirio di Giacomo di Zebedeo, uno degli apostoli. È la prima testimonianza di una contrapposizione fra potere costituito e cristiani, e quest'ultimi risultano vittime.
Dopo le prime persecuzioni, gli imperatori, al fine di contrastare la dilagante diffusione della fede cristiana, emanarono una serie di provvedimenti volti a perseguitare e punire le espressioni delle prime chiese. Così, i culti pagani venivano per la prima volta imposti e combattute le sette giudaizzanti dell'Impero: il Vangelo diveniva testimonianza di fede anche contro la tradizione romana. Le prime comunità identificarono la lotta ai soprusi pagani come espressione di fede, e si raccolsero attorno al ricordo dei martiri con celebrazioni eucaristiche.
Nel caso in cui durante un processo i cristiani rinunciassero alla propria appartenenza alla chiesa, venivano definiti lapsi, in contrapposizione ai martiri che, al contrario, non si riconvertivano al paganesimo nemmeno in punto di morte.
Dal concetto di martire, in epoca successiva alle persecuzioni, si è evoluto il concetto di santo. Ancora adesso l'elenco di tutti i santi canonizzati è dettomartirologio.[2]

Evoluzione teologica 

Per un cristiano il martirio è una eventualità da considerare all'interno della propria fede. La Prima lettera di Giovanni dice infatti che "Dio ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli". Per i primi cristiani dare la propria vita per Cristo era l'unico modo possibile per contraccambiare il dono di Cristo che aveva dato la propria vita per loro. Sant'Ignazio di Antiochia arriva ad implorare gli altri cristiani a non intercedere presso l'imperatore per salvargli la vita, ma a consentire che egli venisse messo a morte. In molte passio il martire va spontaneamente al sacrificio anche avendo la possibilità di evitarlo.
Col termine delle persecuzioni, la ricerca del martirio come dimostrazione di fede tende a diminuire, sostituita dalla ricerca della santità. Ancora di San Martino(IV secolo) però, primo non martire ad essere considerato santo, si dice, nell'Ufficio composto per la sua festa, "Anima beata, se la spada non ti ha colpito non hai perso la gloria del martirio", quasi a scusare il fatto che non sia stato martirizzato.
Nel calendario liturgico, il cristianesimo fa rivivere le storie dei martiri ai propri fedeli. Il martirologio cristiano è pieno di figure di santi martiri di tutte le epoche: sono considerati martiri San Giovanni de Brebeuf, i cosiddetti martiri canadesi, gesuiti uccisi dagli Irochesi nel XVII secolo, sant'Andrea Dung-Lac e i vietnamiti (XIX secolo), san Paolo Miki, santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) e Massimiliano Maria Kolbe (morti nei lager nazisti). Esiste quindi a fianco della storia del cristianesimo una professione di fede espressa dai fedeli mediante il sacrificio.

Tipologie di martirio 

Nel cattolicesimo vengono individuati tre tipi di martirio:
§  il martirio bianco
§  il martirio verde
§  il martirio rosso
Il martirio bianco consiste nell'abbandono di tutto ciò che un uomo ama a causa di Dio.
Il martirio verde consiste nel liberarsi per mezzo del digiuno e della fatica dai propri desideri malvagi, o nel soffrire angustie di penitenza e conversione.
Ill martirio rosso consiste nel sopportare la Croce o la morte a causa di Gesù Cristo (Omelia irlandese del VII secolo)
Il martirio rosso è stato considerato in passato il vero battesimo, purificatore di ogni peccato: subendo il martirio la santità era assicurata, non potendo più peccare. Questa è la ragione per la quale il martirio nell'antichità era non solo accettato ma addirittura ricercato.
Scrive Eusebio di Cesarea descrivendo la condanna dei Martiri della Tebaide:
« Fu allora che noi osservammo una meravigliosa brama e un vero potere divino e zelo in coloro che avevano posto la loro fede nel Cristo di Dio. Appena emessa la sentenza contro il primo, alcuni da una parte e altri da un'altra si precipitarono in tribunale davanti al giudice per confessarsi cristiani, non facendo attenzione quando erano posti davanti ai terrori e alle varie forme di tortura, ma senza paura e parlando con franchezza della religione verso il Dio dell'universo, e ricevendo la sentenza finale di morte con gioia, ilarità e contentezza, così che essi cantavano e innalzavano inni e ringraziamenti al Dio dell'universo, pur ormai all'ultimo respiro. »
(Storia Ecclesiastica, 8,9,5)
Da questa certezza della santità dei martiri ha ben presto avuto origine il loro culto.
Rimasto famoso in ambito di fede nel Cristianesimo durante le persecuzioni iniziate da Nerone, il martirio era visto come una rinascita in Cristo piuttosto che come una morte. I martiri si rifiutavano di abiurare la propria religione: il fatto che cristiani ad esempio non partecipassero a feste pagane e non offrissero sacrifici, interrompendo questi rituali apotropaici, per l'Impero romano determinava la rottura della pax deorum e quindi una grave offesa agli dei.

Storiografia 

Nella tradizione storiografia occidentale la questione dei martiri ha spesso acceso dibattiti mai risolti in posizioni univoche. Dopo il Concilio di Trento alcune disposizioni pontificie promossero una revisione del martirologio romano, il libro con l'elenco di tutti i martiri e le passiones relative. In alcuni casi vi furono indagini sulle date, nonché l'epurazione di informazioni ritenute ambigue o spurie, fino alla rimozione delle evidenti tracce di culti pagani che il culto dei martiri conservava, per cui la storiografia moderna ha poi sostenuto la tesi della "cristianizzazione passiva" dei pagani, diretta a sovrapporre le posizioni cristiane a quelle pagane senza mutare tradizioni e festività.[3][4]

Bibliografia

§  Bisconti, Mazzoleni, Alle origini del culto dei martiri. Testimonianze nell'archeologia cristiana, 2004, ISBN 8879999230
§  T. Baumeister, La teologia del martirio nella Chiesa antica, 1995, ISBN 8805054437

Note

4.   ^ H. Dodwell, De paucitate martyrum, in Dissertationes Cyprianiae, Londra 1684

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