POST DEL 5/11/2014 AGGIORNATO AL 2/9/2016 ultimo aggiornamento 5/11/2018
- Dal 1987, la Madonna appare ad Anguera (Brasile) al veggente Pedro Régis, dettandogli messaggi per tutta l'umanità.
- I messaggi vengono trasmessi 3 volte a settimana: ogni martedì e sabato, più un altro giorno variabile.
ULTIMO MESSAGGIO IN ITALIANO DAL SITO WEB UFFICIALE BRASILIANOGli articoli e le informazioni contenute nei siti Web "linkati" sono di proprietà degli autori dei siti medesimi. Pertanto tutti i diritti nonché la responsabilità di quanto riportato in questi siti sono riservati esclusivamente ai loro autori.Questo post presente sul blog: https://nostrasignoradianguera.blogspot.it/e Twitter: https://twitter.com/angueramessaggi è un interpretazione personale e non corrisponde necessariamente al vero significato dei messaggi, degli avvertimenti della Madonna al mondo e delle profezie annunciate da Nostra Signora ad Anguera.Si consiglia di visitare il sito web ufficiale brasiliano del veggente Pedro Regis:http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/ e la pagina dedicata al commento delle profezie: http://www.apelosurgentes.com.br/pt-br/cms/list/not%C3%ADcias(Gestore sito web: ANSA - Associacao Nossa Senhora de Anguera).
Nicaragua: Leonardo Boff (teologia liberazione) critica il governo Ortega. “Sta imitando le pratiche dell’antico dittatore”
24 LUGLIO 2018- Nicaragua: sparano sui sacerdoti, una donna grida: non avrete il perdono di Dio!
https://it.aleteia.org/2018/07/24/nicaragua-sparano-sacerdoti-video/
Henan, Jiangxi, Zhejiang, avanza la sinicizzazione: croci bruciate, bandiere e slogan del Partito sulle chiese
http://www.asianews.it/notizie-it/Henan,-Jiangxi,-Zhejiang,-avanza-la-sinicizzazione:-croci-bruciate,-bandiere-e-slogan-del-Partito-sulle-chiese-44775.html
http://www.asianews.it/notizie-it/Henan,-Jiangxi,-Zhejiang,-avanza-la-sinicizzazione:-croci-bruciate,-bandiere-e-slogan-del-Partito-sulle-chiese-44775.html
Terrorismo, l'Isis mette i preti nel mirino: "Attaccheranno le chiese"
Apocalisse 17:1 Allora uno dei sette angeli che hanno le
sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: «Vieni, ti farò vedere la condanna
della grande prostituta che siede presso le grandi acque. 2 Con lei si
sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati
del vino della sua prostituzione». 3 L'angelo mi trasportò in spirito
nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di
nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. 4 La donna era ammantata
di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva
in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua
prostituzione. 5 Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso:
«Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra».
6 E vidi che quella donna
era ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore.
Ap 12:11 Ma essi lo hanno vinto
per mezzo del sangue
dell'Agnello
e grazie alla
testimonianza del loro martirio;
poiché hanno
disprezzato la vita
fino a morire.
La religione più perseguitata al mondo? Il Cristianesimo
Rapporto di un centro studi Usa. Nel 2016 90 mila cristiani sono stati uccisi per la loro fede. 900 mila quelli uccisi nell'ultimo decennio. Nella sordità totale delle istituzioni
2.967 - 10/03/2008
Cari figli, sono vostra Madre e soffro per ciò che vi
attende. Arriverà il giorno in cui la croce sarà pesante per gli uomini e le
donne di fede. L’oppositore impedirà che i
cristiani si uniscano per pregare in luoghi pubblici e molti saranno
martirizzati, altri negheranno la fede. Vi chiedo di non allontanarvi dalla preghiera. L’umanità è
lontana dal Creatore ed ecco che sono giunti i tempi da me predetti. Tornate in
fretta. Non restate stazionari nel peccato. Il mio Signore vi ama e vi attende
a braccia aperte. Avanti senza paura. Questo è il messaggio che oggi vi
trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di
riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
3.058 - 26/09/2008
Cari figli, siate del Signore e date ovunque testimonianza
della vostra fede. Il Signore vi chiama e voi non potete restare stazionari.
Tornate in fretta. Ecco il tempo del grande ritorno. Aprite i vostri cuori e
accogliete i miei appelli per essere salvi. Non voglio obbligarvi, ma ciò che
dico dev’essere preso sul serio. Non tiratevi indietro. Soffro per ciò che vi
attende. State attenti. Pregate che i miei piani si realizzino. La Chiesa del
mio Gesù soffrirà molto. I miei figli consacrati
dovranno conoscere ogni sorta di dolori fisici. Così come i primi cristiani, la
Chiesa conoscerà la croce della persecuzione e del martirio. I buoni
saranno perseguitati e lasciati in carcere. Restate saldi sul cammino che vi ho indicato. Avanti con
coraggio. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima
Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi
benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete
nella pace.
582 – 2 gennaio 1993
Cari figli, sono vostra Madre e la Regina del Brasile.
Questa sera vi chiedo di pregare per la conversione di tutti i peccatori e di
vivere tutti i miei messaggi, poiché questo è l’unico modo attraverso il quale
posso ottenere la vittoria del mio Cuore Immacolato. Vi chiedo anche di
pregare per il Papa, perché l’ora del suo martirio si sta avvicinando. La
Chiesa perderà un grande tesoro, ma coloro che saranno stati fedeli al mio Gesù
resteranno saldi. Pregate. Pregate per il
Papa, il successore della cattedra di Pietro. Dovrà soffrire molto. Pregate e fate penitenza. Se gli
uomini non si convertono, il fuoco cadrà dal cielo e sarà tardi. Il pericolo di
una nuova guerra mondiale è sempre più vicino. Sono triste a causa di ciò che
vi attende. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della
Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una
volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Rimanete nella pace.
Italia
597 – 8 febbraio 1993
Cari figli, aprite i vostri cuori al Signore e ascoltate la
sua chiamata alla santità. Siate buoni gli uni con altri. Lasciatevi guidare da
me e io vi condurrò a Colui che è il vostro Tutto. Quando risponderete con
docilità agli appelli divini, la vostra vita sarà piena di benedizioni. Dunque
siate docili alla voce dello Spirito Santo. Continuate a pregare per la Chiesa. Continuate a pregare
per il Papa, soprattutto adesso, poiché l’ora del suo martirio si sta
avvicinando. Siate vigilanti. Ascoltatemi.
Questo è il messaggio che vi trasmetto oggi nel nome della Santissima Trinità.
Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
659 – 29 giugno 1993
Cari figli, sono la Madre della Chiesa. Vengo
dal cielo per implorarvi di essere di Cristo. Vi invito anche ad essere fedeli
al successore della cattedra di Pietro, Papa Giovanni Paolo II. Sappiate, voi tutti, che il Papa
è infallibile, poiché lo Spirito Santo lo guida per il bene della Chiesa
intera. Dunque obbeditegli. Non disprezzate i suoi insegnamenti, poiché sono
l’unico modo per poter restare nella verità. Vivete gioiosamente l’insegnamento
della Chiesa fondata da mio Figlio. Vivete anche il Vangelo del mio Gesù,
poiché la Parola di mio Figlio vi condurrà e vi porterà più vicini al cielo.
Pregate, pregate per la Chiesa. Pregate per il Santo Padre, poiché l’ora del suo martirio si sta avvicinando. Non state con le mani in mano. Avanti. Siatemi fedeli,
poiché sono vostra Madre e vi amo. Non vengo per obbligarvi, ma ciò che dico
dovrebbe essere preso sul serio. Ascoltatemi. Aprite il vostro cuore all’amore
privilegiato del Signore. Non tiratevi indietro. Non vengo dal cielo per
scherzo. Se non vi convertite, una grande
punizione si abbatterà sull’umanità. Dunque
convertitevi. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della
Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una
volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Rimanete nella pace.
2.511 - 18.04.2005
Cari figli, arriverà il giorno in cui la pietra preziosa
perderà la sua brillantezza. La grande
imbarcazione si dirigerà verso la sua ultima
fermata, ma prima di arrivare al porto sicuro dovrà passare per grandi ostacoli. Grande sarà la
sofferenza di tutti coloro che non si tireranno indietro, ma Dio li
ricompenserà per il coraggio di affrontare il martirio. Subito dopo, l’imbarcazione dovrà affrontare violente
tempeste. Pregate. Solo per mezzo della preghiera raggiungerete la vittoria.
Anche davanti alle tribolazioni, confidate in mio Figlio Gesù. Lui attende i
suoi fedeli nel porto sicuro a braccia aperte. Felici coloro che saranno stati
fedeli fino alla fine. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome
della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una
volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Rimanete nella pace.
2.837 - 15/05/2007
Cari figli, gli uomini e le
donne di fede porteranno una croce pesante, perché saranno perseguitati e molti
saranno martirizzati. Grande sarà la
sofferenza di coloro che amano la verità. Siate coraggiosi. Dio non vi
abbandonerà. Credete nella sua straordinaria protezione e sarete vittoriosi.
Cercate forza nell’Eucarestia e non allontanatevi dalla preghiera. Io sono
vostra Madre e cammino al vostro fianco. Questo è il messaggio che oggi vi
trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di
riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
2.855 - 26/06/2007
Cari figli, non spaventatevi. Confidate nel Signore. Quando
tutto sembrerà perduto, il Signore verrà a voi con grande vittoria. Pregate per la Chiesa
del mio Gesù. Essa sarà perseguitata e i ministri non vi potranno entrare.
Molti saranno martirizzati e altri fuggiranno.
Inginocchiatevi in preghiera. Quando vi chiedo di avere una vita di preghiera,
dovete capire che si tratta di una necessità urgente. Sappiate che Dio ha
fretta. Non restate nel peccato. Avanti incontro a Gesù. Egli vi ama e vi
attende a braccia aperte. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome
della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una
volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Rimanete nella pace.
2.996 - 13/05/2008
DATE - PROFEZIE DELLA MADONNA DI ANGUERA:
DICEMBRE DI DOLORE - ANNUNCIATO DAGLI UOMINI SAPIENTI (Messaggio n. 2.585 del
08/10/2005) - LA GRANDE LUCE O "SECONDO SOLE, IL "GRANDE SEGNO"
della Madonna di Anguera. Messaggio
3.199 del 11/08/09 - (annunciato dai Profeti, messaggio 3.091 del 06/12/2008);
CALVARIO DEL SANTO PADRE a Santo Stefano (messaggio 2.996 del 13/05/08); ASCESA
DELL' ANTICRISTO (Messaggio n. 2.532 del 05/06/2005); IL "GRANDE
TERREMOTO" avverrà di venerdì' (messaggio 2.569 del 01.09.05); DIO invierà
IL "GRANDE SEGNO" e gli uomini vedranno di giovedì (Messaggio 2.572
del 8/9/05); UN LUNEDI' avverrà il miracolo dell' esame di coscienza nel nostro
cuore (messaggio n. 2.665 del 08/04/2006); IL "GRANDE MIRACOLO"
avverrà di domenica (messaggio n. 3.205 del 25/08/09); LA MARCIA DEL FALSO
PROFETA CONTRO IL VATICANO - IN QUEL GIORNO SARA' VISIBILE UNA ECLISSI LUNARE
(Messaggio 2.975 del 23/03/2008).
Cari figli, accogliete con gioia i miei appelli. Sono
venuta dal cielo per aiutarvi. Non allontanatevi dal cammino che vi ho
indicato. Ho fretta. Non tiratevi indietro. Ho bisogno di voi. Aprite i vostri
cuori e io vi condurrò a mio Figlio Gesù. Vivete nella grazia del Signore. Non
permettete che il peccato vi allontani da Dio. L’umanità è malata e ha bisogno
di essere curata. Pentitevi e riconciliatevi con Dio. Ecco i tempi che vi ho
annunciato in passato. Arriverà per la Chiesa il momento della sua grande agonia.
Dall’alta montagna scenderà il sangue dei fedeli consacrati. La Chiesa del mio
Gesù vivrà il dolore del calvario. Un uomo vestito di bianco sarà perseguitato e condotto
alla morte. Nella festa di un grande martire,
i fedeli avranno di che piangere e lamentarsi. Pregate.
Solo nella preghiera troverete la forza per il vostro cammino. Avanti. Questo è
il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie
per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
3.058 - 26/09/2008
Cari figli, siate del Signore e date ovunque testimonianza
della vostra fede. Il Signore vi chiama e voi non potete restare stazionari.
Tornate in fretta. Ecco il tempo del grande ritorno. Aprite i vostri cuori e
accogliete i miei appelli per essere salvi. Non voglio obbligarvi, ma ciò che
dico dev’essere preso sul serio. Non tiratevi indietro. Soffro per ciò che vi
attende. State attenti. Pregate che i miei piani si realizzino. La Chiesa del
mio Gesù soffrirà molto. I miei figli consacrati
dovranno conoscere ogni sorta di dolori fisici. Così come i primi cristiani, la
Chiesa conoscerà la croce della persecuzione e del martirio. I buoni
saranno perseguitati e lasciati in carcere. Restate saldi sul cammino che vi ho indicato. Avanti con
coraggio. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima
Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi
benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete
nella pace.
3.076 - 01/11/2008
Cari figli, non abbiate paura. Testimoniate con coraggio
che siete unicamente di mio Figlio Gesù. Affidatevi senza riserve e mio Figlio
vi benedirà e vi condurrà sul cammino del bene e della santità. Verranno giorni in cui molti
consacrati rinnegheranno la fede. Fuggiranno per paura del martirio. Pochi
resteranno saldi nella fede, ma per mezzo di un piccolo gregge Gesù condurrà la
sua Chiesa alla vittoria. Pregate. Non perdetevi d’animo. Io
intercederò presso il mio Gesù per voi. Siate docili alla chiamata del Signore.
Camminate incontro a lui e tutto finirà bene per voi. Avanti. Questo è il
messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per
avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
3.205 - 25 agosto 2009
Cari figli, accogliete i miei appelli, perché desidero
trasformarvi e condurvi a mio Figlio Gesù. Voglio portarvi tutti in cielo.
Convertitevi in fretta. Non restate lontani dalla preghiera. Quando pregate
attraete su di voi le benedizioni del Signore. Nella preghiera sarete capaci di scoprire
i tesori di Dio che è dentro di voi. Date il vostro contributo per il trionfo
definitivo del mio Cuore Immacolato. Nel tempo della grande tribolazione, i
miei consacrati saranno protetti. Gli angeli del Signore li aiuteranno ed essi
non inciamperanno. Il male starà lontano da loro. Coraggio. Il mio Gesù farà un grande miracolo e tutti gli
occhi lo vedranno. Sarà questo miracolo il motivo di conversione degli atei e di tutti coloro che
hanno abbracciato false dottrine. Accadrà di domenica, nella festa di un grande martire. Io sono vostra Madre e sono venuta dal cielo per indicarvi
il cammino della salvezza. Non desistite. Questo è il messaggio che oggi vi
trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di
riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.
CATECHISMO
DELLA CHIESA CATTOLICA
2473 Il martirio è la suprema testimonianza resa alla
verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli
rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità.
Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta
la morte con un atto di fortezza. “Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo
così mi sarà concesso di raggiungere Dio” [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula
ad Romanos, 4, 1].
2474 Con la più
grande cura la Chiesa ha raccolto i ricordi di coloro che, per testimoniare la
fede, sono giunti sino alla fine. Si tratta degli Atti dei Martiri.
Costituiscono gli archivi della Verità scritti a lettere di sangue:
Dal
libro della Sapienza
§ LA
SAPIENZA E IL DESTINO DELL’ UOMO
CERCARE
DIO E FUGGIRE IL PECCATO
Sap 1:1 Amate la giustizia, voi che governate sulla terra,
rettamente pensate del Signore,
cercatelo con cuore semplice.
2 Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano,
si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
3 I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;
l'onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
4 La sapienza non entra in un'anima che opera il male
né abita in un corpo schiavo del peccato.
5 Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione,
se ne sta lontano dai discorsi insensati,
è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia.
6 La sapienza è uno spirito amico degli uomini;
ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra,
perché Dio è testimone dei suoi sentimenti
e osservatore verace del suo cuore
e ascolta le parole della sua bocca.
7 Difatti lo spirito del Signore riempie l'universo
e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.
8 Per questo non gli sfuggirà chi proferisce cose ingiuste,
la giustizia vendicatrice non lo risparmierà.
9 Si indagherà infatti sui propositi dell'empio,
il suono delle sue parole giungerà fino al Signore
a condanna delle sue iniquità;
10 poiché un orecchio geloso ascolta ogni cosa,
perfino il sussurro delle mormorazioni
non gli resta segreto.
11 Guardatevi pertanto da un vano mormorare,
preservate la lingua dalla maldicenza,
perché neppure una parola segreta sarà senza effetto,
una bocca menzognera uccide l'anima.
12 Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani,
13 perché Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
14 Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza;
le creature del mondo sono sane,
in esse non c'è veleno di morte,
né gli inferi regnano sulla terra,
15 perché la giustizia è immortale.
LA VITA
SECONDO GLI EMPI
16 Gli
empi invocano su di sé la morte
con gesti e con parole,
ritenendola amica si
consumano per essa
e con essa concludono
alleanza,
perché son degni di
appartenerle.
Sap 2:1 Dicono fra loro sragionando:
«La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
2 Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
È un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
3 Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
4 Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
5 La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
6 Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
7 Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
8 coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
9 nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.
10 Spadroneggiamo sul giusto povero,
non risparmiamo le vedove,
nessun riguardo per la canizie ricca d'anni del vecchio.
11 La nostra forza sia regola della giustizia,
perché la debolezza risulta inutile.
12 Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge
e ci rinfaccia le mancanze
contro l'educazione da noi ricevuta.
13 Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e si dichiara figlio del Signore.
14 È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
15 perché la sua vita è diversa da quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
16 Moneta falsa siam da lui considerati,
schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti
e si vanta di aver Dio per padre.
17 Vediamo se le sue parole sono vere;
proviamo ciò che gli accadrà alla fine.
18 Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà,
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
19 Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione.
20 Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà».
ERRORE DEGLI EMPI
21 La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
22 Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
23 Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
24 Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.
CONFRONTO
TRA LA SORTE DEI GIUSTI E QUELLA DEGLI EMPI
Sap 3:1 Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
2 Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
3 la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
4 Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
5 Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé:
6 li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto.
7 Nel giorno del loro giudizio risplenderanno;
come scintille nella stoppia, correranno qua e là.
8 Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli
e il Signore regnerà per sempre su di loro.
9 Quanti confidano in lui comprenderanno la verità;
coloro che gli sono fedeli
vivranno presso di lui nell'amore,
perché grazia e misericordia
sono riservate ai suoi eletti.
10 Ma gli empi per i loro pensieri riceveranno il castigo,
essi che han disprezzato il giusto
e si son ribellati al Signore.
11 Chi disprezza la sapienza e la disciplina è infelice.
Vana la loro speranza e le loro fatiche senza frutto,
inutili le opere loro.
12 Le loro mogli sono insensate,
cattivi i loro figli,
maledetta la loro progenie.
13 Beata la sterile non contaminata,
la quale non ha conosciuto un letto peccaminoso;
avrà il suo frutto alla rassegna delle anime.
14 Anche l'eunuco, la cui mano non ha commesso iniquità
e che non ha pensato cose malvage contro il Signore,
riceverà una grazia speciale per la sua fedeltà,
una parte più desiderabile nel tempio del Signore;
15 poiché il frutto delle opere buone è glorioso
e imperitura la radice della saggezza.
16 I figli di adulteri non giungeranno a maturità;
la discendenza di un'unione illegittima sarà sterminata.
17 Anche se avranno lunga vita, non saran contati per niente,
e, infine, la loro vecchiaia sarà senza onore.
18 Se poi moriranno presto, non avranno speranza
né consolazione nel giorno del giudizio,
19 poiché di una stirpe
iniqua è terribile il destino.
A DIOGNETO
o LETTERA
A DIOGNETO
fonte: http://www.ora-et-labora.net/diogneto.html
Esordio
L'idolatria
Il culto giudaico
Il ritualismo
giudaico
Il mistero cristiano
L'anima del mondo
Dio e il Verbo
L'incarnazione
L'economia divina
La carità
Il loro maestro
La vera scienza
Esordio
I. 1. Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad
apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e cura cerchi di
sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti
disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano quelli che i greci
ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si
portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano
comparsi al mondo ora e non prima. 2. Comprendo questo tuo desiderio e chiedo a
Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me di parlarti perché tu
ascoltando divenga migliore, e a te di ascoltare perché chi ti parla non abbia
a pentirsi.
L'idolatria
II. 1. Purìficati da ogni pregiudizio che ha ingombrato la
tua mente e spògliati dell'abitudine ingannatrice e fatti come un uomo nuovo da
principio, per essere discepolo di una dottrina anche nuova come tu stesso hai
ammesso. Non solo con gli occhi, ma anche con la mente considera di quale
sostanza e di quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2. Non
(sono essi) pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli
utensili fusi per l'uso, legno già marcio, argento che ha bisogno di un uomo
che lo guardi perché non venga rubato, ferro consunto dalla ruggine, argilla
non più scelta di quella preparata a vile servizio? 3. Non (sono) tutti questi
(idoli) di materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco?
Non li foggiò lo scalpellino, il fabbro, l'argentiere o il vasaio? Prima che
con le loro arti li foggiassero, ciascuno di questi (idoli) non era
trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli
utensili della stessa materia non potrebbero forse diventare simili ad essi se
trovassero gli stessi artigiani? 4. E per l'opposto, questi da voi adorati non
potrebbero diventare, ad opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre?
Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte
corruttibili? Non tutte distruttibili? 5. Queste cose chiamate dèi, a queste
servite, a queste supplicate, infine ad esse vi assimilate. 6. Perciò odiate i
cristiani perché non le credono dèi. 7. Ma voi che li pensate e li immaginate
tali non li disprezzate più di loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi
che venerate quelli di pietra e di creta senza custodi, mentre chiudete a
chiave di notte quelli di argento e di oro, e di giorno mettete le guardie
perché non vengano rubati? 8. Con gli onori che credete di rendere loro, se
hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a
svergognarli con sacrificio di sangue e di grassi fumanti. 9. Provi qualcuno di
voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l'uomo di propria volontà
non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la
pietra lo tollera perché non sente. 10. Molte altre cose potrei dirti perché i
cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente,
credo inutile parlare anche di più.
Il culto giudaico
III. 1. Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere
perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2. Gli ebrei hanno ragione
quando rigettano l'idolatria, di cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e
lo ritengono padrone di tutte le cose. Ma sbagliano se gli tributano un culto
simile a quello dei pagani. 3. Come i greci, sacrificando a cose insensibili e
sorde dimostrano stoltezza, così essi, pensando di offrire a Dio come ne avesse
bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un atto di culto.
4. «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede
tutti noi delle cose che occorrono, non ha bisogno di quei beni. Egli stesso li
fornisce a coloro che credono di offrirli a lui. 5. Quelli che con sangue,
grasso e olocausti credono di fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non
mi pare che differiscano da coloro che tributano riverenza ad oggetti sordi che
non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi di fare le offerte a chi non
ha bisogno di nulla!
Il ritualismo
giudaico
IV. 1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me
intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al
vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio:
tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno. 2. Non è ingiusto
accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente
create e ricusarne altre come inutili e superflue? 3. Non è empietà mentire
intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato? 4. Non è degno
di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente
amati da Dio? 5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione
inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere
le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i
desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6. Penso che ora tu abbia
abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità,
dall'impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di
poter imparare dall'uomo il mistero della loro particolare religione.
Il mistero cristiano
V. 1. I cristiani né
per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri
uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si
differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è
nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una
corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e
barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel
vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile
e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri;
partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri.
Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano
come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la
mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9.
Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono
alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e
da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati.
Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti;
mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi
hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e
benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti
come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai
giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci
perseguitati, e coloro
perseguitati, e coloro
che
li odiano non
saprebbero dire il
motivo dell' odio
saprebbero dire il
motivo dell' odio
L'anima del mondo
VI. 1. A dirla in
breve,
come è l'anima nel
come è l'anima nel
corpo, così nel mondo
sono i cristiani.
2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina;
anche i cristiani
maltrattati, ogni giorno
sono i cristiani.
2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina;
anche i cristiani
maltrattati, ogni giorno
più si moltiplicano.
10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.
10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.
Dio e il Verbo
VII. 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta
terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero
terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente
signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal
cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha
riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare,
qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle
cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di
tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui
tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da
osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che
splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu
ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le
cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l'aria, l'abisso,
quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo;
lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per
la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e
nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli
uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio
non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo
mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà
sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere
perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più
sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell'uomo,
ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.
L'incarnazione
VIII. 1. Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che
cosa è Dio, prima che egli venisse? 2. Vorrai accettare i discorsi vuoti e
sciocchi dei filosofi degni di fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove
andranno essi chiamandolo Dio, altri dicevano che è l'acqua, altri che è uno
degli elementi da Dio creati. 3. Certo, se qualche loro affermazione è da
accettare si potrebbe anche asserire che ciascuna di tutte le creature
ugualmente manifesta Dio. 4. Ma tutte queste cose sono ciarle e favole da
ciarlatani. 5. Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a
noi. 6. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. 7.
Dio, signore e creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha
stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo.
8. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo
buono. 9. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al
Figlio. 10. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere,
pareva che non si curasse e non pensasse a noi. 11. Dopo che per mezzo del suo
Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci
concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e
di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?
L'economia divina
IX. 1. (Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il
Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame
come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva
affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di
ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo
convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita,
e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse
in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza
ne diventiamo capaci. 2. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu
dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte,
venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua
potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si
vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri
peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi,
l'innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l'incorruttibile per i
corrotti, l'immortale per i mortali. 3. Quale altra cosa poteva coprire i
nostri peccati se non la sua giustizia? 4. In chi avremmo potuto essere
giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio di Dio? 5. Dolce
sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L'ingiustizia di molti
viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti.
6. Egli, che prima ci convinse dell'impotenza della nostra natura per avere la
vita, ora ci mostra il salvatore capace di salvare anche l'impossibile. Con
queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo
nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore,
gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.
La carità
1. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la
conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il
mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la
parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la
sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel
cielo e lo darà a quelli che l'hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea
di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad
amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo
può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l'uomo). 5. Non si è
felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli,
arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio,
sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del
prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l'inferiore; chi, dando
ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è
imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna
nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e
ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai
l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo,
quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera,
riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli
saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati
quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo.
Il loro maestro
XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto
discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera
degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2.
Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di
imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai
discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente,
quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui
ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua
grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato
dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo
ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in
eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la
grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i
misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la
cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei
padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei
profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli
apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia,
saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8.
Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la
volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.
La vera scienza
XII. 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali
cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di
delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e
rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l'albero della scienza e
l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3.
Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al
paradiso l'albero della scienza e l'albero della vita, indicando la vita con la
scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno
del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza
sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5.
L'apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita
sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità,
invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza
testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato
la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza
aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera
recepita. 8. Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre
delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e
l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita
la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si
compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si
rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.
A
Diogneto
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La Lettera a Diogneto è
un testo cristiano in greco antico di autore anonimo, risalente probabilmente alla seconda metà del II secolo[1][2].
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Storia
Lo scritto non era conosciuto fino
al XV secolo. Attorno al 1436 Tommaso d'Arezzo, un giovane chierico latino che era
a Costantinopoli per studiare il greco trovò per caso tra
la carta usata da un pescivendolo per avvolgere il pesce un manoscritto. Entrò in possesso
del codice, il quale poi passò alle mani del domenicanoGiovanni Stojković di Ragusa, che era legato del concilio di Basilea a Costantinopoli. Questi lo portò con sé a Basilea. Lo ottenne poi l'umanista Giovanni Reuchlin. In seguito nel 1560 o nel 1580 si trovò nell'abbazia di Marmoutier in Alsazia, da cui, tra il 1793 e il 1795, fu trasferito alla Biblioteca municipale diStrasburgo. Il 24 agosto 1870, durante la guerra franco-prussiana, il fuoco dell'artiglieria prussiana incendiò la biblioteca, nel
quale andò distrutto anche il manoscritto della lettera.
Nonostante la perdita, il testo è noto in
maniera abbastanza sicura, perché nel XVI secolo ne furono fatte
tre copie:
§
una di esse, eseguita probabilmente nel 1579 da Bernard Haus per conto di Martin Crusius, fu ritrovata tre
secoli dopo da C. I. Neumann e si trova ancora
oggi nella Biblioteca universitaria di Tubinga;
§
la seconda fu eseguita nel 1586 da Henri Estienne per l'editio princeps dell'opera, che venne
pubblicata nel 1592: fitta di note di lettura e di proposte di correzioni, essa si trova oggi
a Leida;
§
la terza, eseguita da J. J. Beurer tra il 1586 e il 1592, si è perduta, ma l'autore l'aveva
comunicata, con le proprie annotazioni, a Estienne e a Friedrich Sylburg, e quest'ultimo
pubblicò una propria edizione nel 1593. I due studiosi segnalarono nelle loro
edizioni una parte delle note di Beurer.
Ma ciò che è soprattutto importante sono
le due collazioni del manoscritto realizzate da Eduard Cunitz ed Eduard Reuss, rispettivamente
nel 1842 e nel 1861, per la prima e la terza edizione delle
opere di Giustino di Nablus pubblicate da Johann Carl Theodor
von Otto rispettivamente nel 1843 e nel 1879 (quest'ultima nel quadro di
un'edizione complessiva degli apologisti cristiani del II secolo). In particolare, la
collazione di Reuss fu molto minuziosa e Otto, la cui ultima edizione apparve
dopo la distruzione del manoscritto, la citò abbondantemente, di modo che
l'edizione di Otto è oggi ciò che informa meglio sul manoscritto perduto.
La collazione di Reuss
La collazione di Reuss era un in-folio piccolo cartaceo
di 260 pagine, scritto probabilmente nel XIV secolo e contenente una
miscellanea di ventidue scritti diversi, dei quali un indice redatto o
ricopiato da Haus nel manoscritto di Tubinga ha tramandato i titoli.
I primi cinque erano attribuiti a Giustino di Nablus; nell'ordine:
§
Sulla monarchia divina
§
Esortazione ai Greci
§
Ai Greci
§
A Diogneto
Se i primi quattro erano altrimenti noti,
il quinto, come si è detto, era del tutto sconosciuto. Essi erano seguiti da
versi della Sibilla Eritrea (certo degli estratti degliOracoli sibillini, raccolta di versi
greci di origine giudaica e cristiana, che si presentano come composti dalle
Sibille, profetesse del mondo classico, e che sono ben noti da altri manoscritti), e
da Oracoli degli dei greci,
copiati da Haus dopo lo scritto A Diogneto, estratti da un'opera
più ampia intitolata Teosofia e composta tra
il 474 e il 501.
Seguivano i due trattati dell'apologista cristiano del II
secolo Atenagora di Atene,
che si sono conservati per altra via:
§
Supplica per i cristiani
§
Sulla resurrezione
La collazione presentava poi una serie di
altri scritti di ogni età e provenienza, fino almeno al XII secolo. Nell'introduzione alla
sua indispensabile edizione dello scritto A Diogneto, Marrou ha
potuto mostrare che doveva trattarsi di una raccolta apologetica, destinata a
difendere l'ortodossia contro gli eretici, come pure contro i
pagani, gli ebrei e l'islam.
Una glossa marginale del manoscritto segnala,
in occasione di una lacuna dello scritto A Diogneto, che lo scriba stava copiando da un esemplare
"molto antico". Anche in questo caso Marrou ha potuto stabilire, con
un grado molto alto di verosimiglianza, che tutto il gruppo dei cinque
scritti pseudogiustinei fu
copiato a partire da una raccolta apologetica contro i pagani, composta
nel VI o VII secolo. Essa doveva essere in cattivo stato di conservazione quando fu ricopiata
nelXIV secolo come mostra la segnalazione
di lacune da parte del copista del manoscritto. Quest'ultimo non solo non
riusciva talora a leggere bene il suo modello, ma era a sua volta abbastanza
trascurato, come testimoniano parecchi errori. Infine, le descrizioni trasmesse
da Otto attestano che nel XIX secolo, quand'era conservato
a Strasburgo, il manoscritto era abbondantemente rosicchiato dai topi, e che l'inchiostro era stinto e
talora quasi illeggibile, soprattutto alla fine delle linee e nel margine
superiore.
Tutti questi motivi concorrono a spiegare
le difficoltà relative alla costituzione del testo dello scritto A
Diogneto, nonché le numerose congetture, invero non sempre necessarie,
proposte attraverso la lunga storia delle edizioni e degli studi. Dopo un numero
considerevole di edizioni, restano dei passi che devono essere in ogni caso
corretti, e dove gli emendamenti proposti divergono.
Contenuto
Diogneto è un pagano, al quale la Lettera è
diretta. Essa si apre con alcune domande relative ai cristiani, che questi pone
all'autore:
§ qual è il Dio dei cristiani?
§ perché questa religione, se è la vera, è apparsa nel
mondo così tardi
La risposta dell'autore è una critica
sommaria e dura del politeismo e del giudaismo: quanto ai cristiani,
dichiara, la loro religione non può essere stata insegnata da un uomo.
Illustra poi la condizione dei cristiani
nel mondo con una serie di paradossi, e la paragona alla
condizione dell'anima nel corpo:
§
i cristiani sono rinchiusi nel mondo, ma non appartengono ad esso;
Cosa c'è dietro a tutto ciò? Questa
religione non è frutto d'invenzione umana, ma è la rivelazione dell'amore
divino, che inviando suo Figlio ha riscattato gli
uomini dall'abisso in cui la loro incapacità di compiere il bene li aveva
gettati. Dio non ha preteso che fossero loro a uscirne, ma il suo stesso
apparente ritardo nell'intervenire ha permesso loro di sperimentare più a fondo
la sua bontà; e il suo amore rende possibile l'amore praticato dai cristiani in
questo mondo, con lo sguardo fisso alla loro cittadinanza celeste. Tale
imitazione di Dio è proposta allo stesso Diogneto.
L'ultima parte della Lettera contiene
riflessioni sulla rivelazione dei misteri divini, rivelazione trasmessa dal Logos agli apostoli e da questi
alla chiesa che li amministra e li svela.
Viene proposta anche un'interpretazione allegorica dei due alberi del paradiso terrestre, con lo scopo di definire il corretto rapporto tra conoscenza e pratica di vita.
Stile e valutazioni
La Lettera è scritta in
un greco di alta qualità, brillante nell'argomentazione, capace di sfruttare
sapientemente i mezzi della retorica.
Nel corso della storia ha attirato molti giudizi
entusiasti:
« Un gioiello dell'antichità cristiana, al quale praticamente nessuno
scritto dell'età postapostolica può stare alla pari per spirito e
composizione. »
|
|
(Semisch, 1855)
|
Uno dei massimi specialisti della lingua
letteraria greca, Eduard Norden, lo annoverava
nel 1909 tra
« quanto di più sfolgorante i cristiani hanno scritto in greco. »
|
Peraltro esistono anche letture meno
positive, come quella di Geffcken,
il quale nel 1907 scrisse che
« L'autore della lettera scrive rapidamente a un amico le sue
opinioni sul cristianesimo, nessuna delle quali è un'idea, anzi neppure una pensée:
soddisfacendo l'esigenza del momento, egli raccoglie in forma aggraziata ogni
genere di luoghi comuni. »
|
Ciò che più è significativo sono gli
enunciati sulla funzione dei cristiani nel mondo:
« Particelle d'oro puro che, da sole, giustificherebbero il lavoro
minuzioso speso nello studio del nostro testo. »
|
|
(Henri-Irénée Marrou, uno degli studiosi più significativi
del testo)
|
Misterioso nella sua origine e nel suo
destino attraverso l'antichità cristiana, la Lettera a Diogneto resta
dunque enigmatica per la sua capacità di affascinare e di generare riserve.
Il Concilio Vaticano II ha riscoperto quest'opera proponendone alcune
espressioni nei suoi documenti, soprattutto per descrivere la condizione dei
cristiani. La troviamo citata in:
§
Lumen Gentium 38
§
Dei Verbum 4
§
Ad Gentes 15
Note
1. ^ Cfr. Giovanni
Magnani, Tu sei il Cristo. Cristologia storica, 2002.
2. ^ August Franzen
indica, più semplicemente, una datazione "verso la metà del II
secolo" (in Franzen, Breve Storia della Chiesa, Queriniana,
1987)
Bibliografia
§
Andrea Tomasetto (cur.), Alle
origini del Cristianesimo, Torino, ISBN 88-7547-002-2
§
Ernesto Buonaiuti (cur.), Anonimo
del II-III sec. d.C., Lettera a Diogneto. Introduzione, traduzione e
note di Ernesto Buonaiuti, a cura di Gino Ragozzino, Napoli, Generoso
Procaccini, 1989 (Fragmenta 5)
Voci correlate
Altri progetti
§
Wikisource contiene
il testo completo di A Diogneto
Collegamenti esterni
Dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo
(Disc. 108; PL 52, 499-500)
Sii sacrificio e sacerdote di Dio
Vi prego per la misericordia di Dio (cfr. Rm 12, 1). È Paolo che chiede, anzi è Dio per mezzo di Paolo che chiede, perché vuole essere più amato che temuto. Dio chiede perché vuol essere non tanto Signore, quanto Padre. Il Signore chiede per misericordia, per non punire nel rigore.
Ascolta il Signore che chiede: vedete, vedete in me il vostro corpo, le vostre membra, il vostro cuore, le vostre ossa, il vostro sangue. E se temete ciò che è di Dio, perché non amate almeno ciò che è vostro? Se rifuggite dal padrone, perché non ricorrete al congiunto?
Ma forse vi copre di confusione la gravità della passione che mi avete inflitto. Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l'amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi.
Venite, dunque, ritornate. Sperimentate almeno la mia tenerezza paterna, che ricambia il male col bene, le ingiurie con l'amore, ferite tanto grandi con una carità così immensa.
Ma ascoltiamo adesso l'Apostolo: «Vi esorto», dice, «ad offrire i vostri corpi» (Rm 12, 1). L'Apostolo così vede tutti gli uomini innalzati alla dignità sacerdotale per offrire i propri corpi come sacrificio vivente.
O immensa dignità del sacerdozio cristiano! L'uomo è divenuto vittima e sacerdote per se stesso. L'uomo non cerca fuori di sé ciò che deve immolare a Dio, ma porta con sé e in sé ciò che sacrifica a Dio per sé. La vittima permane, senza mutarsi, e rimane uguale a se stesso il sacerdote, poiché la vittima viene immolata ma vive, e il sacerdote non può dare la morte a chi compie il sacrificio.
Mirabile sacrificio, quello dove si offre il corpo senza ferimento del corpo e il sangue senza versamento di sangue. «Vi esorto per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente».
Fratelli, questo sacrificio è modellato su quello di Cristo e risponde al disegno che egli si prefisse, perché, per dare vita al mondo, egli immolò e rese vivo il suo corpo; e davvero egli fece il suo corpo ostia viva perché, ucciso, esso vive. In questa vittima, dunque, è corrisposto alla morte il suo prezzo. Ma la vittima rimane, la vittima vive e la morte è punita. Da qui viene che i martiri nascono quando muoiono, cominciano a vivere con la fine, vivono quando sono uccisi, brillano nel cielo essi che sulla terra erano creduti estinti.
Vi prego, dice, fratelli, per la misericordia di Dio, di offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo (cfr. Rm 12, 1). Questo è quanto il profeta ha predetto: Non hai voluto sacrificio né offerta, ma mi hai dato un corpo (cfr. Sal 39, 7 volg.). Sii, o uomo, sii sacrificio e sacerdote di Dio; non perdere ciò che la divina volontà ti ha dato e concesso. Rivesti la stola della santità. Cingi la fascia della castità. Cristo sia la protezione del tuo capo. La croce permanga a difesa della tua fronte. Accosta al tuo petto il sacramento della scienza divina. Fa' salire sempre l'incenso della preghiera come odore soave. Afferra la spada dello spirito, fa' del tuo cuore un altare, e così presenta con ferma fiducia il tuo corpo quale vittima a Dio.
Dio cerca la fede, non la morte. Ha sete della tua preghiera, non del tuo sangue. Viene placato dalla volontà, non dalla morte.
Sii sacrificio e sacerdote di Dio
Martire
(generico)
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Il termine martire (dal greco μάρτυς - testimone) indica
oggi colui che ha testimoniato la propria fede o ideale nonostante la persecuzione.
Originariamente diffuso soprattutto in ambito giuridico stava a
indicare semplicemente un testimone che garantiva la verità degli avvenimenti e
che normalmente prendeva le difese dell'accusato. Col tempo il termine è stato
usato anche in ambito filosofico (soprattutto in ambito stoico) di
testimonianza della verità (che non includeva necessariamente la morte), per
passare successivamente a un significato di testimonianza di un avvenimento
religioso di cui il credente, con la sua vita e la sua predicazione era
testimone. Il termine non è mai stato usato in ambito biblico, né giudaico, né
cristiano nel significato odierno: di testimonianza fino alla morte. Solo nel
cristianesimo primitivo, con l'avvento delle persecuzioni dei cristiani, il
termine è stato riservato in modo praticamente esclusivo alla testimonianza
estrema fino alla morte. In questa accezione è stata assunta nell'Islam e
successivamente, almeno in ambito italiano, per analogia ad ogni
testimonianza-fedeltà alle proprie convinzioni, anche non religiose, fino a
rimetterci la propria vita, in questo caso però, almeno in ambito cristiano si
preferisce parlare di eroe e di eroicità. In ambito cristiano, soprattutto dopo il rinnovamento
biblico post-conciliarequale
rinnovamento? quale Concilio? di quale Chiesa?, si va via via recuperando il significato originario del termine
biblicamente inteso.
Osserva Federico
Chabod a
proposito dell'allargamento del significato di martire:
« Gran mutare del senso delle parole! Per
diciotto secoli, il termine di martire era stato riservato a coloro che
versavano il proprio sangue per difendere la propria fede religiosa; martire
era chi cadeva col nome di Cristo sulle labbra. Ora, per la prima volta, il
termine viene assunto ad indicare valori, affetti, sacrifici puramente umani,
politici: i quali dunque acquistano l'importanza e la profondità dei valori,
affetti, sacrifici religiosi, diventano religione anch'essi. »
|
|
(Federico Chabod, L'idea di nazione)
|
Il termine martire come testimone della fede è nato in ambito cristiano e indica i fedeli che hanno sacrificato la propria vita per testimoniare la religione cristiana. Si tratta in genere di cristiani vissuti in un contesto sociale ostile, che furono messi a morte in odio alla fede cristiana dalle autorità, dai tribunali, o uccisi da persone private. Il "martire" è il "santo" per eccellenza nella concezione della Chiesa antica e solo in seguito altre categorie di santi si sono aggiunte ai martiri. La lista dei martiri cattolici è riportata nel Martirologio.
« Fu allora che noi osservammo una
meravigliosa brama e un vero potere divino e zelo in coloro che avevano posto
la loro fede nel Cristo di Dio. Appena emessa la sentenza contro il primo,
alcuni da una parte e altri da un'altra si precipitarono in tribunale davanti
al giudice per confessarsi cristiani, non facendo attenzione quando erano
posti davanti ai terrori e alle varie forme di tortura, ma senza paura e
parlando con franchezza della religione verso il Dio dell'universo, e
ricevendo la sentenza finale di morte con gioia, ilarità e contentezza, così
che essi cantavano e innalzavano inni e ringraziamenti al Dio dell'universo,
pur ormai all'ultimo respiro. »
|
|
(Eusebio di Cesarea descrivendo la condanna dei Martiri della Tebaide, Storia
Ecclesiastica, 8,9,5)
|
Nei primi tempi, l'appellativo di martire era usato per designare
gli apostoli, ancora viventi, come testimoni delle opere e della risurrezione
di Gesù. Poi il nome venne esteso a tutti quelli che con la propria condotta
avessero dato dimostrazione di fede e infine fu riservato a coloro che fossero
morti in seguito alle persecuzioni. Il nome corrispondente in latino era confessor.
Nel Cattolicesimo vengono individuati tre tipi di martirio:
§ Martirio
bianco, che consiste nell'abbandono di tutto ciò che un uomo ama a causa
di Dio
§ Martirio
verde, che consiste nel liberarsi per mezzo del digiuno e della fatica
dai propri desideri malvagi, o nel soffrire angustie di penitenza e conversione
§ Martirio
rosso, che consiste nel sopportare la Croce o la morte a causa di Gesù
Cristo (Omelia
irlandese del VII secolo). È stato considerato in passato il vero battesimo,
purificatore di ogni peccato: subendo il martirio la santità era assicurata,
non potendo più peccare. Questa è la ragione per la quale il martirio
nell'antichità era non solo accettato, ma addirittura ricercato.
Da questa certezza della santità dei martiri ha ben presto avuto
origine il loro culto.
Rimasto famoso in ambito di fede nel Cristianesimo durante le persecuzioni iniziate da Nerone, il
martirio era visto come una rinascita in Cristo piuttosto che come una morte. I
martiri si rifiutavano di abiurare la propria religione: il fatto
che cristiani ad esempio non partecipassero a feste pagane e non offrissero
sacrifici, interrompendo questi rituali apotropaici, per l'Impero
romano determinava
la rottura della pax
deorum e quindi
una grave offesa agli dei.
I martiri conosciuti fra i cristiani furono a volte perseguitati
da ebrei o da altri cristiani stessi.
Ebraismo
Il martire come inteso nel Cristianesimo non è tipico dell'Ebraismo. Per un israelita il mantenimento della vita è da privilegiare. Non c'è nella
tradizione ebraica la ricerca del martirio come tale. Vi si può ricorrere in
caso di grave necessità, e si tratta comunque di sacrificio della propria vita
e non di quella altrui: la vita anziché essere sacrificata, deve essere
santificata. Pur tuttavia, nella Bibbia, almeno
in quella dei Settanta, quindi
non nel canone ebraico ma in quella scritta sotto influsso del pensiero greco,
sono contenuti i Libri dei Maccabei. In questi, è esaltato il
martirio di Eleazaro e quello dei sette fratelli (Capitoli 6 e 7 delSecondo libro dei Maccabei),
avvenuti durante la persecuzione di Antioco
IV Epifane (II
secolo a.C.). La loro storia è raccontata con accenti che ricordano quelli
della passio cristiana, di cui ovviamente non poteva
esserne influenzata in quanto anteriore, semmai non è da escludere il
contrario.
Martiri del libero pensiero
Martiri sono anche considerate quelle persone che sono state
condannate o uccise a causa delle loro idee. Fra queste vengono annoverate
persone comeIpazia, Giordano
Bruno, Giulio Cesare Vanini.
Altre accezioni di martire
Il termine è usato anche al di fuori del contesto religioso in
espressioni come:
La piazza dei Martiri a Chiaia
A Napoli, nella
piazza dei Martirii a Chiaia, sorge l'imponente monumento ai martiri napoletani
il cui l'alto obelisco è circondato da quattro leoni. Ciascuno dei leoni ha un
proprio significato simbolico: quello morente ricorda i caduti della
rivoluzione napoletana del 1799, quello
trafitto dalla spada i carbonari del 1820, mentre
gli altri due, dall'aspetto feroce, i caduti liberali del 1848 e garibaldini del 1860.
Le vittime dei regimi totalitari
Alcuni attribuiscono la qualifica di martire alle vittime dei
regimi totalitari o a quelle della mafia. In quest'uso si sottolinea la
persecuzione subita, più che la volontà di testimonianza delle vittime. Si
tratta però di un'accezione controversa, perché si allontana dall'etimologia
del termine martire. Lo
stesso si può dire per le vittime dei bombardamenti che non devono
identificarsi con questo termine in quanto non hanno professato in vita nessuna
idea o azione tale da contrastare l'azione delittuosa dell'aggressore ma
semplicemente perché erano presenti incautamente in quel momento in un posto
sbagliato.
Il suicidio come martirio
Recentemente presso alcune organizzazioni che utilizzano tattiche
di guerriglia e terrorismo quali al-Qa'ida, la
parola martire (shāhid) è usata per indicare chi si suicida in nome
dell'Islam. La
questione, ovviamente, è quanto mai controversa e dibattuta tra i dotti musulmani, in
considerazione dell'assoluto divieto del suicidio nella religione islamica. È
opportuno sottolineare la diametrale differenza tra questa accezione e quella
nell'ambito cristiano: i martiri cristiani subiscono l'uccisione per mano
altrui non provocando alcun danno ad altre persone (anzi perdonando il boia);
il terrorista "martire" si uccide con deliberazione cercando di
provocare il massimo danno a persone innocenti.
Bibliografia
§ Bisconti,
Mazzoleni, Alle origini del
culto dei martiri. Testimonianze nell'archeologia cristiana, 2004, ISBN
88-7999-923-0
§ T.
Baumeister, La teologia del
martirio nella Chiesa antica, 1995, ISBN
88-05-05443-7
§ Camille
Eid, A morte in nome di Allah.
I martiri dalle origini dell'Islam a oggi, 2004, ISBN
88-384-8385-X
§ Giuseppe
Ricciotti, la " era dei
martiri". Il cristianesimo da Diocleziano a Costantino , 1953,
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti
esterni [modifica]
§ Martiri
delle Terme di Diocleziano dal sito
della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei
Martiri, Roma
Martirio
cristiano
Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera.
Disambiguazione – "Martire" e
"martirio" rimandano qui perché l'accezione cristiana è la più
utilizzata. Se cerchi informazioni sul significato originario o su altri generi
di martirio, vedi Martire (generico). Se cerchi altri significati di
"martirio" vedi martirio (disambigua).
« Christus in martyre est »
|
|
(Tertulliano, De
Pudicitia, 22)
|
Secondo il cristianesimo, i martiri (dal greco μάρτυς, «testimone») sono quei fedeli che per diffondere il
messaggio evangelico sono incorsi in pene e torture, fino alla pena capitale,
considerando gli esiti estremi della loro vocazione come «sacrificio della
propria vita», sull'esempio del sacrificio e della volontà umana diGesù.
Secondo il catechismo cattolico la figura del martire è antitetica a quella dell'apostata, di colui
cioè che ha tradito la fede nel Vangelo. I martiri sono onorati come santi o
beati e mediante preghiere, funzioni e celebrazioni
eucaristiche; se ne commemora il dies
natalis o il giorno della
morte.
Questo culto dei
martiri è una delle forme di
espressione privata e pubblica della fede cristiana, radicata secondo la
testimonianza biblica già nelle prime comunità che dovevano confrontare le loro
nuove dottrine prima con la tradizione giudaica e quindi con quella imperiale
romana.
Teologia
Nuovo Testamento
Per approfondire, vedi la voce Santo Stefano Protomartire.
|
Aspetti teologici e dottrinali del martirio cristiano sono
contenuti direttamente negli Atti degli Apostoli e
ineriscono il rapporto tra sacrificio e messianicità di Cristo. Il primo
martire del Cristianesimo è considerato Stefano, detto appunto il Protomartire. È anche l'unico
martire la cui passio sia stata narrata dettagliatamente in
un libro canonico, gli Atti degli apostoli. Anche san Giovanni Battista è spesso considerato martire, ma prima della morte di Cristo, quindi
prima del suo sacrificio e della sua risurrezione, dando vita ad un dibattito teologico
abbastanza ampio. A partire dall'esempio di Stefano, numerosi sono stati i
martiri in nome di Cristo, ma un senso di elezione distingue i primi martiri:
Stefano stesso fu scelto dai dodici apostoli, insieme ad altri sei, come diacono, perché
si occupasse della ripartizione dei viveri nelle comunità.
In particolare il martirio di Stefano si configura come nuova
testimonianza di fede, diversamente alla tradizione giudaica
veterotestamentaria, perché si perpetua sull'esempio della morte di Gesù Cristo
sulla Croce e sulla nuova interpretazione messianica della dottrina figlio
dell'uomo: Stefano in punto di morte infatti è testimone non solo del Padre
ma anche del Figlio dell'Uomo. La stessa riproposizione delle ultime parole di
Gesù riportate da Luca (23,34.46) nel martirio di Stefano evidenziano la
traslazione avvenuta: Stefano, infatti, le rivolge a Gesù.
« Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio
dell'uomo in piedi alla destra di Dio. »
|
|
(Atti, 7-56)
|
Secondo gli Atti,
Stefano fu lapidato dai Giudei che non riconobbero la sua testimonianza. Il
cristiano sosteneva infatti che Gesù era l'unico e ultimo messia: così
come Mosè condusse definitivamente gli Ebrei fuori dall'Egitto, il messaggio
cristiano avrebbe dovuto condurre i seguaci verso una nuova legge e un «nuovo»
regno, non più terreno ma «celeste». Ciò forniva valenza teologica al martirio
cristiano inteso come «sacrificio», oltre che testimonianza, in
contrapposizione ai martiri giudaici precedenti il Vangelo che difendevano
l'identità religiosa e politica di Israele annunciando non l'unicità del messia
arrivato, ma il messia a venire.[1]
Il rapporto con l'Impero romano
Sempre secondo gli Atti,
il potere romano insediatosi in Palestina, cercando
il consenso dei sacerdoti ebrei, attuò una serie di politiche volte a
condannare e perseguitare i sostenitori della fede cristiana: gli Atti degli
Apostoli riportano quindi il martirio di Giacomo di Zebedeo, uno degli apostoli. È la prima
testimonianza di una contrapposizione fra potere costituito e cristiani, e
quest'ultimi risultano vittime.
Dopo le prime persecuzioni, gli imperatori, al fine di contrastare
la dilagante diffusione della fede cristiana, emanarono una serie di
provvedimenti volti a perseguitare e punire le espressioni delle prime chiese.
Così, i culti pagani venivano per la prima volta imposti e combattute le sette
giudaizzanti dell'Impero: il Vangelo diveniva testimonianza di fede anche
contro la tradizione romana. Le prime comunità identificarono la lotta ai
soprusi pagani come espressione di fede, e si raccolsero attorno al ricordo dei
martiri con celebrazioni eucaristiche.
Nel caso in cui durante un processo i cristiani rinunciassero alla
propria appartenenza alla chiesa, venivano definiti lapsi,
in contrapposizione ai martiri che, al contrario, non si riconvertivano al paganesimo nemmeno in punto di morte.
Dal concetto di martire, in epoca successiva alle persecuzioni, si è
evoluto il concetto di santo. Ancora
adesso l'elenco di tutti i santi canonizzati è dettomartirologio.[2]
Evoluzione teologica
Per un cristiano il martirio è una eventualità da considerare
all'interno della propria fede. La Prima lettera di Giovanni dice infatti che "Dio
ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i
fratelli". Per i primi cristiani dare la propria vita per Cristo era l'unico modo possibile per contraccambiare il dono di Cristo
che aveva dato la propria vita per loro. Sant'Ignazio di Antiochia arriva ad implorare gli altri cristiani a non intercedere presso
l'imperatore per salvargli la vita, ma a consentire che egli venisse messo a
morte. In molte passio il martire va spontaneamente al
sacrificio anche avendo la possibilità di evitarlo.
Col termine delle persecuzioni, la ricerca del martirio come
dimostrazione di fede tende a diminuire, sostituita dalla ricerca della
santità. Ancora di San Martino(IV secolo) però, primo non martire ad essere
considerato santo, si dice, nell'Ufficio composto
per la sua festa, "Anima beata, se la spada non ti ha colpito non hai
perso la gloria del martirio", quasi a scusare il fatto che non sia stato
martirizzato.
Nel calendario liturgico, il cristianesimo fa rivivere le storie
dei martiri ai propri fedeli. Il martirologio cristiano è pieno di figure di santi
martiri di tutte le epoche: sono considerati martiri San Giovanni de Brebeuf, i cosiddetti martiri canadesi,
gesuiti uccisi dagli Irochesi nel XVII
secolo, sant'Andrea Dung-Lac e i vietnamiti (XIX
secolo), san
Paolo Miki, santa Teresa Benedetta della
Croce (Edith
Stein) e Massimiliano Maria Kolbe (morti nei lager nazisti). Esiste quindi a fianco della storia del cristianesimo
una professione di fede espressa dai fedeli mediante il sacrificio.
Tipologie di martirio
Nel cattolicesimo vengono individuati tre tipi di martirio:
§ il
martirio bianco
§ il
martirio verde
§ il
martirio rosso
Il martirio bianco consiste nell'abbandono di tutto ciò che un
uomo ama a causa di Dio.
Il martirio verde consiste nel liberarsi per mezzo del digiuno e
della fatica dai propri desideri malvagi, o nel soffrire angustie di penitenza
e conversione.
Ill martirio rosso consiste nel sopportare la Croce o la morte a causa di Gesù
Cristo (Omelia
irlandese del VII secolo)
Il martirio rosso è stato considerato in passato il vero
battesimo, purificatore di ogni peccato: subendo il martirio la santità era
assicurata, non potendo più peccare. Questa è la ragione per la quale il
martirio nell'antichità era non solo accettato ma addirittura ricercato.
Scrive Eusebio di Cesarea descrivendo
la condanna dei Martiri della Tebaide:
« Fu allora che noi osservammo una
meravigliosa brama e un vero potere divino e zelo in coloro che avevano posto
la loro fede nel Cristo di Dio. Appena emessa la sentenza contro il primo,
alcuni da una parte e altri da un'altra si precipitarono in tribunale davanti
al giudice per confessarsi cristiani, non facendo attenzione quando erano
posti davanti ai terrori e alle varie forme di tortura, ma senza paura e parlando
con franchezza della religione verso il Dio dell'universo, e ricevendo la
sentenza finale di morte con gioia, ilarità e contentezza, così che essi
cantavano e innalzavano inni e ringraziamenti al Dio dell'universo, pur ormai
all'ultimo respiro. »
|
|
(Storia Ecclesiastica, 8,9,5)
|
Da questa certezza della santità dei martiri ha ben presto avuto
origine il loro culto.
Rimasto famoso in ambito di fede nel Cristianesimo durante le persecuzioni iniziate da Nerone, il
martirio era visto come una rinascita in Cristo piuttosto che come una morte. I
martiri si rifiutavano di abiurare la propria religione: il fatto
che cristiani ad esempio non partecipassero a feste pagane e non offrissero
sacrifici, interrompendo questi rituali apotropaici, per l'Impero
romano determinava
la rottura della pax
deorum e quindi
una grave offesa agli dei.
Storiografia
Nella tradizione storiografia occidentale la questione dei martiri
ha spesso acceso dibattiti mai risolti in posizioni univoche. Dopo il Concilio di Trento alcune
disposizioni pontificie promossero una revisione del martirologio romano, il libro con l'elenco di tutti
i martiri e le passiones relative. In alcuni casi vi furono
indagini sulle date, nonché l'epurazione di informazioni ritenute ambigue o
spurie, fino alla rimozione delle evidenti tracce di culti pagani che il culto
dei martiri conservava, per cui la storiografia moderna ha poi sostenuto la
tesi della "cristianizzazione passiva" dei pagani, diretta a
sovrapporre le posizioni cristiane a quelle pagane senza mutare tradizioni e
festività.[3][4]
Bibliografia
§ Bisconti,
Mazzoleni, Alle origini del
culto dei martiri. Testimonianze nell'archeologia cristiana, 2004, ISBN
8879999230
§ T.
Baumeister, La teologia del
martirio nella Chiesa antica, 1995, ISBN
8805054437
Note
4.
^ H.
Dodwell, De paucitate martyrum, in Dissertationes
Cyprianiae, Londra 1684
Voci
correlate [modifica]
Collegamenti esterni
§ Martiri
delle Terme di Diocleziano dal sito
della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei
Martiri, Roma
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